Non accetto la scarsa somiglianza con mia figlia
Salve, sono una neomamma da 9 mesi.
I peggiori della mia vita finora.
So che suona assurdo ma non riesco ad accettare che mia figlia mi somigli poco, perché è quasi identica al padre.
Mi mette ansia il fatto di non scorgere molti tratti "familiari" in lei, che facciano capire che è anche mia figlia, non solo del padre.
Sto vivendo malissimo la maternità, così come ho vissuto male la gravidanza (mi sentivo quasi "invasa" da un corpo estraneo).
Ho il terrore dei commenti esterni, che ovviamente arrivano puntuali, e questo mi ha portata ad isolarmi e a sviluppare una depressione post partum molto forte.
Mi sento molto in colpa e mi vergogno di quello che provo, perché non è considerato un motivo valido per deprimersi, eppure per qualche ragione sento che per me è fondamentale potermi riconoscere un po' sia fisicamente che caratterialmente in mia figlia (anche nel temperamento ravviso tratti in comune col padre e meno con me).
Vivo la cosa come un lutto, con un forte senso di perdita, e non riesco proprio a rassegnarmi, per quanto ci provi.
L'insicurezza e l'inadeguatezza che provo sono dovute sicuramente a diversi fattori, tra cui:scarsa autostima (mia figlia rispetta i canoni di bellezza comunemente intesi; bionda/occhi azzurri, io no), una madre iper critica, un rapporto complesso con il mio compagno-che non voleva diventare padre-nonché un rapporto problematico con la sua famiglia d'origine (ho ricevuto anche gravi minacce da parte loro).
Vivo questa situazione come una profonda sconfitta, un'ingiustizia, perché ho desiderato fortemente questa bambina, mentre il mio compagno no.
A peggiorare il tutto c'è una fortissima somiglianza fisica con mia nipote, figlia di mio fratello.
Chi non ci conosce la scambia per mia figlia, mentre in famiglia è diventato oggetto di scherzi e battute-aumentate da quando sono diventata madre-sul fatto che è mia nipote a sembrare mia figlia.
Razionalmente so che non dovrei stare male per questo o per le tante frasi seppur infelici ("non sembra manco tua"), né dovrei vivere la situazione come una mia mancanza, perché non c'è nessuna colpa o merito nella genetica che si esprime, ma è emotivamente che non riesco proprio a rassegnarmi.
E' una cosa istintiva più forte di me, che mi getta in uno stato di profonda tristezza, perché mi fa sentire meno connessa alla bambina e mi fa piangere quasi ininterrottamente da 9 mesi, facendomi desiderare di sparire dalla faccia della terra.
Ho pensato di abbandonarla o di farmi/farle del male, perché mi sento così sopraffatta.
Ho represso questi pensieri e cerco di fare del mio meglio ma vorrei potermi svegliare un giorno di questi e scoprire che è tutto passato, che non mi importa più del giudizio di nessuno, tantomeno del mio, e che accetto la mia bambina per quello che è, trovando bellezza nella nostra diversità.
Ma altri 9 mesi (oltre a quelli della gestazione) sono trascorsi e quasi nulla è cambiato, se non qualche debole miglioramento, che non è abbastanza per farmi dire:sono felice di averla nella mia vita.
Grazie
I peggiori della mia vita finora.
So che suona assurdo ma non riesco ad accettare che mia figlia mi somigli poco, perché è quasi identica al padre.
Mi mette ansia il fatto di non scorgere molti tratti "familiari" in lei, che facciano capire che è anche mia figlia, non solo del padre.
Sto vivendo malissimo la maternità, così come ho vissuto male la gravidanza (mi sentivo quasi "invasa" da un corpo estraneo).
Ho il terrore dei commenti esterni, che ovviamente arrivano puntuali, e questo mi ha portata ad isolarmi e a sviluppare una depressione post partum molto forte.
