Bisogno di stare da soli e relazione
Buongiorno, vi scrivo per alcuni problemi che ho per una relazione con un uomo che sto vivendo.
Nati come coppia per gioco, e da incontro fugace, siamo insieme da tre mesi.
Siamo entrambi giovani professionisti, di quelli che da fuori sono considerati solitamente intelligenti e brillanti.
Io di lui lo credo davvero, di me meno.
Abbiamo 5 anni di differenza.
Lui ha una vita vivace e piena di stimoli: amici vicini, tante opportunità sociali, pochi limiti apparenti.
Era così anche per me qualche tempo fa.
Ora la mia vita è più smorta: gli amici si sono trasferiti, alcuni si sono sposati, e il ritmo della vita è diventato più concreto.
In più, vengo da un anno difficile, segnato da un lutto importante, io stesso mi sono trasferito e sono in un processo di adattamento che ancora non sento compiuto.
Direi che mi sento più consapevole dei miei limiti e più bisognoso di stabilità, mentre lui vive in una fase di espansione e di possibilità dinnanzi alle quali desidera di non scegliere finché dura e si può.
Viviamo storie diverse e io forse anche un po' di conflitto di inferiorità dovuto non solo e tanto a chi è lui, ma anche a come mi sento io.
Viviamo a 500 km di distanza, ci vediamo spesso ma certo questo rende le cose più difficili.
In questi giorni abbiamo parlato, e mi ha detto di non sapere cosa fare con me.
Lo apprezzo perché è onesto e si è aperto a me, come sempre facciamo, ma credo che la verità sia che la vita che aveva prima di conoscermi gli andava bene.
Non aveva bisogno di altro e per certi versi non vuole più sostenere il "costo" della relazione con me.
Quando siamo insieme stiamo benissimo, lo dice anche lui, c’è affetto e sintonia.
Ma la distanza pesa.
Stare con me significa scegliere, rinunciare a certe possibilità, fidarsi della relazione.
Credo che quella fiducia lui non la stia sentendo più.
Nonostante tutto, mi ha sempre dimostrato rispetto e dedizione.
Anche con questi pensieri in testa, si è impegnato seriamente.
Ora mi dice di non avere più le energie per continuare, che da qui in avanti rischierebbe di offrirmi meno.
Lo capisco, ma prima di lasciare che tutto vada, come lui mi chiede voglio dargli tempo per riflettere davvero.
I suoi fatti dicono tutt’altro rispetto alle sue parole (es.
mi integra sempre di più nel contesto amicale e familiare, neanche tanto semplice visto l'amore omosessuale e i pensieri in casa), e voglio che sia sicuro.
Gli voglio bene, a prescindere da tutto.
Se resterà, andrà via, o si prenderà ancora del tempo, continuerò a provare affetto per lui.
Questo sentimento non dipende dal risultato, ma da ciò che lui è per me.
Quello che mi chiedo è: come posso affrontare questa incertezza senza perdere me stesso?
Come distinguere tra l’affetto che provo e la necessità di proteggermi?
Come bilanciare il mio momento più fragile con il rispetto per il suo bisogno di libertà?
Per ora lo lascio stare un po', lui a fare la sua vita e io la mia e cerco di non scrivergli... ma l'attesa ha un tempo e un limite...
Nati come coppia per gioco, e da incontro fugace, siamo insieme da tre mesi.
Siamo entrambi giovani professionisti, di quelli che da fuori sono considerati solitamente intelligenti e brillanti.
Io di lui lo credo davvero, di me meno.
Abbiamo 5 anni di differenza.
Lui ha una vita vivace e piena di stimoli: amici vicini, tante opportunità sociali, pochi limiti apparenti.
Era così anche per me qualche tempo fa.
Ora la mia vita è più smorta: gli amici si sono trasferiti, alcuni si sono sposati, e il ritmo della vita è diventato più concreto.
In più, vengo da un anno difficile, segnato da un lutto importante, io stesso mi sono trasferito e sono in un processo di adattamento che ancora non sento compiuto.
Direi che mi sento più consapevole dei miei limiti e più bisognoso di stabilità, mentre lui vive in una fase di espansione e di possibilità dinnanzi alle quali desidera di non scegliere finché dura e si può.
Viviamo storie diverse e io forse anche un po' di conflitto di inferiorità dovuto non solo e tanto a chi è lui, ma anche a come mi sento io.
