Emdr e valutazione psicoterapia dopo due anni
Buongiorno a tutti,
sono in psicoterapia da 2 anni.
mi sono rivolto alla psicoterapia perché afflitto da una forte ansia lavorativa (nel posto di lavoro attuale e ancor più al pensiero di cambiare lavoro) e perché insoddisfatto del fatto di vivere tuttora con un genitore, anziano, e per non avere mai vissuto fuori casa.
Per quanto riguarda il lavoro abbiamo parlato spesso e lungo delle mie problematiche, soffermandoci su quelle relazionali, e su quest'ultime ho fatto passi avanti.
Rimane il mio terrore per il lavoro, i carichi, i cambiamenti, le sfide, le complessità, lo stress.
Questo fronte è rimasto irrisolto.
Per l'andare via di casa, abbiamo ragionato sul mio senso di efficacia, e sento in qualche modo di avere acquisito un po' di sicurezza nelle mie capacità, grazie ai suoi rinforzi.
Rimane però tutta una paura legata più alle preoccupazioni economiche, e queste sono state ritenute fondate da un certo punto di vista. Di fatto, la congiuntura è sfavorevole, il futuro più che mai incerto, ed io sono solo al modo (quindi lo sono anche economicamente). Il discorso dell'uscire di casa si è poi arenato. E ad ogni modo, in questo periodo sono di umore costantemente basso ed inerte, che vivo alla giornata ed ho interrotto ogni ricerca di casa/affitto.
Il problema, in senso più ampio, è che sono frustrato su tutti i fronti, ho perso speranza e non ho progettualità.
Vivo, come detto, alla giornata, anzi sopravvivo.
Non credo in una vita migliore e quando penso al mio futuro io immagino solo tristezza, stenti, malattia, morte, povertà, solitudine.
E non sto esagerando.
Settimana prox dirò queste cose alla psic... Per quanto riguarda invece la mia insoddisfazione circa la terapia invece ne abbiamo già parlato.
La sua attuale proposta è l' EMDR per lavorare sul "controllo" e sul "giudizio".
Soprattutto il controllo sarebbe la causa della mia ansia lavorativa.
Ho fatto una seduta.
Il problema è che nello stato di depressione costante in cui sono, mi sento un pirla a fare EMDR e pensare a mia madre e ai racconti di infanzia.
Non so come spiegarmi, ma non mi sembra il momento.
Mi sembra un lavoro di analisi profonda, molto bello per carità, ma da destinare ad un momento in cui uno abbia un minimo di energie, progettualità, speranza, voglia di approfondire. Io sono nelle sabbie mobili, voglio prima uscirne e poi magari capire come ci sono finito.
Non ce la faccio proprio.
Aiuto, avrei bisogno di un parere di altri psicologi e sarei liete se mi voleste aiutare.
Grazie.
sono in psicoterapia da 2 anni.
mi sono rivolto alla psicoterapia perché afflitto da una forte ansia lavorativa (nel posto di lavoro attuale e ancor più al pensiero di cambiare lavoro) e perché insoddisfatto del fatto di vivere tuttora con un genitore, anziano, e per non avere mai vissuto fuori casa.
Per quanto riguarda il lavoro abbiamo parlato spesso e lungo delle mie problematiche, soffermandoci su quelle relazionali, e su quest'ultime ho fatto passi avanti.
Rimane il mio terrore per il lavoro, i carichi, i cambiamenti, le sfide, le complessità, lo stress.
Questo fronte è rimasto irrisolto.
Per l'andare via di casa, abbiamo ragionato sul mio senso di efficacia, e sento in qualche modo di avere acquisito un po' di sicurezza nelle mie capacità, grazie ai suoi rinforzi.
Rimane però tutta una paura legata più alle preoccupazioni economiche, e queste sono state ritenute fondate da un certo punto di vista. Di fatto, la congiuntura è sfavorevole, il futuro più che mai incerto, ed io sono solo al modo (quindi lo sono anche economicamente). Il discorso dell'uscire di casa si è poi arenato. E ad ogni modo, in questo periodo sono di umore costantemente basso ed inerte, che vivo alla giornata ed ho interrotto ogni ricerca di casa/affitto.
