Padre anaffettivo
Gentili Dottori,
Ho 43 anni e vorrei sapere quanto ha potuto incidere un padre anaffettivo sulla mia vita e personalità.
Mio padre ha sempre preferito i figli maschi, pensavo fosse "solo" maschilismo ma non è così.
Lui pensa che io non sono sua figlia.
Otto anni fa, disse a mia madre che doveva andarsene da casa per una cosa fatta, tanti anni fa, ovvero sosteneva che io non fossi sua figlia ma di mio zio.
Mia madre, disse di fare il test del DNA.
Il giorno dopo scendemmo per farlo, telefonammo ad un sacco di laboratori ma nessuno lo faceva, parlando di richieste legali.
Mio padre quindi disse che lo avremmo fatto un altro giorno.
Da allora non ne abbiamo parlato più, io due anni dopo mi sposai ma ho capito che lui mi ha sempre cresciuta nella convinzione che non fossi la figlia, sue testuali parole all' epoca dell' episodio disse che "mi aveva cresciuta come una figlia".
Con le mie cugine è affettuoso, in particolare ha molta ammirazione per la figlia di una sua ex fidanzata di gioventù di cui, molto probabilmente ancora invaghito ma la famiglia di lui, si oppose al matrimonio.
Quando vede, questa ragazza di un anno in più rispetto a me, si illumina, uguale dicasi quando vede la madre di lei.
Una volta, lo sorpresi tutto sorridente a salutare e fare complimenti a questa ragazza, quando vide me, il sorriso si tramutò in una smorfia, si raggelò.
Una volta, prima dell''episodio, gli dissi che lui avrebbe voluto a lei invece di me come figlia e lui non rispose, evidentemente chi tace acconsente.
Spero che mi aiutate a capire cosa passa per la mente di mio padre, cosa ha provocato il suo comportamento su di me e ch comportamento debba tenere con lui ormai settantenne.
Grazie per l'attenzione.
Cordialità
Ho 43 anni e vorrei sapere quanto ha potuto incidere un padre anaffettivo sulla mia vita e personalità.
Mio padre ha sempre preferito i figli maschi, pensavo fosse "solo" maschilismo ma non è così.
Lui pensa che io non sono sua figlia.
Otto anni fa, disse a mia madre che doveva andarsene da casa per una cosa fatta, tanti anni fa, ovvero sosteneva che io non fossi sua figlia ma di mio zio.
Mia madre, disse di fare il test del DNA.
Il giorno dopo scendemmo per farlo, telefonammo ad un sacco di laboratori ma nessuno lo faceva, parlando di richieste legali.
Mio padre quindi disse che lo avremmo fatto un altro giorno.
Da allora non ne abbiamo parlato più, io due anni dopo mi sposai ma ho capito che lui mi ha sempre cresciuta nella convinzione che non fossi la figlia, sue testuali parole all' epoca dell' episodio disse che "mi aveva cresciuta come una figlia".
Con le mie cugine è affettuoso, in particolare ha molta ammirazione per la figlia di una sua ex fidanzata di gioventù di cui, molto probabilmente ancora invaghito ma la famiglia di lui, si oppose al matrimonio.
Quando vede, questa ragazza di un anno in più rispetto a me, si illumina, uguale dicasi quando vede la madre di lei.
Una volta, lo sorpresi tutto sorridente a salutare e fare complimenti a questa ragazza, quando vide me, il sorriso si tramutò in una smorfia, si raggelò.
Una volta, prima dell''episodio, gli dissi che lui avrebbe voluto a lei invece di me come figlia e lui non rispose, evidentemente chi tace acconsente.
Spero che mi aiutate a capire cosa passa per la mente di mio padre, cosa ha provocato il suo comportamento su di me e ch comportamento debba tenere con lui ormai settantenne.
Grazie per l'attenzione.
Cordialità
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Gentile utente,
il nostro carattere e la nostra capacità relazionale si sviluppa sin dalla nascita sulla base della qualità delle relazioni con i nostri caregiver, fondamentale la sensibilità di chi si è preso cura di noi, la loro capacità di riconoscere i nostri bisogni e di trasmetterci affetto, cura e sicurezza. Crescendo alle esperienze relazionali primarie si affiancano altre esperienze che possono influenzare in modo positivo la crescita e sopperire lì dove ci sono state tante mancanze. Infatti, non è infrequente ascoltare pazienti che raccontano di madri anaffettive, rigide e emotivamente fredde, ma di aver trovato in persone esterne alla famiglia, come maestre, il calore, la fiducia e la sicurezza di cui avevano bisogno.
Comprendo bene il suo dolore, la sua grande sofferenza emerge dalle frasi discriminanti ed escludenti che ha ricevuto e che restano impresse nella memoria. Sentirsi privati dell’affetto in qualità di figli equivale a non essere riconosciuti come tali, non sentirsi meritevoli di quell’amore che veniva elargito "anche alle cugine" o "alla figlia della ex". In qualche modo ci si sente in colpa, manchevoli di qualche pregio o merito che gli altri hanno, perfino di non essere maschi (mio padre preferiva i figli maschi), è qualcosa che apparentemente incomprensibile alla mente. Lei è una persona ipersensibile che è in grado di sentire le emozioni dell’altro attraverso uno sguardo o una smorfia, probabilmente è proprio il vuoto e il bisogno affettivo a renderla così ipersensibile alle parole e al comportamento dell’altro.
