Rispondere agli stimoli esterni con voglia di autolesionismo
Buona sera, vorrei esporvi un problema che da molto porto dentro quando vedo ad esempio dei video dove c’è qualcosa che mi arriva dentro forte ad esempio un abbandono di animali un maltrattamento l’invecchiare di un cane (Possiedo un cane da 11 anni) oppure la morte di un animale mi viene un magone allo stomaco e mi viene voglia di tagliarmi darmi del dolore io soffro di ansia depressione e disturbo borderline però non mi sono mai tagliato mi sono tatuato largamente per sentire del dolore ultimamente ne sento quasi il bisogno di sofferenza non solo mentale ma anche fisica per quello che vedo.
ho una lametta da barbiere accanto al comodino quando vedo quelle scene provo troppo dolore e come se vorrei essergli accanto in quel modo, ma non vorrei arrivare a quello, sono seguito da uno psichiatra prendo farmaci ma questa cosa non so come risolverla.
Vi ringrazio per l’attenzione se ho scritto un poco in modo confuso e solo perché sono in pieno momento di confusione!
ho una lametta da barbiere accanto al comodino quando vedo quelle scene provo troppo dolore e come se vorrei essergli accanto in quel modo, ma non vorrei arrivare a quello, sono seguito da uno psichiatra prendo farmaci ma questa cosa non so come risolverla.
Vi ringrazio per l’attenzione se ho scritto un poco in modo confuso e solo perché sono in pieno momento di confusione!
[#1]
Gentile utente,
ho dato uno sguardo ai suoi consulti precedenti e noto con sorpresa che questa è la seconda volta che scrive nella sezione Psicologia. Con altrettanta sorpresa valuto una sua domanda nella quale lei chiede allo psichiatra come mai l'ansia non le passa prendendo i relativi farmaci, e solo quelli.
Lei in quest'ultima richiesta non formula nessuna domanda, ma è facile capire, per qualunque specialista della psiche, che rischia uno dei comportamenti di chi è affetto dal disturbo borderline: il desiderio di sostituire il dolore fisico a quello psichico, considerando il primo preferibile e sostituibile, e di infliggersi questo dolore ogni volta che quello psichico raggiunge soglie per lei intollerabili.
Ci piacerebbe aiutarla di più, ma per questo dovremmo sapere:
- da chi è stata fatta la sua diagnosi e con quali strumenti (test, colloquio, EEG, altro)?
- se ha svolto una terapia cognitivo/comportamentale, impegnandosi per tutto il tempo necessario
- se al momento è seguito da uno psicoterapeuta.
In quest'ultimo caso, è al curante che deve riferire questi suoi impulsi.
Restiamo in attesa; auguri.
ho dato uno sguardo ai suoi consulti precedenti e noto con sorpresa che questa è la seconda volta che scrive nella sezione Psicologia. Con altrettanta sorpresa valuto una sua domanda nella quale lei chiede allo psichiatra come mai l'ansia non le passa prendendo i relativi farmaci, e solo quelli.
Lei in quest'ultima richiesta non formula nessuna domanda, ma è facile capire, per qualunque specialista della psiche, che rischia uno dei comportamenti di chi è affetto dal disturbo borderline: il desiderio di sostituire il dolore fisico a quello psichico, considerando il primo preferibile e sostituibile, e di infliggersi questo dolore ogni volta che quello psichico raggiunge soglie per lei intollerabili.
Ci piacerebbe aiutarla di più, ma per questo dovremmo sapere:
- da chi è stata fatta la sua diagnosi e con quali strumenti (test, colloquio, EEG, altro)?
- se ha svolto una terapia cognitivo/comportamentale, impegnandosi per tutto il tempo necessario
- se al momento è seguito da uno psicoterapeuta.
In quest'ultimo caso, è al curante che deve riferire questi suoi impulsi.
Restiamo in attesa; auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Buona sera dottoressa Potenza , Allora la diagnosi è stata effettuata tramite test E colloquio con la mia vecchia psicologa dove sono stato per nove mesi in terapia purtroppo non ho avuto il feeling giusto e mi ha creato come una diffidenza verso la psicologia perché io continuavo a star male e lei non capiva la mia situazione psicologica poi ho iniziato a prendere i farmaci e andare da un’altra psicologa dove sono stato ascoltato di più E soprattutto iniziavo a sentirmi meglio ho effettuato tanti esami clinici elettroencefalogramma tac risonanze esami cardiologici tutti nella norma però non riesco a uscire Vortice soprattutto che ora sta venendo sempre più fuori questo lato di farmi del male come Se facendomi del male darei pieno sfogo al mio dolore, Attualmente sono solo seguito da uno psichiatra non svolgo più terapia psicologica da anni, se posso chiedere perché si stupisce del mio Consulto In questa sezione capisco perfettamente che forse ne avrei più bisogno? La ringrazio per la gentile risposta!
