Chiedo un parere: depressione?
Salve sono una ragazza di 29 anni e sto attraversando un periodo molto delicato.
Mi sono laureata in lettere due anni fa e con il titolo potrei lavorare nei musei o insegnare ma come sappiamo in questo campo in Italia non è facile.
Al momento la mia situazione lavorativa è precaria anzi inesistente: per quasi un anno ho lavorato in un call center solo per avere una minima entrata economica ma poi mi sono licenziata.
Questa precarietà mi impedisce di vivere da sola e per questo sono ancora a casa con i miei genitori.
Vivere in famiglia per me è fonte di sofferenza: l’ambiente è tossico e poco sereno.
Sento che la dinamica familiare è disfunzionale e che spesso mi si carica di responsabilità che non dovrei avere.
Un esempio è mio fratello che ha una disabilità.
Lo amo molto e non lo considero un peso ma spesso mi trovo a preoccuparmi più di lui di quanto facciano i miei genitori.
Mia madre è molto assente impegnata costantemente con il lavoro e questo mi lascia con un senso di responsabilità che non mi permette di concentrarmi su me stessa.
Nonostante tutto nel 2024 ho avuto una piccola svolta positiva: mi sono iscritta ad un corso universitario fuori regione e per tre mesi ho vissuto fuori da casa per la prima volta.
Ho incontrato persone interessanti e vissuto momenti belli ma ho anche affrontato una delusione.
Durante questo periodo ho iniziato a notare i gesti e gli sguardi di un mio collega a lezione, che mi hanno fatto intuire che gli piacessi.
Da lì è nato in me un interesse per lui e col tempo ci siamo avvicinati fino a condividere un bacio.
Nonostante io avessi sperato in qualcosa di più lui mi ha fatto capire che non era il momento giusto per lui essendo appena uscito da una relazione lunga.
Questo mi ha lasciata con un senso di amarezza che è culminato in un attacco di panico quando è arrivato il momento di tornare a casa.
Da quando ho terminato i corsi mi sono sentita sempre più isolata.
Sento di avere pochi veri amici su cui contare: le vacanze di Natale ad esempio sono state particolarmente difficili: nessuno mi ha cercata.
Ero sempre io a scrivere.
Nonostante questo momento buio mi sto preparando per gli esami, che sosterrò a breve.
Tuttavia, mi sono isolata sempre di più: provo raramente a organizzare qualcosa con le poche persone rimaste nella mia città ed è da quasi un mese che non esco.
A breve compirò 30 anni ma questo pensiero mi getta ancora di più nello sconforto.
Non so se festeggiare perché temo di farlo con persone che non mi fanno sentire importante.
Mi domando se la mia presenza nella vita degli altri conti davvero.
Ci sono momenti in cui mi attraversano pensieri molto cupi con l’idea di togliermi la vita.
Sento che la mia esistenza non ha valore e che se scomparissi nessuno se ne accorgerebbe.
Inoltre da qualche anno non provo più pulsione sessuale, e ho smesso di cercare gli uomini soprattutto dopo una relazione tossica durata circa un anno che mi segnata.
La mia paura è quella di essere depress e rimanere da sola.
Mi sono laureata in lettere due anni fa e con il titolo potrei lavorare nei musei o insegnare ma come sappiamo in questo campo in Italia non è facile.
Al momento la mia situazione lavorativa è precaria anzi inesistente: per quasi un anno ho lavorato in un call center solo per avere una minima entrata economica ma poi mi sono licenziata.
Questa precarietà mi impedisce di vivere da sola e per questo sono ancora a casa con i miei genitori.
Vivere in famiglia per me è fonte di sofferenza: l’ambiente è tossico e poco sereno.
Sento che la dinamica familiare è disfunzionale e che spesso mi si carica di responsabilità che non dovrei avere.
Un esempio è mio fratello che ha una disabilità.
Lo amo molto e non lo considero un peso ma spesso mi trovo a preoccuparmi più di lui di quanto facciano i miei genitori.
