Ne vale la pena stare male per il lavoro?

Salve a tutti.
Quasi tre mesi fa ho deciso di licenziarmi da un lavoro sicuro e poco soddisfacente, per un lavoro migliore e incerto.
Il nuovo lavoro mi piace tanto, nonostante le numerose responsabilità e la quantità di lavoro infinita, sicuramente non mi annoio.
Il problema sono le mie colleghe.
All'inizio erano tutte carine e disponibili, dopo neanche un mese che ero lì sono cominciati i primi conflitti.
Le mie colleghe sono sempre lì a puntare il dito, loro sono migliori di te in ogni cosa che fanno, cercano l'errore dove non c'è, e se sbagliano loro è colpa mia perché sono nuova.
Non credo di aver mai visto delle persone così frustrate in vita mia (ho 24 anni), e di conseguenza anch'io sto diventando frustrata e tossica per me stessa e per chi mi sta vicino.
Mi sto facendo il sangue acqua, la mia mente soffre e il mio corpo ne risente di questa situazione.
Vi racconto l'ultima cosa successa, che mi ha portato oggi a scrivere questo post: erano in gruppo e stavano spettegolando su un nostro cliente abituale, mi sembrava una buona occasione per fare amicizia con loro e non fare sempre quella seria della situazione, sono stata definita pettegola, e a gran voce mi è stato detto che dovevo farmi i "cazz* miei" e che se avessi raccontato qualcosa in giro sarebbero stati guai per me (vi tralascio la minaccia e già abbastanza umiliante per me raccontarlo qui).
Ci sono rimasta veramente male.
Volevo semplicemente fare amicizia, non c'era in me cattiveria.
Sono stata fraintesa, o forse sono loro così tanto diffidenti e maligne da pensare male.
Io sono lì per lavorare, sicuramente non frequenterei questo tipo di persone al di fuori del lavoro, ma io credo che sia giusto scambiare qualche parola lavorando con loro 8 ore al giorno.
Ogni volta che finisco il turno di lavoro sono devastata, torno a casa e sto in ansia, perché sul gruppo WhatsApp di lavoro continuano a puntare il dito.
E non posso stare
tranquilla neanche quando ho il giorno di riposo, perché se trovano magari una cosa fuori posto, ti vengono a cercare tramite messaggi.
Io non credo che la situazione possa migliorare, va a peggiorare sempre di più.
Sono pronta al dialogo, ma non tutte sono disposte a confrontarsi con me, non vogliono.
Mi sento bruciata, un'emarginata.
Ho lasciato il mio vecchio lavoro sicuro e adesso rischio di rimanere senza uno stipendio, e io ho bisogno di lavorare.
Le cose sono due: o mi licenzio e trovo un lavoro mal pagato lavorando molte più ore, o rimango e dico addio alla mia salute mentale, sempre se loro non mi faranno licenziare dai titolari, visto che hanno il potere di farlo.
Ho pianto tantissimo oggi, mi sento un fallimento come persona.
Non so cosa fare, da una parte vorrei mollare tutto, dall'altra non lo so.
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Dr. Davide Giusino Psicologo 85 6
Gentile utente,

mi spiace per la situazione difficile che sta vivendo, cui contribuisce non solo il clima tossico instaurato dall'atteggiamento ostile delle sue colleghe, ma anche l'ansia causata dalla sensazione di essere perseguitata da questo atteggiamento fin nella dimensione extralavorativa, nonché dalla delusione dell'aspettativa di un lavoro che sembrava migliore rispetto al precedente e che invece si sta rivelando frustrante. Si comprende che sia pesante reggere tutto questo per ogni intera giornata.

In quest'ottica, la domanda "ne vale la pena stare male per il lavoro?" appare senza risposta, perché la sua formulazione è fuorviante. Infatti, equivarrebbe a chiedersi "ne vale la pena stare male?" (in generale), che equivarrebbe a sua volta ad assumere che "stare male" o "stare bene" sia una scelta volontaria, deliberata, intenzionale e consapevole. Non è così: gli eventi della vita possono portarci a stare male, che lo vogliamo o no, e non è colpa nostra. Inoltre, stare male "per il lavoro" vale tanto quanto stare male per qualsiasi altro motivo: ogni malessere è soggettivo, unico e irripetibile, e abbiamo il diritto di viverlo a prescindere dalla causa. Dunque, se con la sua domanda di partenza si sta piuttosto chiedendo "sono autorizzata a stare male per il lavoro?", allora la risposta è che sì, è autorizzata, può stare male per il lavoro. Se non altro perché il lavoro, coi suoi eventuali problemi, occupa almeno la maggior parte della nostra quotidianità.

D'altra parte, se non è nostra la colpa dei malesseri, può esserne nostra la responsabilità, cioè possiamo decidere se e come affrontarli. Alcuni spunti di riflessione potrebbero esserle utili per acquisire una prospettiva alternativa sulla vicenda e, di conseguenza, informare strategie per gestirla.

- Quale dinamica stanno attuando le sue colleghe? Forse una dinamica di competizione in cui lei viene vista come elemento nuovo che destabilizza un equilibrio preesistente. Talvolta, i gruppi di lavoro attivano un "fantasma di intrusione", per cui il nuovo e diverso viene vissuto come intruso e potenzialmente pericoloso per l'ordine precostituito. E sviluppano una sorta di "patto implicito" che tende a escludere chi è percepito come diverso o come potenziale minaccia.

- Quali emozioni emergono in lei in questa situazione? Gli episodi che racconta potrebbero stare evocando vissuti profondi legati al bisogno di approvazione, al senso di appartenenza e al riconoscimento da parte degli altri. Questi vissuti potrebbero anche derivare da esperienze passate, non necessariamente simili ma analoghe, a cui inconsciamente si associano le esperienze attuali.

- Come proteggere il suo benessere? Un impegno di riflessione potrebbe essere dedicato a identificare modi efficaci per limitare l’impatto della dimensione lavorativa su quella extralavorativa, che si verifica ad esempio attraverso messaggi che varcano il confine tra vita professionale e vita personale.

Forse, più che pensare di "resistere a ogni costo" o "fuggire subito", potrebbe valutare la terza opzione di restare, ma con uno sguardo diverso, meno coinvolto emotivamente e più focalizzato su di sé, sulle sue risorse e sulla possibilità di trovare, con il tempo, un equilibrio proprio.

Un percorso di sostegno psicologico potrebbe aiutarla a dare un senso cosciente a questa esperienza, ad esplorare le risposte ai suddetti interrogativi, e a trovare maniere pratiche per uscire dall'impasse con rinnovata consapevolezza.

Rimango a disposizione.

Dott. Davide Giusino, Psicologo | 3271367964 | davide.giusino@libero.it | https://www.psicologi-italia.it/psicologo/davide-giusino.html