Riallacciare il rapporto o lasciar perdere?
Buongiorno,
faccio seguito ad un consulto del 2023, relativo ad una possibile coazione a ripetere.
In breve: dopo una separazione dalla mia compagna, nonché collega, ho fatto muro totale a tutte le ex colleghe, che hanno preso la posizione della mia ex, che provavano a parlarmi anche solo per lavoro.
So bene che è un comportamento tossico ma non riesco a fare altrimenti.
Due anni fa, in un confronto con la direzione, mi dissero che una di queste persone, una collega, aveva fatto intendere cose false sul mio conto: "avresti potuto aiutare M invece di fare come hai fatto" oppure "non possiamo rischiare che M se ne vada se rimani nel reparto", quindi ti spostiamo o ancora "M ha detto che sei insostenibile ed è meglio che te ne vada in ferie. "
Tutto questo mentre ero mentalmente e psicologicamente distrutto da un rapporto devastato e una situazione devastante per la salute mentale, dove le mie performance erano al minimo.
A distanza di due anni, con una delle ex colleghe, che ormai aveva cambiato azienda, ci siamo sentiti telefonicamente e le ho fatto presente questa situazione. Mi disse che le sembrava molto strano che M si fosse comportata così e avesse detto certe cose.
Qualche settimana fa ne parlai con un collega con il quale sono abbastanza in confidenza; mi chiese il permesso di parlarne lui con M, ed accettai, per me non c’erano segreti né necessità di sparlare alle spalle di qualcuno.
Dalle parole di questo collega, dopo aver parlato con M, sembra che tutto quello che mi era stato detto non era vero.
Che M non si sarebbe mai permessa di dire cose del genere sul mio conto e che non le stavo antipatico come mi era stato fatto credere.
Ho ripensato a tante piccoli particolari di due anni fa: in mezzo al delirio del rapporto finito, che coinvolgeva anche il lavoro, fu l’unica persona a chiedermi come stessi, mentre tutte le altre mi ignoravano o mi attaccavano.
Anche dopo che fui cacciato dal reparto, ci furono episodi dove mi sono reso conto che provava ad avvicinarsi cercando di parlare.
Tutte volte in cui ho fatto muro, etichettandola come infame vista la sua propensione a sparlare alle spalle.
Ho evitato di rispondere al saluto quando salutava e l’ho sempre evitata, deluso dal comportamento.
Ora, io ad M ero professionalmente molto affezionato: l’avevo presa sotto una sorta di ala protettrice, come una sorellina, da proteggere e permetterle di esprimersi al meglio (lavorativamente è molto brava).
In realtà mi dispiace tanto.
Mi dispiace aver agito così, mi dispiace perché sono molto più grande di lei e dovevo gestire la cosa in modo diverso, più maturo.
Ma non riesco a tornare indietro. Per orgoglio, io non voglio rivolgerle la parola. Vorrei che fosse lei a farlo. Ma non lo fa.
E mi dispiace da morire.
Oltretutto, seppur io sappia di essere nel torto nei suoi confronti, non voglio ammetterlo e sto in perenne attesa che M mi chieda scusa e sia lei a fare il primo passo.
Come posso fare?
faccio seguito ad un consulto del 2023, relativo ad una possibile coazione a ripetere.
In breve: dopo una separazione dalla mia compagna, nonché collega, ho fatto muro totale a tutte le ex colleghe, che hanno preso la posizione della mia ex, che provavano a parlarmi anche solo per lavoro.
So bene che è un comportamento tossico ma non riesco a fare altrimenti.
Due anni fa, in un confronto con la direzione, mi dissero che una di queste persone, una collega, aveva fatto intendere cose false sul mio conto: "avresti potuto aiutare M invece di fare come hai fatto" oppure "non possiamo rischiare che M se ne vada se rimani nel reparto", quindi ti spostiamo o ancora "M ha detto che sei insostenibile ed è meglio che te ne vada in ferie. "
Tutto questo mentre ero mentalmente e psicologicamente distrutto da un rapporto devastato e una situazione devastante per la salute mentale, dove le mie performance erano al minimo.
A distanza di due anni, con una delle ex colleghe, che ormai aveva cambiato azienda, ci siamo sentiti telefonicamente e le ho fatto presente questa situazione. Mi disse che le sembrava molto strano che M si fosse comportata così e avesse detto certe cose.
Qualche settimana fa ne parlai con un collega con il quale sono abbastanza in confidenza; mi chiese il permesso di parlarne lui con M, ed accettai, per me non c’erano segreti né necessità di sparlare alle spalle di qualcuno.
