Come aiutare una bambina nel distacco genitoriale nell'inserimento della scuola materna?
Salve sono la mamma di una bambina di quasi tre anni che da una settimana sta iniziando l'inserimento alla scuola materna con moltissime difficoltà.
Già lo scorso anno avevamo dovuto ritirarla dal nido (sotto consiglio anche del pediatra!) perché dopo due settimane positive, c'era stata una totale rottura degli equilibri scolastici e casalinghi, a scuola piangeva continuamente e non si lasciava consolare, a casa erano iniziati gli incubi notturni continui (tutta la notte urlava che non voleva andare a scuola!) , scioperi della fame, ritorno al pannolino ormai tolto, paura di varcare la soglia della porta con persone che non fossero i genitori, non volere addirittura andare con il papà per paura di non rivedere la mamma.
Ad oggi nonostante avessimo lavorato un anno interno sulla separazione e sulla meraviglia dell'andare a scuola, dal secondo giorno sono riniziati i problemi nel momento in cui io mamma mi sono allontanata.
Il pianto è incessante, ripete in continuazione che vuole andare a casa, che vuole la mamma, che la scuola non le piace.
La bambina non si integra nel gioco, non si lascia consolare da nessuna maestra e rimane ferma sul suo punto.
Viene salutata sempre all'entrata, rassicurata, rincuorata, ma le viene anche detto in modo fermo che la mamma e il papà non possono rimanere con lei, che la scuola è solo dei bimbi e che verrà poi ripresa all'ora di pranzo.
Parla molto bene quindi abbiamo un'ottima comunicazione con lei così come lei si esprime molto bene dicendoci il perché piange e ci esprime le sue "paure".
Non sappiamo come uscirne fuori, le maestre ci hanno solo detto che è molto testarda e che cercano di non chiamarci immediatamente perché per la bambina sarebbe una vittoria semplice.
Come dobbiamo comportarci, che altri escamotage possiamo adottare?
Grazie
Già lo scorso anno avevamo dovuto ritirarla dal nido (sotto consiglio anche del pediatra!) perché dopo due settimane positive, c'era stata una totale rottura degli equilibri scolastici e casalinghi, a scuola piangeva continuamente e non si lasciava consolare, a casa erano iniziati gli incubi notturni continui (tutta la notte urlava che non voleva andare a scuola!) , scioperi della fame, ritorno al pannolino ormai tolto, paura di varcare la soglia della porta con persone che non fossero i genitori, non volere addirittura andare con il papà per paura di non rivedere la mamma.
Ad oggi nonostante avessimo lavorato un anno interno sulla separazione e sulla meraviglia dell'andare a scuola, dal secondo giorno sono riniziati i problemi nel momento in cui io mamma mi sono allontanata.
Il pianto è incessante, ripete in continuazione che vuole andare a casa, che vuole la mamma, che la scuola non le piace.
La bambina non si integra nel gioco, non si lascia consolare da nessuna maestra e rimane ferma sul suo punto.
Viene salutata sempre all'entrata, rassicurata, rincuorata, ma le viene anche detto in modo fermo che la mamma e il papà non possono rimanere con lei, che la scuola è solo dei bimbi e che verrà poi ripresa all'ora di pranzo.
Parla molto bene quindi abbiamo un'ottima comunicazione con lei così come lei si esprime molto bene dicendoci il perché piange e ci esprime le sue "paure".
Non sappiamo come uscirne fuori, le maestre ci hanno solo detto che è molto testarda e che cercano di non chiamarci immediatamente perché per la bambina sarebbe una vittoria semplice.
Come dobbiamo comportarci, che altri escamotage possiamo adottare?
Grazie
[#1]
Gentile signora,
non tutti i bambini si adattano nello stesso modo e negli stessi tempi al distacco dai genitori.
Nel caso presente sappiamo troppo poco sulla comunicazione con la vostra bimba e sugli escamotage che avete adottato per convincerla ad apprezzare l'asilo.
Non sappiamo nemmeno per quale ragione avete scelto l'asilo nido: lavoro dei genitori? Impossibilità di affidare la piccola ad un nonno o ad una baby sitter? Scelta ideologica?
