Come devo comportarmi con la mia ex compagna sola e depressa?
Buonasera,
ho avuto una lunghissima relazione (20 anni), meravigliosa ma parecchio complessa, con una donna più grande di me di vent’anni.
Ci siamo lasciati quasi 3 anni fa per vari motivi (è stata lei a volermi allontanare per il mio bene) ed io, anche con l’aiuto di una psicoterapeuta durante il primo anno, ho elaborato questo difficile distacco.
Il problema è che, contrariamente alle consuete relazioni finite, che in genere prevedono la prosecuzione dei rispettivi percorsi di vita in maniera individuale, lei si trova in grandi difficoltà e fa seriamente fatica ad andare avanti: nell’arco degli anni ha perso vari parenti che sentiva molto vicini, ha un marito malato da 25 anni, ha perso un lavoro che amava, ha un figlio che sta facendo la sua vita altrove e non riesce a essere molto presente.
Tutto questo ha comportato una sorta di depressione che ha anche allontanato (vergognosamente secondo me) gli amici che ha sempre avuto, nonostante ognuno abbia i suoi problemi e impegni
In questo periodo, ho cercato di essere presente da amico come ho potuto, perché lei è parte del mio cuore e lo sarà sempre ma, allo stesso tempo, mi rendo conto di non riuscire a proseguire serenamente con la mia vita.
D’altro canto, se decidessi di allontanarmi con egoismo non riuscirei a sostenerne il tormento.
Non so che fare
Grazie in anticipo a chi potrà darmi qualche parere.
ho avuto una lunghissima relazione (20 anni), meravigliosa ma parecchio complessa, con una donna più grande di me di vent’anni.
Ci siamo lasciati quasi 3 anni fa per vari motivi (è stata lei a volermi allontanare per il mio bene) ed io, anche con l’aiuto di una psicoterapeuta durante il primo anno, ho elaborato questo difficile distacco.
Il problema è che, contrariamente alle consuete relazioni finite, che in genere prevedono la prosecuzione dei rispettivi percorsi di vita in maniera individuale, lei si trova in grandi difficoltà e fa seriamente fatica ad andare avanti: nell’arco degli anni ha perso vari parenti che sentiva molto vicini, ha un marito malato da 25 anni, ha perso un lavoro che amava, ha un figlio che sta facendo la sua vita altrove e non riesce a essere molto presente.
Tutto questo ha comportato una sorta di depressione che ha anche allontanato (vergognosamente secondo me) gli amici che ha sempre avuto, nonostante ognuno abbia i suoi problemi e impegni
In questo periodo, ho cercato di essere presente da amico come ho potuto, perché lei è parte del mio cuore e lo sarà sempre ma, allo stesso tempo, mi rendo conto di non riuscire a proseguire serenamente con la mia vita.
D’altro canto, se decidessi di allontanarmi con egoismo non riuscirei a sostenerne il tormento.
Non so che fare
Grazie in anticipo a chi potrà darmi qualche parere.
[#1]
Gentile utente,
lei ci scrive di una relazione apparentemente atipica, ma in realtà quello che è davvero fuori dalla norma è la sua durata. Vent'anni, tra persone di età dispari, ma soprattutto mai unite in un vincolo riconosciuto -matrimonio o convivenza- sono un periodo insolitamente lungo, che ha coinvolto per Lei che ci scrive tutto l'arco della giovinezza e per la signora che è stata la sua amante tutto l'arco della maturità.
Esempi di legami con divario d'età anche maggiore non mancano: Charlie Chaplin sposò Oona O'Neill quando avevano 53 e 18 anni; Paola Borboni sposò Paolo Vilar quando lei aveva 72 anni e lui 30; Edith Piaf a 46 anni sposò Théo Sarapo che ne aveva 26; tra il presidente Macron e sua moglie corrono 24 anni di differenza, e la loro relazione è iniziata quando lui aveva 15 anni e lei, già sposata e madre di tre figli, quasi 40.
Ma tutti questi casi si sono tradotti in legami più che stabili, manifestando di non essere stati né colpi di testa, né un protratto abuso di uno dei due amanti sull'altro - come a volte abbiamo occasione di vedere.
Rapporti sognati e anche realizzati tra adolescenti e donne mature (le cosiddette Milf) sono sempre esistiti; sono però legami fugaci, apprendistati erotici di transizione.
