Violenza psicologica, ultimatum, ricatti e minacce dalla mia fidanzata
Salve, scrivo in merito al rapporto della mia ragazza.
37 anni, 32 anni lei.
Io sono un grafico libero professionista con un reddito da 1800 euro netti al mese in media, ovviamente precarissimi.
Lei è disoccupata.
Stiamo insieme da 8 anni.
Il problema è che pretende di essere sposata anche se non lavora e secondo me non lavorerà mai perché ha una concezione del mondo del lavoro irrealistica: vuole solo il lavoro dei sogni.
Ha perso 6 anni appresso a un lavoro anacronistico a pochi spicci al mese, che nemmeno le hanno pagato, per poi tra le lacrime abbandonare.
In due anni, nonostante le gentili richieste da parte mia e della sua famiglia ha mandato qualche mad e fatto qualche concorso.
Mai mandato un CV.
Mai fatto un master professionalizzante (che le avrei pagato io).
Niente.
Alterna fasi in cui è tranquilla a sfuriate in cui dice che se non la sposo la condanno all'infelicità, che voglio che muore da nubile, che la voglio condannare a vivere come una prostituta (io la rispetto sempre e non mi ha mai mosso critiche sulla sfera sessuale).
Ogni volta che fa le sfuriate ma alza l'asticella, fino a quando ieri mi ha dato l'ultimatum (o mi sposi o ti lascio).
L'ultimatum mi ha profondamente umiliato.
In primis perché le ho sempre ripetuto che era una linea rossa che non doveva assolutamente passare, e che avrebbe distrutto la relazione.
In secondo luogo, perché io sono l'unico che si sta impegnando per garantire un minimo di solidità.
Secondo alcuni confidenti, mi sto calando le brache.
Le ho promesso che se non trova lavoro mi faccio carico io (anche se ho solo un reddito precario da 1800 euro), ma prima voglio vedere se sono in grado di sopportarlo, magari con qualche mese di convivenza (come prova).
Lei a tratti pare accettare a tratti fa le sfuriate che dicevo.
In queste sfuriate, si vuole sposare, punto e basta, non vuole sentire ragioni.
Durante queste sfuriate, nemmeno qualche mese per vedere se riesco a sopportare il carico mi concede.
Si vuole sposare e basta.
Dopo l'ultimatum ero pronto a prendermi una pausa, lei subodorando la mia decisione, è venuta piangendo e ha ritrattato tutto e fatto dichiarazioni di amore (ma non è certo la prima volta che lo fa, è un pattern).
E' venuta in macchina e, abitando a 30 km, vedendola scossa, non mi sono sentito di ferirla (non sarebbe stata in condizione di guidare).
Lei è tornata a casa pensando di aver salvato la relazione.
Sono io esagerato?
Lei ha tutto il diritto di pretendere?
(un tradizionalista potrebbe dirmi: hai 38 anni e non riesci a mantenere una famiglia, fallito).
Si merita di essere lasciata?
E' veramente violenza psicologica?
IMPORTANTISSIME NOTE DI CONTESTO.
Abbiamo vissuto insieme immagini tragedie, con lutti molto molto gravi, ci siamo sempre sostenuti a vicenda.
Io ho già un supporto psicologico per disturbo da stress post traumatico, lei non vuole fare psicoterapia anche se mi ero proposto di pagargliela.
Ps.
Io le ho sempre spiegato il mio punto di vista.
37 anni, 32 anni lei.
Io sono un grafico libero professionista con un reddito da 1800 euro netti al mese in media, ovviamente precarissimi.
Lei è disoccupata.
Stiamo insieme da 8 anni.
Il problema è che pretende di essere sposata anche se non lavora e secondo me non lavorerà mai perché ha una concezione del mondo del lavoro irrealistica: vuole solo il lavoro dei sogni.
Ha perso 6 anni appresso a un lavoro anacronistico a pochi spicci al mese, che nemmeno le hanno pagato, per poi tra le lacrime abbandonare.
In due anni, nonostante le gentili richieste da parte mia e della sua famiglia ha mandato qualche mad e fatto qualche concorso.
Mai mandato un CV.
Mai fatto un master professionalizzante (che le avrei pagato io).
Niente.
Alterna fasi in cui è tranquilla a sfuriate in cui dice che se non la sposo la condanno all'infelicità, che voglio che muore da nubile, che la voglio condannare a vivere come una prostituta (io la rispetto sempre e non mi ha mai mosso critiche sulla sfera sessuale).
Ogni volta che fa le sfuriate ma alza l'asticella, fino a quando ieri mi ha dato l'ultimatum (o mi sposi o ti lascio).
L'ultimatum mi ha profondamente umiliato.
In primis perché le ho sempre ripetuto che era una linea rossa che non doveva assolutamente passare, e che avrebbe distrutto la relazione.
In secondo luogo, perché io sono l'unico che si sta impegnando per garantire un minimo di solidità.
Secondo alcuni confidenti, mi sto calando le brache.
Le ho promesso che se non trova lavoro mi faccio carico io (anche se ho solo un reddito precario da 1800 euro), ma prima voglio vedere se sono in grado di sopportarlo, magari con qualche mese di convivenza (come prova).
Lei a tratti pare accettare a tratti fa le sfuriate che dicevo.
In queste sfuriate, si vuole sposare, punto e basta, non vuole sentire ragioni.
Durante queste sfuriate, nemmeno qualche mese per vedere se riesco a sopportare il carico mi concede.
Si vuole sposare e basta.