Viviamo a 500 km di distanza, ci vediamo spesso ma certo questo rende le cose più difficili.
In questi giorni abbiamo parlato, e mi ha detto di non sapere cosa fare con me.
Lo apprezzo perché è onesto e si è aperto a me, come sempre facciamo, ma credo che la verità sia che la vita che aveva prima di conoscermi gli andava bene.
Non aveva bisogno di altro e per certi versi non vuole più sostenere il "costo" della relazione con me.
Quando siamo insieme stiamo benissimo, lo dice anche lui, c’è affetto e sintonia.
Ma la distanza pesa.
Stare con me significa scegliere, rinunciare a certe possibilità, fidarsi della relazione.
Credo che quella fiducia lui non la stia sentendo più.
Nonostante tutto, mi ha sempre dimostrato rispetto e dedizione.
Anche con questi pensieri in testa, si è impegnato seriamente.
Ora mi dice di non avere più le energie per continuare, che da qui in avanti rischierebbe di offrirmi meno.
Lo capisco, ma prima di lasciare che tutto vada, come lui mi chiede voglio dargli tempo per riflettere davvero.
I suoi fatti dicono tutt’altro rispetto alle sue parole (es.
mi integra sempre di più nel contesto amicale e familiare, neanche tanto semplice visto l'amore omosessuale e i pensieri in casa), e voglio che sia sicuro.
Gli voglio bene, a prescindere da tutto.
Se resterà, andrà via, o si prenderà ancora del tempo, continuerò a provare affetto per lui.
Questo sentimento non dipende dal risultato, ma da ciò che lui è per me.
Quello che mi chiedo è: come posso affrontare questa incertezza senza perdere me stesso?
Come distinguere tra l’affetto che provo e la necessità di proteggermi?
Come bilanciare il mio momento più fragile con il rispetto per il suo bisogno di libertà?
Per ora lo lascio stare un po', lui a fare la sua vita e io la mia e cerco di non scrivergli... ma l'attesa ha un tempo e un limite...
[#1]
Gentile utente,
lei è singolarmente lucido e consapevole in quello che scrive, tuttavia qualcosa rende incerta la risposta che vorrei dare alle sue domande: "Quello che mi chiedo è: come posso affrontare questa incertezza senza perdere me stesso? Come distinguere tra l’affetto che provo e la necessità di proteggermi? Come bilanciare il mio momento più fragile con il rispetto per il suo bisogno di libertà?".
Io direi di ripartire, come sempre, dall'io, ossia da lei che ci scrive, dal suo stato d'animo offuscato da un grave lutto recente.
Le sue sensazioni, i suoi sentimenti e i suoi desideri sono la bussola che può indicarle la direzione in cui muoversi. Le sue riflessioni su quello che pensa l'altro, invece, possono essere intuizioni più o meno corrette, ma anche il frutto di una sua visione pessimistica; una proiezione sull'altro di questo suo momento triste.
Mi riferisco alle frasi: "credo che la verità sia che la vita che aveva prima di conoscermi gli andava bene. Non aveva bisogno di altro e per certi versi non vuole più sostenere il "costo" della relazione con me".
Questa è un'interpretazione, ripeto, forse di natura proiettiva: forse è lei che dopo il primo momento di entusiasmo che l'ha aiutata ad estraniarsi da un presente grigio, adesso non sa conciliare questa relazione agli inizi, e a distanza, con la sua elaborazione del lutto, il trasferimento, la visione depressiva di sé, che le fa vivere i successi dell'altro come cartina di tornasole di quello che avverte come un suo declino.
In caso contrario, cosa potrebbe temere lasciandosi andare a quello che avete avuto fin qui e a tentare di incrementare la vostra vicinanza?
Lei sa bene che l'amore è sfida e rischio, ma questo dà anche piacere, se la nostra carica di adrenalina non è compromessa.
Sembra invece che lei in questo momento abbia bisogno di ripiegarsi su di sé, e questo può essersi palesato anche per via inconscia al suo compagno, finendo per accrescere il "costo" della vostra relazione.
Io direi che lei può aspettare, in un certo senso, i tempi di tutti e due, senza troppo temere che una delusione possa devastare un suo equilibrio emotivo già fragile. Dopotutto una bella storia d'amore, specie di pochi mesi, è sempre un'emozione positiva, anche se finisce.
