Come comportarsi per risolvere una situazione spiacevole?

Buongiorno, domani o al massimo nei prossimi giorni dovrò recarmi in un posto dove sono cliente per risolvere una situazione spiacevole che si è creata.

Ho rimandato per una settimana, un po' perché eviterei volentieri di andarci e quindi prendevo tempo con me stessa, un po' con la scusa che avevo altri impegni e altre questioni da risolvere e quindi ho impiegato il mio tempo libero per fare altre cose.

Devo dire che la situazione spiacevole si è creata soprattutto per colpa mia, per una mia mancanza.

Ma già prima che si creasse questa situazione, non mi sentivo molto a mio agio ad andare perché spesso mi veniva chiesto, visto che sono giovane, come mai non acquistavo online invece di recarmi sul posto, io ho sempre risposto che per me non c'è problema a recarmi lì e che preferisco dal vivo.
Questo stessa domanda veniva fatta anche ad altri ragazzi che andavano lì, mentre agli anziani o alle persone più adulte non veniva fatta.

A un certo punto ho iniziato ad acquistare online, ma adesso ho la necessità di recarmi lì per risolvere una questione.

Purtroppo come dicevo ho cercato di rimandare, non con loro, ma con me stessa, trovando scuse e concentrandomi su altri impegni, ma adesso non posso più e neanche voglio farlo ancora, visto che è sicuramente peggiore rimandare e rimanere con il pensiero, invece che affrontare la situazione.

La cosa che mi spaventa di più è ritrovarmi a litigare coi dipendenti di quel posto, oltrettutto facendo sentire i miei affari ad altri clienti perché sicuramente la situazione verrà esposta davanti ad altri.
Io non sono una persona che perde la calma o che alza la voce, soprattutto con estranei, ma non so come si comporterà chi avrò davanti, visto che andrò sarò lì per risolvere una situazione spiacevole e quindi potrebbe succedere che il dialogo sfoci in una discussione.
Come evitare?

Come comportarsi quando si sa di non essere completamente nella ragione, ma si cerca comunque una soluzione?

Ma soprattutto come smettere di rimandare?

So che non sono stata specifica nel descrivere il problema, anzi sono stata piuttosto vaga e tanti dettagli non li ho scritti, ma vorrei comunque e se possibile capire come comportarsi per evitare discussioni o litigi.

Grazie
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 5k 204
Gentile utente,
in genere la questione che lei pone si risolve in un solo colloquio con uno psicologo, simulando tutto ciò che potrebbe accadere nel corso dell'incontro che si accinge a fare e immaginando le sue possibili reazioni emotive, al fine di scegliere il comportamento più opportuno.
Nel suo caso però si avvertono delle difficoltà relazionali di antica data, quelle per le quali più volte si è rivolta a noi. Le è stato consigliato di svolgere un percorso con un* psicolog*, ma a quanto pare non lo ha ritenuto necessario. Peccato, perché in questo modo le difficoltà, oltre a risorgere in varie circostanze, finiscono per cronicizzarsi.
Venendo al consulto odierno, le sue domande mi sembra che siano:
- Potrebbe succedere che il dialogo sfoci in una discussione. Come evitare?
- Come comportarsi quando si sa di non essere completamente nella ragione, ma si cerca comunque una soluzione?
- Ma soprattutto come smettere di rimandare?
- Vorrei se possibile capire come comportarsi per evitare discussioni o litigi.
Noterà che la prima e la quarta domanda rimandano a un suo timore, o meglio a quella che nello Schema Therapy si chiama una sua "pretesa": lei vorrebbe che il suo interlocutore fosse gentile, garbato, non si irritasse e nemmeno discutesse.
Quello che passa nella mente dell'altro, la sua educazione, la sua indole e il suo stato emotivo non è in nostra facoltà determinarlo. Se incontrerà un maleducato, un aggressivo, un polemico, decida a priori se vorrà mettersi sulla sua lunghezza d'onda e sopraffarlo urlando più forte, oppure ripagarlo con gelida cortesia, o rivolgergli un sorriso tranquillizzante e parole melliflue, o infine ignorarlo e passare oltre insistendo per risolvere il problema.
Della reazione degli altri noi non siamo del tutto responsabili, ma attenzione: neanche del tutto non responsabili.
Nel suo caso lei essendo parzialmente in torto sarebbe in una condizione privilegiata per esordire nel modo migliore: può fare un bel sorriso e scusarsi, dichiarandosi consapevole che complica il lavoro di queste persone ma che chiede il loro aiuto per risolvere.
Se riceverà tuttavia dei rimproveri che le sembrano eccessivi, o addirittura dei rifiuti, tenga la bussola mentale ferma sul suo obiettivo: lei vuole risolvere, non affermare il principio paranoico che nessuno ha il diritto di rimproverarla o di contravvenire ai suoi desideri.
Il condizionale che ho usato sopra "lei sarebbe in una condizione privilegiata" dipende dal fatto che già altre volte ci ha scritto rivelando ipersensibilità ai rimproveri, ai tono bruschi, alle critiche, e in genere chi si trova in questa situazione finisce per assumere un tono involontariamente o troppo pavido oppure polemico, andandosi a cercare proprio ciò che non vorrebbe.
Valuti se non è meglio disporsi a pensare che per parte sua sarà gentile e sorridente, e che ha un obiettivo solo: risolvere.
Se realizzerà questo comportamento, quanto meno non dovrà sentirsi in colpa se gli altri non mostreranno un'analoga cortesia.
Per "smettere di rimandare" dovrà eseguire il suo stesso ordine: stabilire una data vicina e a quella darsi il comando "Just do it", ossia: "Fallo e basta".
Esistono anche tecniche più sofisticate, ma non è possibile esporle online.
Auguri, e... lo faccia entro questa settimana, e ci faccia sapere com'è andata.

