Tradimento
Buona sera dottori, sono un ragazzo di 20 anni ed ho intrapreso un percorso psicologico da poco meno di un mese.
Ho fatto finora 4 sedute con uno psicologo che ritengo veramente bravo.
Abbiamo affrontato vari temi della mia vita e riesce a centrare sempre il punto.
Scrivo qui perché mi sorge una curiosità e vorrei una risposta più approfondita sul tema del tradimento poiché non è di mio interesse incentrare le mie sedute su questo quanto in realtà è mera curiosità unita anche ad una relazione durata 3 anni nella quale sono stato tradito (quindi un po’ di interesse l’ho).
Comunque sia, parlando col mio terapista del tradimento lo ha definito un valore sociale e non morale poiché per lui è la società che ci dice che tradire l’altro è sbagliato, e mi ha anche detto che l’amore passa per 3 fasi: innamoramento, amore e accettazione ed è una regola fissa e che prima o poi si sceglie il male minore quindi o la voglia ad esempio di fare famiglia oppure la voglia di tornare alla base e quindi lasciarsi se è ciò che fa stare bene.
Per il resto mi ha detto che per lui non è la soluzione il tradimento quando sarebbe più opportuno dialogare e scovare i problemi (cose che pochi fanno).
Adesso il mio cruccio è capire cos’è un tradimento, l’amore si divide veramente in maniera così schematica?
Se prima o poi arriveremmo ad accettare l’altro, che senso ha allora creare una relazione se prima o poi l’amore svanirà?
Faccio queste domande qui perché i miei problemi principali sono altri e non voglio fossilizzarmi su questi argomenti in seduta.
Grazie a chi risponderà!
Ho fatto finora 4 sedute con uno psicologo che ritengo veramente bravo.
Abbiamo affrontato vari temi della mia vita e riesce a centrare sempre il punto.
Scrivo qui perché mi sorge una curiosità e vorrei una risposta più approfondita sul tema del tradimento poiché non è di mio interesse incentrare le mie sedute su questo quanto in realtà è mera curiosità unita anche ad una relazione durata 3 anni nella quale sono stato tradito (quindi un po’ di interesse l’ho).
Comunque sia, parlando col mio terapista del tradimento lo ha definito un valore sociale e non morale poiché per lui è la società che ci dice che tradire l’altro è sbagliato, e mi ha anche detto che l’amore passa per 3 fasi: innamoramento, amore e accettazione ed è una regola fissa e che prima o poi si sceglie il male minore quindi o la voglia ad esempio di fare famiglia oppure la voglia di tornare alla base e quindi lasciarsi se è ciò che fa stare bene.
Per il resto mi ha detto che per lui non è la soluzione il tradimento quando sarebbe più opportuno dialogare e scovare i problemi (cose che pochi fanno).
Adesso il mio cruccio è capire cos’è un tradimento, l’amore si divide veramente in maniera così schematica?
Se prima o poi arriveremmo ad accettare l’altro, che senso ha allora creare una relazione se prima o poi l’amore svanirà?
Faccio queste domande qui perché i miei problemi principali sono altri e non voglio fossilizzarmi su questi argomenti in seduta.
Grazie a chi risponderà!
[#1]
Gentile utente,
lei pone domande del massimo interesse, tuttavia:
1) noi rispondiamo a quesiti che riguardano problemi personali e non a "mere curiosità";
2) se si fa un percorso psicologico è indispensabile creare la cosiddetta "alleanza terapeutica", per cui non è opportuno "tradire" -per restare in tema con la sua richiesta- il proprio curante per chiedere notizie altrove e cercare conferme o smentite a quello che il curante ha affermato, o crediamo che abbia affermato.
Essenziale invece è chiarire ciò che ci lascia perplessi con il curante stesso, e la formulazione delle sue domande mi fa capire che lei non ha ben compreso quanto il curante le ha detto; ovviamente, direi, perché vi siete incontrati poche volte e tra voi c'è un divario d'età, di maturità e di competenza specifica.
Cercherò di spiegare perché dico questo, a vantaggio suo e di tutti gli utenti che ci leggono, per ribadire che è indispensabile capirsi con l* psicolog* che si è scelto; per usare le stesse parole del suo curante a proposito della coppia: "sarebbe più opportuno dialogare e scovare i problemi (cose che pochi fanno)".