Dopo l'ultimatum ero pronto a prendermi una pausa, lei subodorando la mia decisione, è venuta piangendo e ha ritrattato tutto e fatto dichiarazioni di amore (ma non è certo la prima volta che lo fa, è un pattern).
E' venuta in macchina e, abitando a 30 km, vedendola scossa, non mi sono sentito di ferirla (non sarebbe stata in condizione di guidare).
Lei è tornata a casa pensando di aver salvato la relazione.
Sono io esagerato?
Lei ha tutto il diritto di pretendere?
(un tradizionalista potrebbe dirmi: hai 38 anni e non riesci a mantenere una famiglia, fallito).
Si merita di essere lasciata?
E' veramente violenza psicologica?
IMPORTANTISSIME NOTE DI CONTESTO.
Abbiamo vissuto insieme immagini tragedie, con lutti molto molto gravi, ci siamo sempre sostenuti a vicenda.
Io ho già un supporto psicologico per disturbo da stress post traumatico, lei non vuole fare psicoterapia anche se mi ero proposto di pagargliela.
Ps.
Io le ho sempre spiegato il mio punto di vista.
[#1]
Gentile utente,
prima di risponderle ho letto tutte le sue 47 richieste di consulto e i pareri offerti dai miei colleghi.
A questo punto francamente la risposta immediata è questa: dovreste accedere ad una consulenza di coppia, che in pochi incontri potrebbe ripristinare una comunicazione tra voi al momento compromessa.
Negli anni, a causa delle tragedie che lei ci ha documentato, vi siete esasperati a vicenda, complice anche la sua attitudine dirigista per cui tende a dire all'altra cosa dovrebbe fare, anche quando lei stesso non ha dimostrato di realizzare sempre il meglio per sé.
Nuovamente in quest'ultima email si avvertono alcune sue pretese che sembrano ispirate più a rigidità che a buon senso, e lo stesso avviene da parte della sua donna, le cui richieste assumono l'aspetto di ultimatum. D'altra parte state insieme da otto anni, avete passato i trenta, e l'orologio biologico non torna indietro.
Lei osserva che la ragazza non è realistica nel cercare un lavoro, ma poi dice che ha fatto dei concorsi. Quali titoli e competenze ha la sua fidanzata?
Una mediazione alternativa alla "convivenza di prova" che lei propone sarebbe, ripeto, l'accettare una consulenza di coppia.
Lei stesso in terapia, potrebbe valutare l'ultilità di questa proposta col suo curante. Naturalmente non può essere lui stesso a prendere in cura voi due.
Buone cose.
prima di risponderle ho letto tutte le sue 47 richieste di consulto e i pareri offerti dai miei colleghi.
A questo punto francamente la risposta immediata è questa: dovreste accedere ad una consulenza di coppia, che in pochi incontri potrebbe ripristinare una comunicazione tra voi al momento compromessa.
Negli anni, a causa delle tragedie che lei ci ha documentato, vi siete esasperati a vicenda, complice anche la sua attitudine dirigista per cui tende a dire all'altra cosa dovrebbe fare, anche quando lei stesso non ha dimostrato di realizzare sempre il meglio per sé.
Nuovamente in quest'ultima email si avvertono alcune sue pretese che sembrano ispirate più a rigidità che a buon senso, e lo stesso avviene da parte della sua donna, le cui richieste assumono l'aspetto di ultimatum. D'altra parte state insieme da otto anni, avete passato i trenta, e l'orologio biologico non torna indietro.
Lei osserva che la ragazza non è realistica nel cercare un lavoro, ma poi dice che ha fatto dei concorsi. Quali titoli e competenze ha la sua fidanzata?
Una mediazione alternativa alla "convivenza di prova" che lei propone sarebbe, ripeto, l'accettare una consulenza di coppia.
Lei stesso in terapia, potrebbe valutare l'ultilità di questa proposta col suo curante. Naturalmente non può essere lui stesso a prendere in cura voi due.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Salve,
Grazie mille per la risposta.
I consulti che ha letto sono di tanto tempo fa, è da parecchio che non dirigo alcunché, a tal punto che la mia ragazza ha potuto mantenere un approccio molto lasso nei confronti del lavoro (tutto giusto, chi sono io per dire alle persone cosa fare?)
Sì, ha fatto dei concorsi, tre per la precisione, ma non ha preso alcuna abilitazione all'insegnamento, non ha recuperato i crediti per accedere alla classe di concorso che le mancava, non ha mandato CV né niente. Come ho già accennato, io e la sua famiglia ci siamo messi spesso a disposizione per farla studiare di nuovo, per maturare competenze necessarie all'avvio di una carriera. Lei ha sempre rifiutato dicendo che, se mai lavorerà, farà sempre e solo quello che le piace. Secondo lei questo è un approccio utile e sufficiente? Io stesso in 12 anni ho cambiato 3 volte lavoro per seguire il mercato (riprofessionalizzandomi) e lo stesso fanno le persone della mia disgraziata generazione. Ho la sensazione che la realtà sia questa.
Sono d'accordo con lei che l'orologio biologico scorre inesorabile, infatti sono disposto a mettermi pacificamente da parte per consentirle di trovare una persona che condivide le sue priorità.
Specifico, che tutto quello che ho detto qui, e tanto altro, l'ho detti a lei, e più e più volte.
Lei mi dice che sono rigido più che razionale. E potrebbe essere vero. Proprio per questo ho scritto, per guardarmi da fuori. Perché la mia richiesta è sinonimo di rigidità?
