Traumi, ansia e dipendenze
Sono una ragazza di 25 anni.
Quando ne avevo 16 ho perso improvvisamente mio padre per un suicidio, avvenuto dopo che ha scoperto il tradimento di mia madre.
Eravamo una bella famiglia, anche se con mi madre ci sono sempre stati problemi perché ha sempre sofferto di depressione prima di allora, oltre che ad avere vari disturbi di personalità.
Mio padre non sapeva più cosa fare e ha compiuto questo gesto, motivo per cui da quel giorno la depressione di mia madre si è amplificata fino a non alzarsi più dal letto, imbottita di medicine.
Io e mia sorella più piccola abbiamo sempre provato ad aiutarla per anni, di sofferenza, fino a che abbiamo capito che dovevamo iniziare a costruirci un nostro futuro, e soprattutto cerchiamo di mantenere noi lei è le spese di casa con grandissima difficoltà (nel mentre mi sono laureata, e sto cercando di concludere una laurea magistrale).
Il problema è che escluso una relazione durata quasi due anni in cui mi sono sentita realmente felice (questa fase bella è durata 6 mesi, perché dopo si sono innescate dinamiche molto tossiche tra di noi che ci hanno portati a una rottura ma soprattutto a una grandissima sofferenza per me).
Abbiamo vissuto due anni sempre insieme fino a che lui non riusciva più a gestirmi ed è scomparso nel nulla.
Ora credo di aver superato questa cosa, ma comunque dentro di me sento una sensazione di vuoto profondo, non riesco a relazionarmi in modo sano con i ragazzi, nonostante abbia tantissime occasioni, perché sono considerata molto bella rispetto alla media (anche se io non mi ci sento totalmente, anzi a volte mi vedo grassa nonostante pesi pochissimo) se non per rapporti basati sul sesso, dove poi puntualmente soffro perché mi sento sfruttata quando inizialmente pensavo che il mio desiderio fosse divertirmi.
Scrivo questo perché nonostante per gli altri sia considerata una persona felice, in parte realizzata negli studi e nel lavoro dentro di me sento una grandissima solitudine, ansia, e più in generale una visione negativissima della vita.
Ogni giorno cerco di riempire la mia giornata con mille cose, ma mi bastano due ore sul divano per iniziare a stare male.
inoltre la mia vita sociale, che è molto attiva, è caratterizzata principalmente dall’ubriacarmi.
Infatti mi sono resa conto che ogni volta che esco non torno a casa fino a che non sono ubriaca, perché continuare a bere è l’unica cosa che mi ferma l’ansia, che comunque non so neanche se riuscirei a definire come tale.
Puntualmente il giorno dopo sto molto male, non faccio nulla, ma paradossalmente quello stato di sofferenza mi da anche motivo per potermi riposare e non sentire nulla.
Non riesco a capire quale sia il mio problema, anche se sono consapevole di averne anche più di uno.
Purtroppo non posso permettermi un percorso con uno psicologo, ma pensavo che forse la soluzione possa essere iniziare a prendere delle medicine per placare questa ansia e soprattutto smettere di bere.
Non so da dove iniziare e chiedo aiuto a voi
Quando ne avevo 16 ho perso improvvisamente mio padre per un suicidio, avvenuto dopo che ha scoperto il tradimento di mia madre.
Eravamo una bella famiglia, anche se con mi madre ci sono sempre stati problemi perché ha sempre sofferto di depressione prima di allora, oltre che ad avere vari disturbi di personalità.
Mio padre non sapeva più cosa fare e ha compiuto questo gesto, motivo per cui da quel giorno la depressione di mia madre si è amplificata fino a non alzarsi più dal letto, imbottita di medicine.
Io e mia sorella più piccola abbiamo sempre provato ad aiutarla per anni, di sofferenza, fino a che abbiamo capito che dovevamo iniziare a costruirci un nostro futuro, e soprattutto cerchiamo di mantenere noi lei è le spese di casa con grandissima difficoltà (nel mentre mi sono laureata, e sto cercando di concludere una laurea magistrale).
