La mascolinità è solo tossica?
Gentili dottori,
sono un giovane uomo (fascia d'età 28-35).
Vorrei ricevere pareri e opinioni qualificate su un tema di stretta attualità.
Il tema riguarda il trattamento sociale dell'identità maschile e del ruolo paterno.
Ultimamente, ho notato con un certo dispiacere che il dibattito pubblico sulla "virilità" e sulla "mascolinità" sembra concentrarsi esclusivamente sulle sue derive tossiche.
Spesso, l'intero genere maschile viene messo sotto esame in funzione di interessi femminili o, più precisamente, femministi e neo-femministi.
Mi chiedo che impatto possa avere questa continua esposizione a critiche che talvolta non lasciano spazio a un confronto più equilibrato su bambini e adolescenti maschi.
Anche un adulto come me trova difficile non sentirsi infastidito da una narrazione così unidimensionale.
Non intendo negare l'esistenza della violenza di genere né minimizzare la realtà di alcune problematiche legate al comportamento maschile, che possono danneggiare anche gli uomini stessi.
Tuttavia, mi chiedo: la virilità deve essere affrontata solo in questi termini negativi?
È giusto che l'intero concetto di mascolinità venga trattato come se fosse, di per sé, un "male" da correggere?
Per altro verso, se è vero - come è vero - che la mascolinità tossica è un fenomeno che necessita di intervento, mi domando se la sua spiegazione unicamente attraverso il concetto di "patriarcato" sia davvero la più accurata e aggiornata.
Guardandomi indietro, noto che la mia esperienza, come quella di molti miei coetanei, è stata segnata principalmente da figure educative femminili (in famiglia, a scuola, nella professione).
Oggi, le donne ricoprono ruoli decisivi in molteplici settori della società, con un impatto significativo.
Ripeto: non intendo con questo mettere in discussione le giuste rivendicazioni femminili, ma solo sollevare un dubbio sulla semplificazione del dibattito relativo all'educazione dei giovani maschi.
Non è possibile, piuttosto, che i giovani maschi soffrano anche l'assenza di modelli maschili positivi e di figure paterne?
Dopo aver esaminato diverse letture, mi sono imbattuto nei lavori di Claudio Risé (psicoanalista), che propongono riflessioni interessanti e fuori dal coro, e che trovo piuttosto pertinenti per capire meglio la questione.
Vorrei sapere cosa ne pensate.
Qual è il ruolo (positivo) dell'uomo e del padre nella famiglia e nella società oggi?
Qual è lo stato attuale della riflessione psicologica su questi temi?
Vi ringrazio in anticipo per l'attenzione e per qualsiasi opinione qualificata, nel rispetto della pluralità di visioni.
Desidero chiarire che questa riflessione non ha nulla a che fare con un tentativo di giustificare comportamenti violenti o dannosi, né con il rifiuto delle problematiche legate alla mascolinità tossica.
Mi piacerebbe solo esplorare il tema in modo equilibrato, senza trascurare gli aspetti positivi che la mascolinità e il ruolo paterno possono portare alla società.
Vi ringrazio per l'attenzione
sono un giovane uomo (fascia d'età 28-35).
Vorrei ricevere pareri e opinioni qualificate su un tema di stretta attualità.
Il tema riguarda il trattamento sociale dell'identità maschile e del ruolo paterno.
Ultimamente, ho notato con un certo dispiacere che il dibattito pubblico sulla "virilità" e sulla "mascolinità" sembra concentrarsi esclusivamente sulle sue derive tossiche.
Spesso, l'intero genere maschile viene messo sotto esame in funzione di interessi femminili o, più precisamente, femministi e neo-femministi.
Mi chiedo che impatto possa avere questa continua esposizione a critiche che talvolta non lasciano spazio a un confronto più equilibrato su bambini e adolescenti maschi.
Anche un adulto come me trova difficile non sentirsi infastidito da una narrazione così unidimensionale.
Non intendo negare l'esistenza della violenza di genere né minimizzare la realtà di alcune problematiche legate al comportamento maschile, che possono danneggiare anche gli uomini stessi.
Tuttavia, mi chiedo: la virilità deve essere affrontata solo in questi termini negativi?
È giusto che l'intero concetto di mascolinità venga trattato come se fosse, di per sé, un "male" da correggere?