Un'altra nota di contesto. La mia posizione di partenza era quella di tutti: si parla di vita insieme quando ci sono le condizioni emotive ed economiche. Mi sono mosso verso di lei, assumendo la responsabilità di un mantenimento totale, nel caso in cui lei fallisse, a patto però di verificare la mia tenuta e quella della coppia (convivenza prima di qualsiasi decisione irreversibile). A parere mio, ho percorso lungamente la strada del compromesso. Secondo lei no?
Per quanto concerne la terapia di coppia, sarei d'accordissimo, ma lei non vuole sentire parlare di psicologo, è stata sempre categorica su sto punto.
Grazie mille per la risposta.
I consulti che ha letto sono di tanto tempo fa, è da parecchio che non dirigo alcunché, a tal punto che la mia ragazza ha potuto mantenere un approccio molto lasso nei confronti del lavoro (tutto giusto, chi sono io per dire alle persone cosa fare?)
Sì, ha fatto dei concorsi, tre per la precisione, ma non ha preso alcuna abilitazione all'insegnamento, non ha recuperato i crediti per accedere alla classe di concorso che le mancava, non ha mandato CV né niente. Come ho già accennato, io e la sua famiglia ci siamo messi spesso a disposizione per farla studiare di nuovo, per maturare competenze necessarie all'avvio di una carriera. Lei ha sempre rifiutato dicendo che, se mai lavorerà, farà sempre e solo quello che le piace. Secondo lei questo è un approccio utile e sufficiente? Io stesso in 12 anni ho cambiato 3 volte lavoro per seguire il mercato (riprofessionalizzandomi) e lo stesso fanno le persone della mia disgraziata generazione. Ho la sensazione che la realtà sia questa.
Sono d'accordo con lei che l'orologio biologico scorre inesorabile, infatti sono disposto a mettermi pacificamente da parte per consentirle di trovare una persona che condivide le sue priorità.
Specifico, che tutto quello che ho detto qui, e tanto altro, l'ho detti a lei, e più e più volte.
Lei mi dice che sono rigido più che razionale. E potrebbe essere vero. Proprio per questo ho scritto, per guardarmi da fuori. Perché la mia richiesta è sinonimo di rigidità?
Un'altra nota di contesto. La mia posizione di partenza era quella di tutti: si parla di vita insieme quando ci sono le condizioni emotive ed economiche. Mi sono mosso verso di lei, assumendo la responsabilità di un mantenimento totale, nel caso in cui lei fallisse, a patto però di verificare la mia tenuta e quella della coppia (convivenza prima di qualsiasi decisione irreversibile). A parere mio, ho percorso lungamente la strada del compromesso. Secondo lei no?
Per quanto concerne la terapia di coppia, sarei d'accordissimo, ma lei non vuole sentire parlare di psicologo, è stata sempre categorica su sto punto.
[#3]
Gentile utente,
la discussione su queste pagine potrebbe protrarsi senza approdare a nulla, trasformandosi nello stesso sport che lei pratica con la sua ragazza: il tiro alla fune, o il muro contro muro.
Proprio perché tra di voi si è istaurata questa modalità di comunicazione disfunzionale le ho suggerito qualche colloquio con un esperto di coppie.
Se la sua ragazza è allergica alla parola "psicologo", lo chiami "specialista della comunicazione", "esperto delle relazioni" o Mago-Bakù-aiutaci-tu, a sua scelta.
Abbia però l'accortezza di scegliere un vero psicologo regolarmente iscritto all'albo.
Tra le molte cose che emergono in questa sua ultima richiesta di consulto che andrebbero discusse a voce c'è la frase: "sono disposto a mettermi pacificamente da parte per consentirle di trovare una persona che condivide le sue priorità".
Frase quanto mai ambigua che può significare: "Di te non mi importa più nulla, vai con chi ti pare", oppure: "Sono irritato e ti voglio buttare in faccia la mia indifferenza", o ancora: "Accetta le mie condizioni o vattene col primo che passa" e tante altre cose, tutte incompatibili con la volontà di salvare un rapporto di coppia.
Poi c'è la sua idea di suggerire alla sua ragazza l'insegnamento, verso il quale non sembra portata. Ma che laurea ha?
C'è l'idea, sempre di lei che ci scrive, della convivenza "di prova": ma esiste una casa che sia territorio neutro in cui potreste provare? Per quanto tempo? E con quali specifici test di compatibilità?
Altro da qui non mi sembra opportuno suggerirle.
In un lontano consulto, quando sua madre era molto malata, il dr. Catania, oncologo di valore, le offrì un incontro gratuito per sollecitudine verso il suo caso, ma lei non si presentò all'appuntamento.
Sarei tentata di offrirle anch'io uno dei colloqui gratuiti coi quali inizio il dialogo con le persone di cui mi prendo cura, per vedere se otterrei lo stesso risultato.
Col suo terapeuta valuti a fondo se lei è esasperato per le resistenze mostrate dalla sua ragazza, se è entrato in un'ottica oppositiva, o se la vostra relazione è giunta sentimentalmente al termine.
Buone cose.
la discussione su queste pagine potrebbe protrarsi senza approdare a nulla, trasformandosi nello stesso sport che lei pratica con la sua ragazza: il tiro alla fune, o il muro contro muro.
Proprio perché tra di voi si è istaurata questa modalità di comunicazione disfunzionale le ho suggerito qualche colloquio con un esperto di coppie.
Se la sua ragazza è allergica alla parola "psicologo", lo chiami "specialista della comunicazione", "esperto delle relazioni" o Mago-Bakù-aiutaci-tu, a sua scelta.
