Situazione "strana" in psicoterapia

Buongiorno,
scrivo perchè avrei bisogno di punti di vista circa una situazione che mi sta capitando in psicoterapia.

La mia terapia è iniziata in compresenza e poi, per motivi di distanza geografica, è proseguita in videochiamata.

Il motivo per cui scrivo è che a volte (sarà capitato almeno una decina di volte, malgrado miei reiterati inviti a riconsiderare la cosa) il mio terapeuta mangiucchia durante la seduta (possono essere pezzi di cioccolato, noci, biscotti, ecc).

Fin dalla prima volta gli ho spiegato che era una cosa che non mi sembrava molto adatta e implicitamente gli ho fatto capire che avrei preferito che non lo facesse.

Passava un mese, massimo due, e lo rifaceva.

A un certo punto sono arrivato a farmi spiegare che lo aiuta a concentrarsi, e mi ha raccontato di come il suo terapeuta per esempio, per lo stesso motivo, fumasse - anni fa, quando si poteva - durante le sedute e lui stesso facesse la stessa cosa (sia come paziente, sia come terapeuta).

Questo racconto però non mi ha portato ad acconsentire, anche perchè ho spiegato più volte che la terapeuta che avevo in precedenza mi aveva spiegato come da un punto di vista propriamente epistemologico fosse una cosa sbagliata nei confronti del paziente (un paio di volte a inizio seduta mi aveva chiesto espressamente il permesso di mangiare un mandarino perchè non aveva potuto fare la pausa pranzo, e contestualmente a ciò mi spiegò la cosa).

Ora, come detto in molti anni di terapia con l’attuale terapeuta è capitato veramente almeno cinque o sei volte che io mi sia espresso facendo notare che la cosa non mi piacesse (di quando in quando ci sono anche altre violazioni del setting che mi sono state chieste, come per esempio prendere una telefonata durante la seduta anche se non c’era motivo di credere che fosse così urgente, per esempio una banale telefonata di routine del suo commercialista).

Ora, scrivo perchè credevo che la cosa si fosse definitivamente chiarita, ma la scorsa settimana lo vedo preparato con tazza di tè e biscotti.
Rimango abbastanza esterreffatto (c’erano stati appunti scambi troppo espliciti per pensare che la cosa fosse passata in cavalleria) e gli dico garbatamente Ah, beh, devi fare colazione (come dire sentiamoci più tardi allora) e lui risponde testualmente Vai tranquillo, mi aiuta a concentrarmi.
A meno che non ti dia fastidio, ma quella è un’altra cosa.


Ora, io sono abbastanza confuso da questa situazione, e gliene parlerò alla prossima seduta, però intanto vorrei poter ricevere dei pareri professionali qua.


Ringrazio in anticipo, cordiali saluti
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Dr.ssa Giuliana Leoni Psicoterapeuta, Psicologo 22
Gentilissimo,
se lei si sente a disagio ed è infastidito dal suo comportamento, lo lasci, cambi terapeuta. Ad un certo punto della sua lettera mi è parso di capire che la situazione sia ribaltata: è il suo terapeuta che si confida con lei......cambiando i ruoli. Il suo comportamento scorretto è assolutamente sconveniente. Il ruolo del suo terapeuta dovrebbe darle un supporto emotivo in modo da comprendere il motivo del suo disagio, ma immagino come faccia lei ad esprimere il suo disagio liberamente di fronte ad una persona che mangia....!!!
Uno psicoterapeuta deve seguire una serie di principi etici e deontologici tutte cose che le garantiscono una piena fiducia nei suoi confronti.
Ci pensi....

Dr.ssa Giuliana Leoni
psicologa - psicoterapeuta - sessuologa clinica

[#2]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

vedendo i film U.S.A. i terapeuti hanno sempre una tazza di te? caffè? di qualcosa, a cui si .. abbeverano con regolarità.
Talvolta ne offrono al/la paziente.
Generalmente da noi non si usa proprio.
Ma neppure, per dirla tutta, si usa darsi del tu reciprocamente tra Psy e Pz., sia pure dopo "molti anni" di terapia.
Forse entrambi avete superato certi confini legati al setting?