Ciò che ha determinato la durata del suo legame e il suo mancato stabilizzarsi, con tutte le conseguenze negative che questo comporta, non può essere noto a noi qui. Potrebbe rispondere alla domanda che rivolge e noi la psicoterapeuta alla quale -non a caso- ha sentito il bisogno di rivolgersi quando la sua relazione è stata interrotta, a quel che scrive per volontà della sua amante.
Simile per certi aspetti alla sua è la vicenda descritta dalla scrittrice Colette nel bel libro "Chéri", a cui seguì un altro romanzo, "La fine di Chéri".
L'autrice in un'intervista dichiara: "Quando una donna matura ha una relazione con un ragazzo giovanissimo lei rischia meno di lui. In tutte le storie che lui avrà in seguito, sarà marchiato da quella esperienza e non riuscirà a cancellare il ricordo di quella sua prima amante".
Ora sembra che questo sia successo nel suo caso, ma da qui non possiamo sapere se lei sia stato un succubo o un opportunista o se una di queste due caratteristiche appartenga alla sua ex.
Ci fa riflettere il fatto che la signora non abbia lasciato il marito infermo, ma non gli sia stata nemmeno fedele; e ancora di più il fatto che dopo aver lasciato lei tre anni fa, sembra segnalare adesso nuovi motivi per averla di nuovo accanto. Cari parenti morti, unico figlio che fa la sua vita lontano (situazioni che però a sessant'anni sono usuali), perdita del lavoro amato (possibile non fosse un lavoro a tempo indeterminato, e non sia stato possibile sostituirlo?), infine l'allontanamento degli amici causato dalla "depressione" della signora.
Premesso che la depressione, se davvero è tale, si fa curare dallo specialista, mi chiedo se la signora non abbia preso l'abitudine, all'epoca in cui iniziò la malattia del marito, di cercare un compenso alla sorte appoggiandosi a chiunque avesse vicino.
Lei sa che nella vita le relazioni umane sono un perenne scambio, perfino persone in sedia a rotelle riescono ad essere generose; alcuni sembrano invece suggerire, talvolta con subdola dolcezza, che chi non si prende cura di loro a tempo pieno è in difetto.
Lei scrive: "ho cercato di essere presente da amico come ho potuto, perché lei è parte del mio cuore e lo sarà sempre".
Ottima cosa; è vero quello che ha scritto sopra, cioè che "relazioni finite in genere prevedono la prosecuzione dei rispettivi percorsi di vita in maniera individuale", ma questo non vuol dire escludere l'amicizia e la solidarietà, a meno che agli amici non si chieda quello che non è un'amicizia ma una relazione molto più intima, esclusiva e tale da precludere altre relazioni.
Sta a lei, ormai adulto, capire cosa vuole e cosa può dare. Se non riesce da solo a stabilire i confini, dovrebbe tornare a consultare la sua terapeuta.
Da qui posso dire che lei con le parole: "se decidessi di allontanarmi con egoismo non riuscirei a sostenerne il tormento" manifesta un'imperfetta visione dei diritti/doveri verso una persona amica e una sorta di pericoloso invischiamento .
Se questo dipenda da un suo disturbo psicologico, da una manipolazione più o meno consapevole attuata dalla sua ex amante, oppure da una combinazione dei due fattori, non si può stabilire a distanza.
Le ricordo, per sua serenità, che si può dare molto nell'ambito di una sincera amicizia -anche l'indicazione di accedere alla psicoterapia, se un amico è colpito da depressione- e che in ogni caso la sua curante saprà risolvere quello che a lei adesso appare un dilemma insolubile.
Buone cose.
lei ci scrive di una relazione apparentemente atipica, ma in realtà quello che è davvero fuori dalla norma è la sua durata. Vent'anni, tra persone di età dispari, ma soprattutto mai unite in un vincolo riconosciuto -matrimonio o convivenza- sono un periodo insolitamente lungo, che ha coinvolto per Lei che ci scrive tutto l'arco della giovinezza e per la signora che è stata la sua amante tutto l'arco della maturità.
Esempi di legami con divario d'età anche maggiore non mancano: Charlie Chaplin sposò Oona O'Neill quando avevano 53 e 18 anni; Paola Borboni sposò Paolo Vilar quando lei aveva 72 anni e lui 30; Edith Piaf a 46 anni sposò Théo Sarapo che ne aveva 26; tra il presidente Macron e sua moglie corrono 24 anni di differenza, e la loro relazione è iniziata quando lui aveva 15 anni e lei, già sposata e madre di tre figli, quasi 40.