Mi sento molto in colpa e mi vergogno di quello che provo, perché non è considerato un motivo valido per deprimersi, eppure per qualche ragione sento che per me è fondamentale potermi riconoscere un po' sia fisicamente che caratterialmente in mia figlia (anche nel temperamento ravviso tratti in comune col padre e meno con me).
Vivo la cosa come un lutto, con un forte senso di perdita, e non riesco proprio a rassegnarmi, per quanto ci provi.
L'insicurezza e l'inadeguatezza che provo sono dovute sicuramente a diversi fattori, tra cui:scarsa autostima (mia figlia rispetta i canoni di bellezza comunemente intesi; bionda/occhi azzurri, io no), una madre iper critica, un rapporto complesso con il mio compagno-che non voleva diventare padre-nonché un rapporto problematico con la sua famiglia d'origine (ho ricevuto anche gravi minacce da parte loro).
Vivo questa situazione come una profonda sconfitta, un'ingiustizia, perché ho desiderato fortemente questa bambina, mentre il mio compagno no.
A peggiorare il tutto c'è una fortissima somiglianza fisica con mia nipote, figlia di mio fratello.
Chi non ci conosce la scambia per mia figlia, mentre in famiglia è diventato oggetto di scherzi e battute-aumentate da quando sono diventata madre-sul fatto che è mia nipote a sembrare mia figlia.
Razionalmente so che non dovrei stare male per questo o per le tante frasi seppur infelici ("non sembra manco tua"), né dovrei vivere la situazione come una mia mancanza, perché non c'è nessuna colpa o merito nella genetica che si esprime, ma è emotivamente che non riesco proprio a rassegnarmi.
E' una cosa istintiva più forte di me, che mi getta in uno stato di profonda tristezza, perché mi fa sentire meno connessa alla bambina e mi fa piangere quasi ininterrottamente da 9 mesi, facendomi desiderare di sparire dalla faccia della terra.
Ho pensato di abbandonarla o di farmi/farle del male, perché mi sento così sopraffatta.
Ho represso questi pensieri e cerco di fare del mio meglio ma vorrei potermi svegliare un giorno di questi e scoprire che è tutto passato, che non mi importa più del giudizio di nessuno, tantomeno del mio, e che accetto la mia bambina per quello che è, trovando bellezza nella nostra diversità.
Ma altri 9 mesi (oltre a quelli della gestazione) sono trascorsi e quasi nulla è cambiato, se non qualche debole miglioramento, che non è abbastanza per farmi dire:sono felice di averla nella mia vita.
Grazie
[#1]
Gentile utente,
Ci racconta di una gravidanza difficile, caratterizzata da una gravidanza vissuta male a causa della mancata accettazione di chi stava crescendo dentro di Lei.
Accenna poi ad una depressione post parto, caratterizzata nuovamente dalla mancata accettazione della piccolo, dovuta al fatto che non Le assomiglia. nè fisicamente nè nel carattere.
A fronte di tali Sue difficoltà, non accenna però all'aver cercato aiuto psicologico.
Lo ha fatto in gravidanza? con quale esito?
In caso negativo, come mai?
Se vorrà chiarirci tale punto, volentieri approfondiremo.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Ci racconta di una gravidanza difficile, caratterizzata da una gravidanza vissuta male a causa della mancata accettazione di chi stava crescendo dentro di Lei.
Accenna poi ad una depressione post parto, caratterizzata nuovamente dalla mancata accettazione della piccolo, dovuta al fatto che non Le assomiglia. nè fisicamente nè nel carattere.
A fronte di tali Sue difficoltà, non accenna però all'aver cercato aiuto psicologico.
Lo ha fatto in gravidanza? con quale esito?
In caso negativo, come mai?