Prof.ssa Anna Potenza
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Utente
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Grazie Dottoressa, ho letto con molto piacere ed attenzione quello che mi ha scritto e apprezzato i suggerimenti che mi ha dato.
Questa mattina sono andata a risolvere la questione ed è andato tutto bene, la dipendente con cui ho parlato è stata molto gentile e si è mostrata molto disponibile, infatti in pochi minuti ho risolto gran parte della questione, anche se dovrò ritornarci un'altra volta per risolverla definitivamente, ma comunque sono tranquilla.
Tra l'altro ero rilassata anche mentre ero in attesa del mio turno, perché da sempre sono fatta così: se c'è una cosa che devo fare e che mi mette "timore", sono preoccupata prima di farla, ma mentre la sto facendo mi tranquillizzo e di conseguenza di solito va tutto bene.
In questo caso specifico se fossi stata "rimproverata" non ci sarei rimasta neanche troppo male perché ero io nella posizione di quella che ha sbagliato, quindi non avrei preteso che la persona che mi sono trovata davanti fosse per forza comprensiva, ma visto che la è stata sono stata contenta. Ma come da Lei suggerito ho pensato al modo in cui mi sarei posta io ed anche cosa avrei detto nel caso si fosse innescata una discussione: mi sarei scusata e avrei cercato di tenere calma la situazione, ma senza farmi sopraffare. Tutto questo, oltre al fatto che sapevo che andandoci sta mattina avrei sicuramente risolto, mi ha aiutata a non indugiare e non rimandare ancora.
La settimana scorsa mi sono ritrovata a discutere con un mio conoscente e lui dopo poco ha alzato la voce, la discussione è nata perché lui mi ha parlato di una cosa riguardante il suo lavoro e il suo capo e mi ha chiesto cosa ne pensavo e cosa avrei fatto al suo posto, io ho risposto dicendo come la pensavo e lui non ha accettato la risposta e ha iniziato subito a gridare; nei momenti successivi alla discussione ci sono rimasta un po' male, non per il suo comportamento, che non mi ha ferita perché ho capito che per lui fosse un argomento importante e a cui teneva molto, ma perché mi dispiaceva se lui si fosse sentito offeso dalle mie parole. Ma probabilmente devo ancora capire come comportarmi quando ho davanti una persona che alza la voce o che non vuole sentire ragioni. Per fortuna non capita spesso, ma quando succede io di solito cerco di mantenere la calma e di spiegare le mie ragioni in maniera gentile e ferma e se poi chi ho davanti, come nel caso del mio conoscente, non vuole sentire ragioni, non lo considero più un problema mio, ma sono sicura almeno di aver fatto tutto il possibile per chiarire la situazione.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 5k 204
Gentile utente,
intanto complimenti, ha conseguito una bella vittoria!
Per quello che dice del secondo caso, il conoscente che non si è sentito compreso, lei ha capito benissimo che i suoi sentimenti erano diversi: non si è sentita offesa, ma rammaricata per non aver compreso quello che il suo interlocutore desiderava: non un chiarimento razionale, ma solidarietà, empatia.
Provi a leggere i testi di Marshall Rosenberg, psicologo che si è occupato proprio di comunicazione. Può cominciare dal classico: "Le parole sono finestre, oppure muri".
Auguri per sempre nuovi successi.

Prof.ssa Anna Potenza
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