Ma tutti questi casi si sono tradotti in legami più che stabili, manifestando di non essere stati né colpi di testa, né un protratto abuso di uno dei due amanti sull'altro - come a volte abbiamo occasione di vedere.
Rapporti sognati e anche realizzati tra adolescenti e donne mature (le cosiddette Milf) sono sempre esistiti; sono però legami fugaci, apprendistati erotici di transizione.
Ciò che ha determinato la durata del suo legame e il suo mancato stabilizzarsi, con tutte le conseguenze negative che questo comporta, non può essere noto a noi qui. Potrebbe rispondere alla domanda che rivolge e noi la psicoterapeuta alla quale -non a caso- ha sentito il bisogno di rivolgersi quando la sua relazione è stata interrotta, a quel che scrive per volontà della sua amante.
Simile per certi aspetti alla sua è la vicenda descritta dalla scrittrice Colette nel bel libro "Chéri", a cui seguì un altro romanzo, "La fine di Chéri".
L'autrice in un'intervista dichiara: "Quando una donna matura ha una relazione con un ragazzo giovanissimo lei rischia meno di lui. In tutte le storie che lui avrà in seguito, sarà marchiato da quella esperienza e non riuscirà a cancellare il ricordo di quella sua prima amante".
Ora sembra che questo sia successo nel suo caso, ma da qui non possiamo sapere se lei sia stato un succubo o un opportunista o se una di queste due caratteristiche appartenga alla sua ex.
Ci fa riflettere il fatto che la signora non abbia lasciato il marito infermo, ma non gli sia stata nemmeno fedele; e ancora di più il fatto che dopo aver lasciato lei tre anni fa, sembra segnalare adesso nuovi motivi per averla di nuovo accanto. Cari parenti morti, unico figlio che fa la sua vita lontano (situazioni che però a sessant'anni sono usuali), perdita del lavoro amato (possibile non fosse un lavoro a tempo indeterminato, e non sia stato possibile sostituirlo?), infine l'allontanamento degli amici causato dalla "depressione" della signora.
Premesso che la depressione, se davvero è tale, si fa curare dallo specialista, mi chiedo se la signora non abbia preso l'abitudine, all'epoca in cui iniziò la malattia del marito, di cercare un compenso alla sorte appoggiandosi a chiunque avesse vicino.
Lei sa che nella vita le relazioni umane sono un perenne scambio, perfino persone in sedia a rotelle riescono ad essere generose; alcuni sembrano invece suggerire, talvolta con subdola dolcezza, che chi non si prende cura di loro a tempo pieno è in difetto.
Lei scrive: "ho cercato di essere presente da amico come ho potuto, perché lei è parte del mio cuore e lo sarà sempre".
Ottima cosa; è vero quello che ha scritto sopra, cioè che "relazioni finite in genere prevedono la prosecuzione dei rispettivi percorsi di vita in maniera individuale", ma questo non vuol dire escludere l'amicizia e la solidarietà, a meno che agli amici non si chieda quello che non è un'amicizia ma una relazione molto più intima, esclusiva e tale da precludere altre relazioni.
Sta a lei, ormai adulto, capire cosa vuole e cosa può dare. Se non riesce da solo a stabilire i confini, dovrebbe tornare a consultare la sua terapeuta.
Da qui posso dire che lei con le parole: "se decidessi di allontanarmi con egoismo non riuscirei a sostenerne il tormento" manifesta un'imperfetta visione dei diritti/doveri verso una persona amica e una sorta di pericoloso invischiamento .
Se questo dipenda da un suo disturbo psicologico, da una manipolazione più o meno consapevole attuata dalla sua ex amante, oppure da una combinazione dei due fattori, non si può stabilire a distanza.
Le ricordo, per sua serenità, che si può dare molto nell'ambito di una sincera amicizia -anche l'indicazione di accedere alla psicoterapia, se un amico è colpito da depressione- e che in ogni caso la sua curante saprà risolvere quello che a lei adesso appare un dilemma insolubile.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gentile Dott.ssa Potenza,
la ringrazio davvero di cuore per il lungo tempo che avrà certamente impiegato nel fornirmi la sua dettagliata analisi.