Se vorrà chiarirci tale punto, volentieri approfondiremo.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
In effetti non ho accennato al percorso psicoterapico che ho intrapreso ad un paio di mesi dal parto.Ho cercato aiuto anche durante la gravidanza(che è stata difficile anche per la convinzione radicata in me di non riuscire a portarla a termine),ma non sono riuscita ad iniziare in quel momento,forse perché pur capendo che qualcosa non andava,avevo sottovalutato l'entità del disagio che si annidava in me.Mai avrei pensato che avrebbe preso questa piega,anche perché non avevo coltivato-perlomeno non coscientemente-particolari aspettative su come sarebbe dovuta essere la mia bambina.Quando ho avuto un crollo emotivo fortissimo ho iniziato questa terapia che ha portato a quei miglioramenti cui accennavo ma senza,temo, arrivare al cuore del problema.Dopo un po' ho anche iniziato una terapia farmacologica che perlomeno sostiene un po' il tono dell'umore,evitandomi crisi giornaliere, tuttavia mi ritrovo ancora ad oggi ad avere questo tarlo, questa inquietudine di fondo mista a profonda tristezza che non riesco proprio ad allontanare da me.Ho notato il miglioramento soprattutto nell'interazione con la bambina,ma continuo a muovermi con circospezione intorno a lei,quasi come se fossi fuori posto,fuori luogo,fuori RUOLO,quasi come se non fossi sua madre.Tutto ciò in netta contrapposizione con la naturalezza dell'approccio paterno del mio compagno,che sembra essere nato per fare questa cosa che non aveva mai voluto e per cui io ho dovuto lottare e convincerlo.La mia parte razionale non riesce a prevalere su quella emotiva e mi odio per questo,perché sto rovinando qualcosa di bello che dovrei godermi,ma purtroppo non dipende dalla mia volontà,è semplicemente la realtà di come mi sento.
[#3]
Gentile utente,
una psicoterapia è la via più adatta in queste situazioni.
*Fin dalla gravidanza*, aggiungiamo a favore dei nostri lettori.
Il supporto farmacologico può essere utile o necessario, da quando è terminato l'allattamento al seno.
Auspico inoltre che Lei effettui sedute settimanali in presenza; e che l'approccio della Sua/o Psicoterapeuta (tale deve essere per potere curare) preveda anche consegne e mansioni da svolgere a domicilio tra le sedute.
L'altro aspetto riguarda la coppia.
Ricercare una buona alleanza di coppia nelle nuove modalità di coppia-con-figlio permette alla madre di materne /ritrovare il proprio equilibrio di donna, di potenziare le proprie risorse, di non cadere preda nel confronto con il padre; quello che Lei esprime così:
"..Tutto ciò in netta contrapposizione con la naturalezza dell'approccio paterno del mio compagno, che sembra essere nato per fare questa cosa .."
Legga con attenzione questo articolo, anche se dovesse sembrarLe di difficile attuazione: all'opposto, esso è molto realistico.
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3332-diventare-mamma-e-rimanere-amante.html .
Se Le fa piacere ci tenga al corrente.
Saluti cordiali.
dott. Brunialti
una psicoterapia è la via più adatta in queste situazioni.
*Fin dalla gravidanza*, aggiungiamo a favore dei nostri lettori.
Il supporto farmacologico può essere utile o necessario, da quando è terminato l'allattamento al seno.
Auspico inoltre che Lei effettui sedute settimanali in presenza; e che l'approccio della Sua/o Psicoterapeuta (tale deve essere per potere curare) preveda anche consegne e mansioni da svolgere a domicilio tra le sedute.
L'altro aspetto riguarda la coppia.
Ricercare una buona alleanza di coppia nelle nuove modalità di coppia-con-figlio permette alla madre di materne /ritrovare il proprio equilibrio di donna, di potenziare le proprie risorse, di non cadere preda nel confronto con il padre; quello che Lei esprime così:
"..Tutto ciò in netta contrapposizione con la naturalezza dell'approccio paterno del mio compagno, che sembra essere nato per fare questa cosa .."
Legga con attenzione questo articolo, anche se dovesse sembrarLe di difficile attuazione: all'opposto, esso è molto realistico.
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3332-diventare-mamma-e-rimanere-amante.html .
Se Le fa piacere ci tenga al corrente.
Saluti cordiali.
dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 817 visite dal 24/07/2024.
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