Lei è perplesso su due temi: il tradimento, e la natura dell'amore di coppia.
Le parole dello psicologo le sono apparse schematiche, ma forse non le ha comprese.
Vediamo il tradimento come "valore sociale e non morale". Le faccio qualche esempio: fino al 1961 in Italia l'adulterio femminile era reato e poteva essere punito con la prigione, mentre quello maschile non era punito né dalla legge né dal costume (ossia dal sentimento popolare). Prima di quell'epoca, nel 1930 il codice penale Rocco aveva introdotto il "delitto d'onore": un padre, un figlio, un marito che avessero scoperto la figlia, la madre o la mogie in un rapporto sessuale con un uomo, se la uccidevano avevano al processo notevoli attenuanti, in quanto avevano agito "per tutelare il loro onore" e potevano non finire in carcere. La stessa cosa non veniva offerta alle donne, il cui "onore" evidentemente non era socialmente infangato dal tradimento.
Per completare l'esempio le dirò che il codice Zanardelli, creato alla fine dell'Ottocento per il neonato Regno d'Italia, non prevedeva queste attenuanti e un omicidio era un omicidio. Il tradimento era quindi avvertito come una ferita degli affetti privati, non come una lesione dell'onore del maschio agli occhi del mondo.
Oggi siamo tornati a considerare il tradimento come un problema privato, almeno fuori dal matrimonio. Pochi riflettono sul fatto che la legge recita quanto segue: "Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione". Come vede, nel matrimonio è la legge, che deriva dal costume e in certi casi lo orienta, a stabilire la regola della fedeltà. E fuori dal matrimonio?
Il verbo stesso "tradire" vuol dire "ingannare una persona violando la sua fiducia", il che significa che ci sono dei patti, che possono essere espliciti o impliciti, di esclusività e di trasparenza, che vengono infranti da un comportamento segreto e nocivo alla coppia stessa, indipendentemente dalla legge.
Nei Dieci Comandamenti era detto: "Non desiderare la donna d'altri", ma oggi chi si masturba guardando video, foto o direttamente pensando a persone, anche conosciute, non sta desiderando la "donna d'altri"? E verso il proprio partner, è fedele o no? La Cassazione ha stabilito che anche il sesso online è adulterio, e in caso di separazione è considerato colpa.
Questo per quanto riguarda il tradimento, concetto che come avrà capito va discusso col proprio curante e prevede patti espliciti col proprio partner.
Per quello che riguarda il rapporto d'amore come successione di "innamoramento, amore e accettazione", non so cos'avesse in mente il suo psicologo. Poteva anche pensare a Recalcati, che nel libro "Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa" prospetta una forma altissima d'amore, che è il superamento dell'amore come idealizzazione dell'altro a fini di fruizione narcisistica, per raggiungere la sua accettazione integrale come persona che non è più un nostro bene da usare, ma un'entità dotata di un proprio valore intrinseco.
Lei che ci scrive sembra intendere la parola "accettazione" come "rassegnazione", ma in questo caso non c'entrerebbe nulla, e per altro le relazioni d'amore, anche decennali, non sono ispirate al solo desiderio di farsi una famiglia, e non durano per la sola "rassegnazione".
A questo punto dovrei citare quello che dice della coppia funzionale e funzionante il prof. Bertini, ma per non prolungare oltre chiudo qui.
Auguri.
lei pone domande del massimo interesse, tuttavia:
1) noi rispondiamo a quesiti che riguardano problemi personali e non a "mere curiosità";
2) se si fa un percorso psicologico è indispensabile creare la cosiddetta "alleanza terapeutica", per cui non è opportuno "tradire" -per restare in tema con la sua richiesta- il proprio curante per chiedere notizie altrove e cercare conferme o smentite a quello che il curante ha affermato, o crediamo che abbia affermato.
Essenziale invece è chiarire ciò che ci lascia perplessi con il curante stesso, e la formulazione delle sue domande mi fa capire che lei non ha ben compreso quanto il curante le ha detto; ovviamente, direi, perché vi siete incontrati poche volte e tra voi c'è un divario d'età, di maturità e di competenza specifica.
Cercherò di spiegare perché dico questo, a vantaggio suo e di tutti gli utenti che ci leggono, per ribadire che è indispensabile capirsi con l* psicolog* che si è scelto; per usare le stesse parole del suo curante a proposito della coppia: "sarebbe più opportuno dialogare e scovare i problemi (cose che pochi fanno)".
