Disparità famigliari
Gentilissimi, sono una ragazza di 20 anni che qualche anno fa si è ammalata di anoressia nervosa.
Per fortuna dopo 2 ricoveri posso dire di essere sulla strada della guarigione.
Grazie ad anni di terapia ho capito il perché della mia malattia: la mia famiglia disfunzionale.
Fin dall’infanzia ho dovuto fare i conti con mia sorella che purtroppo soffre di un disturbo bipolare.
Lei è sempre stata quella che da problemi, mente io quella perfetta, indipendente e che non disturba mai.
Questo mi ha portato ad ammalarmi perché nella mia famiglia purtroppo non sono mai stata vista.
Ad oggi ho capito che esisto anche io, che ho il diritto di scalpitare anche io.
Tuttavia rimangono tante cose intorno a me che mi mettono tanta rabbia e mi fanno del male.
Farò un esempio stupido ma che per me è molto significativo: mia sorella (quasi mia coetanea) non si rifà il letto la mattina, perché tanto lo fa la mamma.
Mentre se io non mi rifacessi il letto la mattina a mia madre verrebbe un coccolone.
Io vivo così nella mia famiglia: a mia sorella tutto è lecito perché lei è così, ha il suo caratterino, ma lei ovviamente ci marcia, lo fa apposta.
Fa i capricci, dà problemi quando ha i momenti di down e up okay, ma delle volte si vede che lo fa apposta e che recita.
È paradossale che per avere un’attenzione in più nella mia famiglia io mi sia dovuta ammalare, era l’unico modo per dire ehi, esisto anche io
Oggi per la prima volta ho fatto notare a mia mamma questa disparità e lei si è innervosita tanto dicendomi basta questo argomento: praticamente aveva stirato e piegato i vestiti per entrambe, a me li lascia sempre sul letto mentre a mia sorella li rimette a posto.
Gliel’ho fatto notare e le ho detto che non era giusto e che poteva mettere a posto anche i miei.
Ha avuto quasi una risata isterica, e si è giustificata dicendo che mia sorella è disordinata quindi se glieli mette a posto lei è meglio.
A me questo atteggiamento fa male, perché io mi sento di evolvermi, la terapia mi sta fecondo aprire gli occhi, ma tutto intorno a me è uguale e anzi, adesso con la consapevolezza che ho, fa ancora più male.
Prima di ammalarmi ero cieca, non vedevo tutto quello che vedo adesso.
Sono convinta che proverò questa rabbia repressa per tutta la vita
Per fortuna dopo 2 ricoveri posso dire di essere sulla strada della guarigione.
Grazie ad anni di terapia ho capito il perché della mia malattia: la mia famiglia disfunzionale.
Fin dall’infanzia ho dovuto fare i conti con mia sorella che purtroppo soffre di un disturbo bipolare.
Lei è sempre stata quella che da problemi, mente io quella perfetta, indipendente e che non disturba mai.
Questo mi ha portato ad ammalarmi perché nella mia famiglia purtroppo non sono mai stata vista.
Ad oggi ho capito che esisto anche io, che ho il diritto di scalpitare anche io.
Tuttavia rimangono tante cose intorno a me che mi mettono tanta rabbia e mi fanno del male.
Farò un esempio stupido ma che per me è molto significativo: mia sorella (quasi mia coetanea) non si rifà il letto la mattina, perché tanto lo fa la mamma.
Mentre se io non mi rifacessi il letto la mattina a mia madre verrebbe un coccolone.
Io vivo così nella mia famiglia: a mia sorella tutto è lecito perché lei è così, ha il suo caratterino, ma lei ovviamente ci marcia, lo fa apposta.
Fa i capricci, dà problemi quando ha i momenti di down e up okay, ma delle volte si vede che lo fa apposta e che recita.
È paradossale che per avere un’attenzione in più nella mia famiglia io mi sia dovuta ammalare, era l’unico modo per dire ehi, esisto anche io
Oggi per la prima volta ho fatto notare a mia mamma questa disparità e lei si è innervosita tanto dicendomi basta questo argomento: praticamente aveva stirato e piegato i vestiti per entrambe, a me li lascia sempre sul letto mentre a mia sorella li rimette a posto.
Gliel’ho fatto notare e le ho detto che non era giusto e che poteva mettere a posto anche i miei.
Ha avuto quasi una risata isterica, e si è giustificata dicendo che mia sorella è disordinata quindi se glieli mette a posto lei è meglio.
A me questo atteggiamento fa male, perché io mi sento di evolvermi, la terapia mi sta fecondo aprire gli occhi, ma tutto intorno a me è uguale e anzi, adesso con la consapevolezza che ho, fa ancora più male.
Prima di ammalarmi ero cieca, non vedevo tutto quello che vedo adesso.
Sono convinta che proverò questa rabbia repressa per tutta la vita
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Gentile utente,
le devo dire, pur con la cautela di chi offre un parere a distanza, che lei sembra avere ragione.
La disparità di trattamento che nega le attenzioni ad un figlio "sano" fa molto male; l'eccesso di premure verso un altro figlio perché "malato" o "sbagliato" fa ugualmente male al figlio che ne è oggetto.
Il figlio "sano" si sente deprivato di affetto, perché vede rivolgere certe cure ad un altro membro della famiglia. Alla sua età rifarsi il letto o sistemare dentro armadi e cassetti le cose che una madre ha lavato e stirato dovrebbe essere una normale conquista dell'età adulta e un modo per contribuire alla gestione della conduzione domestica. Eppure, se ad un altro membro della famiglia la stessa pratica non viene richiesta, è inevitabile avvertire la disparità come privazione di attenzioni e di affetto.