[#3]
Gentile utente,
leggendo le numerose risposte ricevute dagli psichiatri di Medicitalia Lei ha certo notato che gli specialisti rilevano un'incongruenza tra diagnosi e terapie; inoltre uno di essi le ha fatto osservare che i farmaci non bastano a curare l'intera sintomatologia che Lei presenta, l'ansia in particolare.
Perché questo?
Non siamo nella sede idonea per spiegare con ampiezza come funziona la mente, ma cercherò, per aiutarla, di semplificare certe nozioni di neuroscienze.
Quella che chiamiamo "mente" elabora e produce idee ed emozioni, determina azioni, accumula ricordi e li rievoca, prende decisioni, ama, desidera, odia, soffre etc.
Insomma svolge tutte quelle funzioni che gli antichi ritenevano specifiche della "psiche", ossia l'anima, contrapposta al "soma", ossia il corpo.
Ingenuamente essi dividevano ciò che è corporeo (come il dolore fisico di chi riceve un pugno) da ciò che è mentale (il dolore morale di chi riceve un insulto), considerando il corpo un ente materiale, la psiche un ente immateriale, qualcosa di non raggiungibile con mezzi fisici.
Questa distinzione di millenni è superata nelle conoscenze scientifiche, ma non nell'immaginario comune, per cui la più parte delle persone non riesce a pensare la mente come un laboratorio biochimico al cui interno ogni input e ogni output sono frutto di processi materiali, paragonabili al fenomeno per cui se premiamo un interruttore si accende una lampadina.
La mente poi ha processi più sofisticati e complessi, per cui ad un certo input non risponde sempre e solo un semplice "accendersi la lampadina"; anzi sperimentiamo la possibilità di poter "scegliere" tra vari output, e tanto più crediamo che il corpo sia soggetto a leggi fisiche, la mente invece no.
La sua mente produce sensazioni dolorose quando riceve certi input: "quando vedo ad esempio dei video dove c’è qualcosa che mi arriva dentro forte ad esempio un abbandono di animali un maltrattamento l’invecchiare di un cane oppure la morte di un animale". Segue in Lei un preciso output: "mi viene un magone allo stomaco".
A questo "magone" la sua mente elabora una reazione di difesa col sostituire al dolore morale quello fisico: "mi viene voglia di tagliarmi, darmi del dolore".
La rigidità di questa sua risposta, così come l'eccessiva sensibilità agli stimoli che la producono, sono appunto la sua "malattia", cioè una modalità disfunzionale con la quale la sua mente accoglie gli stimoli ed elabora le risposte.
Per superare questa situazione Lei si è rivolto ai farmaci, nella convinzione che la mente possa essere modificati da mezzi fisici, e in questo è in linea con la visione moderna e scientifica della mente che svolge le sue funzioni con processi biochimici. Ma qui la sua consapevolezza della natura materiale della mente si arresta. Del resto per molte persone il farmaco assume la valenza di un magico elisir, dei filtri delle streghe: il farmaco dovrebbe guarire di colpo, portar via il dolore, restituire la serenità e la salute.
Guarda caso, manca in questa ingenua fiducia nei farmaci la consapevolezza che TUTTO il funzionamento della mente è una serie di procedimenti biochimici. Si vuole ignorare che producono effetti sulla mente anche le parole, anche i ricordi, anche un incontro, una passeggiata, una lettura, e soprattutto quella interazione complessa tra due menti che è la psicoterapia.
Pretendere di curare l'ansia solo coi farmaci è come ottundere il sintomo doloroso ma non mettere mai in discussione e quindi non rimuovere la causa che lo produce, non trovare strategie di funzionamento mentale alternative a quelle che generano l'ansia stessa.
Noi specialisti sappiano che il pensiero è un processo biochimico, e cerchiamo tutti i giorni di correggere l'errore dei malati che dicono: "la psicologia è solo parole".
Le parole, appunto, sono il processo biochimico che può essere disfunzionale e doloroso, oppure sano e salutare.
