Dubbi sul mio percorso di psicoterapia

Buongiorno a tutti, vi scrivo perchè io sono in terapia con uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale da quando avevo all'incirca 20 anni, ora nè ho quasi 29.

Andai da lui circa 8 anni fa, dopo vari giri, perchè a 18 anni esordi nella mia vita il DOC, in una forma che io considero di media gravita, grazie al suo aiuto riusci a gestire la cosa fino ad'arrivare nel 2019 quasi a non avere più pensieri ossesivi.

Poi arriviamo nel 2020 e con la quarantena come tutti rimasi in casa, solo con i miei pensieri, fu li che inizio una delle fasi più brutte della mia vita e che perdura ancora oggi.

Siccome mi ero ormai posato sugli allori il DOC peggiorò tantissimo, ora influisce di nuovo tantissimo sulla mia vita, è ovunque, con ossessioni sempre più folli e invalidanti ma pian' piano mi sto rialzando di nuovo, so bene però che se ora fossi una persona felice il DOC per me non sarebbe un problema.

Insieme all'aggravarsi del DOC arrivò la depressione, l'essere fuoricorso di tantissimo nel percorso universitario e non aver mai avuto una relazione sentimentale mi fanno sentire un fallito totale, ciò mi ha portato ad'isolarmi per non incappare nelle solite domande sul cosa stessi facedo ora o su quali erano i miei scopi in quel dato momento, il mio eremitismo ovviamente ha reso le mie possibilità di avere una relazione ancora più basse.

Non vi nego che in questi anni ho valutato spesso se fare un gesto estremo, arrivando anche a progettarlo nel concreto e a procurarmi gli oggetti necessari, ho abbandonando poi questa idea per non dare ulteriori dispiacere ai miei familiari, ho gettato la spugna anche qui insomma.

Dopo questo striminzito accenno sulla mia vita arriviamo alla mia domanda:
Il mio teraupeuta sostiene che io debba trattare questi pensieri di autocritica al pari dei pensieri ossessivi e nel contempo "agire", cosa molto facile da scrivere ma per me di difficilissima attuazione, qui nasce il primo problema in quanto i pensieri intrusivi mi sono sempre sembrati alquanto irrazionali ma questi invece, quelli legati alla depressione, tutt'altro (sto raccogliendo ciò che ho seminato in pratica).

Poi lui dice che le mie mancanze nella carriera universitaria e relazionale non inficiano sul mio valore personale ed è questa cosa che io non riesco proprio a comprendere, come posso io non essere meno di chi si è laureato in tempi decenti o di chi ha avuto invece una o più relazioni?
Come posso io non temere il confronto?
Come posso io giustificare queste mie mancanze a delle ragazze che mi interessano e pensare che questo non influisca sul giudizio che esse hanno di me?
Come possono non preferire una persona di successo a me?
Si dice che innamorarsi è una cosa spontanea che non guarda a certi parametri, scusatemi so che è orribile a darsi, ma io ormai non ci credo più.

Io vorrei convicermi che che tutto ciò non influisca sul mio valore personale ma non c'è la faccio, vorrei altri punti di vista, spero possiate aiutarmi.
[#1]
Dr. Federico Tagliatti Psicologo, Psicoterapeuta 64 7
Dal un punto di vista psicoanalitico, il tuo profondo senso di fallimento e autocritica potrebbe rappresentare un conflitto inconscio legato a ideali interiorizzati, probabilmente assorbiti in famiglia o dalla società, e oggi esasperati dal DOC e dalla depressione. Questo ideale di successo contro cui ti misuri potrebbe non essere davvero tuo, ma una costruzione che ti è stata implicitamente trasmessa e che ora vivi come un giudice implacabile dentro di te.

Il confronto ossessivo con gli altri e il tuo bisogno di giustificarti sembrano riflettere un Super-Io severo e punitivo, che non ti consente di considerare il tuo valore come qualcosa di intrinseco e indipendente dai risultati esteriori. La tua difficoltà nel vedere i pensieri depressivi come irrazionali è comprensibile: sono radicati in una visione profonda di te stesso che è stata rinforzata nel tempo.

Accettare che il tuo valore non dipenda esclusivamente da successi accademici o relazionali richiede di lavorare su un’immagine di te più autentica e meno legata a standard esterni. Questo implica ridurre l’identificazione con gli ideali imposti e confrontarti con le tue reali esigenze, senza trasformarle in misuratori di valore assoluto. Un percorso che esplori queste dinamiche interne potrebbe aiutarti a riscoprire un senso di sé più libero dai criteri rigidi di giudizio che oggi ti imprigionano.