Questo avviene, per esempio, quando in una famiglia maschilista si impongono i compiti della sopravvivenza (fare la spesa, cucinare, lavare i piatti, fare il bucato etc.) ai soli membri femminili, esonerando quelli maschili da questi stessi compiti, che tuttavia altri eseguono a loro vantaggio.
La ferita è profonda in chi subisce questo trattamento ingiusto.
Venendo al "privilegiato", riceve in pratica la patente di incapace, e parlando specificamente di sua sorella, viene marchiata coi fatti come "malata mentale", con tutte le conseguenze di mutilazione profonda della sua vita che questo comporta.
Lei che ci scrive ha dovuto ricorrere al più classico dei disturbi, il più visibile, per chiedere aiuto, e se non otterrà giustizia rischia davvero di conservare una visione negativa dei suoi genitori per tutta la vita; ma il peso maggiore di questa disparità lo porterà sempre sua sorella, che anziché venir condotta a conquistare capacità e responsabilità adulte, è stata sospinta nel ruolo della malata mentale senza rimedio.
Al di fuori della famiglia, i datori di lavoro, i colleghi, gli amici, gli eventuali partner non saranno "pietosi" come si mostra sua madre, e i nodi verranno tutti al pettine. Anche sua sorella avrà molto da rimproverare.
Al fondo di questo atteggiamento ci sono degli equivoci che lo psichiatra che segue sua sorella dovrebbe correggere, se ne verrà informato: una diagnosi di disturbo mentale, infatti, non è un lasciapassare perché quel disturbo si manifesti a tutto campo, ma è un avvertimento per correre ai ripari, con terapie farmacologiche, psicologiche, pedagogiche. Queste ultime, finita la scuola, vengono esercitate esclusivamente dai familiari, se ne hanno la volontà e la capacità. Altrimenti cedono al capriccio e all'arbitrio del malato, peggiorandone indefinitamente la condizione.
Altro da qui non voglio aggiungere. Se crede, faccia leggere queste parole a sua madre e la inviti a scriverci a sua volta, da un proprio account.
Un'alternativa migliore è quella di recarvi da un terapeuta familiare, sempre che non lo stiate già facendo, come spesso avviene in casi di anoressia.
Le sono vicina. Auguri.
le devo dire, pur con la cautela di chi offre un parere a distanza, che lei sembra avere ragione.
La disparità di trattamento che nega le attenzioni ad un figlio "sano" fa molto male; l'eccesso di premure verso un altro figlio perché "malato" o "sbagliato" fa ugualmente male al figlio che ne è oggetto.
Il figlio "sano" si sente deprivato di affetto, perché vede rivolgere certe cure ad un altro membro della famiglia. Alla sua età rifarsi il letto o sistemare dentro armadi e cassetti le cose che una madre ha lavato e stirato dovrebbe essere una normale conquista dell'età adulta e un modo per contribuire alla gestione della conduzione domestica. Eppure, se ad un altro membro della famiglia la stessa pratica non viene richiesta, è inevitabile avvertire la disparità come privazione di attenzioni e di affetto.
Questo avviene, per esempio, quando in una famiglia maschilista si impongono i compiti della sopravvivenza (fare la spesa, cucinare, lavare i piatti, fare il bucato etc.) ai soli membri femminili, esonerando quelli maschili da questi stessi compiti, che tuttavia altri eseguono a loro vantaggio.
La ferita è profonda in chi subisce questo trattamento ingiusto.
Venendo al "privilegiato", riceve in pratica la patente di incapace, e parlando specificamente di sua sorella, viene marchiata coi fatti come "malata mentale", con tutte le conseguenze di mutilazione profonda della sua vita che questo comporta.
Lei che ci scrive ha dovuto ricorrere al più classico dei disturbi, il più visibile, per chiedere aiuto, e se non otterrà giustizia rischia davvero di conservare una visione negativa dei suoi genitori per tutta la vita; ma il peso maggiore di questa disparità lo porterà sempre sua sorella, che anziché venir condotta a conquistare capacità e responsabilità adulte, è stata sospinta nel ruolo della malata mentale senza rimedio.
Al di fuori della famiglia, i datori di lavoro, i colleghi, gli amici, gli eventuali partner non saranno "pietosi" come si mostra sua madre, e i nodi verranno tutti al pettine. Anche sua sorella avrà molto da rimproverare.
Al fondo di questo atteggiamento ci sono degli equivoci che lo psichiatra che segue sua sorella dovrebbe correggere, se ne verrà informato: una diagnosi di disturbo mentale, infatti, non è un lasciapassare perché quel disturbo si manifesti a tutto campo, ma è un avvertimento per correre ai ripari, con terapie farmacologiche, psicologiche, pedagogiche. Queste ultime, finita la scuola, vengono esercitate esclusivamente dai familiari, se ne hanno la volontà e la capacità. Altrimenti cedono al capriccio e all'arbitrio del malato, peggiorandone indefinitamente la condizione.
Altro da qui non voglio aggiungere. Se crede, faccia leggere queste parole a sua madre e la inviti a scriverci a sua volta, da un proprio account.
Un'alternativa migliore è quella di recarvi da un terapeuta familiare, sempre che non lo stiate già facendo, come spesso avviene in casi di anoressia.
Le sono vicina. Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 490 visite dal 17/10/2024.
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