Dalle parole di questo collega, dopo aver parlato con M, sembra che tutto quello che mi era stato detto non era vero.
Che M non si sarebbe mai permessa di dire cose del genere sul mio conto e che non le stavo antipatico come mi era stato fatto credere.
Ho ripensato a tante piccoli particolari di due anni fa: in mezzo al delirio del rapporto finito, che coinvolgeva anche il lavoro, fu l’unica persona a chiedermi come stessi, mentre tutte le altre mi ignoravano o mi attaccavano.
Anche dopo che fui cacciato dal reparto, ci furono episodi dove mi sono reso conto che provava ad avvicinarsi cercando di parlare.
Tutte volte in cui ho fatto muro, etichettandola come infame vista la sua propensione a sparlare alle spalle.
Ho evitato di rispondere al saluto quando salutava e l’ho sempre evitata, deluso dal comportamento.
Ora, io ad M ero professionalmente molto affezionato: l’avevo presa sotto una sorta di ala protettrice, come una sorellina, da proteggere e permetterle di esprimersi al meglio (lavorativamente è molto brava).
In realtà mi dispiace tanto.
Mi dispiace aver agito così, mi dispiace perché sono molto più grande di lei e dovevo gestire la cosa in modo diverso, più maturo.
Ma non riesco a tornare indietro. Per orgoglio, io non voglio rivolgerle la parola. Vorrei che fosse lei a farlo. Ma non lo fa.
E mi dispiace da morire.
Oltretutto, seppur io sappia di essere nel torto nei suoi confronti, non voglio ammetterlo e sto in perenne attesa che M mi chieda scusa e sia lei a fare il primo passo.
Come posso fare?
[#1]
Gentile utente,
in pratica la risposta se la dà da solo: "seppur io sappia di essere nel torto nei suoi confronti, non voglio ammetterlo e sto in perenne attesa che M mi chieda scusa e sia lei a fare il primo passo".
Attraverso le sue varie domande e le sue repliche alle risposte degli specialisti si evidenziano sue tendenze che rischiano di danneggiare lei e i suoi rapporti umani.
Fa meraviglia che sia in terapia da anni e non abbia ancora preso atto di quello che vari specialisti, da qui, le hanno ripetuto in vario modo da plurimi approcci terapeutici.
Mettiamo da parte le accuse strumentali della sua ex, che ha usato i termini psichiatrici tratti da Internet all'impazzata come clave, e andiamo al succo.
Una donna sta con lei per ben sei anni, compra casa per viverci insieme, poi sfoga una crescente intolleranza nei suoi confronti, non cercandone le cause reali, ma sparando alle farfalle dei suoi difetti (una certa insensibilità, forse difensiva?) con il cannone delle diagnosi psichiatriche.
Questa donna la attacca selvaggiamente, spingendola a cercare "la verità" presso una ex, e quando lei fa l'errore di attuare con questa ex una confidenza indebita (sempre la ridotta sensibilità di cui sopra?) coglie la palla al balzo per sfogare tutte le frustrazioni accumulate e la voglia di ferirla, non limitandosi a lasciarla, ma cercando di distruggerla coi sensi di colpa e con una maldicenza da codice penale che vuole rovinare la sua immagine pubblica, le sue relazioni e la sua carriera.
Lei soggiace a tutto. Sembra che l'Adulto dentro di lei non sia mai nato; parla solo il Bambino, direbbero gli Analisti Transazionali.
Infatti, come un bambino, ritiene colpevoli i colleghi che hanno accolto i pettegolezzi e "fa muro" contro di loro, dando ragione a quella visione che si va diffondendo di lei come persona intollerabile nei rapporti d'ufficio, oltre che nei rapporti personali.
In quest'ultima email cosa emerge? Che lei ha dato credito ai racconti altrui, sostanzialmente falsi e sempre perniciosi, ed ha agito prendendoli per veri, facendo in tutto e per tutto il gioco della sua ex. Fino a bersi come verità -e veleno- anche le frasi attribuite ad una collega che alla fine ha scoperto essere del tutto innocente, anzi protettiva nei suoi confronti.
Se lei, malgrado tutto questo, e dopo aver trattato con durezza una persona non colpevole, pensa ancora che debba essere quella persona a "chiederle scusa" (di cosa? di averla difesa?) si dica da solo, e questa volta con consapevolezza adulta, se il suo comportamento è opportuno, per lei stesso e per quelli che ha intorno.
