Difficoltà a socializzare
Salve vi ringrazio in anticipo per il tempo che dedicherete per leggere questa mia domanda/sfogo.
Ho 24 anni e il mio problema è quello di avere difficoltà nell'instaurare rapporti con gli altri.
Mi ricordo che quando andavo alle scuole elementari non ero così, anzi ero molto di compagnia, facevo sempre ridere i miei compagni. Ma senza andare troppo indietro con gli anni, veniamo ai tempi del liceo. Ho riflettuto in questi giorni a proposito di questo mio blocco nel socializzare e ho chiarito che anche alle scuole superiori appunto, avevo questo problema. Cioè non è che fossi il topo di biblioteca che sta sempre sui libri o lo sfigatello della classe che è deriso da tutti, anzi! Il mio problema è che io non ho iniziativa: nel senso che se devo attaccare discorso io o devo continuare una conversazione, faccio fatica o cmq esaurisco gli argomenti in poco tempo. Ai tempi del liceo, però, questo mio problema non lo avevo notato perché erano gli altri che venivano da me e se sono loro a fornire argomenti di cui parlare io chiacchiero volentieri. Insomma risultavo di compagnia, ero simpatico.
Diciamo che tutto è crollato con l’avvento dell’università. La mia estrema timidezza mi ha portato a non fare amicizie con nessuno. È una cosa incredibile eppure è così. Ho cambiato corsi di studi per vari motivi ma in quegli anni non ho mai legato con nessuno. Qualche piccola chiacchiera ma nessuna amicizia. Lo so che sembra impossibile, ma è così. Il bello è che mi vergogno anch'io.
La mia paura di parlare non so da cosa derivi; a volte ci penso e mi dico che faccio così per evitare di sembrare “sfigato”: quello che penso è che se non dico niente, la gente non può giudicarmi. Quindi per paura di apparire poco simpatico o di non piacere alla gente, non dico niente oppure mi limito a scambiare qualche chiacchiera con qualcuno durante la quale risulto divertente, ma poi taglio subito i contatti per evitare di diventare tedioso. Faccio come se fossi un promoter che deve vendere il caffè lavazza.
Su questo problema del comunicare però se ne intrecciano altri che a me danno ancora più fastidio.
Per esempio quello che mi è capitato di vedere più volte è che la gente non conoscendomi comincia a pensare cose di me che non sono affatto vere, ma che mi trovo in difficoltà a smentire, come quella dell'essere gay (ho avute poche storie).
Questo mi ha portato e mi porta tuttora a frequentare posti sempre diversi per evitare di incontrare sempre le stesse persone o persino per evitare di conoscere gente con cui avere amici in comune e quindi evitare che parlino male di me.
Forse quello che odio è farmi conoscere, sono molto riservato e non mi piace aprirmi con la gente, tengo tutto per me; così parlo poco con tutti.
Alla fine con il mio modo di fare, cerco di non fare la figura dello sfigato ma regolarmente ne faccio sempre due: prima quella del gay e poi quello dello sfigato! E' molto irritante!!
Insomma ma di cosa bisogna parlare per sostenere una normale conversazione?
Ho 24 anni e il mio problema è quello di avere difficoltà nell'instaurare rapporti con gli altri.
Mi ricordo che quando andavo alle scuole elementari non ero così, anzi ero molto di compagnia, facevo sempre ridere i miei compagni. Ma senza andare troppo indietro con gli anni, veniamo ai tempi del liceo. Ho riflettuto in questi giorni a proposito di questo mio blocco nel socializzare e ho chiarito che anche alle scuole superiori appunto, avevo questo problema. Cioè non è che fossi il topo di biblioteca che sta sempre sui libri o lo sfigatello della classe che è deriso da tutti, anzi! Il mio problema è che io non ho iniziativa: nel senso che se devo attaccare discorso io o devo continuare una conversazione, faccio fatica o cmq esaurisco gli argomenti in poco tempo. Ai tempi del liceo, però, questo mio problema non lo avevo notato perché erano gli altri che venivano da me e se sono loro a fornire argomenti di cui parlare io chiacchiero volentieri. Insomma risultavo di compagnia, ero simpatico.
Diciamo che tutto è crollato con l’avvento dell’università. La mia estrema timidezza mi ha portato a non fare amicizie con nessuno. È una cosa incredibile eppure è così. Ho cambiato corsi di studi per vari motivi ma in quegli anni non ho mai legato con nessuno. Qualche piccola chiacchiera ma nessuna amicizia. Lo so che sembra impossibile, ma è così. Il bello è che mi vergogno anch'io.