Lei è perplesso su due temi: il tradimento, e la natura dell'amore di coppia.
Le parole dello psicologo le sono apparse schematiche, ma forse non le ha comprese.
Vediamo il tradimento come "valore sociale e non morale". Le faccio qualche esempio: fino al 1961 in Italia l'adulterio femminile era reato e poteva essere punito con la prigione, mentre quello maschile non era punito né dalla legge né dal costume (ossia dal sentimento popolare). Prima di quell'epoca, nel 1930 il codice penale Rocco aveva introdotto il "delitto d'onore": un padre, un figlio, un marito che avessero scoperto la figlia, la madre o la mogie in un rapporto sessuale con un uomo, se la uccidevano avevano al processo notevoli attenuanti, in quanto avevano agito "per tutelare il loro onore" e potevano non finire in carcere. La stessa cosa non veniva offerta alle donne, il cui "onore" evidentemente non era socialmente infangato dal tradimento.
Per completare l'esempio le dirò che il codice Zanardelli, creato alla fine dell'Ottocento per il neonato Regno d'Italia, non prevedeva queste attenuanti e un omicidio era un omicidio. Il tradimento era quindi avvertito come una ferita degli affetti privati, non come una lesione dell'onore del maschio agli occhi del mondo.
Oggi siamo tornati a considerare il tradimento come un problema privato, almeno fuori dal matrimonio. Pochi riflettono sul fatto che la legge recita quanto segue: "Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione". Come vede, nel matrimonio è la legge, che deriva dal costume e in certi casi lo orienta, a stabilire la regola della fedeltà. E fuori dal matrimonio?
Il verbo stesso "tradire" vuol dire "ingannare una persona violando la sua fiducia", il che significa che ci sono dei patti, che possono essere espliciti o impliciti, di esclusività e di trasparenza, che vengono infranti da un comportamento segreto e nocivo alla coppia stessa, indipendentemente dalla legge.
Nei Dieci Comandamenti era detto: "Non desiderare la donna d'altri", ma oggi chi si masturba guardando video, foto o direttamente pensando a persone, anche conosciute, non sta desiderando la "donna d'altri"? E verso il proprio partner, è fedele o no? La Cassazione ha stabilito che anche il sesso online è adulterio, e in caso di separazione è considerato colpa.
Questo per quanto riguarda il tradimento, concetto che come avrà capito va discusso col proprio curante e prevede patti espliciti col proprio partner.
Per quello che riguarda il rapporto d'amore come successione di "innamoramento, amore e accettazione", non so cos'avesse in mente il suo psicologo. Poteva anche pensare a Recalcati, che nel libro "Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa" prospetta una forma altissima d'amore, che è il superamento dell'amore come idealizzazione dell'altro a fini di fruizione narcisistica, per raggiungere la sua accettazione integrale come persona che non è più un nostro bene da usare, ma un'entità dotata di un proprio valore intrinseco.
Lei che ci scrive sembra intendere la parola "accettazione" come "rassegnazione", ma in questo caso non c'entrerebbe nulla, e per altro le relazioni d'amore, anche decennali, non sono ispirate al solo desiderio di farsi una famiglia, e non durano per la sola "rassegnazione".
A questo punto dovrei citare quello che dice della coppia funzionale e funzionante il prof. Bertini, ma per non prolungare oltre chiudo qui.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Salve dottoressa. Le rispondo adesso nonostante l’orario di cui mi scuso. Ho colto appieno le sue parole e farò in modo di non cercare notizie altrove seppur sia uno sfegatato del mondo psicologico. Unica cosa sulla quale mi soffermo è proprio l’accettazione poiché essendo descritta come una scelta finale del cosiddetto male minore mi dà l’idea di un qualcosa che difficilmente possa cambiare in maniera positiva, ho percepito (sicuramente per maturità, differenza di età e di studi) un certo pessimismo nell’amore in maniera generale. Lei ha qualche consiglio da darmi, specie nell’amore a lungo termine?
[#3]
Gentile utente,
in questa sua risposta non si capisce se lei stia di nuovo riferendo le parole del suo psicologo: "Unica cosa sulla quale mi soffermo è proprio l’accettazione poiché essendo descritta come una scelta finale del cosiddetto male minore mi dà l’idea di un qualcosa che difficilmente possa cambiare in maniera positiva".