La descrizione dell'ambiente in cui nasce il disagio della piccola è indispensabile per capirlo, e può essere fatta solo da una psicologa esperta del ramo.
Mi ha colpito la frase: "Parla molto bene quindi abbiamo un'ottima comunicazione con lei così come lei si esprime molto bene dicendoci il perché piange e ci esprime le sue "paure""; e mi ha colpita perché le paure espresse dalla piccola lei non ce le comunica, mentre ci comunica la motivazione delle maestre nel rifiuto di chiamarvi subito.
Prendete in considerazione le "paure" espresse dalla bambina, o le parlate solo per convincerla?
Restiamo in attesa.
non tutti i bambini si adattano nello stesso modo e negli stessi tempi al distacco dai genitori.
Nel caso presente sappiamo troppo poco sulla comunicazione con la vostra bimba e sugli escamotage che avete adottato per convincerla ad apprezzare l'asilo.
Non sappiamo nemmeno per quale ragione avete scelto l'asilo nido: lavoro dei genitori? Impossibilità di affidare la piccola ad un nonno o ad una baby sitter? Scelta ideologica?
La descrizione dell'ambiente in cui nasce il disagio della piccola è indispensabile per capirlo, e può essere fatta solo da una psicologa esperta del ramo.
Mi ha colpito la frase: "Parla molto bene quindi abbiamo un'ottima comunicazione con lei così come lei si esprime molto bene dicendoci il perché piange e ci esprime le sue "paure""; e mi ha colpita perché le paure espresse dalla piccola lei non ce le comunica, mentre ci comunica la motivazione delle maestre nel rifiuto di chiamarvi subito.
Prendete in considerazione le "paure" espresse dalla bambina, o le parlate solo per convincerla?
Restiamo in attesa.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gentilissima dottoressa la ringrazio per la celere risposta. Ad oggi la nostra bambina sta frequentando la materna e non più il nido. Il nido pubblico in passato fu scelto per dare la possibilità di stare con i bambini, farla stare qualche ora in serenità e nel gioco, stando sempre con ma la mamma pensavamo fosse la cosa migliore( io ho rinunciato completamente al lavoro proprio per questo motivo). I nonni essendo giovani lavorano tutti ed una baby Sitter purtroppo non possiamo permettercela. Gli escamotage adottati sono stati tutti quelli consigliatici dalle educatrici, rimanere in stanza con lei, provare un distacco più dolce, essere accompagnata dal papà anziché dalla mamma, portare il suo gioco preferito con lei da casa, farla piangere (perché ci dissero poi si calmerà come tutti,cosa che non è stata così!), utilizzare i compagnetti con cui aveva più rapporto per convincerla.
Per quanto riguarda la sfera comunicativa,affrontiamo il discorso quando lei ce lo propone(quindi non siamo opprimenti chiamando sempre in ballo il tema "scuola"), alle volte lei è come se parlasse fra se e se, di punto in bianco esordisce con frasi come "non ci voglio andare", "adesso è chiusa la scuola vero?" e noi lì la rincuoriamo ma le diciamo che a scuola deve andare,perché ci sono i suoi amici,i giochi ed ha la possibilità di divertirsi e star bene. Le paure a quel punto della bambina esternate sono sempre queste : Ma mamma io non voglio andare a scuola,non mi piace, perché piango tutto il giorno! Come fa a piacermi un posto dove piango sempre? Io voglio vederti. Non voglio che vai via! E poi la scuola è troppo grande, voglio una scuola più piccola (è una scuola grande perché accoglie 6 classi ma tutte infanzia).
Noi le abbiamo risposto che le scuole è vero,non le sta piacendo perché piange,ma che sarà molto coraggiosa e non piangerà più, potrà divertirsi veramente ed essere bella! Se sentirà un po' di tristezza potrà abbracciare la maestra o parlarle e dirle che in quel momento si sente un po' giù perché le manca la mamma e il papà.
