Accettare di perdere un genitore

Buonasera, mai avrei pensato di scrivere una cosa del genere.
Ho 44 anni, a mia madre, che di anni ne ha 84, è stato accertato un tumore gastrico.
Lei ha rifiutato le chemio e ora è a casa.

L'ho accompagnata per tutte le visite mediche necessarie, le sto stando vicino, assecondandola nelle sue scelte anche se non le condivido appieno.
Sto facendo ciò che posso per accompagnarla fino alla fine.
In questi tre mesi ho sofferto d'ansia, insonnia, ho vomitato in preda all'angoscia.
Ho fatto uso di un ansiolitico per stare un po' meglio.
Ora non ho più conati di vomito, riesco a dormire qualche ora, in certi giorni mi sento più serena, in altri meno.
Non riesco a pensare che potrò perdere mia madre, anche se la sua età è avanzata e io sono ormai una donna adulta.
Non so come farò quando succederà, anche se mi sto rendendo conto che il cervello umano è programmato per adattarsi ad ogni situazione per farci continuare a vivere.
Inoltre, ciò che mi turba è il rapporto che ho avuto con lei.
I miei genitori sono nati sotto la guerra, in tempi austeri.
Non ricordo gesti affettuosi, carezze e mai parole di incoraggiamento, semmai, hanno fatto di tutto per scoraggiarmi nelle mie iniziative, peraltro quasi sempre riuscite.
Tuttavia io li amo.
Anche se non mi hanno amato nella maniera in cui avrei voluto, anche se non mi sono mai confidata con loro per un consiglio o altro.
A volte penso che la loro dipartita sarà una sorta di "liberazione" perché potrò disporre della mia vita liberamente, senza dover dare di conto per ogni mia decisione.
Sono scissa tra questi sentimenti, di perdita e di libertà, ma prevale la paura della perdita e il dolore che ne potrà seguire.
Non so come affrontare questa situazione di immenso dolore
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Dr.ssa Francesca Pecorari Psicologo 10
Gentile utente,
Di certo assistere alla sofferenza di una persona cara può essere logorante, avere a che fare con la paura della perdita ti consuma ogni giorno, e anche i piccoli attimi di tranquillità possono essere vissuti con il senso di colpa.
Ma ciò che emerge di significativo nel suo racconto è l'ambivalenza dei suoi sentimenti verso i suoi genitori e in particolare verso sua madre. A mio avviso tra questa ambivalenza c'è il desiderio antico e la speranza nascosta di lei bambina di ricevere quella carezza mancata, quell'incoraggiamento o quella fiducia che non hai mai avuto, e la paura della perdita può essere particolarmente disturbante quando ci si accorge che il tempo insieme sta per finire, quando non c'è più la possibilità di aggiustare le cose.
Se non lo ha già fatto, valuti la possibilità di parlare sinceramente con sua madre riguardo il vostro rapporto e il suo amore per loro come genitori, molte persone raccontano di rimanere con rimorsi e rimpianti e che se potessero tornare indietro agirebbero in maniera diversa.
Per quanto riguarda il senso di "liberazione" che descrive, lo accolga senza sentirsi in difetto, ad ogni modo la sua vita andrà avanti e si troverà con uno spazio in un certo senso "libero" dentro di sé da riorganizzare.
Cari saluti

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Utente
Utente
Grazie per la rapida risposta.
Non me la sento di parlare a mia madre di quello che avrebbe potuto o dovuto fare per me, perché ormai è andata. Indietro non si torna e in ogni caso gli errori sono stati fatti (credo) in buona fede, diciamo più per ignoranza che per cattiveria. L'altro giorno ho scherzato con lei, dicendole che da giovane era bellissima, come anche papà, mentre io sono "uscita" brutta, e lei mi risponde : tu non sei brutta, sei solo maltrattata... Mi ha colpito molto questa frase, forse nella malattia ha compreso alcune cose ed io non ho intenzione di infierire. Le sto stando accanto in questi giorni difficili, ma mi creda se le dico che è molto doloroso, soprattutto accettare le altrui scelte quando non le condividiamo. Ci sono giorni in cui non riesco ad alzarmi dal letto, altri in cui sono più serena e quasi rassegnata, in un'altalena di emozioni che mi destabilizza e mi consuma. In certi momenti penso di farla finita, in altri penso che ci saranno giorni felici per me, magari in viaggio o in una casa nuova con le mie cose. In altri momenti vedo anche la mia morte più vicina, mi dico chissà, magari mi resta pure poco da vivere e ho sprecato gli anni migliori. Sono normali questi pensieri? Sono in prelutto? In tutto ciò di una cosa sono certa: sono felice di non aver fatto figli e non aver messo anime innocenti a soffrire. Quando giungera' la mia ora, spero sia una fine rapida, o tutt'al più in una struttura... Ma mai vorrei dare tanto dolore ad un caro. Mi scusi per lo sfogo.
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Dr.ssa Francesca Pecorari Psicologo 10
Questi vissuti sono inevitabili quando abbiamo a che fare con una perdita, non c'è alternativa al farsi attraversare dal dolore e aspettare che si affievolisca man mano. Stare a letto tutto il giorno a volte diventa necessario, perché la quantità di energia che viene consumata vivendo un dolore è grande.
Capisco che accettare delle scelte che non si condividono può mettere a dura prova, soprattutto in un periodo del genere.
I pensieri che fa possono essere normali in questa fase, così come l'altalenanza, tuttavia lei è ancora molto giovane, e questo avvicinare il pensiero della morte a sé stessa io lo riferisco a un profondo legame con sua madre, ora mi corregga se sbaglio, come se cercasse un modo per tenerla vicina.
Non ha parlato di altre sfere della sua vita quindi non mi riferirò allo specifico, ma rimanendo in generale può aiutare avere una rete di supporto come amicizie, lavoro, volontariato o qualsiasi cosa che funga da valvola di sfogo, perlomeno saltuariamente.
Un abbraccio

[#4]
Utente
Utente
Dottoressa, innanzi tutto la volevo ringraziare per le sue risposte così attente e discrete. Mi sono sentita ascoltata, "vista". Per quanto riguarda le relazioni, c'è da dire che nel periodo estivo ho vissuto un flirt, poi ripreso a dicembre e purtroppo finito già. Nei giorni di questa frequentazione, vissuti appunto a dicembre, devo dire di essere stata meglio. Se non altro, avevo smesso di pensare di farla finita, perché la passione forse funge da catalizzatore, è una spinta alla vita in qualche modo. Per quanto riguarda le amicizie, in questo momento di particolare difficoltà, gli amici mi hanno girato le spalle. Forse perché la sofferenza mette in imbarazzo, il dolore visto troppo da vicino spaventa e quindi i più preferiscono darsi alla macchia. Il fatto di essere rimasta senza amici, senza qualcuno che mi chieda come stia o che venga sotto casa a salutarmi per 10 minuti, mi ha sicuramente ferito, fatto male, perché ho capito di aver fatto investimenti sbagliati, ma ringrazio che si siano tolti di torno d'altra parte, perché non ho bisogno di persone che ci sono solo per il caffè o la pizza. Spero di incontrare per il futuro persone vere, presenti nella prospera come nell'avversa fortuna. Per quanto riguarda il lavoro, ne ho uno che mi gratifica e che rappresenta un grosso aiuto al momento. Un motivo per alzarsi e farsi la doccia al mattino. Il dolore mi sta attraversando in maniera forte, anche perché non accetto che lei non abbia combattuto anche per me. Fa male anche questo, oltre al timore della perdita. Di nuovo grazie per il suo supporto così delicato