Sinceramente, non sono d'accordo con tutto quanto ha riportato, come il riferimento alla certa stabilità delle relazioni più note e alla loro lucida consapevolezza (come se la nostra non lo fosse stata per certo) o l'attribuzione di succube o opportunista (per me e/o per la mia ex compagna), come se fossero le uniche due "conditio sine qua non" in un rapporto non canonico per la società.
Per il resto, ho trovato davvero preziosi i suoi spunti, su cui rifletterò e di cui cercherò di fare tesoro. Grazie ancora
la ringrazio davvero di cuore per il lungo tempo che avrà certamente impiegato nel fornirmi la sua dettagliata analisi.
Sinceramente, non sono d'accordo con tutto quanto ha riportato, come il riferimento alla certa stabilità delle relazioni più note e alla loro lucida consapevolezza (come se la nostra non lo fosse stata per certo) o l'attribuzione di succube o opportunista (per me e/o per la mia ex compagna), come se fossero le uniche due "conditio sine qua non" in un rapporto non canonico per la società.
Per il resto, ho trovato davvero preziosi i suoi spunti, su cui rifletterò e di cui cercherò di fare tesoro. Grazie ancora
[#3]
Gentile utente,
la ringrazio per il suo riscontro, sempre utilissimo per noi che siamo costretti a muoverci nell'assenza del colloquio clinico, unico strumento che permette di conoscere davvero i fatti e per quanto possibile le persone.
Sono d'accordo con lei che la posizione di succube e quella di opportunista non sono le due sole modalità di un rapporto "non canonico". La mia era un'ipotesi basata non tanto sui rapporti "non canonici", di cui esiste una gamma troppo varia, ma su quei rapporti che durano insolitamente a lungo senza però concretizzarsi in una scelta di vita, e soprattutto senza palesarsi ufficialmente al mondo.
Nel suo caso mi era sembrato di capire -errore mio- che voi non siate stati nemmeno conviventi e che la sua donna fosse non solo ancora sposata col marito infermo, ma convivente con lui.
In questo caso vede bene che la situazione sarebbe stata molto diversa da quella delle coppie di età dispari che ho citato, le quali hanno sancito pubblicamente il loro legame con il matrimonio, dopo aver interrotto i legami precedenti.
Lei scrive che io attribuisco a quelle coppie una "certa stabilità" e una "lucida consapevolezza", ma non sono entrata nel merito di ciò che pensassero e sentissero, mi sono limitata ai fatti: non hanno vissuto degli amori clandestini ma delle relazioni palesi, alcune fino alla morte di uno dei due, altre tuttora in corso.
Se anche la sua coppia ha palesato a viso aperto il legame, se avete interrotto i legami precedenti per convivere, certamente non ho compreso la sua domanda, e del resto mi mancano altre informazioni essenziali: perché la sua ex abbia voluto chiudere con lei, per esempio.
Tutte le vostre vicende personali e le vostre scelte dall'innamoramento alla costruzione del legame fino alla sua interruzione, sono note alla sua terapeuta, ma non a chi legge poche righe a distanza.
Ripeto che la professionista alla quale ha comunicato il travaglio del distacco mentre avveniva può aiutarla a trovare una soluzione al suo dubbio di oggi, dubbio che a sua volta per me è oscuro e richiede di essere analizzato nelle sue componenti palesi e inconsce.
Lei infatti scrive: "mi rendo conto di non riuscire a proseguire serenamente con la mia vita. D’altro canto, se decidessi di allontanarmi con egoismo non riuscirei a sostenerne il tormento".
Lei sembra esprimere una sorta di aut aut: o vicino all'ex negli stessi termini di quando eravamo amanti, o del tutto lontano e chiuso ad ogni suo appello.
Poiché la vita, i sentimenti, i legami sono più variegati, analizzare lo schema che lei ha in mente al fine di creare alternative accettabili può essere fatto con l'aiuto di un professionista.
Le auguro ogni bene. Sarò lieta se vorrà tenerci al corrente.
la ringrazio per il suo riscontro, sempre utilissimo per noi che siamo costretti a muoverci nell'assenza del colloquio clinico, unico strumento che permette di conoscere davvero i fatti e per quanto possibile le persone.
Sono d'accordo con lei che la posizione di succube e quella di opportunista non sono le due sole modalità di un rapporto "non canonico". La mia era un'ipotesi basata non tanto sui rapporti "non canonici", di cui esiste una gamma troppo varia, ma su quei rapporti che durano insolitamente a lungo senza però concretizzarsi in una scelta di vita, e soprattutto senza palesarsi ufficialmente al mondo.