Per quanto riguarda la sfera comunicativa,affrontiamo il discorso quando lei ce lo propone(quindi non siamo opprimenti chiamando sempre in ballo il tema "scuola"), alle volte lei è come se parlasse fra se e se, di punto in bianco esordisce con frasi come "non ci voglio andare", "adesso è chiusa la scuola vero?" e noi lì la rincuoriamo ma le diciamo che a scuola deve andare,perché ci sono i suoi amici,i giochi ed ha la possibilità di divertirsi e star bene. Le paure a quel punto della bambina esternate sono sempre queste : Ma mamma io non voglio andare a scuola,non mi piace, perché piango tutto il giorno! Come fa a piacermi un posto dove piango sempre? Io voglio vederti. Non voglio che vai via! E poi la scuola è troppo grande, voglio una scuola più piccola (è una scuola grande perché accoglie 6 classi ma tutte infanzia).
Noi le abbiamo risposto che le scuole è vero,non le sta piacendo perché piange,ma che sarà molto coraggiosa e non piangerà più, potrà divertirsi veramente ed essere bella! Se sentirà un po' di tristezza potrà abbracciare la maestra o parlarle e dirle che in quel momento si sente un po' giù perché le manca la mamma e il papà.
[#3]
Utente
Voglio aggiungere che la bambina è caratterialmente molto empatica,generosa anche nella condivisione dei giochi e dei suoi giochi personali, non è "manesca" (non morde,non spinge,non tira i capelli,non dà calci o schiaffi), non è solita offendersi se perde in un gioco. Al di fuori della scuola gioca con tutti i bambini,di qualsiasi età,non è vergognosa o timida...anzi!
[#4]
Gentile signora,
dal suo nuovo racconto emergono più elementi, ma non sufficienti per darle l'aiuto che potrebbe fornirle un* psicolog* specializzat*.
Avete avviato la bimba all'asilo e poi alla materna perché ritenevate giusto che non stesse sempre sola con lei e volevate farla socializzare con altri bambini. La decisione è stata di entrambi i genitori?
Detta così sembra una decisione opportuna, ma ogni individuo è un caso a sé, e sua figlia non veniva ad incontrarsi solo con bambini, ma con figure adulte dotate di autorità e non dedicate, come una mamma o un papà, a lei soltanto. Già questa "novità" può aver spiazzato una figlia unica.
Nella sua prima email mi aveva colpito la frase: "dopo due settimane positive, c'era stata una totale rottura degli equilibri scolastici e casalinghi".
Come mai? Quale evento aveva spezzato un decorso così regolare? Una sgridata della maestra, anche fatta ad un altro piccolino, o che cos'altro?
Lei riferisce dei discorsi della bambina tra sé e sé, nei quali manifesta paura e rifiuto per la scuola. Qui bisognerebbe chiederle con dolcezza di raccontare un po' delle cose che avvengono a scuola, per darle modo di trovare da sola gli aspetti divertenti e positivi, ma anche farle esternare i motivi delle sue resistenze. Vedi per esempio il riferimento alla scuola "troppo grande"... Questa "grandezza", nella fantasia di un bambino, può essere una cosa diversa dalle dimensioni fisiche.
Tra l'altro, se lei ha rinunciato al lavoro (spero non per sempre) per accudire sua figlia, non si può nemmeno opporre al suo desiderio di restare con la mamma una motivazione seria, e i bambini avvertono queste cose.
Non sono molto d'accordo con la vostra immediata risposta alle sue paure: "a scuola deve andare,perché ci sono i suoi amici,i giochi ed ha la possibilità di divertirsi e star bene", infatti la bambina replica con argomenti che sembrano dimostrare buon senso maggiore del vostro: "Come fa a piacermi un posto dove piango sempre?".
Che la bambina sia socievole e comunicativa al di fuori della scuola conferma il fatto che qualche specifico aspetto della scuola la turba.
Forse vi state preoccupando anche per il futuro, ma il più delle volte queste preoccupazioni sono infondate: l'inserimento scolastico di una bambina di cinque o sei anni alle elementari è una cosa diversa, per l'età della bambina e per il valore formativo che la scuola assumerà ai suoi occhi.
A quel punto cominceranno anche le feste di compleanno degli amichetti, senza i genitori presenti. Già adesso potrebbe essere un'idea quella di affidare la bambina ad un'amica con figli per qualche ora, e ricambiare l'invito.
