Ferite del rifiuto e abbandono
Gentili Psicologi,
Dopo una analisi di me stessa e a seguito del confronto con ragazzi con i quali mi sono lasciata e che me lo hanno fatto notare (non in modo molto carino perché non spetta a loro fare gli psicologi) tuttavia mi sono rivista nelle loro parole quindi, analizzando anche il mio passato, senso di solitudine dell'adolescenza ecc ho capito di soffrire e aver paura dei legami a causa delle ferite da rifiuto e abbandono.
Possono dipendere anche dal fatto che durante l'infanzia vedevo mia madre piangere ma non ne capivo il motivo...dopo ho saputo che pensava mio padre la tradisse ed era così ma non sappiamo fino a che punto.
Piangeva e ogni tanto mi rimproverava arrabbiandosi tanto anche con mio padre (che però sembrava non replicare alla sua rabbia) nonostante nel complesso posso dire di aver avuto un'infanzia felice.
Non si sono mai separati i miei genitori e tutt'ora viviamo insieme.
Ovviamente i rapporti sembrano essere più sereni adesso che hanno entrambi 60 anni.
Altra cosa dell'infanzia: la mia maestra alle elementari mi rimproverava "scuotendomi" davanti la lavagna perché non rispondevo alle sue domande.
Ero molto chiusa e mi sono aperta con il tempo facendo sicuramente dei passi da gigante ma mantenendo ad oggi delle insicurezze (non direi timidezza ma insicurezza del mio valore si).
Aggiungiamo anche tutte le delusioni da parte di amiche di circostanza che poi ho perso nel mio percorso di vita...
Come posso fare a lavorare su queste ferite e su questi punti del passato?
Grazie per l'aiuto
Dopo una analisi di me stessa e a seguito del confronto con ragazzi con i quali mi sono lasciata e che me lo hanno fatto notare (non in modo molto carino perché non spetta a loro fare gli psicologi) tuttavia mi sono rivista nelle loro parole quindi, analizzando anche il mio passato, senso di solitudine dell'adolescenza ecc ho capito di soffrire e aver paura dei legami a causa delle ferite da rifiuto e abbandono.
Possono dipendere anche dal fatto che durante l'infanzia vedevo mia madre piangere ma non ne capivo il motivo...dopo ho saputo che pensava mio padre la tradisse ed era così ma non sappiamo fino a che punto.
Piangeva e ogni tanto mi rimproverava arrabbiandosi tanto anche con mio padre (che però sembrava non replicare alla sua rabbia) nonostante nel complesso posso dire di aver avuto un'infanzia felice.
Non si sono mai separati i miei genitori e tutt'ora viviamo insieme.
Ovviamente i rapporti sembrano essere più sereni adesso che hanno entrambi 60 anni.
Altra cosa dell'infanzia: la mia maestra alle elementari mi rimproverava "scuotendomi" davanti la lavagna perché non rispondevo alle sue domande.
Ero molto chiusa e mi sono aperta con il tempo facendo sicuramente dei passi da gigante ma mantenendo ad oggi delle insicurezze (non direi timidezza ma insicurezza del mio valore si).
Aggiungiamo anche tutte le delusioni da parte di amiche di circostanza che poi ho perso nel mio percorso di vita...
Come posso fare a lavorare su queste ferite e su questi punti del passato?
Grazie per l'aiuto
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Gentile utente,
la sua domanda può trovare risposta in una terapia psicologica, avvertendo però che le ferite del passato, avendo generato in lei non solo delle paure, ma anche delle interpretazioni, possono essere dolorose da sradicare.
In altre parole, la maggior parte delle persone che in tenera età hanno attraversato delle sofferenze ne hanno ricavato conseguenze psicosomatiche, automatismi emotivi e comportamentali, ma anche delle interpretazioni, cioè delle idee che sono servite a spiegare la realtà ai loro occhi e a fargliela accettare, idee che a distanza di anni non solo possono risultare ingenue, ma possono essere disfunzionali per un corretto approccio ad una visione adulta.
Questo sistema di convinzioni contiene quelle che i cognitivisti chiamano "idee irrazionali" e gli psicoanalisti "meccanismi di difesa".
Da quest'ultima definizione può capire che mettere in discussione queste idee può far provare il dolore di venir "disarmati" e quello di veder cambiare, mentre si è privi della corazza difensiva che ci ha protetti, la nostra visione delle figure più vicine e delle vicende che abbiamo attraversato.
Ovviamente a tutto questo si oppone resistenza, e la speranza di molti pazienti è quella di guarire senza soffrire, come se il terapeuta dovesse cambiare il mondo attorno a loro senza toccare l'unica cosa passibile di cambiamento: loro stessi.
A questa "resistenza" forse si può imputare il suo dolore/rabbia nel sentire le critiche dei partner che le hanno spiegato perché trovano difficile relazionarsi con lei. Eppure in fondo l'hanno istradata sulla via dell'autoconoscenza, che è anche quella del cambiamento e della guarigione.
Provi a cercare un* psicolog* e faccia qualche colloquio. Anche se sul momento non si sentirà pronta a fidarsi (ho letto le sue precedenti richieste di consulto) qualcosa inizierà a sciogliersi nella sua diffidenza.
Le faccio molti auguri.
la sua domanda può trovare risposta in una terapia psicologica, avvertendo però che le ferite del passato, avendo generato in lei non solo delle paure, ma anche delle interpretazioni, possono essere dolorose da sradicare.
In altre parole, la maggior parte delle persone che in tenera età hanno attraversato delle sofferenze ne hanno ricavato conseguenze psicosomatiche, automatismi emotivi e comportamentali, ma anche delle interpretazioni, cioè delle idee che sono servite a spiegare la realtà ai loro occhi e a fargliela accettare, idee che a distanza di anni non solo possono risultare ingenue, ma possono essere disfunzionali per un corretto approccio ad una visione adulta.
Questo sistema di convinzioni contiene quelle che i cognitivisti chiamano "idee irrazionali" e gli psicoanalisti "meccanismi di difesa".
Da quest'ultima definizione può capire che mettere in discussione queste idee può far provare il dolore di venir "disarmati" e quello di veder cambiare, mentre si è privi della corazza difensiva che ci ha protetti, la nostra visione delle figure più vicine e delle vicende che abbiamo attraversato.
Ovviamente a tutto questo si oppone resistenza, e la speranza di molti pazienti è quella di guarire senza soffrire, come se il terapeuta dovesse cambiare il mondo attorno a loro senza toccare l'unica cosa passibile di cambiamento: loro stessi.
A questa "resistenza" forse si può imputare il suo dolore/rabbia nel sentire le critiche dei partner che le hanno spiegato perché trovano difficile relazionarsi con lei. Eppure in fondo l'hanno istradata sulla via dell'autoconoscenza, che è anche quella del cambiamento e della guarigione.
Provi a cercare un* psicolog* e faccia qualche colloquio. Anche se sul momento non si sentirà pronta a fidarsi (ho letto le sue precedenti richieste di consulto) qualcosa inizierà a sciogliersi nella sua diffidenza.
Le faccio molti auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 5 visite dal 17/12/2024.
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