Come comportarsi con un partner confuso dopo una crisi di coppia?

Ho 29aa e sto con un ragazzo di 28aa da 1a e mezzo.
È iniziata come la storia della vita, storia sulla quale stavamo già costruendo dei progetti di vita insieme.
Viviamo in 2 paesi a circa 40 min di distanza, per questo abbiamo organizzato la routine passando weekend insieme a casa mia o a casa sua.
I primi di Agosto esplode nei miei confronti dicendo che ero troppo nervosa (le ferie lontane e lo stress lavorativo mi rendevano più nervosa, lo ammetto) a volte troppo gelosa e che voleva parlarmi.
Mi elenca cose passate: litigi dovuti alla mia gelosia, serate in cui io ero più stanca e nervosa, che lui si è annullato per me (senza che io glielo abbia chiesto) per darmi più sicurezze ma che dopo un anno non sente fiducia nei suoi confronti.
Mi chiede h a pausa.
Dopo 3 giorni ricominciamo a sentirci: gli dico che in effetti ho quel lato di carattere da smussare perché è come se mi sentissi insicura (è un ragazzo che non mi ha mai dato motivi per dubitare) forse dovuto a un trauma passato in cui da un giorno all’altro si chiuse una relazione di quasi 7 anni.
Lui dice che ha paura che una persona non possa cambiare, che mi ha sempre pensata e sta molto male.
Ci rivediamo e gli dico che so di dover lavorare su quel lato insicuro che porta a litigi e mancanze di fiducia ma ho anche esposto un suo difetto:è un ragazzo che odia il litigio e lo evita quanto più possibile.
Il problema è che ha accumulato senza mai parlare prima ed è esploso.
Ha messo, forse, i miei bisogni prima dei suoi accumulando frustrazione.
Dopo questa conversazione lo sento ancora incerto e dice io non ho preso una decisione definitiva, sono confuso e io io non ce la faccio più a stare in questa situazione perché sto troppo male, quindi se non sei in grado di decidere lo faccio io e chiudiamo il rapporto.
La sua faccia era terrorizzata mi stai lasciando?! Ma io non volevo lasciarti!.

Decidiamo di riprovare a vederci anche perché dopo circa 10 giorni saremmo dovuti partire per due vacanze prenotate, una con la mia famiglia, una con la sua.
Le prime uscite vanno male, lui è freddo, sembriamo estranei, l’aria è tesa.
Mi parla di un blocco emotivo che non lo rende affettuoso, ha paura di non riprovare emozioni e sentimenti passati, che questa situazione abbia potuto creare una cicatrice insanabile ma ce la metterà tutta.
La sua paura più grande è che dovremo lasciarci se quel blocco non va via.
Decidiamo insieme di partire per le vacanze.
La prima, con la mia famiglia, va un po’ meglio, sento un avvicinamento affettivo.
La seconda, con la sua famiglia va decisamente meglio: ci teniamo per mano per strada, baci e abbracci frequenti, mi chiama con un vecchio nomignolo, dormire abbracciati, ma senza intimità.
Dopo il rientro siamo usciti insieme e abbiamo passato delle belle serate ma sembra ancora bloccato, non c’è stato ancora un passo verso l’intimità nè il ritorno a passare i weekend a dormire insieme.
A me inizia a mancare qualcosa:mi manca l’intimità, le parole d’amore.
Come dovrei comportami?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.2k 193
Gentile utente,
lei dice di essere stata, nei confronti di un partner che non gliene dava motivo, "gelosa".
Cominciamo col dire che spesso questa parola viene usata male, al posto di un'altra ben più devastante per qualunque relazione: la possessività.
Mentre la gelosia è un sentimento che incarna il timore di perdere l'amore dell'altro, e può essere vissuta in silenzio dentro di sé, la possessività si esprime con gesti clamorosi, divieti, prescrizioni assurde e spesso offensive.
In pratica è il tentativo di impadronirsi dell'altro e della sua vita, passa attraverso il controllargli il telefono, i like che mette sui social, gli sguardi al ristorante o per strada. Offensivo e mutilante, questo atteggiamento può uccidere l'amore del partner.
Se si tratta di questo, nel suo caso, non si tratta di "smussare", ma di comprendere che l'amore viene elargito solo spontaneamente, nessuno può pretenderlo né forzarlo.
Esistono a volte delle situazioni che si configurano come mancanze di rispetto verso un partner, ma in questi casi le strade sono due: discutere con garbo un comportamento che ci appare inidoneo, poi, nel caso il partner insista, valutare se l'offesa è volontaria e intollerabile, e in questo caso lasciarlo andare per la sua strada.