Buone cose.
in pratica la risposta se la dà da solo: "seppur io sappia di essere nel torto nei suoi confronti, non voglio ammetterlo e sto in perenne attesa che M mi chieda scusa e sia lei a fare il primo passo".
Attraverso le sue varie domande e le sue repliche alle risposte degli specialisti si evidenziano sue tendenze che rischiano di danneggiare lei e i suoi rapporti umani.
Fa meraviglia che sia in terapia da anni e non abbia ancora preso atto di quello che vari specialisti, da qui, le hanno ripetuto in vario modo da plurimi approcci terapeutici.
Mettiamo da parte le accuse strumentali della sua ex, che ha usato i termini psichiatrici tratti da Internet all'impazzata come clave, e andiamo al succo.
Una donna sta con lei per ben sei anni, compra casa per viverci insieme, poi sfoga una crescente intolleranza nei suoi confronti, non cercandone le cause reali, ma sparando alle farfalle dei suoi difetti (una certa insensibilità, forse difensiva?) con il cannone delle diagnosi psichiatriche.
Questa donna la attacca selvaggiamente, spingendola a cercare "la verità" presso una ex, e quando lei fa l'errore di attuare con questa ex una confidenza indebita (sempre la ridotta sensibilità di cui sopra?) coglie la palla al balzo per sfogare tutte le frustrazioni accumulate e la voglia di ferirla, non limitandosi a lasciarla, ma cercando di distruggerla coi sensi di colpa e con una maldicenza da codice penale che vuole rovinare la sua immagine pubblica, le sue relazioni e la sua carriera.
Lei soggiace a tutto. Sembra che l'Adulto dentro di lei non sia mai nato; parla solo il Bambino, direbbero gli Analisti Transazionali.
Infatti, come un bambino, ritiene colpevoli i colleghi che hanno accolto i pettegolezzi e "fa muro" contro di loro, dando ragione a quella visione che si va diffondendo di lei come persona intollerabile nei rapporti d'ufficio, oltre che nei rapporti personali.
In quest'ultima email cosa emerge? Che lei ha dato credito ai racconti altrui, sostanzialmente falsi e sempre perniciosi, ed ha agito prendendoli per veri, facendo in tutto e per tutto il gioco della sua ex. Fino a bersi come verità -e veleno- anche le frasi attribuite ad una collega che alla fine ha scoperto essere del tutto innocente, anzi protettiva nei suoi confronti.
Se lei, malgrado tutto questo, e dopo aver trattato con durezza una persona non colpevole, pensa ancora che debba essere quella persona a "chiederle scusa" (di cosa? di averla difesa?) si dica da solo, e questa volta con consapevolezza adulta, se il suo comportamento è opportuno, per lei stesso e per quelli che ha intorno.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Buonasera dottoressa Potenza
La ringrazio tantissimo per la risposta. Ha inquadrato perfettamente quello che mi rifiuto, inconsciamente, di ammettere.
Sono parole forti ma le apprezzo tantissimo e la ringrazio.
Devo sicuramente lavorare su di me. Anche la terapeuta mi dice che l'adulto in me non si è sviluppato. Vorrei tanto sapere che lavoro posso fare, intanto da solo, per cambiare direzione.
Grazie ancora per le sue parole e il suo tempo
La ringrazio tantissimo per la risposta. Ha inquadrato perfettamente quello che mi rifiuto, inconsciamente, di ammettere.
Sono parole forti ma le apprezzo tantissimo e la ringrazio.
Devo sicuramente lavorare su di me. Anche la terapeuta mi dice che l'adulto in me non si è sviluppato. Vorrei tanto sapere che lavoro posso fare, intanto da solo, per cambiare direzione.
Grazie ancora per le sue parole e il suo tempo
[#3]
Grazie a lei per la valutazione positiva, caro utente.
La sua domanda: "Vorrei tanto sapere che lavoro posso fare, intanto da solo, per cambiare direzione" prevede due risposte:
1) Perché "da solo", se è seguito da una specialista?
2) Esiste un primo passo da fare, che è questo: fermare M quando la incontra da sola e chiederle di parlarle. Osservare, imponendosi delicatezza e pazienza, le sue reazioni (sorpresa? paura? rifiuto difensivo?) e cercare le parole per aggirare questi ostacoli al colloquio. Poi parlarle, fuori dall'ufficio e con serenità, esordendo con le parole: "Credo di doverti chiedere scusa".