Nel suo primo scritto lei non ha detto che l'accettazione venisse definita dal suo psicologo come "accettazione del male minore": sembrava invece "accettazione del partner", dopo l'innamoramento e l'amore.
L'amore è un sentimento stabile che prevede attaccamento, costruzione di una vita insieme: perché dovrebbe inevitabilmente declinare nella "accettazione del male minore"?
Lei capisce che solo chi ha pronunciato queste frasi può chiarire il proprio pensiero. Stessa cosa vale per il seguito: "ho percepito [...] un certo pessimismo nell’amore in maniera generale".
Ma se ha percepito questo pessimismo nel suo curante, di nuovo potreste non esservi capiti e può chiarire solo con lui.
Tenga conto che un* psicolog* cerca di dare indicazioni oggettive sulle esperienze della vita, e solo i narratori di fiabe affermano che dopo il matrimonio i due "vissero per sempre felici e contenti". Inoltre non tutti sono portati al matrimonio e farebbe un grave errore l* psicolog* che indicasse questa strada a tutti, come la più opportuna. Può anche darsi che il suo curante non sia portato all'unione matrimoniale o ne abbia sperimentato a livello personale una particolarmente deludente.
Guardandoci intorno vediamo molti legami infelici, ma anche altri positivi, che offrono ai partner e ai loro figli un solido supporto di solidarietà e di affetto. C'è un "segreto" per queste unioni felici e realizzate?
In realtà è molto più facile studiare gli errori delle unioni infelici, errori che possono nascere dalle eccessive incomprensioni tra i partner, dai diversi obiettivi e valori, dai modi violenti delle discussioni, ma anche dal momento sbagliato dell'incontro. Spesso il fallimento nasce dal fatto che la relazione ha origine da un bisogno nevrotico: dalla volontà di dominare l'altro; dal desiderio malato di essere amati da chiunque, etc.
E' più facile ricostruire gli errori quando ci si avvia al fallimento che anticiparli, purtroppo. La terapia di coppia si basa proprio su due scopi fondamentali: riaprire il dialogo tra i due e ricostruire il passato della coppia, come un filo che a un certo punto si è ingarbugliato, per scioglierne i nodi.
Questo non sempre restituisce l'amore, che, attenzione, "non muore mai di morte naturale", come ha scritto Anais Nin, ma viene colpito giorno dopo giorno da silenzi punitivi, offese, gesti sgarbati o violenti, egoismi, tradimenti, litigi, trascuratezze etc.
Sono queste le cose che uccidono l'amore; altro che una "accettazione" fatalmente destinata a prodursi come una sorta di usura, caro utente.
Così come si uccide l'amore, ovviamente lo si può far crescere e fiorire, ma pochi ne sono capaci, per l'ingenua pretesa che se l'amore c'è, tutto andrà bene automaticamente. Al contrario bisognerebbe prendere un legame d'amore come un lavoro, dove giorno per giorno si cerca di apprendere nuove abilità ed esercitare nuove capacità.
Se questo sforzo non è sincero e ben condotto da entrambe le parti, l'unione fallisce. Allora è ovvio che i due debbano tornare single, anziché torturarsi in un'unione che è nata per renderli felici e li rende invece infelicissimi.
Il prof. Bertini, che le citavo nella prima risposta, indica un modo per attuare e verificare la qualità di un rapporto. Dopo aver parlato delle opposte tendenze della coppia alla INDIPENDENZA o alla COESIONE, individua come terza via la MUTUALITÀ.
Al proposito scrive: "La linea della mutualità si riconosce non tanto nella misura in cui uno si sacrifica, concede qualcosa all'altro -tutte cose apprezzabili, naturalmente- ma nella misura in cui uno si realizza in virtù del rapporto con l'altro. Tanto più profonda sarà l'intimità quanto più la relazione stessa favorirà lo sviluppo nella libertà di entrambi i membri".
Notare che sviluppo vuol dire cambiamento, crescita; mai l'immobilità, che la vita non concede.
A questo punto, caro utente, non le resta che chiarire col suo psicologo gli aspetti che le stanno a cuore, analizzando il perché del fallimento della sua relazione d'amore.
Buone cose.
in questa sua risposta non si capisce se lei stia di nuovo riferendo le parole del suo psicologo: "Unica cosa sulla quale mi soffermo è proprio l’accettazione poiché essendo descritta come una scelta finale del cosiddetto male minore mi dà l’idea di un qualcosa che difficilmente possa cambiare in maniera positiva".
