Come uscire nuovamente da una fase depressiva?
Buonasera dottori, mi ritrovo a scrivere qui perché sto entrando nuovamente in un turbinio di emozioni negative dettate da una serie di circostanze che si sono venute a creare in questa fase della mia vita.
Sono un ragazzo di 31 anni, ho sofferto in passato di una fortissima depressione che non mi è stata "curata" per tempo e mi ha portato via i migliori anni della gioventù.
Sono stato per anni schiavo della mia mente, tanto da non concludere niente né nella vita né nelle relazioni.
Quattro anni fa c'è stata una svolta in cui grazie all aiuto di uno svariato numero di psichiatri e psicologi da cui mi sono recato sono riuscito tramite una terapia farmacologia che tutt' ora seguo, e all aiuto di una psicoterapeuta ad uscirne fuori, almeno fino ad oggi, dove tutto sembra stia tornando indietro, e ho l incubo di rivivere il passato.
Il tutto è coinciso con la fine della mia ultima relazione durata quattro anni e mezzo, da cui fatico enormemente ad uscire.
Mi ritrovo a 31 anni dato i miei trascorsi, a non concludere ancora il mio percorso di studi, che avevo abbandonato a causa dei miei problemi psicologici, e ripreso quando le cose si sono aggiustate.
Ad oggi sto tornando a vedere tutto negativo, un futuro nebuloso, i miei amici ormai tutto incanalati verso una vita "normale", una solitudine che mi sta facendo ritornare in mente quel passato che con fatica sono riuscito a cancellare.
Mi sto sforzando con tutto me stesso di guardare i lati positivi che possono esserci, ma la mia autostima in questo momento è molto bassa.
Mi sento condannato alla solitudine e giudicato dagli altri in quanto a 31 anni non ho ancora concluso un percorso di studi, pur comunque conoscendo le difficoltà che ho dovuto superare.
Sto tornando a vedere tutto nero e questo mi fa molta più paura di qualsiasi cosa conoscendo la vera depressione.
Grazie in anticipo a chi mi risponderà e sono disponibile ad eventuali domande, grazie ancora.
Sono un ragazzo di 31 anni, ho sofferto in passato di una fortissima depressione che non mi è stata "curata" per tempo e mi ha portato via i migliori anni della gioventù.
Sono stato per anni schiavo della mia mente, tanto da non concludere niente né nella vita né nelle relazioni.
Quattro anni fa c'è stata una svolta in cui grazie all aiuto di uno svariato numero di psichiatri e psicologi da cui mi sono recato sono riuscito tramite una terapia farmacologia che tutt' ora seguo, e all aiuto di una psicoterapeuta ad uscirne fuori, almeno fino ad oggi, dove tutto sembra stia tornando indietro, e ho l incubo di rivivere il passato.
Il tutto è coinciso con la fine della mia ultima relazione durata quattro anni e mezzo, da cui fatico enormemente ad uscire.
Mi ritrovo a 31 anni dato i miei trascorsi, a non concludere ancora il mio percorso di studi, che avevo abbandonato a causa dei miei problemi psicologici, e ripreso quando le cose si sono aggiustate.
Ad oggi sto tornando a vedere tutto negativo, un futuro nebuloso, i miei amici ormai tutto incanalati verso una vita "normale", una solitudine che mi sta facendo ritornare in mente quel passato che con fatica sono riuscito a cancellare.
Mi sto sforzando con tutto me stesso di guardare i lati positivi che possono esserci, ma la mia autostima in questo momento è molto bassa.
Mi sento condannato alla solitudine e giudicato dagli altri in quanto a 31 anni non ho ancora concluso un percorso di studi, pur comunque conoscendo le difficoltà che ho dovuto superare.
Sto tornando a vedere tutto nero e questo mi fa molta più paura di qualsiasi cosa conoscendo la vera depressione.
Grazie in anticipo a chi mi risponderà e sono disponibile ad eventuali domande, grazie ancora.