Naturalmente però solo lei, non io, conosce le sue fragilità.
Molti auguri.
lei è singolarmente lucido e consapevole in quello che scrive, tuttavia qualcosa rende incerta la risposta che vorrei dare alle sue domande: "Quello che mi chiedo è: come posso affrontare questa incertezza senza perdere me stesso? Come distinguere tra l’affetto che provo e la necessità di proteggermi? Come bilanciare il mio momento più fragile con il rispetto per il suo bisogno di libertà?".
Io direi di ripartire, come sempre, dall'io, ossia da lei che ci scrive, dal suo stato d'animo offuscato da un grave lutto recente.
Le sue sensazioni, i suoi sentimenti e i suoi desideri sono la bussola che può indicarle la direzione in cui muoversi. Le sue riflessioni su quello che pensa l'altro, invece, possono essere intuizioni più o meno corrette, ma anche il frutto di una sua visione pessimistica; una proiezione sull'altro di questo suo momento triste.
Mi riferisco alle frasi: "credo che la verità sia che la vita che aveva prima di conoscermi gli andava bene. Non aveva bisogno di altro e per certi versi non vuole più sostenere il "costo" della relazione con me".
Questa è un'interpretazione, ripeto, forse di natura proiettiva: forse è lei che dopo il primo momento di entusiasmo che l'ha aiutata ad estraniarsi da un presente grigio, adesso non sa conciliare questa relazione agli inizi, e a distanza, con la sua elaborazione del lutto, il trasferimento, la visione depressiva di sé, che le fa vivere i successi dell'altro come cartina di tornasole di quello che avverte come un suo declino.
In caso contrario, cosa potrebbe temere lasciandosi andare a quello che avete avuto fin qui e a tentare di incrementare la vostra vicinanza?
Lei sa bene che l'amore è sfida e rischio, ma questo dà anche piacere, se la nostra carica di adrenalina non è compromessa.
Sembra invece che lei in questo momento abbia bisogno di ripiegarsi su di sé, e questo può essersi palesato anche per via inconscia al suo compagno, finendo per accrescere il "costo" della vostra relazione.
Io direi che lei può aspettare, in un certo senso, i tempi di tutti e due, senza troppo temere che una delusione possa devastare un suo equilibrio emotivo già fragile. Dopotutto una bella storia d'amore, specie di pochi mesi, è sempre un'emozione positiva, anche se finisce.
Naturalmente però solo lei, non io, conosce le sue fragilità.
Molti auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Grazie dott.ssa Potenza della sua risposta.
Credo di capire a cosa si riferisce quando dice che mi sto ripiegando su me stesso e che questo può sicuramente venire colto dal mio partner, di fatto scoraggiandolo. Penso sia vero, anche se cerco di evitarlo.
Non credo invece di essere nella situazione in cui sono io a proiettare i miei timori per non gestire la relazione. A me questa relazione piace tanto e credo di comunicarlo senza incoerenze.
Quanto alle mie opinioni sulla sua vita e sui suoi ragionamenti di "convenienza", le ho condivise con lui e trovato in lui conferma del fatto che non sono errate.
Lui è al termine di un percorso formativo/di lavoro ben strutturato esitato il quale lui stesso (secondo me a ragione) ritiene si troverà in una condizione in cui amici/colleghi, certezze e agi di una vita in formazione ma comoda finiranno per non caratterizzare più il suo presente.
Davanti ha l'incerto ma anche tante possibilità, e se le ultime vuole giocarsele tutte, e lo farà, innanzi a questo incerto ha invece paura, e una relazione in questo senso non aiuta.
A mio parere, c'è in parte la paura di perdersi qualcosa restando con me, dall'altro il trovarsi per la prima volta in una relazione tenera (dopo una lunga relazione non tenera), e forse - ma non ne sono sicuro - c'è anche il fatto che gli piaccio ma non abbastanza (gli ho detto di dirmelo se è così, che non mi sarei offeso, ma su questo non ho avuto riscontri).
Questi fattori erano presenti anche all'inizio di questa relazione comunque ancora all'inizio e ora si sono semplicemente "scatenati" dopo qualche giorno di tensione che, pur rientrata e "sovrascritta" da altri giorni insieme, serenissimi, di unione in una breve quotidianità, di intesa sessuale e relazionale... gli ha fatto capire che una relazione "costa" e richiede inevitabilmente energie perché metter d'accordo due persone non è semplice anche quando ci si vuole bene.