Ma tutto questo va accuratamente preparato con la sua psicologa, per non essere troppo doloroso o addirittura trasformarsi in un boomerang.
Auguri.
La sua domanda: "Vorrei tanto sapere che lavoro posso fare, intanto da solo, per cambiare direzione" prevede due risposte:
1) Perché "da solo", se è seguito da una specialista?
2) Esiste un primo passo da fare, che è questo: fermare M quando la incontra da sola e chiederle di parlarle. Osservare, imponendosi delicatezza e pazienza, le sue reazioni (sorpresa? paura? rifiuto difensivo?) e cercare le parole per aggirare questi ostacoli al colloquio. Poi parlarle, fuori dall'ufficio e con serenità, esordendo con le parole: "Credo di doverti chiedere scusa".
Ma tutto questo va accuratamente preparato con la sua psicologa, per non essere troppo doloroso o addirittura trasformarsi in un boomerang.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#7]
Gentile utente,
sul tema del perdono ci sono bellissimi libri tra i quali non saprei scegliere il più adatto a lei. Mi sento però di suggerirle un approccio terapeutico, la Compassion Focused Therapy (nella linea cognitivo-comportamentale), e un metodo di abilitazione e riabilitazione alla comunicazione: la Comunicazione Non Violenta di Rosenberg.
Della Compassion trova notizie sul sito Compassionate Mind Italia; ci sono incontri gratuiti anche in rete e video su You-tube.
Sul corso di Comunicazione Non Violenta, molti di noi ne tengono anche online.
Buone cose.
sul tema del perdono ci sono bellissimi libri tra i quali non saprei scegliere il più adatto a lei. Mi sento però di suggerirle un approccio terapeutico, la Compassion Focused Therapy (nella linea cognitivo-comportamentale), e un metodo di abilitazione e riabilitazione alla comunicazione: la Comunicazione Non Violenta di Rosenberg.
Della Compassion trova notizie sul sito Compassionate Mind Italia; ci sono incontri gratuiti anche in rete e video su You-tube.
Sul corso di Comunicazione Non Violenta, molti di noi ne tengono anche online.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#9]
Utente
Dottoressa Potenza buonasera,
non vorrei dilungarmi troppo ma vorrei chiederle un parere, al quale le chiedo di rispondere francamente, e duramente se necessario.
Ho capito perfettamente tutto quello che mi ha fatto presente.
Tuttavia mi viene da pensare, nei confronti di M:
Sai che mi sono state dette cose, su di te, non vere.
Ed è per questo che non ti parlo.
Non ti interessa venire a parlarne di persona o quantomeno contattarmi in alcun modo.
Quindi non ti interessa né chiarire né che si possa ricucire un rapporto con me, che non ti parlo più.
Per questo io mi tiro indietro, nonostante mi dispiaccia.
So bene che è un comportamento infantile.
Ma diciamo che ritengo sia inutile esporsi, in quanto non vedo interesse reciproco di riconciliazione.
In cosa sto sbagliando?
Grazie mille per le sue parole
non vorrei dilungarmi troppo ma vorrei chiederle un parere, al quale le chiedo di rispondere francamente, e duramente se necessario.
Ho capito perfettamente tutto quello che mi ha fatto presente.
Tuttavia mi viene da pensare, nei confronti di M:
Sai che mi sono state dette cose, su di te, non vere.
Ed è per questo che non ti parlo.
Non ti interessa venire a parlarne di persona o quantomeno contattarmi in alcun modo.
Quindi non ti interessa né chiarire né che si possa ricucire un rapporto con me, che non ti parlo più.
Per questo io mi tiro indietro, nonostante mi dispiaccia.
So bene che è un comportamento infantile.
Ma diciamo che ritengo sia inutile esporsi, in quanto non vedo interesse reciproco di riconciliazione.
In cosa sto sbagliando?
Grazie mille per le sue parole
[#10]
Gentile utente,
visto che mi autorizza ad essere franca, le dirò che sta sbagliando per paura.
Lei non vuole esporsi. Teme troppo di trovarsi nel ruolo di chi ha torto.
E perché mai? Tutti possiamo sbagliare, a maggior ragione nei momenti in cui siamo sofferenti e infelici; quando la sua ragazza l'ha lasciato lei lo era senz'altro.
Di qui la serie successiva di errori; il vedere in ogni collega un nemico, il fare muro, etc.