Nel suo caso mi era sembrato di capire -errore mio- che voi non siate stati nemmeno conviventi e che la sua donna fosse non solo ancora sposata col marito infermo, ma convivente con lui.
In questo caso vede bene che la situazione sarebbe stata molto diversa da quella delle coppie di età dispari che ho citato, le quali hanno sancito pubblicamente il loro legame con il matrimonio, dopo aver interrotto i legami precedenti.
Lei scrive che io attribuisco a quelle coppie una "certa stabilità" e una "lucida consapevolezza", ma non sono entrata nel merito di ciò che pensassero e sentissero, mi sono limitata ai fatti: non hanno vissuto degli amori clandestini ma delle relazioni palesi, alcune fino alla morte di uno dei due, altre tuttora in corso.
Se anche la sua coppia ha palesato a viso aperto il legame, se avete interrotto i legami precedenti per convivere, certamente non ho compreso la sua domanda, e del resto mi mancano altre informazioni essenziali: perché la sua ex abbia voluto chiudere con lei, per esempio.
Tutte le vostre vicende personali e le vostre scelte dall'innamoramento alla costruzione del legame fino alla sua interruzione, sono note alla sua terapeuta, ma non a chi legge poche righe a distanza.
Ripeto che la professionista alla quale ha comunicato il travaglio del distacco mentre avveniva può aiutarla a trovare una soluzione al suo dubbio di oggi, dubbio che a sua volta per me è oscuro e richiede di essere analizzato nelle sue componenti palesi e inconsce.
Lei infatti scrive: "mi rendo conto di non riuscire a proseguire serenamente con la mia vita. D’altro canto, se decidessi di allontanarmi con egoismo non riuscirei a sostenerne il tormento".
Lei sembra esprimere una sorta di aut aut: o vicino all'ex negli stessi termini di quando eravamo amanti, o del tutto lontano e chiuso ad ogni suo appello.
Poiché la vita, i sentimenti, i legami sono più variegati, analizzare lo schema che lei ha in mente al fine di creare alternative accettabili può essere fatto con l'aiuto di un professionista.
Le auguro ogni bene. Sarò lieta se vorrà tenerci al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Gent.ma Dottoressa,
grazie a lei, sia per aver dato seguito al mio riscontro e sia per aver approfondito alcuni aspetti della sua precedente risposta.
Ho convissuto con lei e la sua famiglia per oltre dieci anni e, anche se certamente dall'esterno può sembrare piuttosto assurdo e complicato, nonostante le difficoltà siamo stati felici, tutti insieme. Poi, con il tempo, vari fardelli latenti (la mia famiglia, la mentalità del piccolo centro, la mancanza di accettazione dell'"invecchiamento" della mia ex compagna e il suo bisogno di farmi vivere la mia vita, che sentiva da tempo ma non volevo accettarlo) hanno prevalso sul nostro sentimento che, giuro, per moltissimo tempo è stato un fiume in piena...
Descrivere quello che è stato il nostro mondo in poche righe è assolutamente impensabile; la mia esigenza era di capire come comportarmi per stare meglio entrambi. Sono fermamente convinto di voler continuare a essere presente nella sua vita, seppur con un ruolo diverso, ma mi rendo conto che, così facendo, probabilmente mi precluderei una nuova relazione sentimentale (quale donna accetterebbe la prosecuzione, seppur amicale, di un rapporto con la precedente?) che, di fatto, ancora non ho trovato (e, in tutta sincerità, non ne sento la mancanza).
Continuerò nella ricerca interiore di una soluzione, magari con l'aiuto della psicoterapeuta a cui mi sono già rivolto in precedenza.
La ringrazio per l'augurio, che ricambio con sincero affetto.
grazie a lei, sia per aver dato seguito al mio riscontro e sia per aver approfondito alcuni aspetti della sua precedente risposta.
Ho convissuto con lei e la sua famiglia per oltre dieci anni e, anche se certamente dall'esterno può sembrare piuttosto assurdo e complicato, nonostante le difficoltà siamo stati felici, tutti insieme. Poi, con il tempo, vari fardelli latenti (la mia famiglia, la mentalità del piccolo centro, la mancanza di accettazione dell'"invecchiamento" della mia ex compagna e il suo bisogno di farmi vivere la mia vita, che sentiva da tempo ma non volevo accettarlo) hanno prevalso sul nostro sentimento che, giuro, per moltissimo tempo è stato un fiume in piena...
