A quasi 40 anni ho buttato via la mia vita
Buonasera a tutti,
mi scuso in anticipo qualora non riuscissi ad esaurire in poche battute la fonte della mia angoscia.
Mi rendo disponibile a rispondere a qualsiasi richiesta di chiarimento.
Vengo al dunque: ho 40 anni e ho buttato via la mia vita.
Ho letteralmente passato la mia esistenza bloccato in casa con la mia famiglia, mentre osservavo il tempo scorrere lentamente ed inesorabilmente davanti agli occhi.
Il bilancio è disastroso: non ho amici e non ho mai conosciuto le gioie dell'amore.
Non ho mai viaggiato, né per conto mio, né in compagnia.
Non ho mai fatto nessuna esperienza significativa, a parte stare attaccato ai videogiochi, o con la schiena piegata sui libri per la scuola e per l'università.
Non ho mai coronato il sogno di applicarmi ad un'attività artistica e creativa, e di conseguenza non ho sviluppato alcun talento.
Ci sono molte cose che avrei voluto fare, e che qui non posso elencare per evitare di mangiarmi tutti i caratteri disponibili.
Ma la morale è sempre quella: come ho cercato di coltivare un sogno, questo è stato soffocato, oppure mi sono state tolte tutte le risorse per poterlo perseguire.
Alla fine ho passato la mia vita quasi da recluso, salvo delle parentesi infelici e squallide a contatto con persone con cui non volevo stare, in posti che non volevo frequentare, a fare cose che non mi andava di fare.
Conscio di questa situazione disperata e angosciosa dalla quale sentivo non riuscire a fuggire, ho chiesto aiuto ad uno psicanalista nel 2020.
È cominciato un percorso che mi ha aiutato a maturare e ad acquisire più consapevolezza dei miei mezzi.
Ciò che è emerso è soprattutto una storia di maltrattamenti continui a base di umiliazioni, ricatti, mortificazioni e insulti da parte di due genitori collerici, prepotenti ed egoisti che non mi hanno mai accettato per ciò che sono.
Ho anche scoperto che, nonostante le mie contestazioni, finivo per perseguire il disegno di autosabotaggio desiderato da mia mia madre e mio padre.
Alla luce di ulteriori valutazioni svolte con il mio ultimo terapeuta (ne ho cambiati un paio per via di contingenze legate al CoViD e alla mia sitauzione abitativa), ho deciso di cominciare un percorso di terapia della famiglia con un dottore di Roma.
Egli ha riconosciuto la situazione estremamente compromessa, e ha cominciato una prima serie di sedute con i miei genitori.
Finora sembra procedere tutto per il meglio, anche se ho paura di possibili ritorsioni da parte di mio padre, qualora dovesse sentirsi fortemente messo in discussione.
Rimane però un fatto: cosa rimarrà dopo questo percorso di terapia?
Perché non ho soldi, non mi sono fatto una vita, sto prendendo una magistrale in forte ritardo, e in generale non ho realizzato niente.
Sono ancora in tempo per rendere la mia vita qualcosa di significativo?
Secondo me, no: il tempo è volato, e di opportunità non ce ne sono più.
Temo che dovrò cercarmi un lavoro per tirare a campare e smettere di combattere, rinunciando al mio desiderio di amore e di soddisfazione...
mi scuso in anticipo qualora non riuscissi ad esaurire in poche battute la fonte della mia angoscia.
Mi rendo disponibile a rispondere a qualsiasi richiesta di chiarimento.
Vengo al dunque: ho 40 anni e ho buttato via la mia vita.
Ho letteralmente passato la mia esistenza bloccato in casa con la mia famiglia, mentre osservavo il tempo scorrere lentamente ed inesorabilmente davanti agli occhi.
Il bilancio è disastroso: non ho amici e non ho mai conosciuto le gioie dell'amore.
Non ho mai viaggiato, né per conto mio, né in compagnia.
