Correggere o lasciare sbagliare gli altri?

Mi chiamo Emilio, ho 38 anni e conduco una vita soddisfacente.
Sono una persona analitica e che cerca di risolvere i problemi che la vita ci pone in maniera lucida e razionale.
Mi capita molto spesso di vedere persone a me care prendere decisioni sulla base di criteri che, ai miei occhi, appaiono manifestamente irrazionali e conducenti ad errori (in ogni campo: finanziario, medico, nutrizionale, lavorativo).
Nella stragrande maggioranza dei casi, sia che gli altri mi abbiano o meno dato ascolto, le cose vanno poi come avevo previsto.
Spesso cerco di spiegare a tali persone il perchè del loro errore di ragionamento, cercando di avere più tatto possibile e senza voler passare per il saccente di turno (anche perchè so che nessuno può mai fare previsioni certe, tutt'altro); purtuttavia, sistematicamente questi miei avvertimenti generano risentimento e discussioni.
La mia domanda è: dovrei sopprimere la mia tendenza ad avvertire le persone dei propri imminenti errori, guardandoli poi andare incontro alle conseguenze?
O dovrei sempre e comunque fare un tentativo, sorbendo risentimento e discussioni?

C'è da dire che, quando assisto a comportamenti e ragionamenti irrazionali, sento una spinta psicologica ad intervenire per "spiegare" come dovrebbe essere condotto il ragionamento e presa una determinata decisione.
In primis, questo lo faccio con le persone che voglio bene, per evidente motivo.
Ma ho questa tendenza in generale, anche se non sempre intervengo.
Se non lo faccio, mi sento dissonante con me stesso; purtuttavia, vorrei evitare contrasti che, sostanzialmente, mi sarei andato a cercare.

Avrei bisogno di un parere oggettivo che spieghi il mio comportamento e se lo stesso sia o meno patologico o, comunque, da evitare o limitare.
E mi suggerisca a quale tendenza dare priorità (correggere gli altri o evitare i contrasti inutili).

Grazie.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

Sulla base di quanto ci racconta, della capacità cioè di pre/vedere le conseguenze dell'agire umano, verrebbe da dire che lei sia in possesso della chiave per vivere lei stesso una vita perfetta.
Se così è, me ne compiaccio, è piuttosto raro.
Se però così non fosse, significa che la sua visione non è poi così .. perfetta; e gli altri possono stizzirsi. Ha presente il grillo parlante della fiaba di Pinocchio?

Alla base delle sue opinioni e del suo conseguente agire nei confronti degli altri ci deve essere qualche convinzione radicata, evidentemente;
ad es. che ci sia un unico modo "giusto" di agire, che Lei vede e gli altri no.
Tale modo, a quanto ci dice, è quello "lucido e razionale".

A dire il vero è ormai di parecchi anni fa l'altra teoria, che afferma la *Intelligenza Emotiva* come vincente.
L'intelligenza emotiva non è sempre lucida e razionale, perchè in più ha la dimensione affettiva che permette di vedere 'cose' che la pura razionalità non scorge.
Il bellissimo - a mio parere - libro di D. Goleman (ed. Feltrinelli) con lo stesso titolo ne spiega efficacemente i motivi.

In linea di massima tra adulti è buona norma astenersi dai consigli non richiesti. Questo riguarda anche i rapporti genitori-figli quando i secondi sono ormai cresciuti.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
P.S. Cortesemente modifichi l'età dell'anagrafica, dove Lei risulta .. 73enne, anziché 38enne com'è in realtà.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#3]
Utente
Utente
La ringrazio per la risposta, anzitutto.