[#1]
Gentile utente,
forse lei più che rischiare una nuova depressione avverte la paura di quella conosciuta in passato, i cui effetti sulla sua vita ancora pesano sia nel ritardo negli studi, sia nelle relazioni, sia nel rimpianto dei "migliori anni della gioventù" che sente perduti.
Paura e rimpianti, due stati mentali dolorosi, forse le fanno ingigantire gli effetti dell'attuale periodo nero e le fanno vivere "l incubo di rivivere il passato".
Da quello che ci scrive "Il tutto è coinciso con la fine della mia ultima relazione durata quattro anni e mezzo, da cui fatico enormemente ad uscire".
La fine di una storia d'amore è sempre una grave perdita, un rivolgimento che altera la nostra sfera emotiva e quella pratica, una crisi che ci costringe a ripensare a noi stessi e alla nostra vita analizzandoli in un'ottica negativa, perché se il nostro essere e le nostre azioni hanno come esito un grande dolore tendiamo a pensare che tutto in essi sia sbagliato.
Lei parla infatti di autostima molto bassa. Evidentemente si attribuisce la responsabilità, se non addirittura la colpa, della fine della sua relazione.
Da quanto tempo si è conclusa?
Spesso si ingigantisce l'autoaccusa per "assolvere" il partner, o anche per farci credere che come abbiamo potuto distruggere, così è in nostro potere ricostruire.
Questi e altri meccanismi mentali tendono ad alleviare il dolore, ma eludono il fatto fondamentale che il lutto di una perdita va elaborato fino in fondo, e questa procedura è indispensabile per superarlo.
Questo è molto difficile nella nostra epoca che prescrive un perenne stato di felicità e il ripristino immediato di essa con tutti i mezzi, anche inutili, inverosimili e controproducenti.
Tornare per qualche colloquio dalla terapeuta che l'ha validamente curata potrebbe aiutarla.
Ci tenga al corrente, se le va.
Molti auguri.
forse lei più che rischiare una nuova depressione avverte la paura di quella conosciuta in passato, i cui effetti sulla sua vita ancora pesano sia nel ritardo negli studi, sia nelle relazioni, sia nel rimpianto dei "migliori anni della gioventù" che sente perduti.
Paura e rimpianti, due stati mentali dolorosi, forse le fanno ingigantire gli effetti dell'attuale periodo nero e le fanno vivere "l incubo di rivivere il passato".
Da quello che ci scrive "Il tutto è coinciso con la fine della mia ultima relazione durata quattro anni e mezzo, da cui fatico enormemente ad uscire".
La fine di una storia d'amore è sempre una grave perdita, un rivolgimento che altera la nostra sfera emotiva e quella pratica, una crisi che ci costringe a ripensare a noi stessi e alla nostra vita analizzandoli in un'ottica negativa, perché se il nostro essere e le nostre azioni hanno come esito un grande dolore tendiamo a pensare che tutto in essi sia sbagliato.
Lei parla infatti di autostima molto bassa. Evidentemente si attribuisce la responsabilità, se non addirittura la colpa, della fine della sua relazione.
Da quanto tempo si è conclusa?
Spesso si ingigantisce l'autoaccusa per "assolvere" il partner, o anche per farci credere che come abbiamo potuto distruggere, così è in nostro potere ricostruire.
Questi e altri meccanismi mentali tendono ad alleviare il dolore, ma eludono il fatto fondamentale che il lutto di una perdita va elaborato fino in fondo, e questa procedura è indispensabile per superarlo.
Questo è molto difficile nella nostra epoca che prescrive un perenne stato di felicità e il ripristino immediato di essa con tutti i mezzi, anche inutili, inverosimili e controproducenti.
Tornare per qualche colloquio dalla terapeuta che l'ha validamente curata potrebbe aiutarla.
Ci tenga al corrente, se le va.