Nel suo primo scritto lei non ha detto che l'accettazione venisse definita dal suo psicologo come "accettazione del male minore": sembrava invece "accettazione del partner", dopo l'innamoramento e l'amore.
L'amore è un sentimento stabile che prevede attaccamento, costruzione di una vita insieme: perché dovrebbe inevitabilmente declinare nella "accettazione del male minore"?
Lei capisce che solo chi ha pronunciato queste frasi può chiarire il proprio pensiero. Stessa cosa vale per il seguito: "ho percepito [...] un certo pessimismo nell’amore in maniera generale".
Ma se ha percepito questo pessimismo nel suo curante, di nuovo potreste non esservi capiti e può chiarire solo con lui.
Tenga conto che un* psicolog* cerca di dare indicazioni oggettive sulle esperienze della vita, e solo i narratori di fiabe affermano che dopo il matrimonio i due "vissero per sempre felici e contenti". Inoltre non tutti sono portati al matrimonio e farebbe un grave errore l* psicolog* che indicasse questa strada a tutti, come la più opportuna. Può anche darsi che il suo curante non sia portato all'unione matrimoniale o ne abbia sperimentato a livello personale una particolarmente deludente.
Guardandoci intorno vediamo molti legami infelici, ma anche altri positivi, che offrono ai partner e ai loro figli un solido supporto di solidarietà e di affetto. C'è un "segreto" per queste unioni felici e realizzate?
In realtà è molto più facile studiare gli errori delle unioni infelici, errori che possono nascere dalle eccessive incomprensioni tra i partner, dai diversi obiettivi e valori, dai modi violenti delle discussioni, ma anche dal momento sbagliato dell'incontro. Spesso il fallimento nasce dal fatto che la relazione ha origine da un bisogno nevrotico: dalla volontà di dominare l'altro; dal desiderio malato di essere amati da chiunque, etc.
E' più facile ricostruire gli errori quando ci si avvia al fallimento che anticiparli, purtroppo. La terapia di coppia si basa proprio su due scopi fondamentali: riaprire il dialogo tra i due e ricostruire il passato della coppia, come un filo che a un certo punto si è ingarbugliato, per scioglierne i nodi.
Questo non sempre restituisce l'amore, che, attenzione, "non muore mai di morte naturale", come ha scritto Anais Nin, ma viene colpito giorno dopo giorno da silenzi punitivi, offese, gesti sgarbati o violenti, egoismi, tradimenti, litigi, trascuratezze etc.
Sono queste le cose che uccidono l'amore; altro che una "accettazione" fatalmente destinata a prodursi come una sorta di usura, caro utente.
Così come si uccide l'amore, ovviamente lo si può far crescere e fiorire, ma pochi ne sono capaci, per l'ingenua pretesa che se l'amore c'è, tutto andrà bene automaticamente. Al contrario bisognerebbe prendere un legame d'amore come un lavoro, dove giorno per giorno si cerca di apprendere nuove abilità ed esercitare nuove capacità.
Se questo sforzo non è sincero e ben condotto da entrambe le parti, l'unione fallisce. Allora è ovvio che i due debbano tornare single, anziché torturarsi in un'unione che è nata per renderli felici e li rende invece infelicissimi.
Il prof. Bertini, che le citavo nella prima risposta, indica un modo per attuare e verificare la qualità di un rapporto. Dopo aver parlato delle opposte tendenze della coppia alla INDIPENDENZA o alla COESIONE, individua come terza via la MUTUALITÀ.
Al proposito scrive: "La linea della mutualità si riconosce non tanto nella misura in cui uno si sacrifica, concede qualcosa all'altro -tutte cose apprezzabili, naturalmente- ma nella misura in cui uno si realizza in virtù del rapporto con l'altro. Tanto più profonda sarà l'intimità quanto più la relazione stessa favorirà lo sviluppo nella libertà di entrambi i membri".
Notare che sviluppo vuol dire cambiamento, crescita; mai l'immobilità, che la vita non concede.
A questo punto, caro utente, non le resta che chiarire col suo psicologo gli aspetti che le stanno a cuore, analizzando il perché del fallimento della sua relazione d'amore.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 249 visite dal 26/12/2024.
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