Incomprensioni coniugali

Buonasera.
Sono una donna di 38, sposata da 14 e madre di un ragazzino di 12 e di un piccolo di 16 mesi.

Realizzati entrambi nel lavoro ed economicamente benestanti.
Abbiamo fatto moltissimi sacrifici per avere ciò che abbiamo, soprattutto una bella famiglia con due figlioletti pestiferi ma dolcissimi che educhiamo senza delegare se non strettamente necessario.
Ora, il problema sono le incomprensioni apparentemente sciocche che a volte rovinano l'atmosfera tra me e mio marito e, di conseguenza, la calma familiare.
So bene che la discussione può essere anche positiva e costruttiva ma talvolta si degenera in affermazioni spiacevoli da parte di mio marito (ad es.
, nel corso di una vacanza, frasi come: "basta, andiamo via, non ce la faccio più a sopportarvi.
" Oppure: " sei sempre nervosa" anche se la mia è solo stanchezza arretrata per le troppe incombenze che ricadono su di me.
Un po' di comprensione da parte sua, attenuerebbe tutto).
Sono consapevole di essere poco paziente con lui e me ne dispiaccio perché spesso esaurisco la calma con i due figli e forse lui non trova la serenità che vorrebbe.
Serenità e svago che trova uscendo spesso e ritagliando momenti per sé.
Io invece vorrei solo comprensione e qualche attenzione in più da parte sua.
Ho voluto fortemente un secondo figlio e sapevo che per i primi anni sarebbe stata dura non avendo aiuti familiari.
Mio marito è un piccolo imprenditore ed è presissimo dal.
suo lavoro, io posso gestire meglio il menage familiare a livello orario ma sono esausta.
La mia domanda è questa: come posso fare sentire mio marito "al centro" tanto quanto i figli e ottenere quindi da lui un riscontro positivo?
Le sue affermazioni, forse pronunciate come banale sfogo, mi feriscono e, soprattutto mi impongono una riflessione.
Voglio essere per lui una buona moglie perché ci meritiamo la felicità che ci siamo costruiti a fatica fin da ragazzini.

