Dubbi terapia cognitivo comportamentale

Buonasera a tutti,
Mi è stato diagnosticato un disturbo Ossessivo Compulsivo da pensieri inaccettabili a contenuto sessuale.
Ho fatto la Terapia Breve Strategica per un anno, ho ottenuto dei risultati inizialmente, ma poi non ha più funzionato. Quindi la terapeuta mi ha detto che riteneva più giusto per me che io facessi la TCC e mi ha consigliato lei una terapeuta a cui io con una lunga e-mail, ho spiegato tutti i miei sintomi.
Quindi per lei la diagnosi era chiara e non mi ha sottoposto neanche i test.
Sono seguita anche da uno psichiatra. Ho fatto le prime due sedute di TCC e la terapeuta mi ha fatto una buona impressione, mi ha fatto delle domande su di me, sulla mia vita e abbiamo già toccato alcuni punti importanti, come bullismo, mancanza di autostima.
Io mi sarei aspettata che almeno dopo la seconda seduta, mi avrebbe dato degli esercizi da fare a casa.
Oggi le ho scritto per chiederle se la prossima seduta (che sarà la terza) mi darà gli esercizi da fare, ma mi ha detto di no, che non saranno immediate le indicazioni su come gestire il disturbo. Che è importante capire le mie convinzioni e modificarle e fare la psicoeduazione al disturbo. Dopo le prime due sedute che ho fatto, sono andata via e ho avvertito un aumento dell'ansia e un aumento dei pensieri. Le ho chiesto se fosse normale e mi ha detto che non mi può dire se sia normale, perché dipende da persona a persona e dipende anche dai temi che vengono trattati e che sicuramente è dovuto anche al fatto che ho bisogno di certezze e non tollero il dubbio. Un'altra cosa che mi ha lasciata perplessa, è che quando vedo delle belle ragazze dal vivo o in foto e sono molto nel loop dei pensieri, mi arrivano i pensieri intrusivi che mi suggeriscono che io voglia fare determinate cose a livello sessuale con queste ragazze e avverto la sensazione che ciò che mi dice il pensiero, sia vero. Quando gliel'ho detto, mi ha fatto diverse domande per capire cosa intendessi Ma non mi ha detto se ritenesse che fossero parte del disturbo. Quindi le ho scritto perché ero in dubbio riguardo questa cosa. E inizialmente mi ha detto che non poteva darmi rassicurazioni e ha iniziato a scrivermi "Non lo so" e io "Se non lo sa lei, io come faccio? " Allora mi ha risposto così " Perché ho già risposto in seduta. Le sensazioni di cui parla sono pensieri e emozioni. E ripeto che non c’è una cosa normale o anormale. Bensì dipende dall’interpretazione che diamo. E tu dai un’interpretazione erronea a ciò che provi. " Quello che voglio chiedere a chi fa la TCC, è normale che dopo tre sedute non mi abbia ancora dato degli esercizi da svolgere? Neanche l'ABC? Sta agendo nella maniera corretta? E soprattutto, un aumento dell'ansia e dei pensieri dopo la seduta, è normale? Posso sapere quali siano gli step della TCC e dopo quante sedute vengano dati gli esercizi? Vi ringrazio in anticipo, ma dopo un percorso fallito, sono abbastanza sfiduciata e ho paura che possa fallirne un altro.
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Dr. Giovanni Ronzani Psicoterapeuta, Medico igienista 337 10
Gentile Signora,
Da quanto scrive il tema centrale sembra essere la reciproca fiducia tra terapeuta e utente. Questo è un fattore determinante per la buona conduzione del processo terapeutico. Indipendentemente dal livello di preparazione ed esperienza del terapeuta, indipendentemente dalla sequenza delle tecniche che intende utilizzare, un adeguato livello di fiducia è indispensabile per il proseguimento della stessa. A volte anche con terapeuti molto preparati non riesce a "scoccare quella scintilla" che serve per indirizzare le sedute successive. Quindi, in tali casi, se non riesce a recuperare fiducia, la terapia diventa un percorso in salita, per il quale, occorre ragionare se sia meglio rinunciare.

