Ho perso la serenità a causa di dinamiche familiari a cui non posso sottrarmi

Mia nonna (86 anni, non autosufficiente e invalida al 100%) è affetta da un fortissimo disturbo ansioso-depressivo.
E’ gravemente malata ma lucida e viene assistita durante parte della sua giornata da mio padre che non riesce fisicamente ad accudirla 24 ore su 24 nonostante lui faccia tutto il possibile.
Anche io, compatibilmente ai miei impegni lavorativi e familiari, la accudisco per una o due ore ogni giorno al massimo delle mie possibilità e mi occupo di tutta la burocrazia che ruota intorno a lei e alla sua invalidità.

Durante il resto della giornata e per tutta la notte mia nonna è sola per sua scelta ed è frequentemente vittima di incidenti di ogni tipo.
E’ stata presa di mira da truffatori, è caduta diverse volte, ha avuto malori e attacchi d’ansia, un tentativo di furto, ha dimenticato di assumere farmaci e cose di questo genere.

Mio padre non vuole imporre la presenza di una badante che mia nonna rifiuta categoricamente perché lui teme che possa fare del male a se stessa come lei ha minacciato di fare molte volte.
Inoltre mia nonna rifiuta un aiuto esterno per le faccende domestiche e rifiuta molte delle viste mediche a domicilio a cui dovrebbe sottoporsi.
Rifiuta ogni cibo che le cuciniamo ad eccezione di un paio di piatti diversi che gradisce e che mangia ogni giorno.
Si rifiuta di rispondere a telefono, rifiuta telecamere in casa e altri dispositivi di allarme.
Accetta solo l'aiuto mio e di mio padre.


Nel frattempo, nelle ore in cui la nonna è sola, io ho ricominciato a soffrire di ansia perché è impossibile per me convivere con la consapevolezza che lei sia costantemente in pericolo.
Anticipo le sue chiamate nel cuore della notte o le chiamate dei vicini che sentono i suoi lamenti, ho paura di entrare in casa sua e trovarla in condizioni penose come già successo, ogni giorno sono terrorizzata dalla sua morte per nostra negligenza.
Non riesco ad essere serena, né a lavoro, né nei momenti di svago.
Mi capita sempre più spesso di avere attacchi di pianto mentre mi occupo di lei, nonostante cerchi di evitarli con tutte le mie forze.
Ogni volta che accade, mia nonna si arrabbia con me e si rifiuta di mangiare e di assumere farmaci di conseguenza.


Sono stata seguita da uno psicoterapeuta per anni, ma ho dovuto interrompere il percorso per motivi economici e non ho potuto lavorare bene su questo aspetto che è diventato invalidante solo dopo l’interruzione.


Come posso lavorare su me stessa e affrontare più serenamente una condizione di incertezza così profonda, costante e reale nella mia vita?
Ho provato a parlarne con mio padre e con i fratelli di mia nonna, ma sono tutti irremovibili nella loro decisione di assecondare la nonna e il suo desiderio di libertà di scelta.


Grazie per l’ascolto.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
lei scrive: "ogni giorno sono terrorizzata dalla sua morte per nostra negligenza".
Eppure accetta la decisione di suo padre e dei fratelli di sua nonna "tutti irremovibili nella loro decisione di assecondare la nonna e il suo desiderio di libertà di scelta".
C'è qui una marcata contraddizione. O lei ritiene che tutte queste persone pecchino di negligenza, e allora deve avvertirli che denuncerà questa negligenza al medico di famiglia, alle ASL, alla polizia: un giudice in questo caso potrebbe decidere l'interdizione di sua nonna e il suo ricovero forzato. Oppure ritiene che sua nonna sia capace di intendere e di volere, tanto da avere il diritto di vivere e morire come preferisce, e che i parenti non la stiano trascurando, ma rispettando le sue decisioni.
Non può confondere dolorosamente questi due poli, a rischio della sua stessa salute fisica e mentale.
C'è poi anche un'altra contraddizione: se sua nonna ha il diritto di andare incontro a incidenti anche mortali e di peggiorare la qualità della propria vita, non ha però il diritto di peggiorare la vita altrui. Lei scrive che sua nonna "Accetta solo l'aiuto mio e di mio padre": ma è giusto che non lo pretenda e che non ne abusi. L'usura connessa al compito di caregiver è nota. Una persona generosa non sottopone a questo stress i suoi familiari, se appena può fare diversamente; ma soprattutto, dei familiari equilibrati non si espongono a stress fisico e psicologico per proseguire in un compito impossibile.
Se tutti voi, anche con l'aiuto del medico, metteste gli opportuni confini a quelle che in sua nonna sembrano divenute delle pretese, la situazione tornerebbe nei giusti limiti.
Inoltre lei ha premesso che sua nonna è invalida al 100% e che lei ne deve curare le pratiche burocratiche: ma quali, una volta dichiarata l'invalidità?
Scrive anche che non è autosufficiente e che è affetta da un fortissimo disturbo ansioso-depressivo, e subito dopo aggiunge che è lucida.
Impossibile, gentile utente. O è gravemente malata, con turbe ansioso-depressive, o è lucida. Ad escludere la lucidità sono le minacce di suicidio e l'inconsapevolezza delle proprie condizioni, tanto che rifiuta aiuti domestici e badanti.
Per parte sua, lei scrive di essere stata in terapia per anni. Se si sta in terapia per anni non si tratta di aver affrontato l'uno o l'altro argomento: in genere si acquisisce una giusta ed equilibrata salvaguardia di sé ed una visione realistica delle cose.
A questo punto, porti la lettera che ci ha scritto al vostro medico e poi ad un* psicolog* delle ASl e valutate insieme, seriamente, le decisioni che è possibile e opportuno prendere.
Auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com