Grazie del consiglio che vorrete darmi.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.2k 193
Gentile signora,
non conosco né lei né suo marito e tanto meno i suoi figli, però ho visto troppe volte, nei decenni post-Sessantotto, una gestione dei figli priva di regole o addirittura volta ad incoraggiare l'egoismo, la sfrenatezza, i modi inurbani, che a noi psicologi appare pericolosa soprattutto per i figli, poi per i genitori e per il loro equilibrio di coppia, infine per parenti e amici che vengono coinvolti -o respinti- da comportamenti dei piccoli che risultano faticosi, inaccettabili.
Sul perché questo si sia prodotto in Occidente, e in Italia molto più che altrove, si è scritto da parte di psicologi e sociologi; manca però da parte di alcuni genitori la volontà di recepire i rischi di questa "educazione al contrario" che impartiscono, salvo poi ricorrere a psicologi o a psicopedagogisti quando non ce la fanno più a sopportare dei piccoli perfettamente sani, ma deformati dall'educazione ricevuta. Ho verificato casi di genitori di bambini in ottima salute, di età inferiore ai quattro anni, che ricorrono regolarmente al parents training, un tempo riservato all'addestramento delle famiglie con bambini gravemente lesi.
Se mi dirà che tutto questo non la riguarda, ne sarò felice, ma le espongo questo mio pensiero perché diverse frasi della sua email mi rimandano ad una imperfetta gestione dei piccoli.
Eccole:
"due figlioletti pestiferi ma dolcissimi che educhiamo senza delegare se non strettamente necessario".
Le "discussioni" con suo marito arrivano a rovinare una vacanza e guarda caso si esprimono con frasi come: "basta, andiamo via, non ce la faccio più a sopportarvi".
E ancora: "sei sempre nervosa" anche se la mia è solo stanchezza arretrata per le troppe incombenze che ricadono su di me".
Infine, chiarissimo: "Sono consapevole di essere poco paziente con lui e me ne dispiaccio perché spesso esaurisco la calma con i due figli e forse lui non trova la serenità che vorrebbe".
Lei del resto si era auto-prescritta una gestione faticosa della maternità: "Ho voluto fortemente un secondo figlio e sapevo che per i primi anni sarebbe stata dura non avendo aiuti familiari".
A questo punto anche la sua domanda finale è spostata dal corretto senso dei ruoli: "come posso fare sentire mio marito "al centro" tanto quanto i figli e ottenere quindi da lui un riscontro positivo?"
La relazione tra due adulti dovrebbe essere altra cosa da quella coi figli, e sarebbe bene che non venisse né confusa né tantomeno inquinata da quest'ultima. Altro che far sentire suo marito "al centro tanto quanto i figli", come se fosse un terzo figlio immaturo e capriccioso!
Venendo alle sue frasi, sembra che lei si sia prescritta, in previsione della maternità, non quelle doti di calma, fermezza, chiarezza sulle regole che connotano l'adulto nelle vesti genitoriali, ma una specie di ruolo da vittima: infatti, perché mai due bambini dovrebbero essere "pestiferi"? Per rendere sgradevole la vacanza al loro papà? Per rendere lei così nervosa da farle esaurire la calma e farla poi esplodere con suo marito? Li preferisce così?
E proseguendo nelle cose che ha scritto, perché immaginava che col piccolo "per i primi anni sarebbe stata dura non avendo aiuti familiari"?
Questo mito degli aiuti familiari è tutto moderno. Un tempo i nonni o erano morti o erano vecchi oppure lavoravano, e le madri se la cavavano lo stesso; adesso abbiamo gli asili nido, che permettono ai bambini di socializzare e li fanno uscire da quel ruolo di piccoli re che alcuni genitori prospettano, salvo poi esplodere in rimproveri, urla o addirittura botte per non essere stati capaci di esercitare per tempo la forza calma del loro ruolo.
Al contrario, i genitori si esasperano e trasmettono ai figli modelli isterici.
Giustamente lei dice che le osservazioni di suo marito le impongono una riflessione. Provi a vedere quale ruolo ha in mente quando gestisce il ménage familiare, e se per caso non si fa volontariamente succuba di una situazione che andrebbe vissuta, come ha scritto una mia collega su questa pagina, coniugando sempre tenerezza e fermezza.
Le sarà capitato di osservare, al ristorante, al parco, in vacanza, altre famiglie con bambini. Quelli calmi, sereni, collaborativi, che impressione le facevano?
Spero di averle offerto ulteriori spunti di riflessione.
Buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
È sicuramente complesso riassumere in una mail le caratteristiche di un gruppo familiare e si rischia di dare impressioni sbagliate. Mi sono espressa male usando il termine "pestiferi" in relazione ai miei figli. Mi correggo e provo a spiegare meglio: il grande è un ragazzino educato e molto vivace intellettivamente, richiede, com'è ovvio, molte attenzioni perché pone tante domande ed è un gran chiacchierone. Il piccolo di 16 mesi fa quello che fanno gli infanti della sua età. L'aspetto stancante è legato principalmente ai continui risvegli notturni. Mio marito ha avuto una crescita non semplice e, in età adulta gli è stato diagnosticato ADHD, ragione per cui assorbe molte mie energie, non come un terzo figlio ma sicuramente non come una vera "spalla" o un pari. Quantomeno, io non lo avverto così, e lo vorrei tanto, mi creda. Ora, io non voglio certo imputargli colpe che non ha ma sono stanca, tanto. Detto ciò vorrei farlo sentire più amato e coinvolto ma non saprei come. I figli li seguo già in tutto io perché lui dimentica tutto e tutta la concentrazione la "usa" sul lavoro, arrivando a casa desideroso di solo riposo.
Non sono affatto succube né vittima, anzi. Mi pongo solo delle domande e cerco degli spunti di riflessione su come possa far meglio.
Spero di avere chiarito meglio e ringrazio per le riflessioni che vorrete proporre.