Traumi infantili e disturbi in età adulta

Buonasera gentili dottori, avrei bisogno di un consulto.

Sto passando un periodo di depressione ansia lungo e forte.

La mia storia è lunga dolorosa, come quella di molti.

Tutto parte dall'infanzia.
Sono cresciuta in una famiglia disfunzionale, genitori che litigavano spesso fino ad arrivare alle mani.
Mia madre borderline (non basta questo a descrivere il suo carattere) mio padre narcisista covert con manie del controllo e violento sia con me che con mia madre.
Dopo anni si sono separati ed io sono rimasta a vivere con mio padre, perché mia madre non era in grado di tenermi a causa dei suoi disturbi.
Ci provava a fare la madre, era amorevole e mai violenta e poi arrivava il buio.
Erano altri i tempi e non c'erano consapevolezza e cure come adesso.
La vita con mio padre è stata un incubo, mi picchiava spesso, mi denigrava, mi faceva sentire in colpa e non assecondava i miei talenti o desideri (tipo di sport o hobby) ma solo quello che diceva lui.
E per anni nonostante questo è stato il mio eroe.
È riuscito a convincere tutti di essere il povero ragazzo padre che si doveva occupare della figlia piccola da solo e per questo ha dovuto rinunciare a molte code e non ha mai perso occasione di farmelo pesare.
È vero si è occupato di me, in tutto, ma il prezzo che ho dovuto pagare erano violenza fisica, verbale, accuse, sensi di colpa.
In tutto questo ho un fratello bipolare, narcisista e tossicodipendente.

Poi sono cresciuta e sono diventata un'adolescente ribelle e sensibile e molto empatica.

Io non ho mai fatto uso di sostanze stupefacenti, né abusato di alcunché, non ho mai infranto la legge e crescendo ho capito che qualcosa non andava in me.
Ero nervosa, incostante, con sbalzi di umore, bassa autostima e reazioni violente verso i miei partner maschili e mai su altri.

Il mio rifugio erano la musica e la letteratura e per un po' ho avuto una vita "normale ", tra scuola, amici, sport, fidanzato...ma tutto caotico.
Ho subito dal mio primo fidanzato violenza fisica e stalking, perché non accettava di essere lasciato e mi ha perseguitata per anni.

Alla fine ho mollato tutti e mi sono trasferita e rifatta una vita e per un po' è stata bello.
Ho iniziato un percorso di psicoterapia, un percorso con me stessa e per un po' ho studiato psicologia.
Questo mi ha permesso di diventare consapevole dei miei disagi e dinamiche e di quelle degli altri.
Ho trovato un lavoro, mi sono sposata e tutto sembrava regolare.
Tra alti e bassi la mia vita è andata avanti fino al 2015 anno in cui ho avuto il crollo totale.
Ho perso il lavoro, mi sono separata e ammalata di depressione oltre che di problemi di salute fisica importanti e mio padre è tornato nella mia vita perché io non ero più indipendente ed ha rimesso in atto tutte le dinamiche patologiche.
Io ho fatto dei cambiamenti grazie al percorso, ma la depressione e la malattia fisica mi rendono impossibile vivere e purtroppo dipendo da mio padre che è un narcisista covert.
Vorrei avere la salute per andare via da qui
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 175 19 3
Gentile utente,

Mi dispiace molto per quel che ha vissuto. In effetti tutte le storie, in misura maggiore o minore, sono storie di dolore. La sua lo è particolarmente, in quanto segnata dalla violenza che ha subìto da suo padre e di cui è stata testimone. Una vittima-testimone impotente e spaventata, che a causa della sua tenera età non ha potuto capire e affrontare tale maltrattamento.
Scrive che per anni suo padre è stato il suo eroe, "nonostante questo". Adesso potrebbe cominciare a pensare a sé stessa come un'eroina, "nonostante questo", cioè nonostante questo lungo momento buio di dolore e smarrimento. In fondo lei sta combattendo contro la malattia, la fine di un legame in cui ha creduto, forse aggrappandosi, un passato doloroso da sempre inesorabilmente presente. Eppure in qualche modo è riuscita ad andare avanti, pur talvolta crollando, come ora.