Il problema, in senso più ampio, è che sono frustrato su tutti i fronti, ho perso speranza e non ho progettualità.
Vivo, come detto, alla giornata, anzi sopravvivo.
Non credo in una vita migliore e quando penso al mio futuro io immagino solo tristezza, stenti, malattia, morte, povertà, solitudine.
E non sto esagerando.
Settimana prox dirò queste cose alla psic... Per quanto riguarda invece la mia insoddisfazione circa la terapia invece ne abbiamo già parlato.
La sua attuale proposta è l' EMDR per lavorare sul "controllo" e sul "giudizio".
Soprattutto il controllo sarebbe la causa della mia ansia lavorativa.
Ho fatto una seduta.
Il problema è che nello stato di depressione costante in cui sono, mi sento un pirla a fare EMDR e pensare a mia madre e ai racconti di infanzia.
Non so come spiegarmi, ma non mi sembra il momento.
Mi sembra un lavoro di analisi profonda, molto bello per carità, ma da destinare ad un momento in cui uno abbia un minimo di energie, progettualità, speranza, voglia di approfondire. Io sono nelle sabbie mobili, voglio prima uscirne e poi magari capire come ci sono finito.
Non ce la faccio proprio.
Aiuto, avrei bisogno di un parere di altri psicologi e sarei liete se mi voleste aiutare.
Grazie.
[#1]
Gentile utente,
da quello che scrive sembra emergere che la sua curante ha ragione: lei è ossessionato dal controllo.
Ora vuole controllare anche le procedure terapeutiche alle quali si espone d'intesa con la curante, immagino, e tuttavia con la tendenza ad interpretarle a modo suo.
Scrive, infatti: "Il problema è che nello stato di depressione costante in cui sono, mi sento un pirla a fare EMDR e pensare a mia madre e ai racconti di infanzia. Non so come spiegarmi, ma non mi sembra il momento".
Ma davvero?
Rincara la dose del suo disinformato dirigismo aggiungendo: "Mi sembra un lavoro di analisi profonda, molto bello per carità, ma da destinare ad un momento in cui uno abbia un minimo di energie, progettualità, speranza, voglia di approfondire".
Sempre che l'EMDR sia un lavoro di "analisi profonda", l'idea che questa vada destinata ad un momento di energia, progettualità etc. è tutta sua.
Scrive: "Io sono nelle sabbie mobili, voglio prima uscirne e poi magari capire come ci sono finito".
Lei sembra desiderare una terapia più immediatamente dirigista (ma anche i cognitivo-comportamentali usano l'EMDR se necessario, e comunque risvegliano ricordi ed emozioni) senonché sospetto che di fronte a prescrizioni rigide lei sarebbe ancora più pronto a resistere, tant'è vero che dice di essere in terapia da due anni e dichiara: "Rimane il mio terrore per il lavoro, i carichi, i cambiamenti, le sfide, le complessità, lo stress. Questo fronte è rimasto irrisolto".
Ma guarda. Eppure far emergere il "perché", forse la molla che la blocca, le sembra impossibile, non soltanto inutile, infatti scrive: "Non ce la faccio proprio".
E se invece ci provasse fino in fondo, impegnandosi nel cambiamento, o meglio ABBANDONANDOSI al cambiamento?
Buone cose.
da quello che scrive sembra emergere che la sua curante ha ragione: lei è ossessionato dal controllo.
Ora vuole controllare anche le procedure terapeutiche alle quali si espone d'intesa con la curante, immagino, e tuttavia con la tendenza ad interpretarle a modo suo.
Scrive, infatti: "Il problema è che nello stato di depressione costante in cui sono, mi sento un pirla a fare EMDR e pensare a mia madre e ai racconti di infanzia. Non so come spiegarmi, ma non mi sembra il momento".
Ma davvero?
Rincara la dose del suo disinformato dirigismo aggiungendo: "Mi sembra un lavoro di analisi profonda, molto bello per carità, ma da destinare ad un momento in cui uno abbia un minimo di energie, progettualità, speranza, voglia di approfondire".
Sempre che l'EMDR sia un lavoro di "analisi profonda", l'idea che questa vada destinata ad un momento di energia, progettualità etc. è tutta sua.