Tutto considerato, ripeto che ad ogni modo rispetto le sue esigenze, anche se ho paura di perdere un ragazzo veramente straordinario, che tale rimarrebbe anche se decidesse di non voler stare più con me.
Purtroppo affronto questo in un periodo in cui non sto troppo bene ma in cui mi reputo comunque in assenza di patologia psichica, a torto o a ragione questo non lo so. Ogni giorno lavoro perché il mio quotidiano diventi più accogliente, dal miglioramento della logistica post-trasloco, al rafforzamento della relazione con i nuovi colleghi, all'auto-miglioramento di me, della mia mascolinità, etc. E' un lavoro che si compie, ma con lentezza, ha bisogno dei suoi tempi. Io ho bisogno di questi tempi.
L'obiettivo è di costruire una buona socialità e di continuare le buone abitudini (es. buona dieta, esercizio fisico, etc.) per stare bene io. Forse dovrei stare meglio io per poter accogliere l'altro come vorrei. Ma è anche vero che l'altro, nel caso che vivo, mi migliora la giornata e, pur sopravvivendo a questo e altro, avrei troppo dispiacere a perderlo.
Grazie
cari saluti
Credo di capire a cosa si riferisce quando dice che mi sto ripiegando su me stesso e che questo può sicuramente venire colto dal mio partner, di fatto scoraggiandolo. Penso sia vero, anche se cerco di evitarlo.
Non credo invece di essere nella situazione in cui sono io a proiettare i miei timori per non gestire la relazione. A me questa relazione piace tanto e credo di comunicarlo senza incoerenze.
Quanto alle mie opinioni sulla sua vita e sui suoi ragionamenti di "convenienza", le ho condivise con lui e trovato in lui conferma del fatto che non sono errate.
Lui è al termine di un percorso formativo/di lavoro ben strutturato esitato il quale lui stesso (secondo me a ragione) ritiene si troverà in una condizione in cui amici/colleghi, certezze e agi di una vita in formazione ma comoda finiranno per non caratterizzare più il suo presente.
Davanti ha l'incerto ma anche tante possibilità, e se le ultime vuole giocarsele tutte, e lo farà, innanzi a questo incerto ha invece paura, e una relazione in questo senso non aiuta.
A mio parere, c'è in parte la paura di perdersi qualcosa restando con me, dall'altro il trovarsi per la prima volta in una relazione tenera (dopo una lunga relazione non tenera), e forse - ma non ne sono sicuro - c'è anche il fatto che gli piaccio ma non abbastanza (gli ho detto di dirmelo se è così, che non mi sarei offeso, ma su questo non ho avuto riscontri).
Questi fattori erano presenti anche all'inizio di questa relazione comunque ancora all'inizio e ora si sono semplicemente "scatenati" dopo qualche giorno di tensione che, pur rientrata e "sovrascritta" da altri giorni insieme, serenissimi, di unione in una breve quotidianità, di intesa sessuale e relazionale... gli ha fatto capire che una relazione "costa" e richiede inevitabilmente energie perché metter d'accordo due persone non è semplice anche quando ci si vuole bene.
Tutto considerato, ripeto che ad ogni modo rispetto le sue esigenze, anche se ho paura di perdere un ragazzo veramente straordinario, che tale rimarrebbe anche se decidesse di non voler stare più con me.
Purtroppo affronto questo in un periodo in cui non sto troppo bene ma in cui mi reputo comunque in assenza di patologia psichica, a torto o a ragione questo non lo so. Ogni giorno lavoro perché il mio quotidiano diventi più accogliente, dal miglioramento della logistica post-trasloco, al rafforzamento della relazione con i nuovi colleghi, all'auto-miglioramento di me, della mia mascolinità, etc. E' un lavoro che si compie, ma con lentezza, ha bisogno dei suoi tempi. Io ho bisogno di questi tempi.
L'obiettivo è di costruire una buona socialità e di continuare le buone abitudini (es. buona dieta, esercizio fisico, etc.) per stare bene io. Forse dovrei stare meglio io per poter accogliere l'altro come vorrei. Ma è anche vero che l'altro, nel caso che vivo, mi migliora la giornata e, pur sopravvivendo a questo e altro, avrei troppo dispiacere a perderlo.
Grazie
cari saluti
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 143 visite dal 19/11/2024.
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