Cara signora lei racconta di essersi sposata, come và il suo matrimonio? Ha dei figli? Se è stata in grado di costruirsi una famiglia sana vuol dire che possiede una buona dose di resilienza con cui ha affrontato gli effetti negativi derivanti dal rapporto paterno. Per esperienza le dico che è davvero difficile, se non impossibile, comprendere da soli cosa passa per la mente di un altro, anche se si tratta del proprio padre, bisognerebbe parlare con lui. Invece potrà lavorare, con il sostegno di un professionista, su sé stessa, sulle sue mancanze affettive, sui diritti non riconosciuti, sul senso di frustrazione e sul rifiuto ricevuto. È importante intraprendere un percorso psicologico di "guarigione delle ferite emotive" per evitare che queste abbiano delle conseguenze nella relazione con i propri figli, vi sono mancanze e trascuratezze affettive che hanno effetti a lungo termine, come veri e propri traumi, fino a trasferire gli effetti alle generazioni successive. Quello che mi sento di proporle è di diventare lei stessa il genitore di cui ha bisogno, di donarsi quell’amore incondizionato che infonde sicurezza e gioia di vivere. È necessario intraprendere un percorso di rielaborazione del vissuto, delle fragilità proprie e degli altri per giungere alla gratitudine di ciò che siamo divenuti oggi. Potrà ricercare l’aiuto di uno psicologo o di uno psicoterapeuta bioenergetico per dar voce alle sue emozioni profonde, tirar fuori la rabbia che deriva dal senso di ingiustizia subito, dalle mancanze, dal rifiuto.
Desidero infine confortarla e rassicurarla sulla possibilità di ritrovare la serenità interiore Grazie alle psicoterapie potrà far pace con sé stessa e perdonare gli altri riaffermando il proprio diritto ad esistere, il diritto di essere amata e amare, quindi, coraggio! Si appropri di quell’amore incondizionato che ognuno di noi merita.
Un caro saluto, restando a sua disposizione per ogni necessità.
Dott.ssa Maria Graziano
il nostro carattere e la nostra capacità relazionale si sviluppa sin dalla nascita sulla base della qualità delle relazioni con i nostri caregiver, fondamentale la sensibilità di chi si è preso cura di noi, la loro capacità di riconoscere i nostri bisogni e di trasmetterci affetto, cura e sicurezza. Crescendo alle esperienze relazionali primarie si affiancano altre esperienze che possono influenzare in modo positivo la crescita e sopperire lì dove ci sono state tante mancanze. Infatti, non è infrequente ascoltare pazienti che raccontano di madri anaffettive, rigide e emotivamente fredde, ma di aver trovato in persone esterne alla famiglia, come maestre, il calore, la fiducia e la sicurezza di cui avevano bisogno.
Comprendo bene il suo dolore, la sua grande sofferenza emerge dalle frasi discriminanti ed escludenti che ha ricevuto e che restano impresse nella memoria. Sentirsi privati dell’affetto in qualità di figli equivale a non essere riconosciuti come tali, non sentirsi meritevoli di quell’amore che veniva elargito "anche alle cugine" o "alla figlia della ex". In qualche modo ci si sente in colpa, manchevoli di qualche pregio o merito che gli altri hanno, perfino di non essere maschi (mio padre preferiva i figli maschi), è qualcosa che apparentemente incomprensibile alla mente. Lei è una persona ipersensibile che è in grado di sentire le emozioni dell’altro attraverso uno sguardo o una smorfia, probabilmente è proprio il vuoto e il bisogno affettivo a renderla così ipersensibile alle parole e al comportamento dell’altro.
Cara signora lei racconta di essersi sposata, come và il suo matrimonio? Ha dei figli? Se è stata in grado di costruirsi una famiglia sana vuol dire che possiede una buona dose di resilienza con cui ha affrontato gli effetti negativi derivanti dal rapporto paterno. Per esperienza le dico che è davvero difficile, se non impossibile, comprendere da soli cosa passa per la mente di un altro, anche se si tratta del proprio padre, bisognerebbe parlare con lui. Invece potrà lavorare, con il sostegno di un professionista, su sé stessa, sulle sue mancanze affettive, sui diritti non riconosciuti, sul senso di frustrazione e sul rifiuto ricevuto. È importante intraprendere un percorso psicologico di "guarigione delle ferite emotive" per evitare che queste abbiano delle conseguenze nella relazione con i propri figli, vi sono mancanze e trascuratezze affettive che hanno effetti a lungo termine, come veri e propri traumi, fino a trasferire gli effetti alle generazioni successive. Quello che mi sento di proporle è di diventare lei stessa il genitore di cui ha bisogno, di donarsi quell’amore incondizionato che infonde sicurezza e gioia di vivere. È necessario intraprendere un percorso di rielaborazione del vissuto, delle fragilità proprie e degli altri per giungere alla gratitudine di ciò che siamo divenuti oggi. Potrà ricercare l’aiuto di uno psicologo o di uno psicoterapeuta bioenergetico per dar voce alle sue emozioni profonde, tirar fuori la rabbia che deriva dal senso di ingiustizia subito, dalle mancanze, dal rifiuto.
Desidero infine confortarla e rassicurarla sulla possibilità di ritrovare la serenità interiore Grazie alle psicoterapie potrà far pace con sé stessa e perdonare gli altri riaffermando il proprio diritto ad esistere, il diritto di essere amata e amare, quindi, coraggio! Si appropri di quell’amore incondizionato che ognuno di noi merita.
Un caro saluto, restando a sua disposizione per ogni necessità.
Dott.ssa Maria Graziano
Dott.ssa Maria Graziano Psicologa
Consulenze psicologiche in presenza e on line
mari.graziano1971@gmail.com
www.analisiemozionalemariagraziano.it
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