Mia madre è molto assente impegnata costantemente con il lavoro e questo mi lascia con un senso di responsabilità che non mi permette di concentrarmi su me stessa.
Nonostante tutto nel 2024 ho avuto una piccola svolta positiva: mi sono iscritta ad un corso universitario fuori regione e per tre mesi ho vissuto fuori da casa per la prima volta.
Ho incontrato persone interessanti e vissuto momenti belli ma ho anche affrontato una delusione.
Durante questo periodo ho iniziato a notare i gesti e gli sguardi di un mio collega a lezione, che mi hanno fatto intuire che gli piacessi.
Da lì è nato in me un interesse per lui e col tempo ci siamo avvicinati fino a condividere un bacio.
Nonostante io avessi sperato in qualcosa di più lui mi ha fatto capire che non era il momento giusto per lui essendo appena uscito da una relazione lunga.
Questo mi ha lasciata con un senso di amarezza che è culminato in un attacco di panico quando è arrivato il momento di tornare a casa.
Da quando ho terminato i corsi mi sono sentita sempre più isolata.
Sento di avere pochi veri amici su cui contare: le vacanze di Natale ad esempio sono state particolarmente difficili: nessuno mi ha cercata.
Ero sempre io a scrivere.
Nonostante questo momento buio mi sto preparando per gli esami, che sosterrò a breve.
Tuttavia, mi sono isolata sempre di più: provo raramente a organizzare qualcosa con le poche persone rimaste nella mia città ed è da quasi un mese che non esco.
A breve compirò 30 anni ma questo pensiero mi getta ancora di più nello sconforto.
Non so se festeggiare perché temo di farlo con persone che non mi fanno sentire importante.
Mi domando se la mia presenza nella vita degli altri conti davvero.
Ci sono momenti in cui mi attraversano pensieri molto cupi con l’idea di togliermi la vita.
Sento che la mia esistenza non ha valore e che se scomparissi nessuno se ne accorgerebbe.
Inoltre da qualche anno non provo più pulsione sessuale, e ho smesso di cercare gli uomini soprattutto dopo una relazione tossica durata circa un anno che mi segnata.
La mia paura è quella di essere depress e rimanere da sola.
[#1]
Gentile utente,
la sua analisi dettagliata di sé e della sua vita potrebbe essere la strada per uscire da quella che sembrerebbe una condizione depressiva; se endogena o indotta dalle circostanze non è dato sapere, fuori dal colloquio clinico.
Certo molte cose della sua vita sono tristi e altre sono vissute con tristezza, il che è diverso.
Sia sulle condizioni esterne che sulle sue interpretazioni si può lavorare, ma specie in condizioni depressive alimentate/sostenute dall'ambiente familiare uscirne da sola è difficile.
Tenga conto che alle ASL, al Consultorio Familiare, al Centro di Salute Mentale, presso le Scuole di psicoterapia e anche con il bonus psicologi se ricorrono le condizioni economiche, può farsi seguire da psicolog* a costi accettabili o gratuitamente. Può farsi prescrivere dal suo medico di famiglia una serie di incontri con un* psicolog* del Servizio Pubblico oppure recarsi lì di persona a prendere informazioni. Inoltre molti specialisti privati non hanno prezzi proibitivi, e possono venirle incontro.
Le suggerirei di non sprecare questo suo momento di lucidità. Si offra un percorso psicologico come regalo per i suoi trent'anni, e intanto festeggi questa meta con le persone che le sono care, senza chiedersi se lei ha valore per loro. Ne ha di certo (pensi a suo fratello, pensi ai suoi genitori), ma è tipico della depressione farci sentire inesistenti per tutti. Un colpo d'ala può consistere nella generosità verso di loro: manifesti il suo amore, anche se non riesce più ad essere raggiunta dal loro.
Infine, la sua chiarezza e lucidità possono essere il passe-partout per uscirne.