Ovviamente non ho una vita perfetta né prevedo più di come possa fare una persona razionale.
Ho soltanto detto di applicare i metodi della razionalità ai problemi di tutti i giorni, e di avere riscontrato risultati positivi sul processo decisionale. Non vanto nessuna particolare capacità, sto parlando delle note, molto studiate e divulgate regole del ragionamento razionale, mirato al riconoscimento ed alla limitazione dei bias e delle fallacie che sono a noi connaturate.
Faccio un esempio banale ma frequente: molte persone prendono decisioni sulla base del cd. bias della perdita (es. compro un biglietto per un concerto, c'è un temporale... ci vado e mi espongo al rischio soltanto perchè "... eh ma ormai ho comprato il biglietto".. quando è chiaro che se se dovessi decidere di comprare il biglietto ora, non lo comprerei); quando noto bias del genere, lo faccio notare. Mi riferivo a questo genere di situazioni.
Per usare il suo forse calzante esempio, io personalmente pagherei per avere un grillo parlante che mi desse suggerimenti; ma capisco che non tutti lo gradirebbero. Resta quindi il mio quesito: è etico o più cautelativo per la mia serenità mentale restare a guardare qualcuno che sta per commettere un errore e ne soffrirà le conseguenze, se quel qualcuno mal tollera i consigli preventivi (ma, dopo, ad errore commesso e conseguenza patita, poi direbbe qualcosa tipo "effettivamente, se ti avessi ascoltato...")?

Il discorso che riguarda anche i comportamenti umani lo comprendo e concordo con Lei: in taluni campi la razionalità non è lo strumento migliore; ma non parlavo di questi campi (come ad esempio sono i rapporti umani).

Spero di aver chiarito meglio e La ringrazio se vorrà aggiungere qualcosa al Suo pensiero, o anche se dovesse ritenere sufficiente quanto suggerito.

Buona giornata.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
".. è etico o più cautelativo per la mia serenità mentale restare a guardare qualcuno che sta per commettere un errore e ne soffrirà le conseguenze.."

E' lo stesso approccio utilizzato nel testo del consulto,
che contiene di per sè alcune premesse implicite sue personali e non condivisibili universalmente; una tra tutte:
che Lei sia in grado di prevedere con sicurezza che QUEL certo comportamento è, con certezza, un errore per QUELLA certa persona. E dunque è suo dovere intervenire.

Noi Psy non siamo proprio così certi che altri sappiano con certezza la *verità* sulla vita altrui.
E se fosse che le persone preferiscono .. sbagliare da sol? ha sentito parlare di quel tipo di apprendimento per "prove ed errori" (trial and error)?
Ha mai pensato al proverbio "se si chiude una porta a causa di qualche errore) si apre un portone"?
ecc.

"..io personalmente pagherei per avere un grillo parlante che mi desse suggerimenti.."
Considerato che Lei desidera un grillo parlante, lo faccio io, gratuitamente:
> Permetta alle persone di essere come credono, come vogliono, come possono.
Se vorranno dei consigli da una persona così saggia .. saranno loro a chiederlo.

Con ciò ritengo di aver risposto alla sua domanda:
"Correggere o lasciare sbagliare gli altri?" [titolo]
Ma se lei non modificherà i suoi comportamenti in considerazione di questa risposta specialistica peraltro da Lei richiesta, significa che anche lei preferisce sbagliare da solo.
Oppure bisogna accettare i consigli solo quando coincidono con le proprie opinioni e punti di vista? Ma allora non ce ne è bisogno, no?

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#5]
Utente
Utente
Il problema è proprio questo: se con il senno di poi le persone vedessero i propri errori di ragionamento come li descrive lei, ovvero come parte del percorso, come passaggi dai quali imparare, nessun problema. Io parlo dei casi di errori più o meno gravi dei quali le persone poi si pentono amaramente e preferirebbero di gran lunga non averli commessi. E' in quei casi che io, ove non intervenuto per tempo per evitare di sentirmi dire di essere un "uccello del malaugurio", mi sento in colpa.

In ogni caso, La ringrazio per il Suo tempo; ho compreso il Suo consiglio - che trova concorde una parte di me - e ne farò certamente tesoro.

Emilio
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Il problema, o parte del problema, potrebbe essere rappresentato dai "sensi di colpa" conseguenti, a cui Lei accenna di sfuggita.
Essi potrebbero rappresentare il motivo profondo
.che la *spinge* ad intervenire
.per voler evitare che gli altri commettano errori irreparabili,
.che li faranno soffrire
.di cui Lei poi si sentirà in colpa
.e di conseguenza soffrirà a sua volta.

Provi a tener d'occhio questo aspetto di sè (anche se sfugge alla razionalità..); forse le aprirà un nuovo interessante punto di vista.

Un caro saluto.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/