Io le consiglierei di riprendere il percorso di psicoterapia (qualora fosse sospeso) o cominciarne un altro. Posso immaginare che ci sono momenti in cui si perdono le energie e le speranze e si smette di credere di poter ancora essere felici, o sereni. Però in tali momenti non si è mai completamenti lucidi, si è sempre nella morsa del dolore che distorce la percezione della realtà. Questo naturalmente non toglie nulla alla sua realtà interna, lacerata dai ricordi, dal dolore. Infatti le esperienze di dolore trascorse, non elaborate ed integrate, possono in un certo senso distruggere il tempo.
Il percorso psicoterapeutico tra le varie funzioni, aiuta il paziente ad emanciparsi dal dolore e dal passato, ricollocando quest'ultimo in un tempo trascorso, e favorendo la costruzione di un argine che renda la vita vivibile, dando un senso al dolore, riscrivendo la propria storia, trovando modi per andare avanti, rifugi o luoghi interni ed esterni, come la musica, lo studio, la letteratura, o tutte quelle passioni e desideri che nutrono la vita e alleviano la sofferenza.

Cordiali saluti.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

[#2]
Utente
Utente
Buonasera dottoressa, innanzitutto grazie per la sua risposta, ma soprattutto grazie per il contenuto. Le sue parole mi hanno toccata nel profondo, mi hanno commossa e poi fatta piangere e poi, ancora ridato speranza. GRAZIE! Anche il fatto di aver compreso così bene la situazione mi ha dato speranza.

Sì, infondo sono un'eroina, perché nonostante tutto ( violenze, malattie, familiari disfunzionali, perdite importanti), ho ancora voglia di vivere e essere felice, ma non le nego che le speranze che questo possa ancora accadere sono ridotte al minimo. Mi rendo conto che la depressione,in questo periodo molto marcata, può farmi vedere le cose in modo diverso, più negativo, buio, come se non ci fosse una fine o una soluzione a questo dolore. E ne terrò conto.

Dall'altra parte c'è da dire che in altri periodi terribili, nonostante il dolore emotivo, fisico e il contesto sfavorevole, dentro di me brillava sempre una piccola luce: quella della speranza. La speranza che se avessi voluto, avrei potuto. Se avessi fatto "questo o quello" sarei stata meglio e questo mi dava coraggio e la forza di andare avanti. Poi nonostante le cure, i percorsi di psicoterapia, il distacco dai rapporti tossici, le passeggiate nella natura, la musica che è la mia passione e il mare è cercare un lavoro, tutto crollata di nuovo, a causa della malattia, a causa di come veniva affrontata dalla mia famiglia, ovvero me lo fanno pesare, mi fanno sentire in colpa e mi rendono dipendente in modo brutto. Perché purtroppo da sola nelle mie condizioni non riesco a fare molte cose e loro mi aiutano, ma con dinamiche che in cambio chiedono l'anima.

Diciamo che in questa vita di dolore io ho sempre trovato rifugio nellw mie passioni e a volte nelle mie chiusure. Dunque la musica, gli amici, il mio cane, il mio mare e il volontariato mi ridavano vita e speranza. Ho amcherioreso gli studi e conclusi con successo.

Poi la malattia è peggiorata, mio fratello ha ripreso con droga e alcool e atteggiamenti vessatori verso me e mio padre, mio padre si è prodigato per aiutare sia lui che me e mi rendo conto che non è stato facile per lui e che ognuno ha il suo modo di " aiutare", ma mio padre è troppo disfunzionale ed ogni cosa che non va nella sua vita da la colpa a me da sempre. Io sono il capro espiatorio. Ma io con il percorso ho capito che non ho così ho raggiunto la consapevolezza di quanto vissuto, del perché, delle dinamiche mie e del prossimo e ne ho fatto tesoro, ricominciando da capo e tagliando con il passato.

Purtroppo sono caduta tante volte ed anche io ho le mie responsabilità, ma mi creda il contesto e le persone che abbiamo vicino fanno la differenza ed ora, dopo anni il dolore è grande, mio padre sta male, mia madre è morta, mio fratello è fuori controllo io, dopo aver aiutato, spiegato e lottato, vorrei e dovrei solo andare via, perché in questa famiglia e in questa città davvero non sto più bene. Ma con la salute così non so come fare, ma so che oltre ad un percorso devo allontanarmi da questi luoghi che ormai troppe volte ho cercato di reinventare.