Scrive: "Io sono nelle sabbie mobili, voglio prima uscirne e poi magari capire come ci sono finito".
Lei sembra desiderare una terapia più immediatamente dirigista (ma anche i cognitivo-comportamentali usano l'EMDR se necessario, e comunque risvegliano ricordi ed emozioni) senonché sospetto che di fronte a prescrizioni rigide lei sarebbe ancora più pronto a resistere, tant'è vero che dice di essere in terapia da due anni e dichiara: "Rimane il mio terrore per il lavoro, i carichi, i cambiamenti, le sfide, le complessità, lo stress. Questo fronte è rimasto irrisolto".
Ma guarda. Eppure far emergere il "perché", forse la molla che la blocca, le sembra impossibile, non soltanto inutile, infatti scrive: "Non ce la faccio proprio".
E se invece ci provasse fino in fondo, impegnandosi nel cambiamento, o meglio ABBANDONANDOSI al cambiamento?
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Grazie dottoressa. Mi creda che mi piacerebbe assai cambiare, ed è un virtù di questo che dopo avere esposto i miei dubbi ho accettato la proposta dell'EMDR. Però questo non toglie come mi sento a prendere le mie questioni presenti e debilitanti così "alla larga". In ogni caso, parlerò nella prossima seduta dello stato di disillusione, sfiducia e pessimismo totalizzante in cui verso. In pratica una condizione di galleggiamento pre-morte.
[#3]
Gentile utente,
forse sta attraversando una fase depressiva. Fatti gli opportuni test, un aiuto farmacologico potrebbe sbloccare la situazione.
La sua impressione di prendere le questioni presenti e debilitanti troppo alla larga potrebbe essere superata già alla prossima seduta: l'EMDR "pesca" nel trauma, senza limiti di data.
In caso lei resista a oltranza, però, può essere un suo meccanismo di difesa quello di ricordare un passato remoto anziché riandare alle sofferenze umilianti legate al lavoro presente, che bruciano troppo.
Occorre riflettere su quanto dice nella prima email. E' in terapia da due anni, senza interruzioni e con reale impegno da parte sua?
Come mai allora ha fatto passi avanti sulle problematiche relazionali, ma "Rimane il mio terrore per il lavoro, i carichi, i cambiamenti, le sfide, le complessità, lo stress"? Quali esercizi ha fatto su questo?
Inoltre "Il discorso dell'uscire di casa si è poi arenato".
Qui lei scrive parole sibilline: "la congiuntura è sfavorevole, il futuro più che mai incerto, ed io sono solo al modo (quindi lo sono anche economicamente)".
"Solo al modo" voleva forse essere "solo al mondo"?
Ma se al contrario si lamenta di avere un padre con cui convive? Inoltre, quale quarantenne è economicamente tutelato da altri che da sé stesso?
Io direi che ogni cambiamento terapeutico -nel suo caso il ricorso all'EMDR- non può che farle bene.
Auguri.
forse sta attraversando una fase depressiva. Fatti gli opportuni test, un aiuto farmacologico potrebbe sbloccare la situazione.
La sua impressione di prendere le questioni presenti e debilitanti troppo alla larga potrebbe essere superata già alla prossima seduta: l'EMDR "pesca" nel trauma, senza limiti di data.
In caso lei resista a oltranza, però, può essere un suo meccanismo di difesa quello di ricordare un passato remoto anziché riandare alle sofferenze umilianti legate al lavoro presente, che bruciano troppo.
Occorre riflettere su quanto dice nella prima email. E' in terapia da due anni, senza interruzioni e con reale impegno da parte sua?
Come mai allora ha fatto passi avanti sulle problematiche relazionali, ma "Rimane il mio terrore per il lavoro, i carichi, i cambiamenti, le sfide, le complessità, lo stress"? Quali esercizi ha fatto su questo?
Inoltre "Il discorso dell'uscire di casa si è poi arenato".
Qui lei scrive parole sibilline: "la congiuntura è sfavorevole, il futuro più che mai incerto, ed io sono solo al modo (quindi lo sono anche economicamente)".
"Solo al modo" voleva forse essere "solo al mondo"?
Ma se al contrario si lamenta di avere un padre con cui convive? Inoltre, quale quarantenne è economicamente tutelato da altri che da sé stesso?