Non ho mai fatto nessuna esperienza significativa, a parte stare attaccato ai videogiochi, o con la schiena piegata sui libri per la scuola e per l'università.
Non ho mai coronato il sogno di applicarmi ad un'attività artistica e creativa, e di conseguenza non ho sviluppato alcun talento.
Ci sono molte cose che avrei voluto fare, e che qui non posso elencare per evitare di mangiarmi tutti i caratteri disponibili.
Ma la morale è sempre quella: come ho cercato di coltivare un sogno, questo è stato soffocato, oppure mi sono state tolte tutte le risorse per poterlo perseguire.
Alla fine ho passato la mia vita quasi da recluso, salvo delle parentesi infelici e squallide a contatto con persone con cui non volevo stare, in posti che non volevo frequentare, a fare cose che non mi andava di fare.
Conscio di questa situazione disperata e angosciosa dalla quale sentivo non riuscire a fuggire, ho chiesto aiuto ad uno psicanalista nel 2020.
È cominciato un percorso che mi ha aiutato a maturare e ad acquisire più consapevolezza dei miei mezzi.
Ciò che è emerso è soprattutto una storia di maltrattamenti continui a base di umiliazioni, ricatti, mortificazioni e insulti da parte di due genitori collerici, prepotenti ed egoisti che non mi hanno mai accettato per ciò che sono.
Ho anche scoperto che, nonostante le mie contestazioni, finivo per perseguire il disegno di autosabotaggio desiderato da mia mia madre e mio padre.
Alla luce di ulteriori valutazioni svolte con il mio ultimo terapeuta (ne ho cambiati un paio per via di contingenze legate al CoViD e alla mia sitauzione abitativa), ho deciso di cominciare un percorso di terapia della famiglia con un dottore di Roma.
Egli ha riconosciuto la situazione estremamente compromessa, e ha cominciato una prima serie di sedute con i miei genitori.
Finora sembra procedere tutto per il meglio, anche se ho paura di possibili ritorsioni da parte di mio padre, qualora dovesse sentirsi fortemente messo in discussione.
Rimane però un fatto: cosa rimarrà dopo questo percorso di terapia?
Perché non ho soldi, non mi sono fatto una vita, sto prendendo una magistrale in forte ritardo, e in generale non ho realizzato niente.
Sono ancora in tempo per rendere la mia vita qualcosa di significativo?
Secondo me, no: il tempo è volato, e di opportunità non ce ne sono più.
Temo che dovrò cercarmi un lavoro per tirare a campare e smettere di combattere, rinunciando al mio desiderio di amore e di soddisfazione...
Gentile utente,
E' possibile che anche il presente consulto rifletta efficacemente la sua tendenza all'autosabotaggio.
Perché dico questo?
- perché le cose con i suoi genitori attraverso la terapia vanno meglio, ma Lei si aspetta il peggio: "possibili ritorsioni da parte di mio padre",
- perché sta prendendo la laurea magistrale, ma si tormenta di "farlo in forte ritardo",
- perchè, anziché provare a rimboccarsi la maniche, rimugina se mai farà "qualcosa di significativo" nella vita,
- ecc.
"Fare qualcosa di significativo".. significativo per chi? La vita è un'opera d'arte; ma unicamente per sè per la maggior parte delle persone. Dove, quell'artigiano che ciascuno è, dal materiale grezzo ricevuto dalla famiglia d'origine riesce a "tirar fuori" giornate serene, progetti di vita, un lavoro per mantenersi.
"Il tempo è volato", Lei dice. E sicuramente i primi 35 anni sono fuggiti.
Non rimane che puntare sui secondi 35, e poi sugli ulteriori 35.
Ma senza piangersi addosso.
Si affidi a i Suoi curanti e si impegni al massimo:
- per riuscire a cambiare occhiali.