Abbia però l'accortezza di scegliere un vero psicologo regolarmente iscritto all'albo.
Tra le molte cose che emergono in questa sua ultima richiesta di consulto che andrebbero discusse a voce c'è la frase: "sono disposto a mettermi pacificamente da parte per consentirle di trovare una persona che condivide le sue priorità".
Frase quanto mai ambigua che può significare: "Di te non mi importa più nulla, vai con chi ti pare", oppure: "Sono irritato e ti voglio buttare in faccia la mia indifferenza", o ancora: "Accetta le mie condizioni o vattene col primo che passa" e tante altre cose, tutte incompatibili con la volontà di salvare un rapporto di coppia.
Poi c'è la sua idea di suggerire alla sua ragazza l'insegnamento, verso il quale non sembra portata. Ma che laurea ha?
C'è l'idea, sempre di lei che ci scrive, della convivenza "di prova": ma esiste una casa che sia territorio neutro in cui potreste provare? Per quanto tempo? E con quali specifici test di compatibilità?
Altro da qui non mi sembra opportuno suggerirle.
In un lontano consulto, quando sua madre era molto malata, il dr. Catania, oncologo di valore, le offrì un incontro gratuito per sollecitudine verso il suo caso, ma lei non si presentò all'appuntamento.
Sarei tentata di offrirle anch'io uno dei colloqui gratuiti coi quali inizio il dialogo con le persone di cui mi prendo cura, per vedere se otterrei lo stesso risultato.
Col suo terapeuta valuti a fondo se lei è esasperato per le resistenze mostrate dalla sua ragazza, se è entrato in un'ottica oppositiva, o se la vostra relazione è giunta sentimentalmente al termine.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Mi dispiace se la mia domanda "dov'è questa rigidità" può essere sembrata provocatoria, ma non lo era. Se ho scritto questo consulto era proprio per capire se la mia richiesta fosse razionale, legittima o addirittura fuori dal mondo, e nel caso capire il perché.
Lei ha dedotto che sia stato io a imporle l'insegnamento, e quindi le MAD e magari i concorsi. Queste sono scelte della mia ragazza, su cui io non ho mai messo becco (e ci mancherebbe). Per la cronaca io le ho suggerito, mettendo a disposizione tempo e denaro (con entusiasmo) di fare un master per fare una delle poche professioni in linea con i suoi studi e compatibile con la sua esperienza lavorativa. In alternativa, mi sono messo a disposizione per farle prendere i crediti e l'abilitazione all'insegnamento, visto che ci teneva.
Probabilmente la sua deduzione deriva dalla scarsa chiarezza del mio consulto, forse deriva anche dai consulti passati. Dal 2016 credo che una persona possa cambiare, soprattutto se nel frattempo ha vissuto una depressione con mania suicidarie, la morte di una madre per malattia e la morte di un fratello per incidente, una forte perdita economica, la perdita di un lavoro etc.
Per quanto riguarda il pur lodevole invito del dott. Catania nel lontano 2015, credo che possa immaginare i mille contrattempi che possono trattenere un care giver dal presentarsi in un giorno preciso, a un orario preciso, in un posto preciso. Lei ha dedotto che io non mi sia presentato per incuria, ma avrebbe potuto dedurre anche che, visto la mia improvvisa scomparsa da quel thread, evidentemente era successo qualcosa.
Ho pesanti limiti e tendo ai fallimenti. La mia speranza è imparare ad accettarli. Se dovrò pagare con la solitudine il non riuscire a 37 anni a mantenere da solo una famiglia, quando di alternative non ce ne sono, potrei anche essere pronto a farlo. Soprattutto se l'unico ostacolo al raggiungimento del suo obiettivo sono io. Il mio "farmi da parte" lo intendo così (e gliel'ho spiegato alla mia ragazza).
Per quanto riguarda la convivenza, nei momenti di "up" della mia ragazza, abbiamo trovato casa. Manca solo la firma in teoria (e ovviamente il tempo non è dalla nostra parte). Io ho deciso la zona, perché i miei obblighi assistenziali sono oggettivamente più pesanti di lei (il mio unico genitore è solo, il suo unico genitore no). Lei ha scelto la casa, tra quelle disponibili in zona e tutto il resto. Nei momenti "up" sembra entusiasta. Nel momento delle sfuriate mi promette "guerra ogni giorno" quando andremo a convivere perché non ho fissato le nozze.
I termini della convivenza sono semplici: se in un tot di mesi andiamo molto sotto, diminuiremo il nostro tenore di vita, se il diminuire il nostro tenore di vita creerà tensioni, l'esperimento sarà fallito. Se va tutto bene, se aumentiamo il nostro reddito o sono/siamo capaci di gestire un arretramento del tenore di vita, fisseremo le nozze. Questi termini li ho proposti io, e lei - sempre nelle fasi di "up" - li ha accettate con apparente serenità. Nelle sfuriate mi ripropone tutte le accuse che ho detto.
Ripropongo con assoluta cordialità il quesito: sono io rigido? Se sì, perché? Ripeto, non è un polemica. Semplicemente sono stato rigido in passato, potrei esserlo anche ora, quindi un punto di vista esterno da parte di uno specialista è per me un elemento importante per valutarmi da fuori. ,
Lei ha dedotto che sia stato io a imporle l'insegnamento, e quindi le MAD e magari i concorsi. Queste sono scelte della mia ragazza, su cui io non ho mai messo becco (e ci mancherebbe). Per la cronaca io le ho suggerito, mettendo a disposizione tempo e denaro (con entusiasmo) di fare un master per fare una delle poche professioni in linea con i suoi studi e compatibile con la sua esperienza lavorativa. In alternativa, mi sono messo a disposizione per farle prendere i crediti e l'abilitazione all'insegnamento, visto che ci teneva.
