Supportare un marito con attacchi di panico
Buongiorno
Siamo una felice famiglia con due figli ma mio marito dallo scorso ottobre soffre di attacchi di panico, o piuttosto di paura di avere attacchi di panico, che poi é un po lo stesso, sia lo scorso ottobre che questo ha avuto due picchi, é sotto cura di uno psicoterapeuta di vecchio stampo che a parer mio fa troppo uso di farmaci e poco di parole, nello specifico mio marito ha seguito una terapia a base di xanax per 4 mesi nel 2023 poi nulla fino ad oggi dove é stato prescritto pasadin e cipralex, premesso che non ho niente contro i farmaci soprattutto se non si abusa e si sta effettivamente male, ma il problema è che non riesco a convincerlo a fare anche una terapia della parola, sostiene che é del tutto inutile e che continuando a ripeterlo non lo aiuto.
Cosa mi consigliate?
Siamo una felice famiglia con due figli ma mio marito dallo scorso ottobre soffre di attacchi di panico, o piuttosto di paura di avere attacchi di panico, che poi é un po lo stesso, sia lo scorso ottobre che questo ha avuto due picchi, é sotto cura di uno psicoterapeuta di vecchio stampo che a parer mio fa troppo uso di farmaci e poco di parole, nello specifico mio marito ha seguito una terapia a base di xanax per 4 mesi nel 2023 poi nulla fino ad oggi dove é stato prescritto pasadin e cipralex, premesso che non ho niente contro i farmaci soprattutto se non si abusa e si sta effettivamente male, ma il problema è che non riesco a convincerlo a fare anche una terapia della parola, sostiene che é del tutto inutile e che continuando a ripeterlo non lo aiuto.
Cosa mi consigliate?
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Gentile utente,
in Italia ci si confonde sulle rispettive funzioni dello psicologo e dello psichiatra. Il primo, laureato in Psicologia, si occupa della psiche, com'è dettagliatamente indicato nel primo articolo della legge che regolamenta questa figura professionale, ossia la legge Ossicini 56/89 che trova in rete; il secondo è un laureato in Medicina con specializzazione in psichiatria, e cura il cervello. Software e hardware, per dirla imperfettamente con termini informatici.
In base alla legge di cui sopra, tutte e due queste figure professionali possono diventare psicoterapeuti, tramite quattro anni di specifica formazione dopo la laurea. In quanto psicoterapeuti affronteranno la cura della psiche mediante strumenti appartenenti alla psiche stessa: quella che lei chiama "terapia della parola".
Lo psichiatra che non è diventato psicoterapeuta non avrà questo strumento e userà solo i farmaci. Lo psicologo, che sia o no psicoterapeuta, userà solo la "terapia della parola", non essendo medico e quindi non essendo autorizzato alla prescrizione di farmaci.
Se lei e suo marito pensate che sia necessaria una "terapia della parola", con o senza la contemporanea somministrazione di farmaci, prima di tutto appurate che il curante sia abilitato a questo.
Purtroppo so di alcuni medici, nemmeno psichiatri, che lasciano intendere al paziente di avere competenze di psicologia che invece non possiedono in termini specialistici. Per spiegarmi meglio, una chiacchierata ispirata al buon senso non è una terapia psicologica, non porta ad una diagnosi e meno che mai all'individuazione del problema che assilla il paziente e alla sua soluzione.
La terapia psicologica, o psicoterapia, richiede uno studio attento della psiche e del suo funzionamento, ed ha effetti sulla psiche, il che vuol dire che modifica certe idee, comportamenti, emozioni; porta allo scoperto conflitti; libera processi mentali in vario modo bloccati. Tutto questo avviene con modifiche le quali coinvolgono elementi biochimici del cervello (quindi l'hardware) pur attuandosi mediante la parola, cioè il software.
Se suo marito non sa nulla di questo, e preferisce tentare di curarsi coi soli farmaci, tutto quel che può fare lei che ci scrive è farlo parlare con un esperto di neurobiologia, per fargli spiegare come il pensiero stesso sia un processo biochimico, e quindi la parola, per la mente, è una medicina.
Ma la resistenza allo psicologo spesso ha un'altra causa: il paziente, anche se è ignorante di neurobiologia, "sente" avvenire nella sua mente quello che non capisce, e teme che le parole dello psicologo possano fargli smontare i "meccanismi di difesa" dietro cui nasconde desideri, sofferenze, paure che non vuole portare a livello conscio.