Il problema è che escluso una relazione durata quasi due anni in cui mi sono sentita realmente felice (questa fase bella è durata 6 mesi, perché dopo si sono innescate dinamiche molto tossiche tra di noi che ci hanno portati a una rottura ma soprattutto a una grandissima sofferenza per me).
Abbiamo vissuto due anni sempre insieme fino a che lui non riusciva più a gestirmi ed è scomparso nel nulla.
Ora credo di aver superato questa cosa, ma comunque dentro di me sento una sensazione di vuoto profondo, non riesco a relazionarmi in modo sano con i ragazzi, nonostante abbia tantissime occasioni, perché sono considerata molto bella rispetto alla media (anche se io non mi ci sento totalmente, anzi a volte mi vedo grassa nonostante pesi pochissimo) se non per rapporti basati sul sesso, dove poi puntualmente soffro perché mi sento sfruttata quando inizialmente pensavo che il mio desiderio fosse divertirmi.
Scrivo questo perché nonostante per gli altri sia considerata una persona felice, in parte realizzata negli studi e nel lavoro dentro di me sento una grandissima solitudine, ansia, e più in generale una visione negativissima della vita.
Ogni giorno cerco di riempire la mia giornata con mille cose, ma mi bastano due ore sul divano per iniziare a stare male.
inoltre la mia vita sociale, che è molto attiva, è caratterizzata principalmente dall’ubriacarmi.
Infatti mi sono resa conto che ogni volta che esco non torno a casa fino a che non sono ubriaca, perché continuare a bere è l’unica cosa che mi ferma l’ansia, che comunque non so neanche se riuscirei a definire come tale.
Puntualmente il giorno dopo sto molto male, non faccio nulla, ma paradossalmente quello stato di sofferenza mi da anche motivo per potermi riposare e non sentire nulla.
Non riesco a capire quale sia il mio problema, anche se sono consapevole di averne anche più di uno.
Purtroppo non posso permettermi un percorso con uno psicologo, ma pensavo che forse la soluzione possa essere iniziare a prendere delle medicine per placare questa ansia e soprattutto smettere di bere.
Non so da dove iniziare e chiedo aiuto a voi
[#1]
No, cara utente, lei non chiede aiuto a noi, che glielo abbiamo fornito continuamente, a tutte le sue richieste di consulto: lei chiede il cambiamento miracoloso, senza sforzo da parte sua.
Di questo fa parte il suo invocare le medicine come soluzione: la pilloletta magica, corrispettivo della bacchetta magica.
Ben conoscendo la sofferenza che ha attraversato, comprendo la sua difficoltà ad affrontare il ricordo dei traumi, la rivisitazione del passato, la probabile -se non certa- ristrutturazione cognitiva delle certezze a cui sente la necessità di aggrapparsi, infine la fatica improba di prendere davvero in pugno la sua vita rinunciando alle dipendenze e in generale cambiando i suoi comportamenti, oltre che le sue idee.
Tuttavia solo questo, con la guida di un terapeuta, la può portare al dominio consapevole della sua vita.
Lei continua a ripetere: "Purtroppo non posso permettermi un percorso con uno psicologo".
E per quale ragione? Non certo per ragioni economiche: esistono il bonus psicologi e tutte le altre soluzioni economiche e anche gratuite che le sono state puntualmente segnalate.
Rilegga con attenzione la mia risposta al suo ultimo consulto: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/999844-bassa-autostima-o-depressione.html
Lei non può permettersi uno psicologo perché ne ha paura, tutto qui.
Non si rende conto che la vita nella quale si lascia andare alla deriva è molto più dolorosa di quella che può procurarsi con lo sforzo di cambiare.
Io le posso dire solo questo: provi. Ma provi davvero, per un certo numero di mesi.
Spero che vorrà almeno rispondere.
Di questo fa parte il suo invocare le medicine come soluzione: la pilloletta magica, corrispettivo della bacchetta magica.