Guardare la realtà con quelli che attualmente e per tutti questi anni ha indossato, significa vederla [la realtà] ricoperta da una patina grigia non certo allettante;
- per individuare dentro di sè quella sufficiente energia per rendersi autonomo economicamente e psicologicamente; e riuscire così a recidere quel cordone ombelicale fuori età che La rende prigioniero e infelice.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
E' possibile che anche il presente consulto rifletta efficacemente la sua tendenza all'autosabotaggio.
Perché dico questo?
- perché le cose con i suoi genitori attraverso la terapia vanno meglio, ma Lei si aspetta il peggio: "possibili ritorsioni da parte di mio padre",
- perché sta prendendo la laurea magistrale, ma si tormenta di "farlo in forte ritardo",
- perchè, anziché provare a rimboccarsi la maniche, rimugina se mai farà "qualcosa di significativo" nella vita,
- ecc.
"Fare qualcosa di significativo".. significativo per chi? La vita è un'opera d'arte; ma unicamente per sè per la maggior parte delle persone. Dove, quell'artigiano che ciascuno è, dal materiale grezzo ricevuto dalla famiglia d'origine riesce a "tirar fuori" giornate serene, progetti di vita, un lavoro per mantenersi.
"Il tempo è volato", Lei dice. E sicuramente i primi 35 anni sono fuggiti.
Non rimane che puntare sui secondi 35, e poi sugli ulteriori 35.
Ma senza piangersi addosso.
Si affidi a i Suoi curanti e si impegni al massimo:
- per riuscire a cambiare occhiali.
Guardare la realtà con quelli che attualmente e per tutti questi anni ha indossato, significa vederla [la realtà] ricoperta da una patina grigia non certo allettante;
- per individuare dentro di sè quella sufficiente energia per rendersi autonomo economicamente e psicologicamente; e riuscire così a recidere quel cordone ombelicale fuori età che La rende prigioniero e infelice.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

Utente
Gentile dott.ssa Brunialti,
ringraziandola della paziente risposta, positiva e ricca di incoraggiamenti, ci tenevo a fare alcune precisazioni.
La mia "tendenza all'autosabotaggio" non è un difetto congenito che mi è piovuto addosso dal cielo per chissà quale ragione. Forse avrei dovuto parlarne come di un meccanismo di difesa, perché si tratta di ciò che effettivamente è stato: non fare niente ha significato, in un certo senso, difendermi dai giudizi crudeli e derisori di mio padre e mia madre. Questo è il succo, peraltro acclarato dai terapeuti presso cui sono stato in cura. Che sia una soluzione disfunzionale non lo metto in dubbio, altrimenti non avrei chiesto disperatamente aiuto.
Faccio inoltre presente che il comportamento di mio padre è spesso aggressivo e imprevedibile, e che non sarebbe mai venuto in terapia, se non fosse stato costretto. Ragion per cui dubito fortemente di lui e della sua effettiva volontà di collaborare.
Prendere una laurea magistrale a 35 anni non è uno scherzo, e non lo dico io, ma alcuni datori di lavoro con cui mi sono interfacciato tempo addietro, mentre ero alla ricerca di un part time (e le posso assicurare che i giudizi cattivi da parte di questi personaggi non sono mancati). Sentirsi dire da certa gente che si è "sfigati" se non si è realizzato niente dopo una certa età non è esattamente incoraggiante.
Infine, quando parlo di attività significativa, intendo qualcosa che mi porti gioia, serenità e opportunità di conoscere nuove persone con cui condividere un orizzonte progettuale. Ribadisco che non sono mai riuscito a sviluppare nessuno dei miei talenti nell'ambito artistico ed espressivo (che pure mi sono stati riconosciuti) proprio a causa del clima di forte discredito che queste cose hanno sempre avuto nella mia famiglia.
Ora, come posso indulgere in ciò che più mi anima dopo aver perso tutto questo tempo, e soprattutto ora che prendo una laurea che è stata, più che altro, un matrimonio di interessi, una scusa per fuggire di casa? Forse mi sono messo nel sacco da solo ancora una volta, ed è troppo tardi per tornare indietro.
