Profonda crisi di mio marito, ma io cosa posso fare?

Sto insieme a mio marito da tutta la vita, eravamo ragazzini, lui adesso 45 anni, io 42, abbiamo un bimbo di 4 anni... 4 anni difficili per la nostra coppia in cui abbiamo faticato per trovare spazi solo nostri dopo tanta libertà vissuta prima e un lutto di un anno fa, quando è venuto a mancare mio suocero per un brutto male fulminante, un padre con cui mio marito non aveva un gran rapporto, ma questo evento lo ha fatto riflettere e mettere in discussione tutta la sua vita.
Ha iniziato a non star bene psicologicamente, si "sfogava" con me e con nostro figlio, condivideva poco le sue emozioni e sentivo di non poterlo aiutare nel profondo così il suggerimento che ho sentito di dargli è stato quello di farsi aiutare, convincendolo a chiedere aiuto ad una psicologa.
Circa 9 mesi fa ha intrapreso un percorso e da allora è entrato in una crisi ancora più profonda e la nostra relazione si è sbrandellata.
Si è "innamorato" della sua terapeuta, idealizzandola, attratto sia fisicamente che mentalmente, è stato travolto da un transfert che non ha ancora del tutto risolto (la pensa intensamente lontano dalle sedute, vorrebbe scriverle, chiamarla a piacimento), mi ha "scartata", entrando in una serie di pensieri ossessivi circa la nostra relazione e la profondità dei suoi sentimenti, dicendomi che poteva immaginare la sua vita senza di me, ma non poteva immaginarla senza la psicologa.
Dopo lo scarto drastico durato tanti mesi, ultimamente ha ripreso ad aprirsi con me ma fa molta fatica perchè, mi dice, non riesce a "dividere" i suoi sentimenti tra me e questa donna che continua a idealizzare sebbene sappia che lei ha una sua vita e ha il terrore di terminare la terapia perchè significherebbe rinunciare a lei.

Volevo chiedervi se vi capita nei vostri percorsi terapeutici di avere a che fare con situazioni simili e in che modo se ne esce, se se ne esce.
Sto vivendo molto male questo lungo periodo, con la perenne sensazione di non poter far nulla.
L'unica cosa che faccio è "comprenderlo", so che stare male internamente non è una passeggiata.
E' come se avesse un'amante, si danna l'esistenza, ma non è un'amante, perchè non la vive nel vero senso della parola.
Sono stata più volte tentata di contattare la sua terapeuta (per chiederle come posso aiutarlo), ma non so se è una buona idea.
Gli ho proposto una terapia di coppia ma mi ha detto che vuole prima stare bene da solo anche se non sa quanto tempo ci vorrà.
E' possibile che lui inconsciamente non voglia "guarire" perchè questo significherebbe rinunciare alla terapeuta?
Potrei aver commesso un errore nell'indirizzarlo ad una professionista, quando magari aveva più bisogno di me?
E' possibile che ad aggravare la situazione ci sia il "darmi per scontata? ", sa che io ci sono, che non lo abbandono, che non me ne vado, che appena mi cerca anche solo per un istante io rispondo subito (ma non potrei non far così, è l'uomo che amo ed è troppo importante).

Attendo fiduciosa le vostre parole... vi ringrazio molto
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Dr.ssa Susanna Mattoccia Psicologo 41 3
Gentilissima,
Per quanto difficile, occorre separare la vostra relazione da ciò che avviene all'interno del percorso terapeutico di suo marito. Infatti, quello è uno spazio solo ed esclusivamente suo e la invito a NON contattare la terapeuta, perché sarebbe una grave intrusione.
Vi conoscete da molti anni e dalle vostre parole intuisco vi sia un'alta complicità ma anche una scarsa comprensione dei limiti relazionali, al punto che suo marito la rende partecipe del suo "innamoramento" per la psicologa.
Un percorso di coppia può certamente aiutare.

Dott.ssa Susanna Mattoccia

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Utente
Utente
Purtroppo lui non vuole assolutamente iniziare un percorso di coppia, anche se l'ho messo alle strette. Mi ha resa partecipe di questo "innamoramento" costretto dalla situazione che si è creata: non riusciva più ad abbracciarmi, baciarmi, avere dei rapporti sessuali, parlarmi, aveva smesso di stare in relazione con me, era molto attaccato al cellulare. A quel punto gli ho chiesto di dirmi sinceramente se c'era un'altra nella sua vita (il suo comportamento era esattamente quello di un uomo con una relazione parallela). Ecco il dubbio che mi rimane è questo: se è normale che un percorso di psicoterapia porti ad una rottura nelle relazioni sentimentali importanti nel momento in cui si determina questo "transfert" e se ancora è normale che questo si protragga per così tanto tempo. Come dicevo, mi sento di non poter fare nulla per questa relazione, e più passa il tempo più diventiamo due estranei. Non escludo (e a questo punto come ho anche esplicitamente detto a lui, per me non sarebbe "una tragedia") che la nostra relazione possa anche finire - gli ho detto che se ha smesso di amarmi non c'è alcun problema, abbiamo il diritto di essere felici, io non posso vivere il resto della mia vita così - mi pesa tantissimo stare in questo "limbo" e ormai vivo serenamente solo il tempo che trascorro lontana da lui (anche se faccio di tutto per "nutrire" la nostra relazione, per ciò che mi è possibile). La domanda che rimane è sempre la stessa: capita così di frequente che una psicoterapia determini questa tipologia di dipendenza e stravolgimento delle relazioni significative?
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Dr.ssa Susanna Mattoccia Psicologo 41 3
La psicoterapia può talvolta stimolare sentimenti ed emozioni molto forti. È suo marito che deve gestire la situazione che si è creata in terapia e che si ripercuote in famiglia.
Senza porsi troppe domande sulla natura o sulla frequenza di ciò che avviene nel setting terapeutico, potrebbe riflettere sul rapporto tra lei e suo marito. Se ha bisogno di esplorare meglio il suo vissuto, può farsi aiutare da uno psicologo.

Dott.ssa Susanna Mattoccia