Ben conoscendo la sofferenza che ha attraversato, comprendo la sua difficoltà ad affrontare il ricordo dei traumi, la rivisitazione del passato, la probabile -se non certa- ristrutturazione cognitiva delle certezze a cui sente la necessità di aggrapparsi, infine la fatica improba di prendere davvero in pugno la sua vita rinunciando alle dipendenze e in generale cambiando i suoi comportamenti, oltre che le sue idee.
Tuttavia solo questo, con la guida di un terapeuta, la può portare al dominio consapevole della sua vita.
Lei continua a ripetere: "Purtroppo non posso permettermi un percorso con uno psicologo".
E per quale ragione? Non certo per ragioni economiche: esistono il bonus psicologi e tutte le altre soluzioni economiche e anche gratuite che le sono state puntualmente segnalate.
Rilegga con attenzione la mia risposta al suo ultimo consulto: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/999844-bassa-autostima-o-depressione.html
Lei non può permettersi uno psicologo perché ne ha paura, tutto qui.
Non si rende conto che la vita nella quale si lascia andare alla deriva è molto più dolorosa di quella che può procurarsi con lo sforzo di cambiare.
Io le posso dire solo questo: provi. Ma provi davvero, per un certo numero di mesi.
Spero che vorrà almeno rispondere.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Salve, varie volte ho contattato anche negli ultimi mesi psicologi come quelli messi a disposizione dall’università gratuitamente con molto entusiasmo per poi cambiare idea all’ultimo a ridosso della visita, sostanzialmente per paura. Le dico con tutta sincerità che anni fa mi ero rivolta a uno psicologo, principalmente per chiedere consigli su come poter aiutare mia madre e mi è stato detto che fino a che andavo all’università, ero fidanzata e lavoravo evidentemente non c’era chissà quale problema, cosa che mi ha fatto perdere la speranza e stare male per molto tempo. Un’altra volta nel 2021 perché sentivo il bisogno di parlare di disagi che provavo con il mio ragazzo mentre la dottoressa, giustamente, mi riportava a fatti riguardanti mia madre che invece vorrei che per me fosse un capitolo chiuso visto la sofferenza che mi ha provocato. Oltre al fatto che faccio difficoltà a parlare di cose riguardanti mia madre che ho dovuto tenere nascoste pressoché a tutti dall’imbarazzo. l’idea di recarmi da un professionista, senza sapere sostanzialmente quale sia il mio preciso problema o motivo della visita mi crea molto disagio. In 9 anni non ho mai parlato con nessuno del suicidio di mio padre, se non recentemente con una mia amica e anche questo non saprei come gestirlo, essendo che appunto sono passati veramente tanti anni e mi sento come se la fase critica che è durata diversi anni, che ho superato interamente da sola (inteso a livello famigliare) fosse conclusa. Quindi forse non saprei proprio da dove iniziare a ricostruire i pezzi della mia vita.
Diciamo che negli ultimi 2 anni ho trovato una sorta di stabilità nella mia sofferenza, come se fossi consapevole che non sarò mai pienamente felice ma allo stesso tempo non starò mai neanche più male come sono stata in passato, molte volte assecondo le mie giornate no e le mie tristezze, per poi sapere che dopo un po’ tornerà un periodo più positivo, anche se poi intorno mi rendo conto che non è mai del tutto positivo
Diciamo che negli ultimi 2 anni ho trovato una sorta di stabilità nella mia sofferenza, come se fossi consapevole che non sarò mai pienamente felice ma allo stesso tempo non starò mai neanche più male come sono stata in passato, molte volte assecondo le mie giornate no e le mie tristezze, per poi sapere che dopo un po’ tornerà un periodo più positivo, anche se poi intorno mi rendo conto che non è mai del tutto positivo
[#3]
Gentile utente,
questa sua risposta, da sola, portata ad uno psicologo è sufficiente per iniziare una terapia. Come sempre naturalmente il protagonista è il consultante, non il consulente: in altre parole, dev'essere lei a mettere in atto la volontà di cambiare.
Confessa di avere paura ad incontrare uno psicologo ma poi dice che non sa quale sia il suo problema (i traumi, l'ansia, le dipendenze non le bastano?).
Vuole considerare sua madre "un capitolo chiuso". Purtroppo va riaperto, cara utente, altrimenti la sofferenza, la rabbia, la paura continueranno ad inquinare tutta la sua vita.