Mi pongo qualche punto di domanda vero e non "interrogativo retorico"
dopo che qualche tempo fa nel corso di un webinar rivolto a noi Psy, una tra i docenti insegnava e contemporaneamente .. accudiva il proprio gatto, ammiccando ai corsisti!
Evidentemente per lei era normale (!!), io lo trovai orribile.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Utente
Gentile dottoressa Leoni, intanto la ringrazio molto per essere intervenuta. Riguardo il discorso del ribaltamento di ruoli, ricordo che avevo io voluto parlare di questo aspetto (proprio per cercare un chiarimento rispetto al mio fastidio circa il vederlo mangiare in seduta) e lui per spiegarsi ha raccontato dell'episodio col suo terapeuta. Non è stato quindi un confidarsi a priori per sua esigenza. Diciamo che l'accoglienza la trovo comunque, altrimenti l'avrei già lasciato, però persiste a darmi fastidio il vederlo mangiare e soprattutto il vederlo insistere malgrado le mie rimostranze. non capisco se si tratti di mero menefreghismo, negligenza o presunti atti (pseudo)terapeutici, visto che in fondo mi pare che lui mi stia comunicando che il mio fastidio sia una specie di eccessiva idiosincresia che riguarda più me che lui...
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Utente
Utente
Gentile dott.ssa Brunialti, ringrazio molto anche Lei per la sua risposta. Rispetto ai confini, diciamo che il mio terapeuta è abbastanza atipico, come avrà capito. Il tu, ad ogni modo, ce lo diamo perchè in realtà anche io sono a mia volta psicologo, quindi siamo colleghi...
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Utente
Utente
Gentile dott.ssa Brunialti, a seguito di ulteriori riflessioni innescate dal suo quesito"Forse entrambi avete superato certi confini legati al setting?", vorrei rispondere ancora una volta al suo messaggio. Rispetto i confini da codice deontologico, credo che fin dall'inizio siano stati abbastanza ignorati, nel senso che lui era un mio docente di scuola di specializzazione, ma non solo: ha proposto lui l'idea di iniziare una terapia (a seguito di un mio raccontargli cose durante, per esempio, il tratto di treno che facevamo assieme per tornare a casa dopo le lezioni) e non io a chiedere a lui di iniziare. Potrei continuare con tanti altri aneddoti che farebbero capire con quanta disinvoltura venivano trattati i confini (ne aggiungo solo un'altro che mi ha lasciato davvero perplesso: mi ha proposto non una, ma ben due volte, sebbene avessi declinato già alla prima, di vendermi un motorino - che peraltro sarei dovuto andare a ritirare a 250 km di distanza, e come avrei fatto??). Mi fermo qua. Quello che mi lascia veramente basito, però, è il continuare a imporre questa cosa del mangiare durante la seduta sebbene io mi sia espresso diverse (almeno 6 volte, credo) sul fatto che non mi va, non mi piace, non lo trovo nemmeno epistemologicamente adatto. è chiaro che lui su questo non sia d'accordo, ma quantomeno per una forma di cortesia o di attenzione verso le mie - credo dovremmo essere tutti d'accordo sul fatto che siano legittime - rimostranza - avrebbe dovuto semplicemente esimersi dal rifarlo. Tutto ciò mi confonde perchè o 1) non si ricorda dei precedenti in cui abbiamo discusso; 2) se ne ricorda ma ritiene siano mie forme idiosincratiche di cui mi dovrei sbarazzare (e quindi sarebbe "terapeutico" continuare a imporsi così e non invece metacomunicare in maniera congrua su questi aspetti in chiave terapeutica?). Invece semplicemente mangia e mi dice pure di andare tranquillo che lui lo fa per concentrarsi meglio. Mi rendo conto che messa giù così fa pensare veramente a un livello di professionalità bassissimo...
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Il suo racconto mi evoca per certi versi quella particolare forma di confidenza professionale che si instaura nel corso della *analisi didattica*.