Adesso, per paura di una risposta brusca, di un rifiuto del dialogo o di qualche rimprovero, lei si rifiuta di fare ciò che una persona adulta e leale farebbe: andare da M, ammettere i suoi torti e chiedere scusa.
Lei, per non farlo, si è costruito una complessa rete di fantasie su cose riferite e su quello che M sa e dovrebbe pensare, sentire, fare.
Provo a farle vedere come questa sua costruzione falsa può essere smontata.
Dunque, lei dice di M: "Sai che mi sono state dette cose, su di te, non vere.
Ed è per questo che non ti parlo".
Cominciamo a dire che lei fonda la sua idea che M sappia tutto questo, in base a quanto riferito dall'amico che le ha parlato.
Chi le dà la certezza che questo messaggio sia stato davvero pronunciato, che sia stato così esplicito e che sia stato compreso? Già a questo farei la tara.
Ma andiamo avanti. Poniamo pure che il messaggio arrivato ad M suoni all'incirca così: "Ad X (lei che ci scrive) è stato riferito che tu l'hai accusato con i dirigenti, e per questo non ti parla più. Solo ora ha saputo che non era vero".
Lei pensa che in base a questa notizia, M dovrebbe venire a parlarle? Non le viene in mente che al contrario possa essersi atrocemente offesa perché lei ha accolto una simile calunnia?
Rifletta da adulto, e vedrà che non può davvero aspettarsi il seguito che ipotizza: che dovrebbe essere M a correre da lei tutta allegra, dopo aver saputo di essere stata così mal giudicata in base ad una maldicenza!
Le ripeto che dovrebbe essere lei stesso a scusarsi, e senza aspettarsi di ripristinare di colpo l'antica benevolenza. Essere adulti è anche ammettere di aver sbagliato e accettare tutte le conseguenze.
Mi rimane una domanda: come mai non discute questo con la sua terapeuta?
Buone cose.
visto che mi autorizza ad essere franca, le dirò che sta sbagliando per paura.
Lei non vuole esporsi. Teme troppo di trovarsi nel ruolo di chi ha torto.
E perché mai? Tutti possiamo sbagliare, a maggior ragione nei momenti in cui siamo sofferenti e infelici; quando la sua ragazza l'ha lasciato lei lo era senz'altro.
Di qui la serie successiva di errori; il vedere in ogni collega un nemico, il fare muro, etc.
Adesso, per paura di una risposta brusca, di un rifiuto del dialogo o di qualche rimprovero, lei si rifiuta di fare ciò che una persona adulta e leale farebbe: andare da M, ammettere i suoi torti e chiedere scusa.
Lei, per non farlo, si è costruito una complessa rete di fantasie su cose riferite e su quello che M sa e dovrebbe pensare, sentire, fare.
Provo a farle vedere come questa sua costruzione falsa può essere smontata.
Dunque, lei dice di M: "Sai che mi sono state dette cose, su di te, non vere.
Ed è per questo che non ti parlo".
Cominciamo a dire che lei fonda la sua idea che M sappia tutto questo, in base a quanto riferito dall'amico che le ha parlato.
Chi le dà la certezza che questo messaggio sia stato davvero pronunciato, che sia stato così esplicito e che sia stato compreso? Già a questo farei la tara.
Ma andiamo avanti. Poniamo pure che il messaggio arrivato ad M suoni all'incirca così: "Ad X (lei che ci scrive) è stato riferito che tu l'hai accusato con i dirigenti, e per questo non ti parla più. Solo ora ha saputo che non era vero".
Lei pensa che in base a questa notizia, M dovrebbe venire a parlarle? Non le viene in mente che al contrario possa essersi atrocemente offesa perché lei ha accolto una simile calunnia?
Rifletta da adulto, e vedrà che non può davvero aspettarsi il seguito che ipotizza: che dovrebbe essere M a correre da lei tutta allegra, dopo aver saputo di essere stata così mal giudicata in base ad una maldicenza!
Le ripeto che dovrebbe essere lei stesso a scusarsi, e senza aspettarsi di ripristinare di colpo l'antica benevolenza. Essere adulti è anche ammettere di aver sbagliato e accettare tutte le conseguenze.
Mi rimane una domanda: come mai non discute questo con la sua terapeuta?
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#11]
Utente
Buonasera dottoressa Potenza
Grazie mille per le sue parole.
Le rispondo prima alla domanda che mi pone: non ne ho ancora parlato con la terapeuta perché ci siamo visti un mese fa e ci rivedremo a settembre.