Dice che ha perso la speranza negli psicologi perché "anni fa mi ero rivolta a uno psicologo, principalmente per chiedere consigli su come poter aiutare mia madre e mi è stato detto che fino a che andavo all’università, ero fidanzata e lavoravo evidentemente non c’era chissà quale problema".
Conoscevo questo episodio, avendo letto tutte le sue email, e mi permetto di dirle che ci dev'essere stato un equivoco nella comunicazione con lo psicologo, per ricevere una risposta così fuori luogo.
Infine, lei si sta rassegnando a non essere mai pienamente felice: tradotto in termini clinici questo significa che sta eludendo il problema, che si sta dissociando, e in ultima analisi che sta attuando strategie illusorie che provocano il cronicizzarsi della malattia.
L'illusione poi è evidente quando scrive: "non starò mai neanche più male come sono stata in passato", anche se l'esperienza le dice il contrario: si accorge che il livello della sua vita si mantiene sempre al di sotto della soglia attesa.
Aggiungo che lei incontrerà gli eventi naturali del ciclo di vita: lavoro - relazioni - legame di coppia - maternità - sconfitte, senza la naturale protezione di un sistema funzionale di idee, sentimenti e comportamenti.
Pur sapendo che proverebbe certamente dolore in una terapia, perché dovrebbe riaprire ed approfondire le ferite, io continuo a pensare che una vita "ferita e guarita" sia comunque meglio che una vita dove il male può ricomparire improvviso e ogni volta occorrerà fingersi ciechi per non vederlo, il che vuol dire ricorrere alle dipendenze distruttive.
Ci rifletta. Mi sembra che lei sia ad un passo da una decisione autotutelante.
questa sua risposta, da sola, portata ad uno psicologo è sufficiente per iniziare una terapia. Come sempre naturalmente il protagonista è il consultante, non il consulente: in altre parole, dev'essere lei a mettere in atto la volontà di cambiare.
Confessa di avere paura ad incontrare uno psicologo ma poi dice che non sa quale sia il suo problema (i traumi, l'ansia, le dipendenze non le bastano?).
Vuole considerare sua madre "un capitolo chiuso". Purtroppo va riaperto, cara utente, altrimenti la sofferenza, la rabbia, la paura continueranno ad inquinare tutta la sua vita.
Dice che ha perso la speranza negli psicologi perché "anni fa mi ero rivolta a uno psicologo, principalmente per chiedere consigli su come poter aiutare mia madre e mi è stato detto che fino a che andavo all’università, ero fidanzata e lavoravo evidentemente non c’era chissà quale problema".
Conoscevo questo episodio, avendo letto tutte le sue email, e mi permetto di dirle che ci dev'essere stato un equivoco nella comunicazione con lo psicologo, per ricevere una risposta così fuori luogo.
Infine, lei si sta rassegnando a non essere mai pienamente felice: tradotto in termini clinici questo significa che sta eludendo il problema, che si sta dissociando, e in ultima analisi che sta attuando strategie illusorie che provocano il cronicizzarsi della malattia.
L'illusione poi è evidente quando scrive: "non starò mai neanche più male come sono stata in passato", anche se l'esperienza le dice il contrario: si accorge che il livello della sua vita si mantiene sempre al di sotto della soglia attesa.
Aggiungo che lei incontrerà gli eventi naturali del ciclo di vita: lavoro - relazioni - legame di coppia - maternità - sconfitte, senza la naturale protezione di un sistema funzionale di idee, sentimenti e comportamenti.
Pur sapendo che proverebbe certamente dolore in una terapia, perché dovrebbe riaprire ed approfondire le ferite, io continuo a pensare che una vita "ferita e guarita" sia comunque meglio che una vita dove il male può ricomparire improvviso e ogni volta occorrerà fingersi ciechi per non vederlo, il che vuol dire ricorrere alle dipendenze distruttive.
Ci rifletta. Mi sembra che lei sia ad un passo da una decisione autotutelante.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 666 visite dal 29/04/2024.
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