Sensazione di inadeguatezza e peggioramento dell'umore dopo un confronto sociale

Buongiorno,
vorrei sottoporvi una situazione che sto vivendo per ricevere un parere.
Di recente, dopo una cena con i miei coetanei, ho avvertito un forte peggioramento dell'umore e un senso di depressione che persiste anche dopo essermi sfogato con la mia psicoterapeuta.
Ogni volta che ripenso a quell'incontro o ne parlo, il mio umore peggiora ulteriormente e l’ansia sale vertiginosamente.


Durante la cena mi sono confrontato con i miei coetanei, che sembrano aver raggiunto stabilità professionale e familiare.
Io, invece, vivo ancora con mia madre anziana, non ho una compagna e lavoro in una cooperativa sociale con disabili.
Sebbene sia un lavoro tutelante e significativo, è poco remunerativo e contribuisce al mio senso di insoddisfazione.
Mi sento come se fossi rimasto bloccato a 25 anni, incapace di accettare che il tempo è passato e che le priorità della mia generazione sono cambiate.


Attualmente sono seguito da uno psichiatra da 10 anni (con terapia farmacologica) e da una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale da due anni.
La mia psicoterapeuta mi ha consigliato di lavorare sull'accettazione di me stesso e sui traumi, ma anche di focalizzarmi su obiettivi futuri per creare nuove esperienze e mettere da parte il passato.


Inoltre, ho recentemente parlato con la mia psichiatra al telefono, segnalando il peggioramento del mio umore e l’ansia persistente.
Lei è stata in linea con la mia psicoterapeuta, suggerendomi di favorire connessioni sociali e di portare personalmente i curriculum alle associazioni per cercare nuove opportunità lavorative.
Tuttavia, questa proposta mi ha scatenato una forte ansia.
Ritengo che derivi da una paura del rifiuto che sento sia nei rapporti sociali sia nei confronti del mondo lavorativo, aggravata anche dalle esperienze negative avute nei colloqui passati.


Dopo la telefonata, speravo che la psichiatra potesse intervenire con un aggiustamento farmacologico per alleviare il mio stato emotivo, ma questo non è avvenuto, e l'ansia è salita ulteriormente.


Vorrei chiedervi un parere:

Come posso affrontare questa ansia legata alla paura del rifiuto e al confronto sociale?

Può essere utile esplorare ulteriori strategie terapeutiche o farmacologiche per gestire meglio la situazione?

Vi ringrazio in anticipo per il vostro supporto e per qualsiasi suggerimento possiate offrirmi.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.5k 195
Gentile utente,
dopo aver letto i suoi precedenti consulti, ritengo che il parere della sua psicoterapeuta sia valido: "lavorare sull'accettazione di me stesso e sui traumi, ma anche di focalizzarmi su obiettivi futuri per creare nuove esperienze e mettere da parte il passato".
Un intervento a tutto campo sul passato ma anche sul presente e sul futuro, dunque. Questi passi vanno articolati in specifici esercizi concordati con la terapeuta, gradino dopo gradino.
Le attività suggerite dalla psichiatra, non frutto di un accordo tra voi, sembrano invece mete intermedie, non passaggi graduali: "favorire connessioni sociali e portare personalmente i curriculum alle associazioni per cercare nuove opportunità lavorative".
Forse per questo hanno sopraffatto le sue energie, pur impiegate con successo nel corso di questi anni, a quanto leggo, e hanno abbattuto il suo umore.
A monte di questa caduta, però, c'è l'incontro-confronto coi suoi coetanei.
Io le suggerirei due cose:
- fare l'esercizio di Scrittura Espressiva che si chiama "Tempesta di parole", per capire quale frase, quale atteggiamento, o quale sua riflessione ha innescato questo stato d'animo negativo nel corso di quella cena. Se le interessa, le mando qui la modalità di esecuzione;
- portare questa email che ci ha scritto alla sua psicoterapeuta, perché mi sembra densa di spunti che meritano di essere affrontati da chi sta lavorando assieme a lei al suo benessere.
Le faccio i migliori auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com