Per una consulenza di persona nella sua città trova molti centri validi, e anche Consultori gratuiti. Il parere dei nonni o di altri parenti di buon senso potrebbe fornirvi rassicurazioni o nuove modalità per affrontare il problema.
Ci tenga al corrente e state sereni, nella considerazione che non tutti i bambini sono uguali, come non tutti gli esseri umani si comportano secondo modelli standard, negli stessi modi e negli stessi tempi.
Buone cose.
dal suo nuovo racconto emergono più elementi, ma non sufficienti per darle l'aiuto che potrebbe fornirle un* psicolog* specializzat*.
Avete avviato la bimba all'asilo e poi alla materna perché ritenevate giusto che non stesse sempre sola con lei e volevate farla socializzare con altri bambini. La decisione è stata di entrambi i genitori?
Detta così sembra una decisione opportuna, ma ogni individuo è un caso a sé, e sua figlia non veniva ad incontrarsi solo con bambini, ma con figure adulte dotate di autorità e non dedicate, come una mamma o un papà, a lei soltanto. Già questa "novità" può aver spiazzato una figlia unica.
Nella sua prima email mi aveva colpito la frase: "dopo due settimane positive, c'era stata una totale rottura degli equilibri scolastici e casalinghi".
Come mai? Quale evento aveva spezzato un decorso così regolare? Una sgridata della maestra, anche fatta ad un altro piccolino, o che cos'altro?
Lei riferisce dei discorsi della bambina tra sé e sé, nei quali manifesta paura e rifiuto per la scuola. Qui bisognerebbe chiederle con dolcezza di raccontare un po' delle cose che avvengono a scuola, per darle modo di trovare da sola gli aspetti divertenti e positivi, ma anche farle esternare i motivi delle sue resistenze. Vedi per esempio il riferimento alla scuola "troppo grande"... Questa "grandezza", nella fantasia di un bambino, può essere una cosa diversa dalle dimensioni fisiche.
Tra l'altro, se lei ha rinunciato al lavoro (spero non per sempre) per accudire sua figlia, non si può nemmeno opporre al suo desiderio di restare con la mamma una motivazione seria, e i bambini avvertono queste cose.
Non sono molto d'accordo con la vostra immediata risposta alle sue paure: "a scuola deve andare,perché ci sono i suoi amici,i giochi ed ha la possibilità di divertirsi e star bene", infatti la bambina replica con argomenti che sembrano dimostrare buon senso maggiore del vostro: "Come fa a piacermi un posto dove piango sempre?".
Che la bambina sia socievole e comunicativa al di fuori della scuola conferma il fatto che qualche specifico aspetto della scuola la turba.
Forse vi state preoccupando anche per il futuro, ma il più delle volte queste preoccupazioni sono infondate: l'inserimento scolastico di una bambina di cinque o sei anni alle elementari è una cosa diversa, per l'età della bambina e per il valore formativo che la scuola assumerà ai suoi occhi.
A quel punto cominceranno anche le feste di compleanno degli amichetti, senza i genitori presenti. Già adesso potrebbe essere un'idea quella di affidare la bambina ad un'amica con figli per qualche ora, e ricambiare l'invito.
Per una consulenza di persona nella sua città trova molti centri validi, e anche Consultori gratuiti. Il parere dei nonni o di altri parenti di buon senso potrebbe fornirvi rassicurazioni o nuove modalità per affrontare il problema.