Descrivere quello che è stato il nostro mondo in poche righe è assolutamente impensabile; la mia esigenza era di capire come comportarmi per stare meglio entrambi. Sono fermamente convinto di voler continuare a essere presente nella sua vita, seppur con un ruolo diverso, ma mi rendo conto che, così facendo, probabilmente mi precluderei una nuova relazione sentimentale (quale donna accetterebbe la prosecuzione, seppur amicale, di un rapporto con la precedente?) che, di fatto, ancora non ho trovato (e, in tutta sincerità, non ne sento la mancanza).
Continuerò nella ricerca interiore di una soluzione, magari con l'aiuto della psicoterapeuta a cui mi sono già rivolto in precedenza.
La ringrazio per l'augurio, che ricambio con sincero affetto.
[#5]
Caro utente,
in quest'ultima email emerge il punto che non ho voluto anticipare, ma temevo. Lei chiede: "quale donna accetterebbe la prosecuzione, seppur amicale, di un rapporto con la precedente?"
Questa è una pretesa di possesso dell'altro, oggi molto diffusa, ma eccessiva e in un certo senso infantile. Se si è davvero in grado di garantire ad un partner la nostra fedeltà, perché non dovrebbe accettarci tutti interi, col nostro passato e con quella parte di nostalgie e di affetti che ne derivano?
Ciò detto, le consiglio di leggere i due romanzi di Colette. Come dice Freud, spesso gli artisti vedono più profondamente e più lontano degli psicologi.
Una curiosità: lei parla del suo dubbio come se l'altra persona non avesse voce in capitolo. Qual è la posizione assunta oggi dalla sua ex?
E' difficile pensare che in una coppia - anche di semplici amici - ciascuno decida da solo.
Buone cose.
in quest'ultima email emerge il punto che non ho voluto anticipare, ma temevo. Lei chiede: "quale donna accetterebbe la prosecuzione, seppur amicale, di un rapporto con la precedente?"
Questa è una pretesa di possesso dell'altro, oggi molto diffusa, ma eccessiva e in un certo senso infantile. Se si è davvero in grado di garantire ad un partner la nostra fedeltà, perché non dovrebbe accettarci tutti interi, col nostro passato e con quella parte di nostalgie e di affetti che ne derivano?
Ciò detto, le consiglio di leggere i due romanzi di Colette. Come dice Freud, spesso gli artisti vedono più profondamente e più lontano degli psicologi.
Una curiosità: lei parla del suo dubbio come se l'altra persona non avesse voce in capitolo. Qual è la posizione assunta oggi dalla sua ex?
E' difficile pensare che in una coppia - anche di semplici amici - ciascuno decida da solo.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#6]
Utente
Cara Dottoressa,
io sono d'accordo con lei e, nel mio caso, l'ho anche manifestato accettando la prosecuzione del suo rapporto (familiare e di supporto alla malattia) con il marito (con cui, nel tempo, ho anche instaurato un'affettuosa complicità)... ma si ragiona individualmente!
Per rispondere alla sua domanda: la mia ex è in estrema difficoltà e, per quanto cerchi di reagire senza coinvolgermi per far fede all'obiettivo della nostra separazione, non ha più quella forza che ha dovuto tirare fuori tante volte, nell'arco della sua vita, per sopportare le varie disgrazie che le sono accadute...
Leggerò volentieri i romanzi che mi ha suggerito.
Grazie di tutto e a presto
io sono d'accordo con lei e, nel mio caso, l'ho anche manifestato accettando la prosecuzione del suo rapporto (familiare e di supporto alla malattia) con il marito (con cui, nel tempo, ho anche instaurato un'affettuosa complicità)... ma si ragiona individualmente!
Per rispondere alla sua domanda: la mia ex è in estrema difficoltà e, per quanto cerchi di reagire senza coinvolgermi per far fede all'obiettivo della nostra separazione, non ha più quella forza che ha dovuto tirare fuori tante volte, nell'arco della sua vita, per sopportare le varie disgrazie che le sono accadute...
Leggerò volentieri i romanzi che mi ha suggerito.
Grazie di tutto e a presto
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 1.2k visite dal 14/05/2024.
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