La mia paura di parlare non so da cosa derivi; a volte ci penso e mi dico che faccio così per evitare di sembrare “sfigato”: quello che penso è che se non dico niente, la gente non può giudicarmi. Quindi per paura di apparire poco simpatico o di non piacere alla gente, non dico niente oppure mi limito a scambiare qualche chiacchiera con qualcuno durante la quale risulto divertente, ma poi taglio subito i contatti per evitare di diventare tedioso. Faccio come se fossi un promoter che deve vendere il caffè lavazza.
Su questo problema del comunicare però se ne intrecciano altri che a me danno ancora più fastidio.
Per esempio quello che mi è capitato di vedere più volte è che la gente non conoscendomi comincia a pensare cose di me che non sono affatto vere, ma che mi trovo in difficoltà a smentire, come quella dell'essere gay (ho avute poche storie).
Questo mi ha portato e mi porta tuttora a frequentare posti sempre diversi per evitare di incontrare sempre le stesse persone o persino per evitare di conoscere gente con cui avere amici in comune e quindi evitare che parlino male di me.
Forse quello che odio è farmi conoscere, sono molto riservato e non mi piace aprirmi con la gente, tengo tutto per me; così parlo poco con tutti.
Alla fine con il mio modo di fare, cerco di non fare la figura dello sfigato ma regolarmente ne faccio sempre due: prima quella del gay e poi quello dello sfigato! E' molto irritante!!
Insomma ma di cosa bisogna parlare per sostenere una normale conversazione?
[#1]
Gentile ragazzo, è abbastanza frequente un cambiamento anche importante nel modo di porsi con gli altri attraverso l'adolescenza. Bambini estroversi diventano più guardinghi da adulti, e viceversa.
Ma mi permetta di farle una domanda, per capire meglio: la sua difficolta, se ci pensa bene, dipende più da una paura di non essere all'altezza, oppure più da una paura che gli altri potrebbero rifiutarla o esserle ostili? In altre parole, il nemico è più interno o più esterno?
Cordiali saluti
Ma mi permetta di farle una domanda, per capire meglio: la sua difficolta, se ci pensa bene, dipende più da una paura di non essere all'altezza, oppure più da una paura che gli altri potrebbero rifiutarla o esserle ostili? In altre parole, il nemico è più interno o più esterno?
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Gentile Utente,
intanto direi che c'è riuscito, ha parlato di sé, anche se per farlo ha dovuto usare un mezzo virtuale.
L'imbarazzo quando si parla con gli altri è legato alla paura del giudizio: ci sentiamo quasi "scannerizzati", pensiamo che gli altri ci stanno valutando e che, probabilmente, tale valutazione avrà un esito negativo.
Le allego intanto questo articolo sull'ansia sociale, provi a leggerlo ed a vedere se si ritrova oppure no
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/316-fobia-sociale-il-palcoscenico-della-paura.html
intanto direi che c'è riuscito, ha parlato di sé, anche se per farlo ha dovuto usare un mezzo virtuale.
L'imbarazzo quando si parla con gli altri è legato alla paura del giudizio: ci sentiamo quasi "scannerizzati", pensiamo che gli altri ci stanno valutando e che, probabilmente, tale valutazione avrà un esito negativo.
Le allego intanto questo articolo sull'ansia sociale, provi a leggerlo ed a vedere se si ritrova oppure no
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/316-fobia-sociale-il-palcoscenico-della-paura.html
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
[#3]
Ex utente
Gent.le Dr. Santonocito grazie mille per la repentina risposta che mi ha fornito e le rispondo subito dicendole che la mia è una paura di non essere all'altezza. Avevo tralasciato un trafiletto nella mia domanda che ora per forza devo aggiungere per chiarirle la mia situazione.
Mi ricordo che al liceo avevo paura di parlare anche perché mi sentivo inferiore, poco colto, rispetto ad alcuni miei amici (anche se forse era vero solo in parte). Allora l’ultimo anno mi ero messo a studiare e fare il serio e mi ricordo che il primo anno di università snobbavo quelli che facevano i bulletti perché io mi sentivo (o volevo fare)quello intelligente e allora li evitavo. Adesso invece mi sento troppo “nerd”, a volte rimpiango di non essere banale per poter fare battute alle quali la gente possa ridere di gusto. Non sto dicendo che sono super intelligente, anzi sono una persona molto umile.
Prima mi sentivo tagliato fuori perché non ero abbastanza intelligente e adesso è il contrario. A volte vorrei essere Homer Simpson per rendere l'idea!!