Ci tenga al corrente e state sereni, nella considerazione che non tutti i bambini sono uguali, come non tutti gli esseri umani si comportano secondo modelli standard, negli stessi modi e negli stessi tempi.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#5]
Utente
Gentile dottoressa,le rispondo per fare chiarezza sulle domande da lei poste sperando di far maggior chiarezza. La decisione di avviamento scolastico fu presa da entrambe i genitori, senza nessun attrito o dubbio. Dopo le due settimane magnifiche,un giorno all'uscita trovammo nostra figlia in un pianto inconsolabile, chiedemmo alle maestre cosa fosse successo,ma non ci diedero nessuna risposta concreta, dissero solo che forse la bambina aveva preso coscienza di questo nuovo percorso (della serie piangono "chi prima, chi dopo") ma di fatto da quel giorno mia figlia non si fido' né di noi genitori, né delle maestre, né della struttura(che è lo stesso edificio in cui va adesso alla materna!). Io invece un'idea me la feci, l'inserimento al nido era stato improntato sulla falsa riga che i genitori fossero tutti fuori ad attenderlo mentre loro erano a scuola, cosa che ripetevano ai bambini in continuazione; quel giorno mia figlia fu fatta uscire in cortile insieme ad altri bimbi in attesa che i genitori arrivassero. Lì lei si accorse che non era vero che i genitori erano fuori ad attenderlo,andavano via e poi tornavano!!! Ecco perché lei comincio' a non fidarsi più di noi genitori,sembrava che qualsiasi cosa le dicessimo fosse una bugia. Da qui,iniziammo un processo di nuova *fidelizzazione" con la bambina in primis all'interno di casa,poi fuori. Questi sono i retroscena.
[#6]
Gentile utente,
la ringrazio del suo chiarimento, il quale potrebbe aprire gli occhi a quanti ancora oggi pensano che mentire ai bambini sia innocuo o addirittura positivo.
L'adulto, quando fa questo, dovrebbe considerare molte cose, fra cui:
-Il piccolo non ha cognizione del linguaggio, al di fuori del suo valore letterale. Un bambino cui era stato detto che il nonno era "andato in cielo" ebbe incubi per settimane, e alla fine si scoprì che temeva di essere rapito da ogni possibile volatile, "com'è successo al nonno".
-Ciò che viene ucciso dalla bugia è la fiducia, come appunto è accaduto nel vostro caso; in più il bambino non è in grado di vedere la "buona intenzione" dietro una menzogna (sempre che una "buona intenzione" davvero ci sia).
-Le "bugie" o le "mezze verità" degli adulti possono non essere affatto ispirate da buone intenzioni, e non parlo solo di pedofili e di altri malintenzionati.
-Risulta un grave errore formare un bambino credulone o voler inibire la sua capacità di giudizio critico, sia nei confronti di malintenzionati, sia di benevoli individui che credendo di agire "a fin di bene" sono tuttavia dei manipolatori.
-Anche quelli che credono le cose che dicono, quando parlano ad un bambino dovrebbero sempre domandarsi se le loro certezze reggerebbero alla prova dei fatti.
In effetti costelliamo il mondo infantile di nozioni falsificabili, ad esempio spacciando come verità assolute alcune nostre ipotesi. Una prova è la risposta che la vostra bambina fornisce alle affermazioni: "a scuola deve andare, perché ci sono i suoi amici, i giochi ed ha la possibilità di divertirsi e star bene", alle quali giustamente la piccola oppone: "Come fa a piacermi un posto dove piango sempre?".
Altra prova è la bugia delle maestre che hanno voluto tener buoni i bambini con la bugia che i genitori stiano fuori ad attenderli. Nessuna di loro ha ricordato alle altre le più elementari nozioni di pedagogia?
Da tutto questo emerge il fatto che nella sua bambina è ben vivo il senso critico, anche perché è stata in grado di generalizzare la singola menzogna all'intero contesto, dopo averla riconosciuta. Di qui le varie reazioni da lei citate nella prima email: non esce nemmeno più con il papà "per paura di non rivedere la mamma".
Si può darle torto? Proviamo ad immaginare il ragionamento fatto da sua figlia. Esce in cortile pronta ad incontrare una marea di genitori, e non ne vede nessuno. Prima ancora di porsi qualunque interrogativo sul perché della menzogna, si accorge che è stata ingannata. Una costruzione del mondo fornitale da altri crolla come una quinta teatrale.
Questa sensazione di falsità, che la fa piangere, striscia dentro di lei coinvolgendo tutto, almeno per quel che riguarda l'ambito della scuola, che ai suoi occhi diventa un posto non certo positivo, se ha bisogno di basarsi su un inganno.
A questo punto non può bastare "lavorare sulla separazione e sulla meraviglia dell'andare a scuola": quale meraviglia può nascere da una costruzione falsa?