Probabilmente la sua deduzione deriva dalla scarsa chiarezza del mio consulto, forse deriva anche dai consulti passati. Dal 2016 credo che una persona possa cambiare, soprattutto se nel frattempo ha vissuto una depressione con mania suicidarie, la morte di una madre per malattia e la morte di un fratello per incidente, una forte perdita economica, la perdita di un lavoro etc.
Per quanto riguarda il pur lodevole invito del dott. Catania nel lontano 2015, credo che possa immaginare i mille contrattempi che possono trattenere un care giver dal presentarsi in un giorno preciso, a un orario preciso, in un posto preciso. Lei ha dedotto che io non mi sia presentato per incuria, ma avrebbe potuto dedurre anche che, visto la mia improvvisa scomparsa da quel thread, evidentemente era successo qualcosa.
Ho pesanti limiti e tendo ai fallimenti. La mia speranza è imparare ad accettarli. Se dovrò pagare con la solitudine il non riuscire a 37 anni a mantenere da solo una famiglia, quando di alternative non ce ne sono, potrei anche essere pronto a farlo. Soprattutto se l'unico ostacolo al raggiungimento del suo obiettivo sono io. Il mio "farmi da parte" lo intendo così (e gliel'ho spiegato alla mia ragazza).
Per quanto riguarda la convivenza, nei momenti di "up" della mia ragazza, abbiamo trovato casa. Manca solo la firma in teoria (e ovviamente il tempo non è dalla nostra parte). Io ho deciso la zona, perché i miei obblighi assistenziali sono oggettivamente più pesanti di lei (il mio unico genitore è solo, il suo unico genitore no). Lei ha scelto la casa, tra quelle disponibili in zona e tutto il resto. Nei momenti "up" sembra entusiasta. Nel momento delle sfuriate mi promette "guerra ogni giorno" quando andremo a convivere perché non ho fissato le nozze.
I termini della convivenza sono semplici: se in un tot di mesi andiamo molto sotto, diminuiremo il nostro tenore di vita, se il diminuire il nostro tenore di vita creerà tensioni, l'esperimento sarà fallito. Se va tutto bene, se aumentiamo il nostro reddito o sono/siamo capaci di gestire un arretramento del tenore di vita, fisseremo le nozze. Questi termini li ho proposti io, e lei - sempre nelle fasi di "up" - li ha accettate con apparente serenità. Nelle sfuriate mi ripropone tutte le accuse che ho detto.
Ripropongo con assoluta cordialità il quesito: sono io rigido? Se sì, perché? Ripeto, non è un polemica. Semplicemente sono stato rigido in passato, potrei esserlo anche ora, quindi un punto di vista esterno da parte di uno specialista è per me un elemento importante per valutarmi da fuori. ,
[#5]
Gentile utente,
evidentemente lo scritto provoca troppi equivoci. Il mio invito a sentirci dal vivo non era solo un test e lo ribadisco qui.
Cercherò di chiarire il mio pensiero, ancora una volta col metodo imperfetto della scrittura, allo scopo di aiutarla a vedere sotto un altro punto di vista le decisioni che lei pone davanti alla sua fidanzata in maniera forse troppo perentoria.
Scrive: "Mi dispiace se la mia domanda "dov'è questa rigidità" può essere sembrata provocatoria, ma non lo era".
Dove ho definito provocatoria la sua domanda, ovvero ho suggerito l'idea di percepirla come tale? Non ne ho mai avuto l'intenzione.
Quanto al fatto che lei prospetti per la sua ragazza l'insegnamento, non è che io l'ho dedotto; lei ha scritto: "ha fatto dei concorsi, tre per la precisione, ma non ha preso alcuna abilitazione all'insegnamento, non ha recuperato i crediti per accedere alla classe di concorso che le mancava".
Forse la sua ragazza non aveva scelto l'insegnamento nell'iscriversi alla facoltà in cui si è laureata; lei che ci scrive mostra invece il desiderio che questa strada venga tentata. Sbaglio?
Per la sua tendenza a suggerire all'altro cosa fare, ho tenuto presente il suo penultimo consulto, del 2022.
Quello che scrive sul mancato accoglimento dell'invito del dr Catania è senz'altro vero: il prevalere di altre urgenze era una possibilità che avevo immaginato, e non mi sono mai sognata di attribuirlo, come lei scrive, ad "incuria".
Veniamo infine alla convivenza. L'ha decisa lei che ci scrive, contro il desiderio della sua ragazza che preferirebbe il matrimonio. Nell'ipotesi di un solo stipendio, le ha dato il valore di un test: "se il diminuire il nostro tenore di vita creerà tensioni, l'esperimento sarà fallito. Se va tutto bene, se aumentiamo il nostro reddito o sono/siamo capaci di gestire un arretramento del tenore di vita, fisseremo le nozze".
Questa non è una dichiarazione d'amore incondizionato, non le pare? Piuttosto sembra una minaccia: "Proviamo col mio solo stipendio, se non vuoi lavorare, ma se finisce male, addio!".