Allora si tiene gli attacchi di panico e le altre manifestazioni somatiche evidenti, dicendosi che siccome sono sintomi fisici vanno curati coi farmaci.
Non si stupisca, signora: fino a pochi anni fa la gente non credeva neanche ai farmaci, tuttora abbiamo gli antivaccinisti, e prima dell'invenzione del microscopio non si credeva neanche all'esistenza dei microbi e dei batteri.
Nel suo caso le ripeto che dovrebbe prima di tutto appurare la qualifica professionale di chi cura suo marito, poi cercare di farlo parlare con un esperto di neurobiologia perché gli venga spiegato che la parola, per gli attacchi di panico, può avere effetti pari alle benzodiazepine, e spesso maggiori e più durevoli.
Auguri.
in Italia ci si confonde sulle rispettive funzioni dello psicologo e dello psichiatra. Il primo, laureato in Psicologia, si occupa della psiche, com'è dettagliatamente indicato nel primo articolo della legge che regolamenta questa figura professionale, ossia la legge Ossicini 56/89 che trova in rete; il secondo è un laureato in Medicina con specializzazione in psichiatria, e cura il cervello. Software e hardware, per dirla imperfettamente con termini informatici.
In base alla legge di cui sopra, tutte e due queste figure professionali possono diventare psicoterapeuti, tramite quattro anni di specifica formazione dopo la laurea. In quanto psicoterapeuti affronteranno la cura della psiche mediante strumenti appartenenti alla psiche stessa: quella che lei chiama "terapia della parola".
Lo psichiatra che non è diventato psicoterapeuta non avrà questo strumento e userà solo i farmaci. Lo psicologo, che sia o no psicoterapeuta, userà solo la "terapia della parola", non essendo medico e quindi non essendo autorizzato alla prescrizione di farmaci.
Se lei e suo marito pensate che sia necessaria una "terapia della parola", con o senza la contemporanea somministrazione di farmaci, prima di tutto appurate che il curante sia abilitato a questo.
Purtroppo so di alcuni medici, nemmeno psichiatri, che lasciano intendere al paziente di avere competenze di psicologia che invece non possiedono in termini specialistici. Per spiegarmi meglio, una chiacchierata ispirata al buon senso non è una terapia psicologica, non porta ad una diagnosi e meno che mai all'individuazione del problema che assilla il paziente e alla sua soluzione.
La terapia psicologica, o psicoterapia, richiede uno studio attento della psiche e del suo funzionamento, ed ha effetti sulla psiche, il che vuol dire che modifica certe idee, comportamenti, emozioni; porta allo scoperto conflitti; libera processi mentali in vario modo bloccati. Tutto questo avviene con modifiche le quali coinvolgono elementi biochimici del cervello (quindi l'hardware) pur attuandosi mediante la parola, cioè il software.
Se suo marito non sa nulla di questo, e preferisce tentare di curarsi coi soli farmaci, tutto quel che può fare lei che ci scrive è farlo parlare con un esperto di neurobiologia, per fargli spiegare come il pensiero stesso sia un processo biochimico, e quindi la parola, per la mente, è una medicina.
Ma la resistenza allo psicologo spesso ha un'altra causa: il paziente, anche se è ignorante di neurobiologia, "sente" avvenire nella sua mente quello che non capisce, e teme che le parole dello psicologo possano fargli smontare i "meccanismi di difesa" dietro cui nasconde desideri, sofferenze, paure che non vuole portare a livello conscio.
Allora si tiene gli attacchi di panico e le altre manifestazioni somatiche evidenti, dicendosi che siccome sono sintomi fisici vanno curati coi farmaci.
Non si stupisca, signora: fino a pochi anni fa la gente non credeva neanche ai farmaci, tuttora abbiamo gli antivaccinisti, e prima dell'invenzione del microscopio non si credeva neanche all'esistenza dei microbi e dei batteri.
Nel suo caso le ripeto che dovrebbe prima di tutto appurare la qualifica professionale di chi cura suo marito, poi cercare di farlo parlare con un esperto di neurobiologia perché gli venga spiegato che la parola, per gli attacchi di panico, può avere effetti pari alle benzodiazepine, e spesso maggiori e più durevoli.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 239 visite dal 18/10/2024.
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