Cordiali Saluti

dr Giovanni Ronzani

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Utente
Utente
Ho fatto solo due sedute per il momento e domani farò la terza. Forse fatico a fidarmi perché un percorso è già fallito e quindi sono sfiduciata. Forse due sedute sono un po' poche per capire se riesca a fidarmi di lei o no. Mi sembra un po' precoce. Anche perché ho appena cambiato.
Rinunciare a questa terapeuta o rinunciare alla terapia? Non penso di poter rinunciare alla terapia, perché il disturbo lo devo risolvere.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.2k 193
Gentile utente,
essendo di formazione cognitivo-comportamentale cerco di rispondere alle domande che ci rivolge.
Il disturbo che le è stato diagnosticato (DOC) prende varie forme e può avere diversi contenuti, ma ha una caratteristica permanente: è ossessivo nel pretendere certezze, risposte inequivocabili, addirittura previsioni del futuro.
I pazienti DOC ripetono all'infinito le stesse domande in cerca di una rassicurazione che non arriva mai o che dura pochissimo, per poi lasciar risorgere nuovi dubbi angosciosi.
E' compito del terapeuta non rispondere a queste domande, ma farne riconoscere la natura irrazionale e patogena al paziente, esercitandolo a tollerare l'ansia di non poter sapere tutto e di non poter tenere tutto sotto controllo.
Dalla sua prima email risulta che lei ha trovato due curanti preparate, accurate nell'osservare il nostro Codice Deontologico e in possesso di tutti gli strumenti che connotano i metodi da esse applicati.
La prima, perfettamente in linea con la Terapia Strategica, le dava esercizi per fronteggiare i pensieri ossessivi, e non ha fallito, tanto è vero che lei è stata meglio e ancora adesso potrebbe ripetere alcuni di quegli esercizi e trovare sollievo.
Per lodevole scrupolo professionale, quando ha visto i suoi progressi bloccarsi la prima terapeuta l'ha inviata alla Terapia Cognitivo-Comportamentale, che rispetto alla Strategica utilizza una più vasta gamma di strumenti, meno mirati alla AZIONE sul sintomo (niente esercizi dunque a inizio terapia), e rivolti alla RISTRUTTURAZIONE delle idee disfunzionali, il che avviene discutendone in terapia e lasciando che la confutazione di queste idee faccia il suo cammino nella mente del paziente nei giorni, fino alla seduta successiva.
Proprio in questa procedura consiste il cosiddetto ABC della Terapia Cognitivo-Comportamentale, che lei cita ma del quale chiaramente non conosce il significato: se lo riterrà opportuno, glielo spiegherà la sua terapeuta.
Questa confutazione delle idee irrazionali che il paziente ha adottato fin da bambino, idee che si ripete come dei mantra, risulta dolorosa e certamente incrementa l'ansia. Però è la procedura corretta per liberarsi di convinzioni false che sono una sorta di ipnosi, ma sono disfunzionali alla vita; e se lei vuole guarire dovrà imparare:
- a rinunciare a queste idee irrazionali
- a tollerare la frustrazione di questa perdita
- a capire che le certezze che ossessivamente continua a chiedere sono connesse alla sua malattia.
Dalle cose che scrive, la sua seconda terapeuta ha inquadrato benissimo il problema e lo sta trattando in maniera egregia.
A lei, cara utente, dal momento che manifesta la lodevole volontà di guarire, mi sento di raccomandare di non sprecare in alcun modo la terapia che sta conducendo, di farsi forza contro i dubbi, che le ripeto sono la manifestazione e il sostegno della sua malattia, e di affidarsi sempre di più alla sua curante.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Dottoressa, la ringrazio per la risposta, è molto utile.
C'è un altro problema che io ho già esposto alla mia terapeuta e che affronterò domani con lei.
Allora, praticamente la seduta precedente, si parlava del fatto che dia fastidio vedere due persone eterosessuali o omosessuali, baciarsi di fronte alla gente. Soprattutto se in modo spinto. Per me non fa la differenza. Lei ha detto "Non è normale" intendendo che non sia una cosa che normalmente si vede tutti i giorni, due persone dello stesso che si baciano. E che da fastidio sia che siano persone eterosessuali, sia omosessuali. Ma che ognuno sotto le coperte può fare ciò che vuole.
Da quando io ho questo disturbo e si parla di persone omosessuali o vengono "offese" le persone omosessuali, mi sento tirata in causa come se la cosa mi riguardasse direttamente. Quando invece, prima del disturbo, non m'interessava.
Quel "Non è normale" detto dalla terapeuta, io l'ho interpretato come che non sia una persona normale chi sia omosessuale. Quindi ho iniziato a pensare e a rimuginare "Quindi se lo fossi, anche io non sarei considerata una persona normale" e ad iniziare a pensare che se la terapeuta fosse omofoba, non mi potrebbe aiutare a risolvere il mio disturbo.
E ora questa cosa mi preoccupa, a me che lei possa essere omofoba, non me ne frega niente in realtà, come non me ne frega niente di nessuno. Ma nella mia testa, se lo è, non mi può aiutare a risolvere il mio disturbo. E non mi è mai manco interessato che una persona omosessuale potesse essere offesa, oppure il discorso dei matrimoni o delle adozioni. Non mi sono mai interessata. Certo se una persona omosessuale viene picchiata o offesa perché omosessuale, mi dispiace, perché non deve accadere. Ma ora mi sento proprio tirata in causa come se la cosa mi riguardasse direttamente. Questi aspetti fanno parte del mio disturbo?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.2k 193
Lei che ne dice?
Rilegga la mia risposta precedente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com