Lei giustamente dice di puntare sui prossimi 35 anni. Spero: ma non sono più un ragazzino e comunque non è facile costruire sulle macerie...
Sul resto non ho nulla da dire. La ringrazio per l'appoggio, anche se ricominciare da zero a questa età non è facile. Vorrei avere una macchina del tempo per tornare indietro e ribellarmi quando ancora avrei potuto farlo. Ma temo non sia possibile.
ringraziandola della paziente risposta, positiva e ricca di incoraggiamenti, ci tenevo a fare alcune precisazioni.
La mia "tendenza all'autosabotaggio" non è un difetto congenito che mi è piovuto addosso dal cielo per chissà quale ragione. Forse avrei dovuto parlarne come di un meccanismo di difesa, perché si tratta di ciò che effettivamente è stato: non fare niente ha significato, in un certo senso, difendermi dai giudizi crudeli e derisori di mio padre e mia madre. Questo è il succo, peraltro acclarato dai terapeuti presso cui sono stato in cura. Che sia una soluzione disfunzionale non lo metto in dubbio, altrimenti non avrei chiesto disperatamente aiuto.
Faccio inoltre presente che il comportamento di mio padre è spesso aggressivo e imprevedibile, e che non sarebbe mai venuto in terapia, se non fosse stato costretto. Ragion per cui dubito fortemente di lui e della sua effettiva volontà di collaborare.
Prendere una laurea magistrale a 35 anni non è uno scherzo, e non lo dico io, ma alcuni datori di lavoro con cui mi sono interfacciato tempo addietro, mentre ero alla ricerca di un part time (e le posso assicurare che i giudizi cattivi da parte di questi personaggi non sono mancati). Sentirsi dire da certa gente che si è "sfigati" se non si è realizzato niente dopo una certa età non è esattamente incoraggiante.
Infine, quando parlo di attività significativa, intendo qualcosa che mi porti gioia, serenità e opportunità di conoscere nuove persone con cui condividere un orizzonte progettuale. Ribadisco che non sono mai riuscito a sviluppare nessuno dei miei talenti nell'ambito artistico ed espressivo (che pure mi sono stati riconosciuti) proprio a causa del clima di forte discredito che queste cose hanno sempre avuto nella mia famiglia.
Ora, come posso indulgere in ciò che più mi anima dopo aver perso tutto questo tempo, e soprattutto ora che prendo una laurea che è stata, più che altro, un matrimonio di interessi, una scusa per fuggire di casa? Forse mi sono messo nel sacco da solo ancora una volta, ed è troppo tardi per tornare indietro.
Lei giustamente dice di puntare sui prossimi 35 anni. Spero: ma non sono più un ragazzino e comunque non è facile costruire sulle macerie...
Sul resto non ho nulla da dire. La ringrazio per l'appoggio, anche se ricominciare da zero a questa età non è facile. Vorrei avere una macchina del tempo per tornare indietro e ribellarmi quando ancora avrei potuto farlo. Ma temo non sia possibile.
Non una macchina del tempo, bensì un bravo .. ottico per sostituire le lenti.
Ma questa metafora la ho già utilizzata sopra.
La invito e la incoraggio a lavorare con decisione e impegno su di sè. E' l'unico modo per liberarsi di parte dell'imprinting genitoriale.
P.S.: Le "alcune precisazioni" non servivano. Mi era arrivato già tutto quello che poi ha sviluppato.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Ma questa metafora la ho già utilizzata sopra.
La invito e la incoraggio a lavorare con decisione e impegno su di sè. E' l'unico modo per liberarsi di parte dell'imprinting genitoriale.
P.S.: Le "alcune precisazioni" non servivano. Mi era arrivato già tutto quello che poi ha sviluppato.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 847 visite dal 08/12/2024.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.