é giusto l’atteggiamento di mio padre?
Gentilissimi psicologi
Ho una domanda.
Di questi tempi, mio padre insiste perché mi trovi un lavoro e me ne vada, giustificando questo con la mia età (quasi trenta anni).
Il punto, però, é che mi sento emotivamente instabile, il suicidio di mia madre ancora influisce negativamente sulla mia psiche e la mia adolescenza e la mia infanzia sono stati un inferno.
Io vorrei rivivere la mia vita da zero, ricostruendo ciò che ho perduto ma mio padre mi vede già adulto scordandosi ciò che ho passato.
Il punto é che io mi sento un bambino che ancora non ha fatto nulla, che non capisce nulla del mondo poiché ha vissuto sempre male a causa delle malattie mentali di cui ha sofferto.
Che cosa mi consigliate di fare con mio padre?
Lui sembra non capire questo e io mi sento sempre più in difficoltà.
Inoltre, ho timore che tutto ciò che non vissuto non possa riprenderlo in qualche modo e che muoia ancora essendo un bambino nell’animo.
Cosa mi consigliate di fare?
Come posso maturare in fretta e riacquisire quello che ho perduto?
Non esistono dei centri di recupero contro i traumi infantili?
Mi sento veramente non capito da mio padre il quale legittimamente vuole che io lavori ma che non prende in considerazione il dramma della mia esistenza.
Che consiglio potreste darmi?
Grazie.
Ho una domanda.
Di questi tempi, mio padre insiste perché mi trovi un lavoro e me ne vada, giustificando questo con la mia età (quasi trenta anni).
Il punto, però, é che mi sento emotivamente instabile, il suicidio di mia madre ancora influisce negativamente sulla mia psiche e la mia adolescenza e la mia infanzia sono stati un inferno.
Io vorrei rivivere la mia vita da zero, ricostruendo ciò che ho perduto ma mio padre mi vede già adulto scordandosi ciò che ho passato.
Il punto é che io mi sento un bambino che ancora non ha fatto nulla, che non capisce nulla del mondo poiché ha vissuto sempre male a causa delle malattie mentali di cui ha sofferto.
Che cosa mi consigliate di fare con mio padre?
Lui sembra non capire questo e io mi sento sempre più in difficoltà.
Inoltre, ho timore che tutto ciò che non vissuto non possa riprenderlo in qualche modo e che muoia ancora essendo un bambino nell’animo.
Cosa mi consigliate di fare?
Come posso maturare in fretta e riacquisire quello che ho perduto?
Non esistono dei centri di recupero contro i traumi infantili?
Mi sento veramente non capito da mio padre il quale legittimamente vuole che io lavori ma che non prende in considerazione il dramma della mia esistenza.
Che consiglio potreste darmi?
Grazie.
[#1]
Gentile utente,
comprendo la sua difficoltà nel separarsi da suo padre, nel tentare di andare avanti, nel pensarsi come un adulto, sentendosi un bambino in cerca di comprensione e protezione.
Purtroppo non c'è modo di maturare in fretta e riacquisire quel che è stato perduto. La sua risuona come una richiesta tanto legittima quanto impossibile di cancellare la perdita che è irreversibile, e oltrepassare il dolore, senza attraversarlo.
Esiste però la possibilità di riparazione, della perdita e del dolore.
Le consiglio di riprendere il percorso psicologico (qualora l'avesse interrotto) o cominciarne un altro.
Mi rendo conto che in seguito ad uno o più percorsi psicologici intrapresi, nel trovarsi ancora inesorabilmente addolorati e imprigionati nel proprio passato, si possa sperimentare rassegnazione, impotenza, stanchezza, sconforto. Tuttavia nella stanza dello psicologo troverà un luogo e uno spazio nel quale poter mettere in atto la regressione di cui sembra aver bisogno, cioè potersi sentire, esprimere, comportare come un bambino bisognoso. Questo potrebbe aiutarla ad avviare un processo di autonomia e separazione da suo padre, ad andare avanti nella sua vita, al di fuori di quella stanza, come meglio può.
La vita infatti continua a scorrere sempre e comunque, non attendendo i nostri tempi, né che le nostre ferite si siano cicatrizzate. Tuttavia il percorso psicologico si costituisce come uno spazio e un luogo per sé, dove non c'è la pressione della vita, delle scelte, dei doveri e ci si può lasciar andare ed essere quel che in quel momento si ha bisogno, mostrarsi infantili, indifesi, vulnerabili, spaventati. Tentare di riparare al proprio dolore non solo nella realtà oggettiva, ma anche e soprattutto in quella soggettiva, magari a propria insaputa, riconciliandosi con un passato doloroso, liberandosi dalle sue catene, trovando una scintilla di desiderio o volontà nell'andare avanti, in una vita che pur essendosi rivelata ingiusta, meschina, difficile, può riservare gioie e sorprese.
Cordiali saluti.
comprendo la sua difficoltà nel separarsi da suo padre, nel tentare di andare avanti, nel pensarsi come un adulto, sentendosi un bambino in cerca di comprensione e protezione.
Purtroppo non c'è modo di maturare in fretta e riacquisire quel che è stato perduto. La sua risuona come una richiesta tanto legittima quanto impossibile di cancellare la perdita che è irreversibile, e oltrepassare il dolore, senza attraversarlo.
Esiste però la possibilità di riparazione, della perdita e del dolore.
Le consiglio di riprendere il percorso psicologico (qualora l'avesse interrotto) o cominciarne un altro.
Mi rendo conto che in seguito ad uno o più percorsi psicologici intrapresi, nel trovarsi ancora inesorabilmente addolorati e imprigionati nel proprio passato, si possa sperimentare rassegnazione, impotenza, stanchezza, sconforto. Tuttavia nella stanza dello psicologo troverà un luogo e uno spazio nel quale poter mettere in atto la regressione di cui sembra aver bisogno, cioè potersi sentire, esprimere, comportare come un bambino bisognoso. Questo potrebbe aiutarla ad avviare un processo di autonomia e separazione da suo padre, ad andare avanti nella sua vita, al di fuori di quella stanza, come meglio può.
La vita infatti continua a scorrere sempre e comunque, non attendendo i nostri tempi, né che le nostre ferite si siano cicatrizzate. Tuttavia il percorso psicologico si costituisce come uno spazio e un luogo per sé, dove non c'è la pressione della vita, delle scelte, dei doveri e ci si può lasciar andare ed essere quel che in quel momento si ha bisogno, mostrarsi infantili, indifesi, vulnerabili, spaventati. Tentare di riparare al proprio dolore non solo nella realtà oggettiva, ma anche e soprattutto in quella soggettiva, magari a propria insaputa, riconciliandosi con un passato doloroso, liberandosi dalle sue catene, trovando una scintilla di desiderio o volontà nell'andare avanti, in una vita che pur essendosi rivelata ingiusta, meschina, difficile, può riservare gioie e sorprese.
Cordiali saluti.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 408 visite dal 01/09/2024.
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