Grazie di cuore
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 175 19 3
Gentile utente,

La ringrazio per le sue parole e per la recensione. Quindi lei è una psicologa, o comunque è laureata in psicologia?
Al di là di questo ha sicuramente avuto una vita costellata da dolori e perdite, ma vi è stato anche altro, traguardi raggiunti, passioni; la scoperta della speranza, della forza laddove si aspettava di trovare debolezza.
Capisco che vorrebbe lasciare la sua città per svincolarsi da suo padre e suo fratello, da un passato familiare doloroso, cercando nel futuro un risarcimento.
Le auguro di riuscire a vivere dove vorrà, a ricominciare.
Nel frattempo potrebbe comunque avviare un percorso di supporto psicologico, in quanto si può fuggire dall'esterno ma non da sè stessi. Pertanto sebbene sia importante andare alla ricerca di quei luoghi nei quali trovare pace e serenità, è forse ancora più importante trovare in sè stessi tale pace, nei limiti della realtà e del possibile.
Il supporto psicologico insieme a quegli attimi di felicità e all'investimento sulla propria persona, nello studio, nella ricerca di un lavoro o di una propria dimensione per poter esistere al di là del dolore, costituiscono passi decisivi verso quel percorso di cura che ogni persona ferita dovrebbe compiere per sè stessa e con sè stessa.

Auguri di cuore.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

[#4]
Utente
Utente
Dottoressa, ancora una volta grazie. Si, dopo tante cadute per problemi di salute e tragedie familiari e depressione sono riuscita a concludere gli studi, lasciati anni fa per poter lavorare e staccarmi dall'essere dipendente economicamente da mio padre. Ho dunque concluso il liceo delle scienze umane e la triennale in scienze e tecniche psicologiche. Non ho potuto fare gli altri due anni perché purtroppo ho dovuto subire un intervento che mi ha tenuto diverso tempo in ospedale e poi per mesi a casa in condizioni critiche. Inoltre non a evo più soldi e quando mio padre si è offerto di farmi finire gli studi, lo ha fatto solo a patto che io cambiassi facoltà, ovvero invece di psicologia che è la mia passione e in cui riesco, voleva che facessi scienze infermieristiche, che è tutta un'altra storia. Ovviamente ho detto no e quindi al mio rifiuto di seguire il suo desiderio è mancato anche il sostegno nel poter proseguire gli studi per la mia facoltà.

Ma lui ha fatto sempre così. Sa da piccola ero una brava giocatrice di pallavolo e fui scelta per la rosa della prima squadra della mia scuola. Ero felice, amavo quello sport, ma essendo ragazzina e minorenne il genitore doveva firmare dei permessi , pagare una piccola retta mensile e, volendo seguirmi nelle partite. Mio padre mi disse che la pallavolo era uno sport da perdenti ed uno sport di gruppo e che lui non approvava e che sarei dovuto fate tennis perché era uno sport individuale dove se vincevo, vincerò solo io e non la squadra. Ero troppo piccola per ribellarsi e quindi dovetti lasciare la pallavolo perché lui non firmava i permessi, non pagava le rette, non mi seguiva e anxi mi screditare. Mi portò così a fare tennis, sport che detesto, mi annoia e anche l'ambiente un po' snob mi creava disagio. E infatti ho fallito e mio padre me lo ha fatto pesare, mi sono sentita sempre una delusione per lui, ma poi ho capito che lui, invece di tirare fuori i miei talenti, voleva che io fossi jn prolungamento dei suoi sogni. Insomma dinamica tipica del padre narcisista, possessivo, geloso, violento, che trascurata i miei bisogni emotivi e mi faceva pesare ogni fallimento fino a che mi sono sentita davvero una fallita.

Poi come le dicevo grazie all'aiuto di un terapeuta, un tipo tosto e non convenzionale sono riuscita ad emanciparsi e staccarmi da mio padre, con molta fatica, sia per me, perché mi mancava e gli volevo bene e sia per lui che davanti al fatto che ero cresciuta e volevo staccarmi e vivere la mia vita ha attuato dei comportamenti persecutori e sensi di colpa. Ma alla fine ce l'avevo fatta, sono andata via, lavoravo, avevo affittato una casa ed avevo la mia vita. Purtroppo poi con la separazione da mio marito e la grave malattia fisica sono stata " costretta" a tornare in famiglia ( da mio padre w sua moglie perché mia madre è morta) ed è stato un disastro. Rivivere quelle dinamiche patologiche, in età adulta, mentre affronti la malattia, il divorzio e la perdita del lavoro è stato terribile e, ovviamente era l'ennesima delusione per lui. Manca proprio di empatia mio padre.