Sono stati due anni durissimi, dopo la separazione. Abbiamo lavorato tanto sulla mia paura di non essere mai abbastanza, sull'identità che mi sono creato a partire dai giudizi della mia ex compagna e sulla sfiducia nei confronti del sesso femminile, schema creato fin dall'infanzia a causa di una madre disfunzionali (per non usare termini peggiori).
Non abbiamo ancora toccato questo argomento. Perché, come ha capito, io ho dipinto le persone come nemici.
Non ho mai considerato quelle azioni come fondamentalmente buone, quanto piuttosto come un modo, l'ennesimo, per umiliarmi.
Mi duole dirlo ma io perdo molto facilmente fiducia in una donna, e difficilmente do una seconda possibilità.
Sono schemi appresi che uso inconsciamente, anche se ci sto lavorando tanto.
So bene che dovrei fare quello che mi dice e la ringrazio tanto per la pazienza. È che non ci riesco.
Mi subentra una vergogna personale, una sorta di pensiero che dice: "non mi abbasserò mai a chiederle scusa, mi ha rovinato con il suo sparlare, ora che se ne stia con le persone assieme alle quali mi ha demolito alle spalle."
C'è una scissione in me: una parte di me che vorrebbe davvero, di cuore, dimostrare che non sono cattivo, perché capisco bene che questi miei muri non fanno altro che alimentare un'idea sbagliata.
Dall'altra parte, non le nascondo che un desiderio di vendetta e di umiliare professionalmente M. e le altre, c'è. Per tutto ciò che mi è stato tolto.
So che è un pensiero tossico e sto facendo di tutto per lasciarlo lì dove è. Ma quello che è successo, è aver messo bocca nelle mie dinamiche personali per rovinarmi la carriera mi fa malissimo.
Chiedo scusa se mi sono dilungato troppo.
Un caro saluto
Grazie mille per le sue parole.
Le rispondo prima alla domanda che mi pone: non ne ho ancora parlato con la terapeuta perché ci siamo visti un mese fa e ci rivedremo a settembre.
Sono stati due anni durissimi, dopo la separazione. Abbiamo lavorato tanto sulla mia paura di non essere mai abbastanza, sull'identità che mi sono creato a partire dai giudizi della mia ex compagna e sulla sfiducia nei confronti del sesso femminile, schema creato fin dall'infanzia a causa di una madre disfunzionali (per non usare termini peggiori).
Non abbiamo ancora toccato questo argomento. Perché, come ha capito, io ho dipinto le persone come nemici.
Non ho mai considerato quelle azioni come fondamentalmente buone, quanto piuttosto come un modo, l'ennesimo, per umiliarmi.
Mi duole dirlo ma io perdo molto facilmente fiducia in una donna, e difficilmente do una seconda possibilità.
Sono schemi appresi che uso inconsciamente, anche se ci sto lavorando tanto.
So bene che dovrei fare quello che mi dice e la ringrazio tanto per la pazienza. È che non ci riesco.
Mi subentra una vergogna personale, una sorta di pensiero che dice: "non mi abbasserò mai a chiederle scusa, mi ha rovinato con il suo sparlare, ora che se ne stia con le persone assieme alle quali mi ha demolito alle spalle."
C'è una scissione in me: una parte di me che vorrebbe davvero, di cuore, dimostrare che non sono cattivo, perché capisco bene che questi miei muri non fanno altro che alimentare un'idea sbagliata.
Dall'altra parte, non le nascondo che un desiderio di vendetta e di umiliare professionalmente M. e le altre, c'è. Per tutto ciò che mi è stato tolto.
So che è un pensiero tossico e sto facendo di tutto per lasciarlo lì dove è. Ma quello che è successo, è aver messo bocca nelle mie dinamiche personali per rovinarmi la carriera mi fa malissimo.
Chiedo scusa se mi sono dilungato troppo.
Un caro saluto
[#12]
Utente
Salve dottoressa Potenza,
Le scrivo per dirle una cosa importante:
Aveva perfettamente ragione. Su tutto.
Non posso far altro che ringraziarla di avermi spronato a "fare un passo".
Non è nemmeno servito "esporsi" troppo. Ho cercato di mettere da parte quel rancore che mi consumava e mi sono comportato mettendo da parte i pregiudizi.
E lei è stata gentile, come sempre. Non ha fatto nulla per "farmela pagare" o fatto intendere che si sentisse offesa.