Lei sembra inoltre far coincidere il "razionale" col "buon senso", e anche per questo ha equivocato la risposta in cui dicevo che alcune sue pretese sembrano ispirate più a rigidità che a buon senso. In altre parole, manca di intelligenza emotiva. Prende le richieste della sua ragazza nel loro significato letterale e le scarta come assurde, perché non ne legge il significato emotivo di fondo; ignora i bisogni che esprimono.
Per esempio, il fatto che lei scelga una casa vicina a quella di suo padre è lodevole sul piano dei valori familiari, è utile, mancando a suo padre un'altra forma di supporto, ma non vede che per la sua ragazza può essere un ennesimo ostacolo ai suoi desideri, già tanto feriti dalla serie di lutti che hanno funestato le vostre vite?
Se a questo punto lei dice: "E io che ci posso fare? Non è colpa mia e non c'è altra soluzione", in pratica sostituisce la "razionalità" (e le sue proprie esigenze) a quella che potrebbe essere un'affettuosa richiesta e offerta di comprensione tra lei e la sua ragazza. Consolarsi a vicenda di scelte alle quali vi obbliga una sorte sfavorevole, prospettarsi traguardi migliori, è diverso che imporre la propria idea come l'unica giusta, non crede?
Al fondo semba esserci la sua amara consapevolezza: "Ho pesanti limiti e tendo ai fallimenti. La mia speranza è imparare ad accettarli. Se dovrò pagare con la solitudine il non riuscire a 37 anni a mantenere da solo una famiglia, quando di alternative non ce ne sono, potrei anche essere pronto a farlo".
Ne parli col suo psicologo, perché in questa forma, la sua visione può tradursi in una profezia negativa auto-avverantesi.
Le dico sinceramente che sarebbe un peccato: lo è per tutti; lei in particolare mostra, anche per il modo di scrivere, delle capacità che non dovrebbero andare sprecate.
Concludo col ribadire che se vuole "mettere alla prova" la sua ragazza, o meglio, tentare una mediazione utile e non distruttiva, la strada è quella della terapia di coppia.
Auguri di cuore.
evidentemente lo scritto provoca troppi equivoci. Il mio invito a sentirci dal vivo non era solo un test e lo ribadisco qui.
Cercherò di chiarire il mio pensiero, ancora una volta col metodo imperfetto della scrittura, allo scopo di aiutarla a vedere sotto un altro punto di vista le decisioni che lei pone davanti alla sua fidanzata in maniera forse troppo perentoria.
Scrive: "Mi dispiace se la mia domanda "dov'è questa rigidità" può essere sembrata provocatoria, ma non lo era".
Dove ho definito provocatoria la sua domanda, ovvero ho suggerito l'idea di percepirla come tale? Non ne ho mai avuto l'intenzione.
Quanto al fatto che lei prospetti per la sua ragazza l'insegnamento, non è che io l'ho dedotto; lei ha scritto: "ha fatto dei concorsi, tre per la precisione, ma non ha preso alcuna abilitazione all'insegnamento, non ha recuperato i crediti per accedere alla classe di concorso che le mancava".
Forse la sua ragazza non aveva scelto l'insegnamento nell'iscriversi alla facoltà in cui si è laureata; lei che ci scrive mostra invece il desiderio che questa strada venga tentata. Sbaglio?
Per la sua tendenza a suggerire all'altro cosa fare, ho tenuto presente il suo penultimo consulto, del 2022.
Quello che scrive sul mancato accoglimento dell'invito del dr Catania è senz'altro vero: il prevalere di altre urgenze era una possibilità che avevo immaginato, e non mi sono mai sognata di attribuirlo, come lei scrive, ad "incuria".
Veniamo infine alla convivenza. L'ha decisa lei che ci scrive, contro il desiderio della sua ragazza che preferirebbe il matrimonio. Nell'ipotesi di un solo stipendio, le ha dato il valore di un test: "se il diminuire il nostro tenore di vita creerà tensioni, l'esperimento sarà fallito. Se va tutto bene, se aumentiamo il nostro reddito o sono/siamo capaci di gestire un arretramento del tenore di vita, fisseremo le nozze".
Questa non è una dichiarazione d'amore incondizionato, non le pare? Piuttosto sembra una minaccia: "Proviamo col mio solo stipendio, se non vuoi lavorare, ma se finisce male, addio!".
Lei sembra inoltre far coincidere il "razionale" col "buon senso", e anche per questo ha equivocato la risposta in cui dicevo che alcune sue pretese sembrano ispirate più a rigidità che a buon senso. In altre parole, manca di intelligenza emotiva. Prende le richieste della sua ragazza nel loro significato letterale e le scarta come assurde, perché non ne legge il significato emotivo di fondo; ignora i bisogni che esprimono.
Per esempio, il fatto che lei scelga una casa vicina a quella di suo padre è lodevole sul piano dei valori familiari, è utile, mancando a suo padre un'altra forma di supporto, ma non vede che per la sua ragazza può essere un ennesimo ostacolo ai suoi desideri, già tanto feriti dalla serie di lutti che hanno funestato le vostre vite?
Se a questo punto lei dice: "E io che ci posso fare? Non è colpa mia e non c'è altra soluzione", in pratica sostituisce la "razionalità" (e le sue proprie esigenze) a quella che potrebbe essere un'affettuosa richiesta e offerta di comprensione tra lei e la sua ragazza. Consolarsi a vicenda di scelte alle quali vi obbliga una sorte sfavorevole, prospettarsi traguardi migliori, è diverso che imporre la propria idea come l'unica giusta, non crede?