Ma neanche in questa situazione, rara e sgradevole, diventiamo i "padroni" del partner, quindi non abbiamo il diritto di imporgli con violenza e insulti un determinato comportamento, minacciarlo e rimproverarlo come un bambino.
Si tratta dunque, come vede, non tanto di "smussare", quanto di cambiare radicalmente dei comportamenti i quali derivano da erronee convinzioni. Lei forse si sente in diritto di credere alcune cose che determinano certe sue azioni.
Qualche esempio. Scrive di una sua insicurezza che forse deriva dal trauma "in cui da un giorno all’altro si chiuse una relazione di quasi 7 anni".
Ma può davvero credere che dirigendo un fidanzato come un fantoccio scongiurerà il ripetersi di quell'esito? Non pensa che al contrario lo provocherà? Dove i rimproveri sono eccessivi, la confidenza muore.
Altra cosa da valutare con attenzione è quello che lei definisce "nervosismo". Si può essere tesi e stressati per stanchezza e preoccupazioni; di qui ad esplodere in gesti e parole brusche c'è di mezzo l'autocontrollo, ossia quella che un tempo si chiamava la "buona educazione".
Lei è attenta a non riversare sul partner un'eventuale perdita di controllo, o come fanno molti lo considera il bersaglio naturale dei suoi malumori?
La prova di un suo scarso contenimento delle emozioni potrebbe essere nelle frasi: "io non ce la faccio più a stare in questa situazione perché sto troppo male, quindi se non sei in grado di decidere lo faccio io e chiudiamo il rapporto".
Lo stato di incertezza va tollerato: fa parte della vita. Non ne può scaturire la brusca chiusura di una relazione.
Se non giungerà a cambiare la sua visione di tutto questo, non cambieranno nemmeno i suoi atteggiamenti, ed ecco perché il suo ragazzo non riesce a superare il proprio "blocco" e afferma sconsolato "che ha paura che una persona non possa cambiare".
Se così fosse, non esisterebbero tutte le forme di allenamento al controllo, e nemmeno la pedagogia, la psicoterapia, né la già citata educazione.
Ci rifletta. Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Gentile Prof.ssa, la ringrazio tanto per la risposta e per i grandi spunti di riflessione.
Parto dalla questione poco più facile: la gestione dello stress che sicuramente qualche volta ho riversato sul mio partner e da qui, alla gestione delle emozioni che purtroppo non ho saputo controllare. Dico non ho saputo perché me ne sono resa conto e sto cercando di analizzare i miei sentimenti e le mie emozioni per capire i trigger che scatenano in me la perdita di controllo e poterci lavorare su con lo sviluppo dell’ autocontrollo come ha detto lei. È proprio ciò che sto cercando di fare, autovalutarmi sia negli atteggiamenti odierni, sia ripercorrendo alcune situazioni passate cercando di capire come avrei dovuto reagire, le parole e i modi da usare. Ho riportato la questione della storia passata non per giustificarmi, bensì per capire da dove possa derivare un atteggiamento simile nei confronti di un partner che non mi ha mai dato motivo di dubitare.
Quando gli ho detto che avrei chiuso il rapporto perché stavo troppo male in quella situazione, non l’ho fatto per scatenare una reazione in lui, ma perché durante quel confronto mi era sembrata davvero una decisione plausibile. L’avevo ragionata, non è stata improvvisa o scatenata dalle emozioni. Forse, a posteriori, penso che avrei dovuto lasciargli più tempo da solo, forse sono sembrata impaziente. Credo però che lo stato di incertezza sia plausibile e lo si vede dal fatto che sto vivendo da un mese nella piena incertezza questo rapporto senza forzare, senza chiedere, senza creare pressioni. Però credo anche che in un rapporto serva sincerità e il limbo in cui siamo finiti avrebbe bisogno di un po’ di chiarezza, anche con una conversazione scomoda .

Per quanto riguarda la gelosia, mi sono espressa male: lui posso definirlo un tipo silenziosamente geloso, io sono stata possessiva. In realtà non gli ho mai posto divieti (ho sempre insistito affinché continuasse a coltivare i suoi hobby e le sue amicizie), nè guardato il telefono ma alcuni litigi basati su film mentali da me creati o atteggiamenti di controllo (like o seguiti sui social) erano effettivamente sintomo di possessività. Anche se forse è tardi, l’ho ammesso anche a lui.
Ad oggi ci sto lavorando cercando di analizzare le situazioni che si sono create in passato ma soprattutto fermandomi ogni volta che sta per subentrare un comportamento di controllo. Rifletto, mi chiedo perché sto per fare quella determinata cosa e mi fermo. Oppure nel caso in cui ci sia qualche comportamento che ritengo poco rispettoso gli parlo in modo calmo e con una comunicazione assertiva.