Sul fatto che si può fuggire da tutto, ma mai da se stessi ha perfettamente ragione, ovunque si va, ci si porta dietro il bagaglio emotivo o eventuali traumi o atteggiamenti disfunzionali. Diciamo che in questo caso avendo acquisito consapevolezza sui miei " problemi " e su quelli della mia famiglia, più che una fuga da me stessa, è una fuga da un incendio che finirà inevitabilmente per bruciarmi viva perché non solo non sono un pompiere, ma quelli intorno a me non sanno neanche chiamare i pompieri.

Inoltre cosa importante nella mia piccola città non c'è più un luogo dove mi senta serena, al sicuro, lontana da giudizi e da ricordi traumatici e se prima riuscivo a tollerare ora no, ora ho bisogno di nuovi orizzonti. Devo solo avere la forza e il coraggio di mettere in atto questi trasferimento che un conto è farlo in età giovane, con la salute e con la possibilità di adattarsi e lavorare, un conto alla mia età, con invalidità, senza soldi e con problemi di salute che non mi permettono di fare molti la, ma solo alcuni.

Poi lo stacco si può fare anche vivendo nella stessa città o condominio, cosa che è stata già fatta, ma le dinamiche e i trascorsi con la mia famiglia e la mia città, ormai sono talmente forti e radicati che sono diventata allergica e allora mi chiedo: se sono allergica al lattosio perché continuare ad assumerlo sperando di migliorare? No, lo devo abbandonare.

Ora mi trovo anche in una situazione che fisicamente, economicamente e logisticame non mi permette molte azioni e forse, incosciente dopo tante lotte sono anche stanca e arresa, tanto che per qualche giorno non sono riuscita a parlare con nessuno, nel senso che proprio non mi uscivano le parole. Ormai per i miei e per gli altri sono " quella che sta male" che non può fare questo è quello e, in parte è vero, ma se invece di mettere i bastoni fra le ruote, mettessero le rotelle forse piano piano potrei iniziare a pedalare.

Senza togliere il degrado sociale a cui stiamo assistendo.

Sono molto spaventata nell'affrontare un trasloco, un distacco vista la situazione, ma questa prigione di malattia è condizioni è peggio.

Lei pensa che possa farcela?

Grazie ancora. Davvero. Di cuore
[#5]
Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 175 19 3
Gentile utente,

Posso immaginare quanto la sua condizione sia dolorosa, delicata e complessa.
Ho appreso dai precedenti consulti, prima di risponderle, i suoi problemi di salute, quali asma ed extrasistole.

La famiglia per un figlio generalmente è il luogo dell'amore e del dolore. È un posto caldo e accogliente ma allo stesso tempo difficile, portatore di ferite, mancanze, strascichi che ci si trascina dietro a lungo e che si tenta, con difficoltà, di lasciare dietro di sè. Nel suo caso c'è stato un eccesso di ferite e mancanze.
C'è stata una madre che non è stata in grado di prendersi cura di lei, e un padre controllante e svalutante, che non ha saputo, o forse voluto, trovare uno spazio per lei come soggetto unico e differente da lui stesso.
Tendenzialmente tutti i genitori covano nel profondo il bisogno e il desiderio di rendere i figli una propria proprietà ed estensione, di trovare in questi ultimi parti e tracce di sè stessi, annullando o addomesticando i segni della diversità. Alcuni hanno gli strumenti, la sensibilità e la consapevolezza di trovare uno spazio in cui accogliere e far esistere le differenze dei figli, creando un posto per l'alterità e l'unicità di questi ultimi.
Suo padre non ha avuto questi strumenti, ha commesso degli errori nei suoi confronti, forse non si è reso conto di farle del male, o forse pur rendendosene conto aveva delle questioni irrisolte personali che ha riversato su di lei e che lo hanno portato a controllare e frenare la sua espressione, libertà, felicità.

Posso infine aggiungere a quanto già detto, che in caso di difficoltà economiche è possibile rivolgersi ad un consultorio per intraprendere un percorso psicologico mediante il pagamento del ticket, oppure ad uno dei tanti psicologi privatamente che abbia dei costi contenuti.

Esistono molte verità nella storia di ognuno, che si possono esplorare in un percorso psicologico. Così si può riscrivere la propria storia e trovare altri significati, meno violenti e più tollerabili.
Lei ha tanto bisogno di raccontare.
Sì, può farcela, trovando un suo modo per andare avanti e per separarsi dalla sua famiglia.

