Ansia, paura di morire e di non esistere più

Salve.
Scrivo queste parole con molta difficoltà, sperando di ottenere aiuto e conforto.
Sono sempre stata una ragazza ansiosa, ho sempre sofferto di ipocondria e attacchi di ansia.
Le mie paure e le mie ansie sono tuttavia sempre state legate a qualcosa di concreto, palpabile, qualcosa da cui riuscivo sempre a trovare consolazione.
Sono sempre riuscita a superare da sola le mie ansie e preoccupazioni, a volte con difficoltà e non sempre in maniera definitiva, ma non mi hanno mai limitata più di tanto.
Nell'ultimo periodo ha tuttavia fatto capolino nella mia mente un nuovo tipo di pensiero ossessivo, che non fa altro che perseguitarmi.
E' il costante e sfiancante pensiero che tutti siamo destinati a morire, io compresa.
Ho sempre avuto paura delle malattie, ma mai della morte.
Ultimamente, però, anche in seguito alla terribile malattia che da poco ha colpito un parente, non riesco a pensare ad altro.
Non riesco a capacitarmi del fatto che un giorno io non esisterò più, non esisteranno più le mie percezioni fisiche e sensoriali, non esisteranno nemmeno più i miei pensieri.
Questo mi trasmette tantissima ansia, perchè non è qualcosa da cui posso trovare conforto trovando rifugio in un libro o in un'attività che mi distragga, come ho sempre fatto, perchè non posso fare a meno di pensare al fatto che un giorno anche queste attività non esisteranno più, non significheranno più nulla per me.
Non riesco davvero a capacitarmi di come tutto per me sia destinato a finire: non voglio che finisca.
Non so cosa ci possa essere dopo la morte ma non mi importa: tutto ciò che so è che provo un'ansia assurda nel pensare di dovermi un giorno separare da questa vita.
Fino a pochissimo tempo fa, questi pensieri non mi sfioravano minimamente, mentre adesso sembrano essere al centro della mia quotidianità.
Chiedo come scacciare questi pensieri, come accettare l'idea della morte o quantomeno come andare avanti.
Grazie.
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Dr. Mattia Federico Alfonsi Psicologo 6
Gentile utente,

In primo luogo vorrei ragionare con lei sulla contestualizzazione del suo pensiero: da ciò che racconta, sembra convivere da sempre con uno stile di pensiero tendente all'ansia e alla preoccupazione, ciò rende il terreno fertile ad angosce e preoccupazioni, come quella che ci descrive.
Trovo che l'emergere di questa sua paura della morte e del non-esistere sia una paura legittima: complici il lutto esperito, per giunta attraverso una terribile malattia, e la sua giovane età che la pone in una fase di transizione verso l'età adulta, si sta ora interrogando su un tema che è centrale nella vita di ogni essere umano: la finitezza.

È un tema profondo e importante, attraverso cui ci rendiamo conto della preziosità del nostro tempo, delle cose e delle persone a cui teniamo.
È un tema che può colpirci alla bocca dello stomaco per la sua forza e per la nostra impotenza davanti ad esso, lasciandoci senza respiro, "senza rifugio", come dice lei.
È un tema, dunque, molto significativo, per cui il tentativo di "scacciarlo" sarebbe inutile.

Qualora ne avverta la necessità, si ricordi che uno specialista a cui rivolgersi può essere un valido aiuto.

Cordialità

Dott. Mattia Federico Alfonsi
dott.alfonsi@gmail.com

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