Ha percepito apertura ed ha subito ripreso ad essere gentile, ad apprezzare le piccole cose che a lavoro dobbiamo condividere e che le faceva piacere collaborare.
È una bella sensazione, che ormai da tempo non sentivo, convinto di un odio intorno a me che probabilmente facevo più grande di quanto fosse.
Ora vorrei tanto non scadere nell'esagerazione, cercando di recuperare il tempo perso.
Perché sentirsi accettato è una bella sensazione...
Ora spero di non prenderla troppo a cuore ed ottenere il risultato di essere troppo pesante o appiccicoso.
Spero di non prenderla troppo a cuore, per evitare che possa nascere un sentimento che non saprei gestire.
Ho preso alcuni libri che mi ha consigliato, che leggerò prossimamente.
Le scrivo per dirle una cosa importante:
Aveva perfettamente ragione. Su tutto.
Non posso far altro che ringraziarla di avermi spronato a "fare un passo".
Non è nemmeno servito "esporsi" troppo. Ho cercato di mettere da parte quel rancore che mi consumava e mi sono comportato mettendo da parte i pregiudizi.
E lei è stata gentile, come sempre. Non ha fatto nulla per "farmela pagare" o fatto intendere che si sentisse offesa.
Ha percepito apertura ed ha subito ripreso ad essere gentile, ad apprezzare le piccole cose che a lavoro dobbiamo condividere e che le faceva piacere collaborare.
È una bella sensazione, che ormai da tempo non sentivo, convinto di un odio intorno a me che probabilmente facevo più grande di quanto fosse.
Ora vorrei tanto non scadere nell'esagerazione, cercando di recuperare il tempo perso.
Perché sentirsi accettato è una bella sensazione...
Ora spero di non prenderla troppo a cuore ed ottenere il risultato di essere troppo pesante o appiccicoso.
Spero di non prenderla troppo a cuore, per evitare che possa nascere un sentimento che non saprei gestire.
Ho preso alcuni libri che mi ha consigliato, che leggerò prossimamente.
[#13]
Gentile utente,
le sono grata di questa sua testimonianza, utile non solo a me, ma a tutti quelli che ci leggono.
Continui sulla linea della benevolenza, verso sé stesso prima di tutto, e verso gli altri.
Sono lieta che abbia preso in considerazione i miei suggerimenti sulla Compassion Therapy e sulla Comunicazione Non Violenta.
Oltre ai libri, su Youtube trova delle registrazioni di incontri di Compassion, gratuite, mirate a vari momenti psicologici che tutti possiamo attraversare.
Auguri per un futuro di affetti e di serenità.
le sono grata di questa sua testimonianza, utile non solo a me, ma a tutti quelli che ci leggono.
Continui sulla linea della benevolenza, verso sé stesso prima di tutto, e verso gli altri.
Sono lieta che abbia preso in considerazione i miei suggerimenti sulla Compassion Therapy e sulla Comunicazione Non Violenta.
Oltre ai libri, su Youtube trova delle registrazioni di incontri di Compassion, gratuite, mirate a vari momenti psicologici che tutti possiamo attraversare.
Auguri per un futuro di affetti e di serenità.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#14]
Utente
Salve Dott.ssa Potenza,
le chiedo una cosa, se posso.
A seguito di quanto descritto sopra, sto cercando di essere più delicato possibile, e senza cercare di accelerare nulla, visto anche il pregresso e quanto accaduto da due anni a questa parte.
Osservando bene la ragazza, ho percepito un grosso disagio in lei quando abbiamo parlato.
Ho cercato di capire se la mia impressione fosse reale e ne ho avuto conferma da un'altra persona, che mi ha detto "mi ha fatto capire che c'è del disagio".
Ora, io, di natura, sono molto lascivo; è più facile, per me, allontanarmi, piuttosto che avvicinarmi a qualcuno.
Dalle parole della mia terapeuta, uno dei miei più grossi difetti è la necessità di "controllo": parlando della situazione mi disse "mi raccomando NON cercare di proteggerla mettendola in una campana di vetro perché non è questo che devi fare."
Mi chiedo quindi, e le chiedo quindi: come faccio a capire quando è il caso di parlarci, senza esagerare o creare questo disagio?
Sto cercando di essere professionale, in ogni modo. C'è da dire che sono successe delle cose importanti che la riguardano in queste settimane, e che l'hanno lavorativamente "colpita" in modo pesante; Mi viene naturale chiederle come sta.
Ma non vorrei invadere quella sfera personale, evitando di creare quel "fastidio" che capisco possa essere verosimile in quella persona.