Gent.le Dr Bulla ringrazio molto anche lei e ho letto il link che mi ha postato. Mi riconosco in molti aspetti:
- evito il più possibile la situazione temuta (nel mio caso il dover affrontare una conversazione che non risulti noiosa; mi piacerebbe risultare sempre simpatico con quelli con cui parlo e avere sempre qualcosa da dire);
- il fobico sociale teme che le proprie prestazioni (parlare o fare qualcosa) lo esporranno inesorabilmente al giudizio negativo degli altri, al punto da sentirsi rifiutato dalla società. Per questo egli perde la stima di sé;
- le persone affette da fobia sociale tendono ad isolarsi poiché temono i contatti con le altre persone. Alcuni vanno incontro ad un vero e proprio isolamento sociale, favoriti da un lavoro anonimo e noioso, e passano la loro vita leggendo o guardando la tv (non fino a questo punto, però esco poco anche con gli amici di vecchia data e non ho molte amicizie).
Mi ricordo che al liceo avevo paura di parlare anche perché mi sentivo inferiore, poco colto, rispetto ad alcuni miei amici (anche se forse era vero solo in parte). Allora l’ultimo anno mi ero messo a studiare e fare il serio e mi ricordo che il primo anno di università snobbavo quelli che facevano i bulletti perché io mi sentivo (o volevo fare)quello intelligente e allora li evitavo. Adesso invece mi sento troppo “nerd”, a volte rimpiango di non essere banale per poter fare battute alle quali la gente possa ridere di gusto. Non sto dicendo che sono super intelligente, anzi sono una persona molto umile.
Prima mi sentivo tagliato fuori perché non ero abbastanza intelligente e adesso è il contrario. A volte vorrei essere Homer Simpson per rendere l'idea!!
Gent.le Dr Bulla ringrazio molto anche lei e ho letto il link che mi ha postato. Mi riconosco in molti aspetti:
- evito il più possibile la situazione temuta (nel mio caso il dover affrontare una conversazione che non risulti noiosa; mi piacerebbe risultare sempre simpatico con quelli con cui parlo e avere sempre qualcosa da dire);
- il fobico sociale teme che le proprie prestazioni (parlare o fare qualcosa) lo esporranno inesorabilmente al giudizio negativo degli altri, al punto da sentirsi rifiutato dalla società. Per questo egli perde la stima di sé;
- le persone affette da fobia sociale tendono ad isolarsi poiché temono i contatti con le altre persone. Alcuni vanno incontro ad un vero e proprio isolamento sociale, favoriti da un lavoro anonimo e noioso, e passano la loro vita leggendo o guardando la tv (non fino a questo punto, però esco poco anche con gli amici di vecchia data e non ho molte amicizie).
[#4]
In questo caso, è molto probabile che il suo sia un disturbo a base ansiosa. Non è importante scavare alla ricerca delle cause, mentre sarebbe importante - ma questo può deciderlo solo lei - che si rivolgesse a uno specialista per una valutazione esatta.
L'ansia può essere trattata molto bene con approcci psicoterapeutici brevi e focalizzati, in genere con un numero di sedute contenuto. Tenga presente che la competenza del terapeuta è però più importante di qualunque approccio egli usi.
Può leggere quest'articolo che tratta di cos'è la psicoterapia e come reperire uno psicoterapeuta:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/
Cordiali saluti
L'ansia può essere trattata molto bene con approcci psicoterapeutici brevi e focalizzati, in genere con un numero di sedute contenuto. Tenga presente che la competenza del terapeuta è però più importante di qualunque approccio egli usi.
Può leggere quest'articolo che tratta di cos'è la psicoterapia e come reperire uno psicoterapeuta:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/
Cordiali saluti
[#6]
Beh, se è maggiorenne potrebbe rivolgersi anche alla sua ASL, chiedendo un primo colloquio psicodiagnostico. In questo caso non potrà scegliersi il professionista che la seguirà, ma almeno inizierebbe a ricevere un inquadramento del suo problema spendendo pochissimo.
Per un professionista privato, invece, potrebbe ad esempio cercare qui:
http://www.centroditerapiastrategica.org/ita/affiliati%20prof%20ita.htm
oppure nella lista iscritti di questo sito:
https://www.medicitalia.it/medici-specialisti-provincia/
o anche tramite le Pagine Gialle fare qualche telefonata. Anche da una semplice conversazione telefonica, se si fa attenzione, si possono capire molte cose. Scelga la persona che le dà più sicurezza, e le chieda di fissarle un incontro.
Cordiali saluti
Per un professionista privato, invece, potrebbe ad esempio cercare qui:
http://www.centroditerapiastrategica.org/ita/affiliati%20prof%20ita.htm
oppure nella lista iscritti di questo sito:
https://www.medicitalia.it/medici-specialisti-provincia/
o anche tramite le Pagine Gialle fare qualche telefonata. Anche da una semplice conversazione telefonica, se si fa attenzione, si possono capire molte cose. Scelga la persona che le dà più sicurezza, e le chieda di fissarle un incontro.
Cordiali saluti
[#8]
Gentile Utente,
immagino che non sia semplice scegliere quando tutti le parlano di questo o di quell'altro.