[Chiarisco per chi ci legge:
l’analisi didattica è una forma specifica di psicoterapia
in cui lo psicologo diventa il paziente nel mentre sta frequentando i quattro anni di scuola di specializzazione per diventare psicoterapeuta.
Semplificando, l’obiettivo dello psy e del suo/a psicoterapeuta-didatta è di capire come le proprie caratteristche personali potrebbero Incongruamente introdursi nella psicoterapia con i Pazienti; e di lavorarci allo scopo di superare tutto ciò.]

Può succedere che in analisi didattica la psico-distanza fra il/la paziente e il/la suo terapeuta sia molto minore che di solito, dato che dopo pochi mesi il paziente diventerà a tutti i diritti Collega del proprio attuale Terapeuta.
E dunque la forbice up-down risulta ridotta.
Posso dire per esperienza personale, per le tante volte che ho condotto un’analisi didattica, che questa caratteristica rappresenta un elemento particolarmente interessante di tale attività clinica, nella ricerca della giusta-efficace-distanza.

Ovviamente noi qui non sappiamo quale tipo di psicoterapia Lei stia facendo col suo terapeuta. Ma converrebbe rammentare che, dove la distanza è *troppo* ravvicinata, entrano nella psicoterapia elementi incongrui. Ad esempio se uno Psy fosse lo psicoterapeuta di un proprio condomino .. che commistioni in sede di delibere!

Aggiungo che quando si parla della propria relazione terapeutica
con quella mancanza di sopportazione che si registra in una relazione tra vecchi coniugi, forse è giunto il momento di prenderne atto.

Concludo dicendo che converrebbe parlare col proprio terapeuta di tutto ciò, andando ben oltre il fatto di smangiucchiare che -condivido- potrebbe rappresentare ben di più del fatto in sé;
e cioè la difesa dell'ultima barriera a protezione della necessaria distanza terapeutica (anche) tra due Colleghi.
Oppure qualcos’altro. Siamo nel campo delle interpretazioni


P.S. Per chi ci legge:
sono consapevole che il tutto sembra abbastanza complicato,
ma in realtà questa è la risposta ad un Collega psicologo il quale si rivolge a noi per un disagio professionale in veste di utente.
E che quindi è legittimato a farlo.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Utente
La ringrazio nuovamente per la risposta. Sicuramente affronterò il discorso durante la prossima seduta. L'avevo fatto altra volte, trovando davanti una sorta di muro, mentre avrei preferito raccogliesse la cosa quantomeno per farne spunto di analisi. Invece la risposta è implicitamente (anzi, nemmeno troppo implicitamente) stata che io abbia il bisogno a volte di guardare le cose "negative" e non metterle in bilancio con quelle positive (es.: se mi viene data una maggiore accoglienza facendo durare la seduta qualche minuto in più del concordato). Un po' come a dire: come accetti quei 10 minuti in più, accetti anche che io mangi in seduta per concentrarmi. A me pare veramente assurdo, ma ho continuato l'analisi perchè per altre cose mi trovo anche bene. Questa volta però, anche grazie alle risposte ricevute qua, andrò fino in fondo...
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Utente
Utente
p.s: aggiungo che rispetto a "quando si parla della propria relazione terapeutica
con quella mancanza di sopportazione che si registra in una relazione tra vecchi coniugi, forse è giunto il momento di prenderne atto." io è fin dalle prime sedute che ho trovato assurde cose che mi ha proposto. Le dico solo che all'inizio mi facevo 500 km tra andata e ritorno ogni 15 giorni per andare da lui in studio (dopo un po' ho chiesto di proseguire in videochiamata) e tanti altri aspetti (nelle prime sedute, dopo i suddetti 250 km per arrivare in studio, mi sono ritrovato ad aspettare pure ritardi sopra i 10 minuti). Fin dall'inizio quindi sono stato molto combattuto, dopodichè però avevo anche trovato aspetti positivi che mi hanno convinto a rimanere...
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Potrete fare insieme lucidamente un bilancio del lavoro fatto insieme nel tempo, risultato che talvolta va ben al la’ dei singoli dettagli.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/