Per altro verso, se è vero - come è vero - che la mascolinità tossica è un fenomeno che necessita di intervento, mi domando se la sua spiegazione unicamente attraverso il concetto di "patriarcato" sia davvero la più accurata e aggiornata.
Guardandomi indietro, noto che la mia esperienza, come quella di molti miei coetanei, è stata segnata principalmente da figure educative femminili (in famiglia, a scuola, nella professione).
Oggi, le donne ricoprono ruoli decisivi in molteplici settori della società, con un impatto significativo.
Ripeto: non intendo con questo mettere in discussione le giuste rivendicazioni femminili, ma solo sollevare un dubbio sulla semplificazione del dibattito relativo all'educazione dei giovani maschi.
Non è possibile, piuttosto, che i giovani maschi soffrano anche l'assenza di modelli maschili positivi e di figure paterne?
Dopo aver esaminato diverse letture, mi sono imbattuto nei lavori di Claudio Risé (psicoanalista), che propongono riflessioni interessanti e fuori dal coro, e che trovo piuttosto pertinenti per capire meglio la questione.
Vorrei sapere cosa ne pensate.
Qual è il ruolo (positivo) dell'uomo e del padre nella famiglia e nella società oggi?
Qual è lo stato attuale della riflessione psicologica su questi temi?
Vi ringrazio in anticipo per l'attenzione e per qualsiasi opinione qualificata, nel rispetto della pluralità di visioni.
Desidero chiarire che questa riflessione non ha nulla a che fare con un tentativo di giustificare comportamenti violenti o dannosi, né con il rifiuto delle problematiche legate alla mascolinità tossica.
Mi piacerebbe solo esplorare il tema in modo equilibrato, senza trascurare gli aspetti positivi che la mascolinità e il ruolo paterno possono portare alla società.
Vi ringrazio per l'attenzione
[#1]
Gentile utente,
il tema che lei solleva è molto interessante e attuale, ma purtroppo non affrontabile in questa sede che è deputata alla cura dei disagi personali e non alla disamina di tematiche generali.
Le suggerirei di fare dei suoi interessanti quesiti uno o più articoli, o l'argomento per avviare un dibattito, anche sui social.
Le devo dire però che molti dei temi da lei trattati sono affrontati dalla sociologia, dalla psicologia sociale, dalla pedagogia, e dai tempi di Freud e poi Lacan anche dalla psicoanalisi, e oggi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Sono, come lei stesso forse si accorge, temi plurimi, intersecantisi, a carattere sfumato, come avviene in una società liquida, secondo la definizione di Bauman.
Mettere a fuoco ciascuno degli argomenti che compongono il suo complesso quesito sarebbe già un merito.
Buone cose.
il tema che lei solleva è molto interessante e attuale, ma purtroppo non affrontabile in questa sede che è deputata alla cura dei disagi personali e non alla disamina di tematiche generali.
Le suggerirei di fare dei suoi interessanti quesiti uno o più articoli, o l'argomento per avviare un dibattito, anche sui social.
Le devo dire però che molti dei temi da lei trattati sono affrontati dalla sociologia, dalla psicologia sociale, dalla pedagogia, e dai tempi di Freud e poi Lacan anche dalla psicoanalisi, e oggi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Sono, come lei stesso forse si accorge, temi plurimi, intersecantisi, a carattere sfumato, come avviene in una società liquida, secondo la definizione di Bauman.
Mettere a fuoco ciascuno degli argomenti che compongono il suo complesso quesito sarebbe già un merito.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Gentile utente,
alla risposta della dott. Potenza, molto chiara,
a testimonianza dell'interesse che qui su Medicitalia si dimostra per il maschile e per il paterno nel settore News e Minforma (oltre che nei numerosi Consulti psicologici riservati alle persone che portano un "personale disagio")
aggiungo qualche *indicazione bibliografica* di eventuale approfondimento sulle tematiche
- maschilità
e
- paternità
per Lei e per chi ci legge.
Si spazia dalle News presenti qui nel sito,
ai testi classici che fin dagli anni '70 del secolo scorso hanno messo a tema la questione,
ai libri di oggi che riflettono la complessità da Lei accennata.
. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6803-neo-papa-obbligati-a-casa-per-legge.html
. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3225-padri-la-legge-c-e-ma-non-basta.html
. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/927-in-gravidanza-serve-sostegno-anche-ai-padri.html
Cannito M., Fare spazio alla paternità. Essere padri in Italia tra nuovi modelli di welfare, lavoro e maschilità, Il Mulino, 2022
Pellai A., Da uomo a padre, il percorso emotivo della paternità, Mondadori, 2019
Recalcati M., Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Cortina Raffaello, 2011
Coppola A., Di padre in padre. I tempi della paternità, La meridiana, 2008
Zoja L., Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre, Bollari Boringhieri, Torino 2003
Brustia Rutto P., Genitori. Una nascita psicologica, Bollati Boringhieri, Torino, 1996
Connel R. W., Maschilità, Feltrinelli, Milano, 1995
Ariès P., Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Laterza, Bari, 1994
Mitscherlich A., Verso una società senza padri, Feltrinelli, Milano, 1970.
Saluti cordiali.
dott. Brunialti
alla risposta della dott. Potenza, molto chiara,
a testimonianza dell'interesse che qui su Medicitalia si dimostra per il maschile e per il paterno nel settore News e Minforma (oltre che nei numerosi Consulti psicologici riservati alle persone che portano un "personale disagio")
aggiungo qualche *indicazione bibliografica* di eventuale approfondimento sulle tematiche
- maschilità
e
- paternità
per Lei e per chi ci legge.
Si spazia dalle News presenti qui nel sito,
ai testi classici che fin dagli anni '70 del secolo scorso hanno messo a tema la questione,
ai libri di oggi che riflettono la complessità da Lei accennata.
. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6803-neo-papa-obbligati-a-casa-per-legge.html
. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3225-padri-la-legge-c-e-ma-non-basta.html
. https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/927-in-gravidanza-serve-sostegno-anche-ai-padri.html
Cannito M., Fare spazio alla paternità. Essere padri in Italia tra nuovi modelli di welfare, lavoro e maschilità, Il Mulino, 2022
Pellai A., Da uomo a padre, il percorso emotivo della paternità, Mondadori, 2019
Recalcati M., Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Cortina Raffaello, 2011
Coppola A., Di padre in padre. I tempi della paternità, La meridiana, 2008
Zoja L., Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre, Bollari Boringhieri, Torino 2003
Brustia Rutto P., Genitori. Una nascita psicologica, Bollati Boringhieri, Torino, 1996
Connel R. W., Maschilità, Feltrinelli, Milano, 1995
Ariès P., Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Laterza, Bari, 1994
Mitscherlich A., Verso una società senza padri, Feltrinelli, Milano, 1970.
Saluti cordiali.
dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#3]
Utente
Gentilissime dott.sse Potenza e Brunialti,
vi ringrazio molto per le vostre risposte davvero dettagliate e puntuali, che mi aiutano molto nella mia ricerca.
Spero che l'argomento trattato nel quesito e nelle vostre risposte, purtroppo sottorappresentato nel dibattito pubblico attuale, possa essere di stimolo anche per analoghe riflessioni da parte dei lettori.
Cordiali saluti
vi ringrazio molto per le vostre risposte davvero dettagliate e puntuali, che mi aiutano molto nella mia ricerca.
Spero che l'argomento trattato nel quesito e nelle vostre risposte, purtroppo sottorappresentato nel dibattito pubblico attuale, possa essere di stimolo anche per analoghe riflessioni da parte dei lettori.
Cordiali saluti
[#4]
Gentile utente,
mi auguro anch'io che il tema venga percepito nella sua importanza anche dal grande pubblico, che però sembra muoversi in una direzione differente: a quanto pare le canzoni di Tony Effe sono ascoltate ogni giorno da quattro milioni di persone.
Per gli specialisti come le dicevo i temi che lei prospetta sono già occasioni di dibattito e in campo pedagogico esistono delle linee guida, vedi la comunicazione dell'OMS sull'utilità di evitare condizionamenti di genere, che non è un attacco al maschile o al femminile, come alcuni erroneamente hanno interpretato, ma al contrario un superamento di stereotipi mutilanti.
Proprio la dottoressa Brunialti rispondeva poco tempo fa ai dubbi di una madre suggerendo il recupero dei ruoli di entrambi i genitori e la ricchezza di proposte da offrire ai bambini per non lasciare che si limitino a determinati giochi: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1084094-bimbo-4-anni-gioca-solo-al-femminile.html
Ricambio i cordiali saluti.
mi auguro anch'io che il tema venga percepito nella sua importanza anche dal grande pubblico, che però sembra muoversi in una direzione differente: a quanto pare le canzoni di Tony Effe sono ascoltate ogni giorno da quattro milioni di persone.