Al fondo semba esserci la sua amara consapevolezza: "Ho pesanti limiti e tendo ai fallimenti. La mia speranza è imparare ad accettarli. Se dovrò pagare con la solitudine il non riuscire a 37 anni a mantenere da solo una famiglia, quando di alternative non ce ne sono, potrei anche essere pronto a farlo".
Ne parli col suo psicologo, perché in questa forma, la sua visione può tradursi in una profezia negativa auto-avverantesi.
Le dico sinceramente che sarebbe un peccato: lo è per tutti; lei in particolare mostra, anche per il modo di scrivere, delle capacità che non dovrebbero andare sprecate.
Concludo col ribadire che se vuole "mettere alla prova" la sua ragazza, o meglio, tentare una mediazione utile e non distruttiva, la strada è quella della terapia di coppia.
Auguri di cuore.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#6]
Utente
Salve,
Eh allora ho equivocato io. Comunque è lei che vuole fare l'insegnamento, infatti all'inizio ho scritto che ha mandato "concorsi e mad" ma capisco che la necessita di sintesi abbia reso il tutto meno masticabile.
A me va bene qualsiasi cosa, basta che cresciamo una famiglia in maniera decente. Scusi, ma ho visto troppe famiglie sfasciate dalle tensioni economiche per credere ai due cuori e una capanna. E non vedo perché rischiare che le tensioni economiche si abbattano sul rapporto e su poveri innocenti (eventuali figli) solo perché uno dei due genitori non ha voluto fare una cosa semplice come andare a lavorare o perché uno (ovvero io) non è capace di mantenere una famiglia da solo.
Per quanto riguarda la zona, se mi chiede se preferisco privare un signore di 85 anni che ha bisogno di compagnia e che ha perso tragicamente un figlio, della vicinanza dell'altro figlio solo per far risparmiare 10 minuti di macchina alla mia fidanzata (posto che sua madre ha 20 anni di meno e vive ben attorniata da figli e parenti), le rispondo chiaramente di no. A un certo punto esistono anche ragioni oggettive per prendere una decisione. In ogni caso questo è uno dei pochi punti su cui non ha mai posto obiezioni, nemmeno nei momenti peggiori.
Sulle profezie che si autoavverano so che c'è il rischio, spero di evitarlo. E' vero che i peggiori errori li ho compiuti quando ho manifestato estremo ottimismo, ma è anche vero che un buon equilibrio tra vanagloria e pessimismo sarebbe auspicabile.
Comunque per adesso stiamo continuando come se nulla fosse, lei è nella fase "up" e mi sta trattando molto bene. Io sono molto confuso e non so cosa pensare.
PS. La ringrazio per i complimenti.
Eh allora ho equivocato io. Comunque è lei che vuole fare l'insegnamento, infatti all'inizio ho scritto che ha mandato "concorsi e mad" ma capisco che la necessita di sintesi abbia reso il tutto meno masticabile.
A me va bene qualsiasi cosa, basta che cresciamo una famiglia in maniera decente. Scusi, ma ho visto troppe famiglie sfasciate dalle tensioni economiche per credere ai due cuori e una capanna. E non vedo perché rischiare che le tensioni economiche si abbattano sul rapporto e su poveri innocenti (eventuali figli) solo perché uno dei due genitori non ha voluto fare una cosa semplice come andare a lavorare o perché uno (ovvero io) non è capace di mantenere una famiglia da solo.
Per quanto riguarda la zona, se mi chiede se preferisco privare un signore di 85 anni che ha bisogno di compagnia e che ha perso tragicamente un figlio, della vicinanza dell'altro figlio solo per far risparmiare 10 minuti di macchina alla mia fidanzata (posto che sua madre ha 20 anni di meno e vive ben attorniata da figli e parenti), le rispondo chiaramente di no. A un certo punto esistono anche ragioni oggettive per prendere una decisione. In ogni caso questo è uno dei pochi punti su cui non ha mai posto obiezioni, nemmeno nei momenti peggiori.
Sulle profezie che si autoavverano so che c'è il rischio, spero di evitarlo. E' vero che i peggiori errori li ho compiuti quando ho manifestato estremo ottimismo, ma è anche vero che un buon equilibrio tra vanagloria e pessimismo sarebbe auspicabile.
Comunque per adesso stiamo continuando come se nulla fosse, lei è nella fase "up" e mi sta trattando molto bene. Io sono molto confuso e non so cosa pensare.
PS. La ringrazio per i complimenti.
[#7]
Gentile utente,
le rispondo ancora una volta e ancora una volta attenderò una sua risposta prima di chiudere.
Se in seguito lo vorrà, ci aggiornerà aprendo un'altra richiesta di consulto.
Rilevo anche da questo suo scritto la tendenza a porre le sue richieste in una forma categorica che le fa apparire delle pretese.
Vediamo i punti che analizza nel suo scritto.
1) Non credo nemmeno io nei "due cuori e una capanna"; credo però fermamente nella parità dei diritti, e il lavoro mi sembra un diritto inoppugnabile. In questo caso il suo complesso di "non essere capace di mantenere una famiglia da solo" le fa ignorare che l'indipendenza economica e l'autorealizzazione sono beni cui incoraggiare il partner.
Il lavoro è anche un dovere, verso i figli e verso il coniuge, ma prima di tutto è un diritto. Se la sua ragazza ha degli ostacoli interni che le precludono di lavorare, occorre comprendere questi ostacoli e curarli, non offrire soluzioni "pratiche" che possono solo acuire le sue resistenze ed esacerbare le sue incapacità.
