Come superare l’ansia e i sensi di colpa per un trasferimento da casa?

Buongiorno.
Sono una studentessa di 22 anni che presto si trasferirà a Bologna per iniziare un percorso di laurea magistrale.
Nonostante sia stato sempre uno dei miei sogni, ad un mese dalla partenza sono stata travolta dall’ansia di star sbagliando percorso e deludere i miei, e di non trovare un ambiente di mio gradimento.
A questo si aggiunge il problema principale, ovvero che mio padre è malato di tumore, recentemente scoperto, e mi sento in colpa ad abbandonare la famiglia, con anche la paura di perderlo mentre io non ci sono e non poter trascorrere con lui l’ultimo periodo della sua vita.
Mi chiedo se sto facendo la scelta giusta o se sono solo egoista a lasciare casa in queste condizioni per evadere dal peso di questa situazione.
Chiedo un parere ai medici che spero potranno darmi qualche consiglio.
Grazie infinitamente
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Dr. Ferdinando Toscano Psicologo 195 10
Gentile utente,
credo lei stia esperendo una sensazione comune in questi casi di trasferimento, certo particolareggiata dalla brutta notizia che ha colpito suo padre e voi tutti suoi cari.
È difficile sapere cosa succederà a suo padre e non so quanto il suo pensiero che possano essere i di lui ultimi giorni possano essere verosimili. Più della maggior parte dei tumori si cura, oggi.
Aldilà di questo, penso che lei debba fare le sue cose ma anche dare un senso al suo andar fuori.
Immagino che studiare a Bologna sia per lei una possibilità, di crescita personale e professionale. E quale padre non vorrebbe questo per sua figlia?
Inoltre, si trasferisce a un'ora di aereo dalla sua terra. Nessuno le vieta di tornare in più momenti, magari curando con lauto anticipo la prenotazione dei suoi viaggi.
Se suo padre ha accesso alle sue cure attraverso la rete familiare, sociale e sanitaria attorno a lui, pur comprendendo la sua apprensione, la inviterei a non farsi troppi pensieri. Solo se così non fosse, cioè se la sua presenza fosse indispensabile a supportare materialmente e psicologicamente la situazione, farei altre scelte. Di questo però lei non ci accenna.
Infine, vorrei che si prendesse una responsabilità però: la figlia fuori casa è anche la figlia che può dar sollievo al papà e ai familiari conviventi che si occupano costantemente della gestione quotidiana di questa situazione difficile. Non è un impegno a tempo pieno, ma è un impegno complementare non da trascurare che può fare la differenza nei periodi più intensi.
Assumendosi le sue responsabilità, può esserci quando gli altri sono più stanchi e può portare la leggerezza, anche del suo racconto, quando tutto si fa più duro.
Coraggio! E auguri grandi a suo padre, che abbraccio virtualmente come se fosse il mio.

P.s. La vita studentesca a Bologna le piacerà, la viva intensamente.

Dott. Ferdinando Toscano
Psicologo

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