Velocità di ragionamento adulto vs giovane

Buongiorno
Al lavoro mi sono trovato in questa situazione: c'era da svolgere un compito di natura informatica, io che ho 36 anni mi sono sempre reputato una persona che ci acchiappa in questa materia e sono sempre stato in grado svolgere in autonomia le mansioni.
Una ragazza, di 23 anni, vedendomi un po' in difficoltà, si è offerta di aiutare, pur avendo molta meno esperienza in campo informatico ma chiaramente molta più esperienza lato improvvisazione ed è riuscita a trovare la soluzione al problema.


La cosa mi ha lasciato amarezza e delusione perché notavo come la velocità di pensiero e di operatività di questa ragazza fossero migliori delle mie capacità.
Io che ho le competenze ma un ragionamento "lento" contro chi non ha sufficienti competenze ma un "ragionamento veloce"

Volevo chiedere che spunto di riflessione potrei trarre da questa esperienza.
Se è del tutto normale che una mente più giovane sia più rapida a ragionare e improvvisare rispetto a una mente più adulta, che improvvisa meno e ragiona di più, su dati concreti, basati su esperienze pregresse.


Cordiali saluti.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 591 67
Gentile utente,

Lei mette assieme due tematiche differenti:

"è del tutto normale che una mente più giovane sia più rapida
1. a ragionare e improvvisare rispetto a una mente più adulta?
2. a trovare la soluzione al problema?"

Il punto 1. introduce la variabile età, formulabile così:
a parità di competenze su un certo argomento, è più *veloce* una persona più giovane?
Dipende dall'argomento: nel settore informatico 13 anni di differenza possono pesare, in realtà.
Dove invece conta l'esperienza, la giovane età può risultare perdente.
Però la questione mi sembra riguardare altro.

2. Il punto 2. riguarda la possibilità di *trovare la soluzione* ad un problema (di qualsiasi tipo). Ciò implica la "capacità di problem solving", indipendente dall'età.
Essa prevede - nella persona - la compresenza di competenze specifiche e di creatività nell'utilizzarle, sopratutto a fronte di problemi nuovi.
E ciò non ha a che fare con l'età, ma con quelle caratteristiche personali che si potrebbero riassumere in due parole: "pensiero divergente".

Si apre così un bel confronto tra Lei e la Sua collega:
talvolta avrà la meglio Lei, talaltra la ragazza, nel trovare la via d'uscita ad un inghippo.
Quando ciò avviene
- nella stima reciproca
- nell'ammirazione di una intelligenza altrui che - pur di differente tipo - sta alla pari con la propria,
il confronto può risultare interessante e stimolante.

Auspico di essere risultata chiara:
non è facile riassumere in breve una tematica che di per sè è complessa ma bellissima, tanto da tenere impegnati per del tempo molti studiosi.
Non mi soffermo invece sul fattore 'autostima', in quanto più risaputo e presente qui in infiniti consulti.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Utente
Grazie Dottoressa
È stata chiara ed esaustiva. Non ho altro da aggiungere a questo consulto, mi ha chiarito le idee.

Cordiali saluti.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 591 67
Mi fa piacere.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#4]
Utente
Utente
Gentili Dottori
credo di essere arrivato a una quadra del disagio che mi provoca la collega di lavoro.

Nel corso di questi mesi mi sono accorto che lei utilizza un approccio di "voler essere compiacente" ; ma tanto compiacente, nel senso che è una persona che sia sul luogo di lavoro che fuori, cerca di essere di supporto agli altri, anche per delle tematiche che non la riguardano.

Anch'io utilizzo un approccio di "compiacenza" nella vita di tutti i giorni; me ne sono accorto di recente, parlandone con la mia psicoterapeuta e documendandomi in autonomia. Ma rispetto alla mia collega mi ritengo meno compiacente. Tuttavia, la troppa compiacenza della mia collega la vedo come una minaccia alla mia autostima e sono giunto alla conclusione che, inconsciamente, sento che se questa mia collega si fa vedere troppo disponibile sul luogo di lavoro, i miei colleghi si affezioneranno più a lei mentre io verrò lasciato in disparte, con tutte le conseguenze che io reputo "negative".

In definitiva, devo avere più fiducia in me, riconoscere i miei valori e bisogni. Fin tanto che li riconosco e sono in pace con me stesso va bene. Se poi sono gli altri che non li vedono o non li vogliono riconoscere, è un problema loro.

Cordiali saluti.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.3k 591 67
Grazie del ragguaglio.
Buoni giorni.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/