Per gli specialisti come le dicevo i temi che lei prospetta sono già occasioni di dibattito e in campo pedagogico esistono delle linee guida, vedi la comunicazione dell'OMS sull'utilità di evitare condizionamenti di genere, che non è un attacco al maschile o al femminile, come alcuni erroneamente hanno interpretato, ma al contrario un superamento di stereotipi mutilanti.
Proprio la dottoressa Brunialti rispondeva poco tempo fa ai dubbi di una madre suggerendo il recupero dei ruoli di entrambi i genitori e la ricchezza di proposte da offrire ai bambini per non lasciare che si limitino a determinati giochi: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1084094-bimbo-4-anni-gioca-solo-al-femminile.html
Ricambio i cordiali saluti.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#5]
Utente
Gentilissima,
la ringrazio anche per l'ulteriore precisazione, nonostante quest'ultima mi faccia sentire meno compreso della precedente e suoni quasi, almeno in parte, come una "correzione del tiro" rispetto alle conclusioni raggiunte in precedenza. Quasi come se, appunto, non si potesse proprio mai parlare di virilità in termini positivi senza fare i dovuti distinguo. Credo invece che il nucleo di malessere maschile che si accompagna all'attuale dibattito meriti di essere compreso e accolto anche in sé, e non solo in funzione di interessi altri.
Lei, dottoressa, evoca Tony Effe.
Io preferisco concentrarmi sui milioni di uomini risolti e positivi che, in armonia col femminile sano di milioni di donne altrettanto positive e risolte (evito dunque di parlare della "femminilità tossica"), contribuiscono a mandare avanti la famiglia, la specie umana e tutto ciò che nobilita l'essere umano (dal lavoro quotidiano alle più alte espressioni artistiche e intellettuali - e altro che Tony Effe, ma chi è costui?! -, passando per l'impegno sociale, lo studio, lo sport, la cura di sé e degli altri, l'educazione, la spiritualità...). Sono questi, insieme ai tanti saggi e maestri al maschile (di oggi e di ieri), i modelli pedagogici che vorrei indicare ai bambini e ragazzi maschi. Non vorrei invece che, dalla pubertà in avanti, venissero raggiunti quotidianamente - tramite la TV, i giornali, i social e pressoché ogni serie Netflix - da critiche costanti all'identità maschile. Perché non credo davvero che questo possa favorire una loro sana e ordinata crescita e nemmeno, a ben vedere, un sano e sereno rapporto con le donne. Il punto del mio intervento, in definitiva, è questo.
La ringrazio ancora.
Cordiali saluti
la ringrazio anche per l'ulteriore precisazione, nonostante quest'ultima mi faccia sentire meno compreso della precedente e suoni quasi, almeno in parte, come una "correzione del tiro" rispetto alle conclusioni raggiunte in precedenza. Quasi come se, appunto, non si potesse proprio mai parlare di virilità in termini positivi senza fare i dovuti distinguo. Credo invece che il nucleo di malessere maschile che si accompagna all'attuale dibattito meriti di essere compreso e accolto anche in sé, e non solo in funzione di interessi altri.
Lei, dottoressa, evoca Tony Effe.
Io preferisco concentrarmi sui milioni di uomini risolti e positivi che, in armonia col femminile sano di milioni di donne altrettanto positive e risolte (evito dunque di parlare della "femminilità tossica"), contribuiscono a mandare avanti la famiglia, la specie umana e tutto ciò che nobilita l'essere umano (dal lavoro quotidiano alle più alte espressioni artistiche e intellettuali - e altro che Tony Effe, ma chi è costui?! -, passando per l'impegno sociale, lo studio, lo sport, la cura di sé e degli altri, l'educazione, la spiritualità...). Sono questi, insieme ai tanti saggi e maestri al maschile (di oggi e di ieri), i modelli pedagogici che vorrei indicare ai bambini e ragazzi maschi. Non vorrei invece che, dalla pubertà in avanti, venissero raggiunti quotidianamente - tramite la TV, i giornali, i social e pressoché ogni serie Netflix - da critiche costanti all'identità maschile. Perché non credo davvero che questo possa favorire una loro sana e ordinata crescita e nemmeno, a ben vedere, un sano e sereno rapporto con le donne. Il punto del mio intervento, in definitiva, è questo.