Auguri infiniti.
la sua analisi dettagliata di sé e della sua vita potrebbe essere la strada per uscire da quella che sembrerebbe una condizione depressiva; se endogena o indotta dalle circostanze non è dato sapere, fuori dal colloquio clinico.
Certo molte cose della sua vita sono tristi e altre sono vissute con tristezza, il che è diverso.
Sia sulle condizioni esterne che sulle sue interpretazioni si può lavorare, ma specie in condizioni depressive alimentate/sostenute dall'ambiente familiare uscirne da sola è difficile.
Tenga conto che alle ASL, al Consultorio Familiare, al Centro di Salute Mentale, presso le Scuole di psicoterapia e anche con il bonus psicologi se ricorrono le condizioni economiche, può farsi seguire da psicolog* a costi accettabili o gratuitamente. Può farsi prescrivere dal suo medico di famiglia una serie di incontri con un* psicolog* del Servizio Pubblico oppure recarsi lì di persona a prendere informazioni. Inoltre molti specialisti privati non hanno prezzi proibitivi, e possono venirle incontro.
Le suggerirei di non sprecare questo suo momento di lucidità. Si offra un percorso psicologico come regalo per i suoi trent'anni, e intanto festeggi questa meta con le persone che le sono care, senza chiedersi se lei ha valore per loro. Ne ha di certo (pensi a suo fratello, pensi ai suoi genitori), ma è tipico della depressione farci sentire inesistenti per tutti. Un colpo d'ala può consistere nella generosità verso di loro: manifesti il suo amore, anche se non riesce più ad essere raggiunta dal loro.
Infine, la sua chiarezza e lucidità possono essere il passe-partout per uscirne.
Auguri infiniti.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
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Utente
Buonasera dottoressa, la ringrazio per la sua risposta. In realtà ci sarebbero molte altre cose da dire che nel messaggio precedente non sono riuscita a inserire per via del limite imposto qui sul forum. Questa sensazione di malinconia, di tristezza, a ben pensarci, la porto con me fin dall'infanzia. I miei ricordi più felici sono sempre stati, in qualche modo, rovinati dalla negatività degli adulti. I litigi tra i miei genitori trasformavano feste o eventi particolari in momenti di discussioni accese e violente. Ho subito bullismo da parte dei miei cugini per il peso, sono stata una bambina leggermente in sovrappeso, dalle insegnanti di danza e in adolescenza da alcune ragazze del mio paese che culminò in un’aggressione fisica quando avevo 14 anni. Anche in quell’occasione mia madre riuscì a farmi sentire colpevole, come se fossi stata io a provocare quel comportamento, solo perché provavo a difendermi. Secondo mia madre, era sempre colpa mia. Anche quando le mie amichette mi facevano un torto e io mi sfogavo con lei perché ci rimanevo male, la sua risposta era che accadeva perché ero troppo fessa . Per anni, credo di aver ignorato quanto i miei genitori mi avessero ferita con i loro comportamenti. Solo di recente, concentrandomi più su me stessa che sugli altri, ho iniziato a prendere consapevolezza di queste dinamiche. Non ho mai accettato il rapporto tra i miei genitori, un rapporto che considero tossico. Qualche mese fa mia madre ha denunciato mio padre per maltrattamenti subiti da lei, cercando di coinvolgere me e le mie due sorelle nella denuncia, cosa che noi non volevamo assolutamente fare, perché il nostro desiderio è quello di lasciarci tutto alle spalle. Mio padre non è stato un padre modello, ma nemmeno mia madre lo è stata. Lei, infatti, istigava mio padre a usare violenza su di noi quando non li ascoltavamo, considerandolo un metodo educativo . Lui usava la parola p*****a ed è lei che negli ultimi mesi era decisa a chiedere il divorzio: quando sono stata fuori casa per seguire le lezioni mi condizionava con il suo umore per chiedermi di tornare e aiutarla a risolvere i suoi problemi. Ma alla fine mio padre è tornato a casa e tutto è "tornato" come prima. Forse è proprio questa realtà familiare che mi porta a essere costantemente delusa dalle persone e dagli amici. Ho sempre cercato la tranquillità fuori casa, attribuendo all’amicizia un valore enorme, ma non ho mai ricevuto nulla in cambio. Ho sempre avuto la sensazione di essere abbandonata da tutti.