Io direi che ogni cambiamento terapeutico -nel suo caso il ricorso all'EMDR- non può che farle bene.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Buongiorno,
ho riferito alla psicologa il mio stato attuale, senza però ottenere né riscontri né iniziative particolari da parte sua. Mi monitorerò e se lo sentirò necessario, ritornerò di nuovo su questo, chiedendo questa volta un'opinione.
L'EMDR è stato impostato proprio sui fatti significativi dell'infanzia, che mi è stato chiesto di riportare (io mi sono spinto fino ai miei primi 20 anni), avendo però a mente le due aree di intervento. Grossa parte delle immagini che mi suscita l'EMDR risalgono all'infanzia/adolescenza. Finisco sempre per commuovermi (tanto) e la dottoressa dice che "sto lavorando bene".
In questi due anni di terapia penso di essermi impegnato abbastanza. Il fatto che mi sia rimasta l'ansia lavorativa è stato infatti fra le "lamentele" esposte. La risposta della psicologa è stata che il lavoro svolto si è concentrato su altro, e che l'EMDR è lo strumento adatto a risolvere questo specifico problema. Qua però ritorniamo alla mia domanda: io sono contento delle mia, seppur breve, esperienza con l'EMDR. Ad esempio sono contento perché gli incontri non mi sembrano più "discussioni" libere sui problemi contingenti. Inoltre, prima dell'EMDR, benché traessi sollievo dai colloqui settimanali, avevo anche l'impressione di esserne dipendente. Comodo avere qualcuno che ti ascolta e cono cui puoi parlare di tutto....
In merito a:
"Solo al modo" voleva forse essere "solo al mondo"?
Ma se al contrario si lamenta di avere un padre con cui convive? Inoltre, quale quarantenne è economicamente tutelato da altri che da sé stesso?
Intendevo solo al mondo. Il genitore con cui vivo è anziano e sebbene stia ancora abbastanza bene, ha giustamente bisogno del mio supporto concreto. Inoltre non beneficio, né ho potuto beneficiare, di nessuno sostegno economico. Dal punto di vista più morale/emotivo, dal mio genitore ricevo tanto amore e accudimento tuttora, ma è un tratto di ipertrofico di controllo con cui ho dovuto sempre lottare. Le mie esigenze di indipendenza, di contro, non sono mai state mai supportate o incoraggiate neanche dal punto di vista morale. Per il resto, molti rapporti di amicizia di lunga data negli anni sono decaduti di morte naturale, ed è molto tempo orami che mi sono chiuso a riccio rispetto alle nuove conoscenze: ho paura che gli altri mi giudichino per il fatto che io non viva, e non abbia mai vissuto, fuori dalla casa dei genitori.
Non so se vorrà rispondermi. In ogni caso, la ringrazio per gli auguri.
ho riferito alla psicologa il mio stato attuale, senza però ottenere né riscontri né iniziative particolari da parte sua. Mi monitorerò e se lo sentirò necessario, ritornerò di nuovo su questo, chiedendo questa volta un'opinione.
L'EMDR è stato impostato proprio sui fatti significativi dell'infanzia, che mi è stato chiesto di riportare (io mi sono spinto fino ai miei primi 20 anni), avendo però a mente le due aree di intervento. Grossa parte delle immagini che mi suscita l'EMDR risalgono all'infanzia/adolescenza. Finisco sempre per commuovermi (tanto) e la dottoressa dice che "sto lavorando bene".
In questi due anni di terapia penso di essermi impegnato abbastanza. Il fatto che mi sia rimasta l'ansia lavorativa è stato infatti fra le "lamentele" esposte. La risposta della psicologa è stata che il lavoro svolto si è concentrato su altro, e che l'EMDR è lo strumento adatto a risolvere questo specifico problema. Qua però ritorniamo alla mia domanda: io sono contento delle mia, seppur breve, esperienza con l'EMDR. Ad esempio sono contento perché gli incontri non mi sembrano più "discussioni" libere sui problemi contingenti. Inoltre, prima dell'EMDR, benché traessi sollievo dai colloqui settimanali, avevo anche l'impressione di esserne dipendente. Comodo avere qualcuno che ti ascolta e cono cui puoi parlare di tutto....