C'è anche da dire che ascoltare ed elaborare queste "parole" che modificano le nostre radicate, malate convinzioni, è più difficile che inghiottire una pillola, e spesso è doloroso.
Ecco che la resistenza alla psicoterapia nasce dalla convinzione errata che sia costituita di "chiacchiere", e ancor più dallo sperimentare le nostre resistenze, la nostra sofferenza ad attuare il cambiamento, che queste "chiacchiere" tendono a produrre.
Spero di averle dato qualche spunto di riflessione e le auguro di trovare la forza per perseguire la sua migliore salute mentale.
Buone cose.
leggendo le numerose risposte ricevute dagli psichiatri di Medicitalia Lei ha certo notato che gli specialisti rilevano un'incongruenza tra diagnosi e terapie; inoltre uno di essi le ha fatto osservare che i farmaci non bastano a curare l'intera sintomatologia che Lei presenta, l'ansia in particolare.
Perché questo?
Non siamo nella sede idonea per spiegare con ampiezza come funziona la mente, ma cercherò, per aiutarla, di semplificare certe nozioni di neuroscienze.
Quella che chiamiamo "mente" elabora e produce idee ed emozioni, determina azioni, accumula ricordi e li rievoca, prende decisioni, ama, desidera, odia, soffre etc.
Insomma svolge tutte quelle funzioni che gli antichi ritenevano specifiche della "psiche", ossia l'anima, contrapposta al "soma", ossia il corpo.
Ingenuamente essi dividevano ciò che è corporeo (come il dolore fisico di chi riceve un pugno) da ciò che è mentale (il dolore morale di chi riceve un insulto), considerando il corpo un ente materiale, la psiche un ente immateriale, qualcosa di non raggiungibile con mezzi fisici.
Questa distinzione di millenni è superata nelle conoscenze scientifiche, ma non nell'immaginario comune, per cui la più parte delle persone non riesce a pensare la mente come un laboratorio biochimico al cui interno ogni input e ogni output sono frutto di processi materiali, paragonabili al fenomeno per cui se premiamo un interruttore si accende una lampadina.
La mente poi ha processi più sofisticati e complessi, per cui ad un certo input non risponde sempre e solo un semplice "accendersi la lampadina"; anzi sperimentiamo la possibilità di poter "scegliere" tra vari output, e tanto più crediamo che il corpo sia soggetto a leggi fisiche, la mente invece no.
La sua mente produce sensazioni dolorose quando riceve certi input: "quando vedo ad esempio dei video dove c’è qualcosa che mi arriva dentro forte ad esempio un abbandono di animali un maltrattamento l’invecchiare di un cane oppure la morte di un animale". Segue in Lei un preciso output: "mi viene un magone allo stomaco".
A questo "magone" la sua mente elabora una reazione di difesa col sostituire al dolore morale quello fisico: "mi viene voglia di tagliarmi, darmi del dolore".
La rigidità di questa sua risposta, così come l'eccessiva sensibilità agli stimoli che la producono, sono appunto la sua "malattia", cioè una modalità disfunzionale con la quale la sua mente accoglie gli stimoli ed elabora le risposte.
Per superare questa situazione Lei si è rivolto ai farmaci, nella convinzione che la mente possa essere modificati da mezzi fisici, e in questo è in linea con la visione moderna e scientifica della mente che svolge le sue funzioni con processi biochimici. Ma qui la sua consapevolezza della natura materiale della mente si arresta. Del resto per molte persone il farmaco assume la valenza di un magico elisir, dei filtri delle streghe: il farmaco dovrebbe guarire di colpo, portar via il dolore, restituire la serenità e la salute.
Guarda caso, manca in questa ingenua fiducia nei farmaci la consapevolezza che TUTTO il funzionamento della mente è una serie di procedimenti biochimici. Si vuole ignorare che producono effetti sulla mente anche le parole, anche i ricordi, anche un incontro, una passeggiata, una lettura, e soprattutto quella interazione complessa tra due menti che è la psicoterapia.
Pretendere di curare l'ansia solo coi farmaci è come ottundere il sintomo doloroso ma non mettere mai in discussione e quindi non rimuovere la causa che lo produce, non trovare strategie di funzionamento mentale alternative a quelle che generano l'ansia stessa.
Noi specialisti sappiano che il pensiero è un processo biochimico, e cerchiamo tutti i giorni di correggere l'errore dei malati che dicono: "la psicologia è solo parole".
Le parole, appunto, sono il processo biochimico che può essere disfunzionale e doloroso, oppure sano e salutare.