Non è, in effetti, smussare un lato di carattere perché fuori dalle relazioni io non sono così quindi non è propriamente un lato del mio carattere, ma credo sia necessario cambiare visione del significato del rapporto e dell’amore. Mi dispiace molto perché in questo rapporto l’amore era già spontaneo, nè preteso nè forzato.
Secondo lei quale sarebbe una strada giusta per me che possa aiutarmi a raggiungere questa consapevolezza?
Con il mio ragazzo ho già affrontato questo argomento, ha capito e ha apprezzato il fatto che io abbia deciso di fare questo lavoro su me stessa, gli ho anche detto che se lo ritenessi necessario vorrei fare un percorso di psicoterapia ma mi dice che crede che possa farcela da sola.
Non ci sono stati litigi nell’ultimo periodo, ognuno ha i suoi spazi oltre ai momenti che trascorriamo insieme e sono felice di questo.
Ad oggi, vista la situazione, devo lasciare che le cose scorrano, che l’amore si ripresenti spontaneamente o provare a parlargli di questo blocco per capire se c’è un modo per aiutarlo?
Converrebbe riaprirmi con questo discorso della possessività , cercando di capire cosa ne pensa lui in questo momento?
Non so, a questo punto, se i miei atteggiamenti abbiano già ucciso l’amore.
La ringrazio ancora.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.2k 193
Gentile utente,
delle molte cose che ci scrive trascelgo quella che è una domanda: "Secondo lei quale sarebbe una strada giusta per me che possa aiutarmi a raggiungere questa consapevolezza?"
Mi sembra, rileggendo più volte, che la consapevolezza alla quale si riferisce sia quella relativa al "cambiare visione del significato del rapporto e dell’amore".
Se è così, proprio questo le dicevo nella mia prima risposta: non si tratta di evitare gli scoppi di nervosismo o gli atteggiamenti possessivi, ma proprio di cambiare la sua visione di quali siano gli atteggiamenti possibili e auspicabili in una storia d'amore.
In pratica, lei dovrebbe attuare quella che noi chiamiamo una "ristrutturazione cognitiva", partendo da una confutazione delle idee irrazionali che le fanno credere lecito l'attacco al suo partner, le pretese, i divieti e le richieste nei suoi confronti.
Da questa sua ultima email evinco che lei può essere portata al dirigismo. Di qui sorge l'ansia, ogni volta che qualcosa non è nel suo totale controllo.
Se pensa di tentare da sola, cominci subito un fondamentale esercizio: sia amabile col partner, ma non gli chieda chiarimenti, paletti, punti fermi.
Le auguro di riuscirci da sola. Altrimenti potrà accedere ad un percorso psicologico.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Gentile Prof.ssa, la ringrazio nuovamente per il suo consulto.
Si, la consapevolezza cui mi riferivo è proprio quella: cambiare radicalmente visione e significato del rapporto e del ruolo del partner nella mia vita.
Credo di aver capito quello che intende: non devo concentrarmi sul trovare il modo per reprimere lo scatto di ira o l’atteggiamento possessivo, bensì devo fare un lavoro su me stessa per capire quali atteggiamenti possono entrare in un rapporto amoroso, quali ne devono restare fuori perché non ammissibili e anche quali sono i pensieri irrazionali che mi portano ad attuare quei comportamenti. Questo potrà servirmi non sono in questo rapporto, ma anche a vivere più serena in futuro.
Si, sono effettivamente portata al dirigismo: questo è probabilmente deleterio in relazione perché non posso dirigere nè controllare un rapporto o una persona e quindi scatta l’ansia, che mi fa agire sulla base di pensieri del tutto irrazionali.
Come lei mi consiglia non chiederò chiarimenti al mio partner, nè gli metterò limiti temporali.
Lascerò che tutto fluisca.
L’unica cosa che forse sento di fare è chiedergli scusa, non perché non lo abbia già fatto, ma perché penso di star maturando delle consapevolezze diverse e ogni volta che ripercorro il nostro rapporto mi rendo conto che gliele devo.
Valuterò, sulla base delle mie capacità, se è il caso di continuare da sola oppure scegliere un percorso di psicoterapia.
Sicuramente questo consulto mi è stato di grande aiuto e molto illuminante.
Non so come ringraziarla per il tempo che mi sta dedicando.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.2k 193
Prego, gentile utente, sono lieta di esserle stata utile.
Se vuole, ci tenga aggiornati.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com