Mi sono sempre considerata una persona intraprendente, coraggiosa e altruista nella vita. Ho sempre cercato di affrontare le difficoltà con determinazione, ma adesso mi sento come se non fossi più capace di fare nulla. È come se fossi bloccata su tutti i fronti: lavorativo, emotivo e affettivo. Questa sensazione di immobilità mi pesa, perché non mi riconosco più nella persona che ero un tempo.
Mi sono sempre considerata una persona intraprendente, coraggiosa e altruista nella vita. Ho sempre cercato di affrontare le difficoltà con determinazione, ma adesso mi sento come se non fossi più capace di fare nulla. È come se fossi bloccata su tutti i fronti: lavorativo, emotivo e affettivo. Questa sensazione di immobilità mi pesa, perché non mi riconosco più nella persona che ero un tempo.
[#3]
Gentile utente,
prendere coscienza di quanto accaduto in passato è utile, ma solo se utilizziamo le nostre cicatrici morali come punti di forza, esperienze che sia pure nel male ci hanno arricchito di consapevolezza.
Lei è rimasta intraprendente, coraggiosa e altruista fino a poco tempo fa.
A un certo punto però la piena delle vicende negative ha fatto straripare il fiume della sua vita, travolgendo gli argini che coraggiosamente si era imposta.
In psicologia chiamiamo questa situazione "perdita della capacità di coping", ossia della capacità di fronteggiare le difficoltà.
E' normale che questo avvenga, nei momenti in cui non abbiamo più punti fermi a cui aggrapparci. In poco tempo infatti lei ha subito troppe scosse emotive, troppe delusioni. Tuttavia, come le dicevo nel primo commento, tutto questo le sta suggerendo una corretta visione del suo passato, un rimettere al loro posto le varie figure e la carica di negatività che hanno (anche involontariamente) riversato su di lei.
Attenzione, però. La consapevolezza del male subito diventa un replay gratuito e doloroso, se non è orientato a ricostruire un Sé libero.
Per far questo occorre andare oltre la scoperta del male patito nel passato e ancora oggi presente in altre forme: occorre trovare i punti di forza che fin qui l'hanno sostenuta e puntare su quelli.
Le ho già indicato tutte le strade per ottenere un aiuto professionale in questo senso. Non se lo precluda!
Auguri.
prendere coscienza di quanto accaduto in passato è utile, ma solo se utilizziamo le nostre cicatrici morali come punti di forza, esperienze che sia pure nel male ci hanno arricchito di consapevolezza.
Lei è rimasta intraprendente, coraggiosa e altruista fino a poco tempo fa.
A un certo punto però la piena delle vicende negative ha fatto straripare il fiume della sua vita, travolgendo gli argini che coraggiosamente si era imposta.
In psicologia chiamiamo questa situazione "perdita della capacità di coping", ossia della capacità di fronteggiare le difficoltà.
E' normale che questo avvenga, nei momenti in cui non abbiamo più punti fermi a cui aggrapparci. In poco tempo infatti lei ha subito troppe scosse emotive, troppe delusioni. Tuttavia, come le dicevo nel primo commento, tutto questo le sta suggerendo una corretta visione del suo passato, un rimettere al loro posto le varie figure e la carica di negatività che hanno (anche involontariamente) riversato su di lei.
Attenzione, però. La consapevolezza del male subito diventa un replay gratuito e doloroso, se non è orientato a ricostruire un Sé libero.
Per far questo occorre andare oltre la scoperta del male patito nel passato e ancora oggi presente in altre forme: occorre trovare i punti di forza che fin qui l'hanno sostenuta e puntare su quelli.
Le ho già indicato tutte le strade per ottenere un aiuto professionale in questo senso. Non se lo precluda!
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 310 visite dal 19/01/2025.
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