Glielo auguro al più presto.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

[#6]
Utente
Utente
Grazie dottoressa, Grazie per le sue risposte curate e attente, grazie per la sua comprensione e per i suoi consigli. Grazie. Quello che dice è tutto vero e mi fa riflettere e da speranza. In questo mondo ormai individualista e marcio, io mi sento davvero fuori luogo, oltre a tutto il vissuto che si è ripetuto nel tempo.

Purtroppo ripeto se non fosse stato per i problemi di salute ( soffro di una rara malattia del sistema immunitario) oltre che di altre patologie quali asma e extrasistole ( come ha letto) endometriosi, ulcera gastrica, ipoacusia ( mio padre mi ha rotto il timpano a forza di schiaffi da piccola e dopo di lui il mio fidanzato) inoltre dopo l'incidente ho riportato dei traumi alle articolazioni importanti che mi hanno resa in parte invalida e la cosa più grave è che ero arrivata a pesare 43 kg e non muovermi più dal letto e intorno a me nessuno l'ottava con me o per me, ma ero io che pur stremata dovevo lottare con i dolori, le piaghe da decubito e intorno vedevo solo tristezza, drammi e la cosa più terribile ogni problema in famiglia era colpa dei miei problemi di salutee depressione. Loro non si sono mai messi in discussione, nonostante io, con le mie basi di conoscenza della psicologia e con i miei percorsi ho sempre spronato i miei ad andare in terapia, ho sempre spiegato le dinamiche disfunzionali.

Pensi che ho dovuto combattere per poter fare fisioterapia perché secondo mio padre era un palliativo non necessario. Lui è arrogante e da giudizi anche su argomenti di cui non sa nulla.

Ed ora non nego di provare rabbia per i danni che i suoi comportamenti mi hanno recato ed ho capito che questa rabbia è data non solo dal fatto che lui non ammette, non comprende i danni e non si scusa, ma dal fatto che oersevera, ma ancora di più, lo ammetto ls rabbia e lo sconforto ci sono perché dopo tanti anni, non vedo più quella speranza del " volere è potere" e del " ce la farò ", che mi aveva sempre accompagnata anche nel buio, perché il mio corpo ormai ha dei danni irreversibili con cui è difficile convivere e che richiedono cure e attenzioni continue e quindi non mi sento più di potercela fare " da sola", ma meglio morta nell'emnesima lotta per la libertà che sepolta viva qui. Purtroppo la mia malattia reumatologica non è curabile ed i sintomi sono davvero invalidanti oltre che seri e mi costringono a terapie farmacologiche con forti effetti collaterali e questo mi fa paura. E questa rabbia ho paura che esploda prima o poi. Perché non sono più disposta a tollerare chi fa del male al prossimo soprattutto ai deboli solo oer un suo tornaconto o per patologie proprie.

Si mio padre ha avuto u'ibfanzia difficile, un padre che non lo ha amato ed una madre castrabte, controllante e iperprotettiva .

Mi manca tanto la mia mamma sa, purtroppo è morta prematuramente ed avevano un rapporto complicato perché lei era buona ma bipolare e quindi io per salvarmi mi ero stavcata, ma non mi perdonerò mai di averla lasciata sola in quel momento, nelle grinfie di mio fratello che le chiedeva soldi e la maltrattata ed io che in quel periodo stavo malissimo non ho potuto fare molto contro una situazione così grave come una madre alllettata e un fratello tossico e narcisista. Ho fatto quello che potevo , coinvolgendo i servizi sociali, ma purtroppo non è baststo. Se avessi avuto la forza fisica sarei andata di persona a salvarla, ma avevo paura di mio fratello che è un tossico violento. E vorrei chiedere perdono a mia madre.

Ora devo superare, organizzare e poi andarmene da qui e chissà xosa mi riserva il futuro, anche se in questo momento mi sento come Leopardi durante il pessimismo cosmico.

Grazie ancora la terrò aggiornata se vorrà. È bello che ci siano persone come lei.
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 175 19 3
Gentile utente,

La ringrazio ancora per il suo riscontro positivo. Le ho fornito degli spunti di riflessione, pur nei limiti di un consulto su una tematica familiare e personale così dolorosa e complessa.

Mi farà piacere essere aggiornata sugli sviluppi della sua situazione.

Auguri e buona fortuna!

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it