2) Sul tema dell'ubicazione della casa in cui vivrete le avevo scritto che ha scelto lei, ancora una volta come se la sua fosse la legge mosaica, e suggerivo, non di rinunciare a questa scelta, bensì: "Consolarsi a vicenda di scelte alle quali vi obbliga una sorte sfavorevole, prospettarsi traguardi migliori, è diverso che imporre la propria idea come l'unica giusta, non crede?".
Lei risponde invece col solito modo tra polemico e perentorio: "se mi chiede se preferisco privare un signore di 85 anni che ha bisogno di compagnia e che ha perso tragicamente un figlio, della vicinanza dell'altro figlio solo per far risparmiare 10 minuti di macchina alla mia fidanzata (posto che sua madre ha 20 anni di meno e vive ben attorniata da figli e parenti), le rispondo chiaramente di no".
Quando mai le ho chiesto questo?
Non solo: lei ribadisce la sua certezza di essere nel giusto, così: "A un certo punto esistono anche ragioni oggettive per prendere una decisione".
Davvero? E le tante alternative che vengono regolarmente messe in atto da altri, sono tutte sbagliate? Per esempio, suo padre potrebbe vivere direttamente con lei o con sua sorella o con una badante o in una casa di riposo. E' proprio certo di essere la sua unica e migliore compagnia?
Inoltre le eventuali esigenze degli altri sono tutte irrazionali? Se la sua ragazza per esempio volesse subito dei figli e volesse la madre vicina, avrebbe torto?
Spero che capirà -ne ha gli strumenti- che non sto criticando le sue scelte, ma il modo categorico col quale vede un'unica soluzione e la impone.
Infine, non è questa la prima volta che mi chiedo se lei sia davvero ancora profondamente convinto di volere un futuro con la sua ragazza, o se una serie di elementi non abbiano logorato l'amore.
Ripeto che non credo ai "due cuori e una capanna" -salvo individui d'eccezione- ma credo molto meno ai matrimoni nati senza amore e senza stima, determinati da abitudine e senso di colpa e gravati di una pesante ipoteca inconscia, perché li ho visti fallire in maniera molto più frequente e dolorosa.
Per una volta, non prenda la squadra e il compasso per misurare i sentimenti.
Auguri.
le rispondo ancora una volta e ancora una volta attenderò una sua risposta prima di chiudere.
Se in seguito lo vorrà, ci aggiornerà aprendo un'altra richiesta di consulto.
Rilevo anche da questo suo scritto la tendenza a porre le sue richieste in una forma categorica che le fa apparire delle pretese.
Vediamo i punti che analizza nel suo scritto.
1) Non credo nemmeno io nei "due cuori e una capanna"; credo però fermamente nella parità dei diritti, e il lavoro mi sembra un diritto inoppugnabile. In questo caso il suo complesso di "non essere capace di mantenere una famiglia da solo" le fa ignorare che l'indipendenza economica e l'autorealizzazione sono beni cui incoraggiare il partner.
Il lavoro è anche un dovere, verso i figli e verso il coniuge, ma prima di tutto è un diritto. Se la sua ragazza ha degli ostacoli interni che le precludono di lavorare, occorre comprendere questi ostacoli e curarli, non offrire soluzioni "pratiche" che possono solo acuire le sue resistenze ed esacerbare le sue incapacità.
2) Sul tema dell'ubicazione della casa in cui vivrete le avevo scritto che ha scelto lei, ancora una volta come se la sua fosse la legge mosaica, e suggerivo, non di rinunciare a questa scelta, bensì: "Consolarsi a vicenda di scelte alle quali vi obbliga una sorte sfavorevole, prospettarsi traguardi migliori, è diverso che imporre la propria idea come l'unica giusta, non crede?".
Lei risponde invece col solito modo tra polemico e perentorio: "se mi chiede se preferisco privare un signore di 85 anni che ha bisogno di compagnia e che ha perso tragicamente un figlio, della vicinanza dell'altro figlio solo per far risparmiare 10 minuti di macchina alla mia fidanzata (posto che sua madre ha 20 anni di meno e vive ben attorniata da figli e parenti), le rispondo chiaramente di no".
Quando mai le ho chiesto questo?
Non solo: lei ribadisce la sua certezza di essere nel giusto, così: "A un certo punto esistono anche ragioni oggettive per prendere una decisione".
Davvero? E le tante alternative che vengono regolarmente messe in atto da altri, sono tutte sbagliate? Per esempio, suo padre potrebbe vivere direttamente con lei o con sua sorella o con una badante o in una casa di riposo. E' proprio certo di essere la sua unica e migliore compagnia?
Inoltre le eventuali esigenze degli altri sono tutte irrazionali? Se la sua ragazza per esempio volesse subito dei figli e volesse la madre vicina, avrebbe torto?
Spero che capirà -ne ha gli strumenti- che non sto criticando le sue scelte, ma il modo categorico col quale vede un'unica soluzione e la impone.
Infine, non è questa la prima volta che mi chiedo se lei sia davvero ancora profondamente convinto di volere un futuro con la sua ragazza, o se una serie di elementi non abbiano logorato l'amore.
Ripeto che non credo ai "due cuori e una capanna" -salvo individui d'eccezione- ma credo molto meno ai matrimoni nati senza amore e senza stima, determinati da abitudine e senso di colpa e gravati di una pesante ipoteca inconscia, perché li ho visti fallire in maniera molto più frequente e dolorosa.
Per una volta, non prenda la squadra e il compasso per misurare i sentimenti.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.1k visite dal 30/04/2024.
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