Mi chiedo quindi quale possa essere il modo giusto di porsi.
Cercherò di fare scuola di questa esperienza, per re-imparare a pormi nei confronti dei rapporti umani più difficili.
Grazie
le chiedo una cosa, se posso.
A seguito di quanto descritto sopra, sto cercando di essere più delicato possibile, e senza cercare di accelerare nulla, visto anche il pregresso e quanto accaduto da due anni a questa parte.
Osservando bene la ragazza, ho percepito un grosso disagio in lei quando abbiamo parlato.
Ho cercato di capire se la mia impressione fosse reale e ne ho avuto conferma da un'altra persona, che mi ha detto "mi ha fatto capire che c'è del disagio".
Ora, io, di natura, sono molto lascivo; è più facile, per me, allontanarmi, piuttosto che avvicinarmi a qualcuno.
Dalle parole della mia terapeuta, uno dei miei più grossi difetti è la necessità di "controllo": parlando della situazione mi disse "mi raccomando NON cercare di proteggerla mettendola in una campana di vetro perché non è questo che devi fare."
Mi chiedo quindi, e le chiedo quindi: come faccio a capire quando è il caso di parlarci, senza esagerare o creare questo disagio?
Sto cercando di essere professionale, in ogni modo. C'è da dire che sono successe delle cose importanti che la riguardano in queste settimane, e che l'hanno lavorativamente "colpita" in modo pesante; Mi viene naturale chiederle come sta.
Ma non vorrei invadere quella sfera personale, evitando di creare quel "fastidio" che capisco possa essere verosimile in quella persona.
Mi chiedo quindi quale possa essere il modo giusto di porsi.
Cercherò di fare scuola di questa esperienza, per re-imparare a pormi nei confronti dei rapporti umani più difficili.
Grazie
[#15]
Gentile utente,
neanche la terapeuta che la segue in presenza potrebbe dirle in dettaglio i modi che lei deve assumere verso la giovane collega, perché non la conosce.
Io da qui non so nemmeno quali eventi lavorativi l'hanno colpita, quindi non posso dire se si aspetta gesti di solidarietà oppure il silenzio.
In generale posso dire che provare sincera simpatia per una persona ci aiuta a mostrarle vicinanza e disponibilità, trovando i modi corretti di rapporto.
Le forme specifiche -un sorriso, una pacca sulla spalla, la domanda su come si sente, l'offerta di un caffè o l'invito delicato a confidarsi se ne sente il bisogno- sono legate all'attenzione verso lo stato d'animo di lei.
In altre parole, occorre che lei si tenga pronto a fare un passo avanti e due indietro.
Certo se la ragazza manifestava anche prima un po' di disagio rimane tra voi qualcosa di non detto, e la cautela dev'essere ancora maggiore.
Le raccomando in ogni caso l'uso corretto delle parole: lei ha scritto di essere "molto lascivo", facendomi sussultare, finché ho capito che intendeva dire "rinunciatario", pronto a lasciare.
Legga in rete quello che significa invece "lascivo" e capirà quanto grandi possono essere gli equivoci del linguaggio.
Buone cose.
neanche la terapeuta che la segue in presenza potrebbe dirle in dettaglio i modi che lei deve assumere verso la giovane collega, perché non la conosce.
Io da qui non so nemmeno quali eventi lavorativi l'hanno colpita, quindi non posso dire se si aspetta gesti di solidarietà oppure il silenzio.
In generale posso dire che provare sincera simpatia per una persona ci aiuta a mostrarle vicinanza e disponibilità, trovando i modi corretti di rapporto.
Le forme specifiche -un sorriso, una pacca sulla spalla, la domanda su come si sente, l'offerta di un caffè o l'invito delicato a confidarsi se ne sente il bisogno- sono legate all'attenzione verso lo stato d'animo di lei.
In altre parole, occorre che lei si tenga pronto a fare un passo avanti e due indietro.
Certo se la ragazza manifestava anche prima un po' di disagio rimane tra voi qualcosa di non detto, e la cautela dev'essere ancora maggiore.
Le raccomando in ogni caso l'uso corretto delle parole: lei ha scritto di essere "molto lascivo", facendomi sussultare, finché ho capito che intendeva dire "rinunciatario", pronto a lasciare.
Legga in rete quello che significa invece "lascivo" e capirà quanto grandi possono essere gli equivoci del linguaggio.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 17 risposte e 1.1k visite dal 08/08/2024.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.