Molti auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Buongiorno dottoressa innanzitutto la ringrazio moltissimo per la risposta, e penso che lei abbia ragione. La mia relazione si è conclusa non meno di un mese fa, ma nonostante questi sono riuscito a portare avanti le mie cose anche se con evidenti problemi, ma ci sono riuscito almeno fin ad ora. E mi sto concentrando sulle cose positive. Il problema che mi si pone davanti ora è che mi blocca emotivamente è la paura della solitudine, purtroppo ho pochi amici e dopo quattro anni e mezzo di relazione mi sento veramente isolato dal mondo circostante. Mi impegnerò al massimo per cercarne di venirne fuori, ma la paura di passare il resto della mia vita da solo senza magari poter avere una famiglia mi preoccupa molto. Grazie ancora
[#3]
Gentile utente,
tutta la sofferenza che avverte, assieme ai pensieri "catastrofisti" come: "la paura di passare il resto della mia vita da solo senza magari poter avere una famiglia", fanno parte della perdita che ha subito.
La fine di una relazione d'amore è paragonabile ad una morte, per questo la psicologia usa il termine comune alle due esperienze e prescrive per entrambe la "elaborazione del lutto".
Si meraviglierà forse apprendendo che nel caso della fine di una relazione questa "elaborazione" oggi è più difficile che per la perdita di una persona cara. Provi a riflettere su alcune delle componenti di questa difficoltà:
- Quando termina una relazione siamo spesso risentiti con l'ex. Questo ci impedisce di accettare il dolore, ricordare i momenti belli, scoprire dove e come abbiamo sbagliato.
- La società attuale prescrive la superficialità dei legami d'amore, una sprezzante indifferenza per chi è andato via, e ci chiede di vivere sempre in una falsa allegria che non rispetta il dolore della perdita sentimentale, e a stento concede il rimpianto e le lacrime al dolore di una morte.
- La relazione con un/a partner, specie se durata a lungo in anni formativi (è il suo caso) comporta molte abitudini su amicizie, attività, progetti, che rendono in seguito veramente difficile la ripresa di una vita da single.
Ciò malgrado lei è riuscito a portare avanti molte sue cose.
Altre ancora, come vedrà, le si apriranno davanti se saprà accettare ed elaborare il dolore della perdita e nello stesso tempo farne lo strumento per conoscere meglio sé stesso e muoversi in una realtà che, vedrà abbastanza presto, è più ricca a viva per un giovane single che per lo stesso giovane rinchiuso in un rapporto non idoneo.
Le faccio tanti auguri.
tutta la sofferenza che avverte, assieme ai pensieri "catastrofisti" come: "la paura di passare il resto della mia vita da solo senza magari poter avere una famiglia", fanno parte della perdita che ha subito.
La fine di una relazione d'amore è paragonabile ad una morte, per questo la psicologia usa il termine comune alle due esperienze e prescrive per entrambe la "elaborazione del lutto".
Si meraviglierà forse apprendendo che nel caso della fine di una relazione questa "elaborazione" oggi è più difficile che per la perdita di una persona cara. Provi a riflettere su alcune delle componenti di questa difficoltà:
- Quando termina una relazione siamo spesso risentiti con l'ex. Questo ci impedisce di accettare il dolore, ricordare i momenti belli, scoprire dove e come abbiamo sbagliato.
- La società attuale prescrive la superficialità dei legami d'amore, una sprezzante indifferenza per chi è andato via, e ci chiede di vivere sempre in una falsa allegria che non rispetta il dolore della perdita sentimentale, e a stento concede il rimpianto e le lacrime al dolore di una morte.
- La relazione con un/a partner, specie se durata a lungo in anni formativi (è il suo caso) comporta molte abitudini su amicizie, attività, progetti, che rendono in seguito veramente difficile la ripresa di una vita da single.
Ciò malgrado lei è riuscito a portare avanti molte sue cose.
Altre ancora, come vedrà, le si apriranno davanti se saprà accettare ed elaborare il dolore della perdita e nello stesso tempo farne lo strumento per conoscere meglio sé stesso e muoversi in una realtà che, vedrà abbastanza presto, è più ricca a viva per un giovane single che per lo stesso giovane rinchiuso in un rapporto non idoneo.
Le faccio tanti auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 269 visite dal 09/11/2024.
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