La ringrazio ancora.
Cordiali saluti
[#6]
Gentile utente,
la ringrazio della precisazione.
Mi sembra però che quando lei parla di "malessere maschile che si accompagna all'attuale dibattito" dimentichi che tale malessere, vivo e importante, non è determinato dal dibattito, bensì dalla mutata struttura socio-economica che lo sottende.
Per me, parlare di virilità in senso positivo non coincide col parlare di mascolinità. Ne parlo come di una dote di fermezza, responsabilità e coraggio condivisa da molte donne; come ne parlava l'imperatore Adriano, per intenderci, il quale era virile in senso stoico, ed era omosessuale nella sfera delle preferenze di genere.
Come vede, in una società fluida le sfumature sono molte. Se ha letto il consulto che ho linkato sopra lo avrà notato.
In pratica, non possiamo per preferenza o per nostalgia assumere un modello passato che era connesso a tutta una struttura produttiva con la sua sovrastruttura ideologica, giuridica etc. e che oggi sta tramontando, mentre il futuro è ancora da definire.
Quanto a Toni Effe, troppi fanno l'errore di dimenticare che non è un singolo ad essere indicativo di un costume (non sappiamo nemmeno se il cantante segua i suoi stessi precetti, e ne dubito). La cosa indicativa è che si possa ottenere denaro e successo captando queste tendenze del pubblico. Sono i quattro milioni di ascoltatori, tra cui molte donne, che determinano certi tratti di costume, non il cantante.
Probabilmente lei obietterà che proprio una mascolinità mortificata si ribella nelle forme proposte dal cantante; ma allora si tratta di una mascolinità già incerta, di una sicurezza personale che ha bisogno di trovare i suoi puntelli nella violenza sul debole, etc. Siamo, al riguardo, agli studi di Horkheimer e Adorno sulla Personalità autoritaria.
Purtroppo la discussione condotta in questo settore è off topic.
Se troverò il tempo di scrivere una News sulle diverse aspettative uomo-donna circa le relazioni d'amore, forse potrà riprendere le sue interessanti osservazioni in calce a quello scritto.
Le ripeto però che le sedi idonee sono altre.
Cordialmente.
la ringrazio della precisazione.
Mi sembra però che quando lei parla di "malessere maschile che si accompagna all'attuale dibattito" dimentichi che tale malessere, vivo e importante, non è determinato dal dibattito, bensì dalla mutata struttura socio-economica che lo sottende.
Per me, parlare di virilità in senso positivo non coincide col parlare di mascolinità. Ne parlo come di una dote di fermezza, responsabilità e coraggio condivisa da molte donne; come ne parlava l'imperatore Adriano, per intenderci, il quale era virile in senso stoico, ed era omosessuale nella sfera delle preferenze di genere.
Come vede, in una società fluida le sfumature sono molte. Se ha letto il consulto che ho linkato sopra lo avrà notato.
In pratica, non possiamo per preferenza o per nostalgia assumere un modello passato che era connesso a tutta una struttura produttiva con la sua sovrastruttura ideologica, giuridica etc. e che oggi sta tramontando, mentre il futuro è ancora da definire.
Quanto a Toni Effe, troppi fanno l'errore di dimenticare che non è un singolo ad essere indicativo di un costume (non sappiamo nemmeno se il cantante segua i suoi stessi precetti, e ne dubito). La cosa indicativa è che si possa ottenere denaro e successo captando queste tendenze del pubblico. Sono i quattro milioni di ascoltatori, tra cui molte donne, che determinano certi tratti di costume, non il cantante.
Probabilmente lei obietterà che proprio una mascolinità mortificata si ribella nelle forme proposte dal cantante; ma allora si tratta di una mascolinità già incerta, di una sicurezza personale che ha bisogno di trovare i suoi puntelli nella violenza sul debole, etc. Siamo, al riguardo, agli studi di Horkheimer e Adorno sulla Personalità autoritaria.
Purtroppo la discussione condotta in questo settore è off topic.
Se troverò il tempo di scrivere una News sulle diverse aspettative uomo-donna circa le relazioni d'amore, forse potrà riprendere le sue interessanti osservazioni in calce a quello scritto.
Le ripeto però che le sedi idonee sono altre.
Cordialmente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 495 visite dal 22/01/2025.
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