La fobia sociale è un disturbo d'ansia, e indiscutibilmente i disturbi d'ansia vengono curati meglio con degli approcci brevi, soprattutto con la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale, specie se in associazione alla farmacoterapia.
Vorrei fosse chiaro che non sono cose che dico io, ma faccio riferimento alla ricerca scientifica internazionale.
Se mastica un po' di inglese può controllare lei stesso sul sito del National Institute of Mental Health, punto di riferimento mondiale per la ricerca nei disturbi psicologici e psichiatrici, direttamente su questo sito
http://www.nimh.nih.gov/health/publications/anxiety-disorders/treatment-of-anxiety-disorders.shtml
dove la terapia cognitivo-comportamentale è definita "CBT".
Quindi un criterio di scelta, quando si vuole risolvere un problema come l'ansia, potrebbe (o dovrebbe) essere legato ai risultati scientifici che una terapia ha ottenuto.
Almeno, io per la mia salute mi regolo così.
immagino che non sia semplice scegliere quando tutti le parlano di questo o di quell'altro.
La fobia sociale è un disturbo d'ansia, e indiscutibilmente i disturbi d'ansia vengono curati meglio con degli approcci brevi, soprattutto con la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale, specie se in associazione alla farmacoterapia.
Vorrei fosse chiaro che non sono cose che dico io, ma faccio riferimento alla ricerca scientifica internazionale.
Se mastica un po' di inglese può controllare lei stesso sul sito del National Institute of Mental Health, punto di riferimento mondiale per la ricerca nei disturbi psicologici e psichiatrici, direttamente su questo sito
http://www.nimh.nih.gov/health/publications/anxiety-disorders/treatment-of-anxiety-disorders.shtml
dove la terapia cognitivo-comportamentale è definita "CBT".
Quindi un criterio di scelta, quando si vuole risolvere un problema come l'ansia, potrebbe (o dovrebbe) essere legato ai risultati scientifici che una terapia ha ottenuto.
Almeno, io per la mia salute mi regolo così.
[#9]
Ex utente
Salve Dr Bulla,
a dir la verità preferirei non prendere anche dei farmaci (già l'andare da qualcuno sarebbe un passo grosso visto che di questo non ne ho mai parlato seriamente con nessuno) se mai dovessi cominciare una terapia da uno psicologo...non mi ritengo in uno stadio così avanzato di ansia da dover affidarmi anche a delle pillole. Non so...le vedo come se avessi una malattia grave, come se fossi matto!
La terapia cognitivo-comportamentale è quella di cui accennava il suo collega Santonocito?
E' possibile poter affrontare il problema anche leggendo libri che trattino di questo disturbo e come affrontarlo?
Non sono sicuro che la mia sia proprio un'ansia....a dir la verità non è che temo il confronto; se conosco una nuova persona non ho problemi ad affrontare una conversazione se lei mi offre spunti per parlare. Come dicevo nella prima lettera, risulto anche simpatico. Il problema è dopo, quando magari devo passare ore e ore in chiacchiera con qualcuno, ipotizziamo una giornata di lavoro in uficio. Mi sono accorto che esaurisco gli argomenti quando faccio delle lunghe conversazioni; poi, terminati quelli che per me risultano interessanti, non dico più niente per evitare di cadere nel banale ed essere considerato uno "sfigato" (se mi passa il termine).
E' difficile da rendere il concetto, spero mi abbia inteso un po....che ne pensa?
Grazie mille.
a dir la verità preferirei non prendere anche dei farmaci (già l'andare da qualcuno sarebbe un passo grosso visto che di questo non ne ho mai parlato seriamente con nessuno) se mai dovessi cominciare una terapia da uno psicologo...non mi ritengo in uno stadio così avanzato di ansia da dover affidarmi anche a delle pillole. Non so...le vedo come se avessi una malattia grave, come se fossi matto!
La terapia cognitivo-comportamentale è quella di cui accennava il suo collega Santonocito?
E' possibile poter affrontare il problema anche leggendo libri che trattino di questo disturbo e come affrontarlo?
Non sono sicuro che la mia sia proprio un'ansia....a dir la verità non è che temo il confronto; se conosco una nuova persona non ho problemi ad affrontare una conversazione se lei mi offre spunti per parlare. Come dicevo nella prima lettera, risulto anche simpatico. Il problema è dopo, quando magari devo passare ore e ore in chiacchiera con qualcuno, ipotizziamo una giornata di lavoro in uficio. Mi sono accorto che esaurisco gli argomenti quando faccio delle lunghe conversazioni; poi, terminati quelli che per me risultano interessanti, non dico più niente per evitare di cadere nel banale ed essere considerato uno "sfigato" (se mi passa il termine).
E' difficile da rendere il concetto, spero mi abbia inteso un po....che ne pensa?
Grazie mille.
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 12k visite dal 05/10/2009.
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