Avete fatto bene a iniziare un processo di ricostruzione della fiducia, e dovete portarlo avanti. Questo processo prevede non solo che la maggior parte delle vostre affermazioni abbiano solidi fatti a sostenerle, ma che si indichino alla bambina i casi a lei comprensibili di finzione (ecco una delle utilità delle favole) e anche di menzogna.
Avete una bambina intelligente. Sarà anche impegnativa da guidare, ma credo che la soddisfazione dei risultati vi compenserà della fatica.
Buone cose.
la ringrazio del suo chiarimento, il quale potrebbe aprire gli occhi a quanti ancora oggi pensano che mentire ai bambini sia innocuo o addirittura positivo.
L'adulto, quando fa questo, dovrebbe considerare molte cose, fra cui:
-Il piccolo non ha cognizione del linguaggio, al di fuori del suo valore letterale. Un bambino cui era stato detto che il nonno era "andato in cielo" ebbe incubi per settimane, e alla fine si scoprì che temeva di essere rapito da ogni possibile volatile, "com'è successo al nonno".
-Ciò che viene ucciso dalla bugia è la fiducia, come appunto è accaduto nel vostro caso; in più il bambino non è in grado di vedere la "buona intenzione" dietro una menzogna (sempre che una "buona intenzione" davvero ci sia).
-Le "bugie" o le "mezze verità" degli adulti possono non essere affatto ispirate da buone intenzioni, e non parlo solo di pedofili e di altri malintenzionati.
-Risulta un grave errore formare un bambino credulone o voler inibire la sua capacità di giudizio critico, sia nei confronti di malintenzionati, sia di benevoli individui che credendo di agire "a fin di bene" sono tuttavia dei manipolatori.
-Anche quelli che credono le cose che dicono, quando parlano ad un bambino dovrebbero sempre domandarsi se le loro certezze reggerebbero alla prova dei fatti.
In effetti costelliamo il mondo infantile di nozioni falsificabili, ad esempio spacciando come verità assolute alcune nostre ipotesi. Una prova è la risposta che la vostra bambina fornisce alle affermazioni: "a scuola deve andare, perché ci sono i suoi amici, i giochi ed ha la possibilità di divertirsi e star bene", alle quali giustamente la piccola oppone: "Come fa a piacermi un posto dove piango sempre?".
Altra prova è la bugia delle maestre che hanno voluto tener buoni i bambini con la bugia che i genitori stiano fuori ad attenderli. Nessuna di loro ha ricordato alle altre le più elementari nozioni di pedagogia?
Da tutto questo emerge il fatto che nella sua bambina è ben vivo il senso critico, anche perché è stata in grado di generalizzare la singola menzogna all'intero contesto, dopo averla riconosciuta. Di qui le varie reazioni da lei citate nella prima email: non esce nemmeno più con il papà "per paura di non rivedere la mamma".
Si può darle torto? Proviamo ad immaginare il ragionamento fatto da sua figlia. Esce in cortile pronta ad incontrare una marea di genitori, e non ne vede nessuno. Prima ancora di porsi qualunque interrogativo sul perché della menzogna, si accorge che è stata ingannata. Una costruzione del mondo fornitale da altri crolla come una quinta teatrale.
Questa sensazione di falsità, che la fa piangere, striscia dentro di lei coinvolgendo tutto, almeno per quel che riguarda l'ambito della scuola, che ai suoi occhi diventa un posto non certo positivo, se ha bisogno di basarsi su un inganno.
A questo punto non può bastare "lavorare sulla separazione e sulla meraviglia dell'andare a scuola": quale meraviglia può nascere da una costruzione falsa?
Avete fatto bene a iniziare un processo di ricostruzione della fiducia, e dovete portarlo avanti. Questo processo prevede non solo che la maggior parte delle vostre affermazioni abbiano solidi fatti a sostenerle, ma che si indichino alla bambina i casi a lei comprensibili di finzione (ecco una delle utilità delle favole) e anche di menzogna.
Avete una bambina intelligente. Sarà anche impegnativa da guidare, ma credo che la soddisfazione dei risultati vi compenserà della fatica.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 653 visite dal 14/09/2024.
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