C'è anche da dire che ascoltare ed elaborare queste "parole" che modificano le nostre radicate, malate convinzioni, è più difficile che inghiottire una pillola, e spesso è doloroso.
Ecco che la resistenza alla psicoterapia nasce dalla convinzione errata che sia costituita di "chiacchiere", e ancor più dallo sperimentare le nostre resistenze, la nostra sofferenza ad attuare il cambiamento, che queste "chiacchiere" tendono a produrre.
Spero di averle dato qualche spunto di riflessione e le auguro di trovare la forza per perseguire la sua migliore salute mentale.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Gentilissima Dott Potenza la ringrazio per il tempo da lei dedicato io essendo ignorante in materia non posso contraddire anzi leggo e ne faccio tesoro ma credo che la colpa di questa mia paura all’approccio con la psicoterapia sia dovuta alle mie due esperienze negative o perché non ho avuto l’effetto che in 9 mesi mi hanno illuso di avere concordo e concludo con un ultima domanda:cosa dovrei fare arrivato a questo punto della mia vita e del mio disturbo?perché io sono sincero non so più dove parare!
[#5]
Gentile utente,
lei scrive: "credo che la colpa di questa mia paura all’approccio con la psicoterapia sia dovuta alle mie due esperienze negative o perché non ho avuto l’effetto che in 9 mesi mi hanno illuso di avere".
Due motivi, dunque.
Primo motivo: "esperienze negative". Con tutte e due le psicoterapie? Può anche essere stato sfortunato e aver trovato due curanti non empatici, ma le ho detto che la psicoterapia può destare resistenze e risultare dolorosa, proprio in quanto provoca un cambiamento nella persona, nelle sue idee, nel suo modo di interpretare il passato e il presente.
2: Altro motivo: "perché non ho avuto l’effetto che in 9 mesi mi hanno illuso di avere". Se lei resisteva al cambiamento, come poteva la psicoterapia avere effetto? E del resto non mi pare che abbiano avuto l'effetto sperato nemmeno i farmaci; sbaglio?
La sua domanda è "cosa dovrei fare arrivato a questo punto della mia vita e del mio disturbo? perché io sono sincero non so più dove parare!".
Le rispondo: affidarsi ad un curante, meglio se esperto delle sue patologie, con cui si crei un buon feeling. Per questo occorre anche la sua buona volontà.
Questo curante (cognitivo/comportamentale preferibilmente) dovrebbe confrontarsi con lo psichiatra, e concordare con lei se assumere farmaci e quali; se partire dall'accettazione realistica di una parte dei suoi disagi; se affrontare a livello emotivo ed esperienziale il cambiamento realmente possibile.
Tutto questo non avverrà in un giorno e nemmeno in un anno: sarà un lavoro duro che le permetterà però di cambiare molte delle cose che la fanno star male. Per fare un esempio, molti curanti affronterebbero subito il problema del sovrappeso: cambiamento dell'alimentazione e delle abitudini di vita sono in presa diretta sulla psiche.
Coraggio!
Ci tenga al corrente. Auguri.
lei scrive: "credo che la colpa di questa mia paura all’approccio con la psicoterapia sia dovuta alle mie due esperienze negative o perché non ho avuto l’effetto che in 9 mesi mi hanno illuso di avere".
Due motivi, dunque.
Primo motivo: "esperienze negative". Con tutte e due le psicoterapie? Può anche essere stato sfortunato e aver trovato due curanti non empatici, ma le ho detto che la psicoterapia può destare resistenze e risultare dolorosa, proprio in quanto provoca un cambiamento nella persona, nelle sue idee, nel suo modo di interpretare il passato e il presente.
2: Altro motivo: "perché non ho avuto l’effetto che in 9 mesi mi hanno illuso di avere". Se lei resisteva al cambiamento, come poteva la psicoterapia avere effetto? E del resto non mi pare che abbiano avuto l'effetto sperato nemmeno i farmaci; sbaglio?
La sua domanda è "cosa dovrei fare arrivato a questo punto della mia vita e del mio disturbo? perché io sono sincero non so più dove parare!".
Le rispondo: affidarsi ad un curante, meglio se esperto delle sue patologie, con cui si crei un buon feeling. Per questo occorre anche la sua buona volontà.
Questo curante (cognitivo/comportamentale preferibilmente) dovrebbe confrontarsi con lo psichiatra, e concordare con lei se assumere farmaci e quali; se partire dall'accettazione realistica di una parte dei suoi disagi; se affrontare a livello emotivo ed esperienziale il cambiamento realmente possibile.