In merito a:
"Solo al modo" voleva forse essere "solo al mondo"?
Ma se al contrario si lamenta di avere un padre con cui convive? Inoltre, quale quarantenne è economicamente tutelato da altri che da sé stesso?
Intendevo solo al mondo. Il genitore con cui vivo è anziano e sebbene stia ancora abbastanza bene, ha giustamente bisogno del mio supporto concreto. Inoltre non beneficio, né ho potuto beneficiare, di nessuno sostegno economico. Dal punto di vista più morale/emotivo, dal mio genitore ricevo tanto amore e accudimento tuttora, ma è un tratto di ipertrofico di controllo con cui ho dovuto sempre lottare. Le mie esigenze di indipendenza, di contro, non sono mai state mai supportate o incoraggiate neanche dal punto di vista morale. Per il resto, molti rapporti di amicizia di lunga data negli anni sono decaduti di morte naturale, ed è molto tempo orami che mi sono chiuso a riccio rispetto alle nuove conoscenze: ho paura che gli altri mi giudichino per il fatto che io non viva, e non abbia mai vissuto, fuori dalla casa dei genitori.
Non so se vorrà rispondermi. In ogni caso, la ringrazio per gli auguri.
[#5]
Gentile utente,
noto che la terapia inizia a fare effetto, anche da certe sensazioni "regressive" che esprime in questa email.
Per incrementare questo effetto, le suggerisco di portare la sua email alla curante. Ci sono alcuni punti della sua percezione della vita che andrebbero focalizzati in terapia.
Qui le vorrei far notare solo due cose.
A proposito del rischio di dipendenza dalla terapia, lei dice: "Comodo avere qualcuno che ti ascolta e cono cui puoi parlare di tutto...".
Certamente, questo è uno degli effetti benefici della terapia: poter esplicitare cose mai dette nemmeno e sé stessi, la cui esposizione ad un altro essere umano, competente e non giudicante, ci permette di guardarle noi stessi in una nuova luce. E' sbagliato, secondo lei, procurarsi qualcosa di comodo?
A proposito della risposta della psicologa alla sua comunicazione e delle sue aspettative: "ho riferito alla psicologa il mio stato attuale, senza però ottenere né riscontri né iniziative particolari da parte sua".
Lo psicologo ascolta, non dà responsi immediati, non è la sibilla cumana. Prende atto di quanto ha ascoltato e mentre lei stesso si monitora, come ha detto, lo fa anche il curante. "Mi monitorerò e se lo sentirò necessario, ritornerò di nuovo su questo, chiedendo questa volta un'opinione".
Le auguro ogni bene. Per ora chiudo il consulto, in attesa di avere presto sue buone notizie.
noto che la terapia inizia a fare effetto, anche da certe sensazioni "regressive" che esprime in questa email.
Per incrementare questo effetto, le suggerisco di portare la sua email alla curante. Ci sono alcuni punti della sua percezione della vita che andrebbero focalizzati in terapia.
Qui le vorrei far notare solo due cose.
A proposito del rischio di dipendenza dalla terapia, lei dice: "Comodo avere qualcuno che ti ascolta e cono cui puoi parlare di tutto...".
Certamente, questo è uno degli effetti benefici della terapia: poter esplicitare cose mai dette nemmeno e sé stessi, la cui esposizione ad un altro essere umano, competente e non giudicante, ci permette di guardarle noi stessi in una nuova luce. E' sbagliato, secondo lei, procurarsi qualcosa di comodo?
A proposito della risposta della psicologa alla sua comunicazione e delle sue aspettative: "ho riferito alla psicologa il mio stato attuale, senza però ottenere né riscontri né iniziative particolari da parte sua".
Lo psicologo ascolta, non dà responsi immediati, non è la sibilla cumana. Prende atto di quanto ha ascoltato e mentre lei stesso si monitora, come ha detto, lo fa anche il curante. "Mi monitorerò e se lo sentirò necessario, ritornerò di nuovo su questo, chiedendo questa volta un'opinione".
Le auguro ogni bene. Per ora chiudo il consulto, in attesa di avere presto sue buone notizie.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 444 visite dal 12/05/2024.
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