Tutto questo non avverrà in un giorno e nemmeno in un anno: sarà un lavoro duro che le permetterà però di cambiare molte delle cose che la fanno star male. Per fare un esempio, molti curanti affronterebbero subito il problema del sovrappeso: cambiamento dell'alimentazione e delle abitudini di vita sono in presa diretta sulla psiche.
Coraggio!
Ci tenga al corrente. Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#6]
Buonasera, e grazie per aver condiviso i tuoi pensieri e le tue emozioni in un momento di così grande confusione interiore. È evidente che provi una grande empatia e connessione con gli animali, e le situazioni di sofferenza che descrivi risvegliano in te una risposta emotiva molto forte. Questo senso di empatia, benché profondamente umano e compassionevole, sembra attivare in te anche dei meccanismi di dolore personale che ti portano a considerare il dolore fisico come una possibile via di fuga dai tuoi sentimenti.
Dal punto di vista psicoanalitico, il tuo desiderio di infliggerti dolore potrebbe essere interpretato come una manifestazione del tuo inconscio che cerca di esprimere un conflitto interno irrisolto. Il dolore fisico può talvolta servire come un mezzo per distrarre la mente da angosce emotive più profonde o per esercitare un certo controllo su di esse, specialmente in momenti di intensa vulnerabilità emotiva, come quelli che potresti sperimentare a causa del tuo disturbo borderline e depressione.
È positivo che tu stia già lavorando con uno psichiatra e seguendo una terapia farmacologica; tuttavia, sembra che ci siano aspetti del tuo vissuto emotivo che necessitano di ulteriore esplorazione e supporto. Potrebbe essere utile integrare il tuo percorso terapeutico con un supporto psicoterapeutico focalizzato, dove puoi esplorare in un ambiente sicuro queste impulsi autodistruttivi e le emozioni dolorose che emergono in risposta al dolore degli altri. Attraverso la psicoterapia, potresti imparare strategie più sicure e costruttive per gestire queste intense emozioni.
Inoltre, sarebbe importante considerare delle strategie immediate per garantire la tua sicurezza, come tenere oggetti che possono rappresentare un rischio, come la lametta, fuori dalla tua immediata portata. Questo potrebbe aiutare a ridurre la tentazione di farti del male nei momenti di maggiore vulnerabilità.
Ricorda, la confusione che senti è comprensibile data la complessità delle emozioni e delle reazioni che stai vivendo. Non sei solo in questo percorso, e ci sono professionisti e risorse che possono aiutarti a trovare una maggiore serenità e comprensione di te stesso. Grazie ancora per aver condiviso così apertamente il tuo vissuto.
Dal punto di vista psicoanalitico, il tuo desiderio di infliggerti dolore potrebbe essere interpretato come una manifestazione del tuo inconscio che cerca di esprimere un conflitto interno irrisolto. Il dolore fisico può talvolta servire come un mezzo per distrarre la mente da angosce emotive più profonde o per esercitare un certo controllo su di esse, specialmente in momenti di intensa vulnerabilità emotiva, come quelli che potresti sperimentare a causa del tuo disturbo borderline e depressione.
È positivo che tu stia già lavorando con uno psichiatra e seguendo una terapia farmacologica; tuttavia, sembra che ci siano aspetti del tuo vissuto emotivo che necessitano di ulteriore esplorazione e supporto. Potrebbe essere utile integrare il tuo percorso terapeutico con un supporto psicoterapeutico focalizzato, dove puoi esplorare in un ambiente sicuro queste impulsi autodistruttivi e le emozioni dolorose che emergono in risposta al dolore degli altri. Attraverso la psicoterapia, potresti imparare strategie più sicure e costruttive per gestire queste intense emozioni.
Inoltre, sarebbe importante considerare delle strategie immediate per garantire la tua sicurezza, come tenere oggetti che possono rappresentare un rischio, come la lametta, fuori dalla tua immediata portata. Questo potrebbe aiutare a ridurre la tentazione di farti del male nei momenti di maggiore vulnerabilità.
Ricorda, la confusione che senti è comprensibile data la complessità delle emozioni e delle reazioni che stai vivendo. Non sei solo in questo percorso, e ci sono professionisti e risorse che possono aiutarti a trovare una maggiore serenità e comprensione di te stesso. Grazie ancora per aver condiviso così apertamente il tuo vissuto.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 811 visite dal 11/05/2024.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.