Richiesta consulto
Gentili dottori e dottoresse,
Ho 38 anni, sono laureata e lavoro stabilmente in un'azienda da 8 anni.
Sono molto soddisfatta della mia posizione lavorativa che mi permette di interfacciarmi quotidianamente con persone e aziende provenienti da ogni parte del mondo e anche perché ho la fortuna di trovarmi molto bene con i miei colleghi.
Per me andare a lavoro ogni giorno è una gioia.
Ho diversi amici, alcuni conosciuti a scuola e altre amicizie costruite negli anni più recenti.
Seppur abbastanza timida per natura, mi piace conoscere nuove persone e non mi tiro indietro in quelle occasioni in cui posso incontrare persone facendo ciò che mi piace (per esempio recentemente mi sono iscritta al CAI della mia citta).
Amo viaggiare, andare a teatro, al cinema, fare trekking.
La nota dolente è il fatto che sono single da circa due anni ormai.
In questi due anni ho avuto una frequentazione con un uomo che non si è mai trasformata in una storia seria.
Prima di allora ho avuto una sola storia, durata 8 anni con un uomo che è stato l'unico di cui mi sia innamorata.
La nostra è stata una storia molto bella, ma negli ultimi anni non andavamo più d'accordo e ci siamo lasciati.
Adesso siamo rimasti in ottimi rapporti, lui vorrebbe tanto che ci rimettessimo insieme ma io non me la sento.
La considero una storia chiusa ormai.
Tra l'altro però mi rendo conto che conoscere persone nuove non sia facile e, l'anno scorso, ho attraversato un brutto momento quando diversi miei amici si sono sposati e io ho iniziato a sentirmi diversa dagli altri, come se stessi perdendo delle tappe "obbligate" nella vita.
Quando il periodo matrimoni è finito, ho ripreso a stare bene.
Rimane però in me l'interrogativo se mai troverò una persona, se non sono troppo vecchia e cosa sarà di me quando sarò anziana e sola.
Ho la tendenza a fare continuamente paragoni fra la mia situazione e quella degli altri e a sentirmi inferiore.
Riconosco che questo senso di inferiorità non ha senso, perché so di essere una donna autonoma, indipendente, affermata lavorativamente, con amici e interessi.
Poi mi dico anche che la felicità non può dipendere dal fatto di essere o meno sposati.
Altrimenti non si spiega il perché molte persone sono sposate e comunque infelici.
E io stessa riconosco di essere molto più felice adesso che sono single che non quando ero impegnata ma la mia storia non andava più bene.
Quindi vorrei chiedere un parere sulla mia situazione e come gestire secondo la vostra esperienza quella sensazione di inadeguatezza che mi prende ogni volta che qualcuno mi chiede se ho figli e famiglia.
Apprezzerei molto se la Dottoressa Anna Potenza rispondesse a questo mio consulto.
Vi ringrazio in anticipo per la lettura di questo messaggio.
Spero mi risponderete.
Un caro saluto
Ho 38 anni, sono laureata e lavoro stabilmente in un'azienda da 8 anni.
Sono molto soddisfatta della mia posizione lavorativa che mi permette di interfacciarmi quotidianamente con persone e aziende provenienti da ogni parte del mondo e anche perché ho la fortuna di trovarmi molto bene con i miei colleghi.
Per me andare a lavoro ogni giorno è una gioia.
Ho diversi amici, alcuni conosciuti a scuola e altre amicizie costruite negli anni più recenti.
Seppur abbastanza timida per natura, mi piace conoscere nuove persone e non mi tiro indietro in quelle occasioni in cui posso incontrare persone facendo ciò che mi piace (per esempio recentemente mi sono iscritta al CAI della mia citta).
Amo viaggiare, andare a teatro, al cinema, fare trekking.
La nota dolente è il fatto che sono single da circa due anni ormai.
In questi due anni ho avuto una frequentazione con un uomo che non si è mai trasformata in una storia seria.
Prima di allora ho avuto una sola storia, durata 8 anni con un uomo che è stato l'unico di cui mi sia innamorata.
La nostra è stata una storia molto bella, ma negli ultimi anni non andavamo più d'accordo e ci siamo lasciati.
Adesso siamo rimasti in ottimi rapporti, lui vorrebbe tanto che ci rimettessimo insieme ma io non me la sento.
La considero una storia chiusa ormai.
Tra l'altro però mi rendo conto che conoscere persone nuove non sia facile e, l'anno scorso, ho attraversato un brutto momento quando diversi miei amici si sono sposati e io ho iniziato a sentirmi diversa dagli altri, come se stessi perdendo delle tappe "obbligate" nella vita.
Quando il periodo matrimoni è finito, ho ripreso a stare bene.
Rimane però in me l'interrogativo se mai troverò una persona, se non sono troppo vecchia e cosa sarà di me quando sarò anziana e sola.
Ho la tendenza a fare continuamente paragoni fra la mia situazione e quella degli altri e a sentirmi inferiore.
Riconosco che questo senso di inferiorità non ha senso, perché so di essere una donna autonoma, indipendente, affermata lavorativamente, con amici e interessi.
Poi mi dico anche che la felicità non può dipendere dal fatto di essere o meno sposati.
Altrimenti non si spiega il perché molte persone sono sposate e comunque infelici.
E io stessa riconosco di essere molto più felice adesso che sono single che non quando ero impegnata ma la mia storia non andava più bene.
Quindi vorrei chiedere un parere sulla mia situazione e come gestire secondo la vostra esperienza quella sensazione di inadeguatezza che mi prende ogni volta che qualcuno mi chiede se ho figli e famiglia.
Apprezzerei molto se la Dottoressa Anna Potenza rispondesse a questo mio consulto.
Vi ringrazio in anticipo per la lettura di questo messaggio.
Spero mi risponderete.
Un caro saluto
[#1]
Gentile utente,
lei pone in apparenza due domande, ma si intuisce una ulteriore complessità al di sotto di esse.
Le due domande sono: "se mai troverò una persona, se non sono troppo vecchia e cosa sarà di me quando sarò anziana e sola" e "come gestire secondo la vostra esperienza quella sensazione di inadeguatezza che mi prende ogni volta che qualcuno mi chiede se ho figli e famiglia".
Già la prima domanda è complessa. Per la verità in parte risponde lei stessa, definendo "nota dolente" il fatto che è single dopo la sua unica vera storia d'amore, che considera, malgrado l'interesse ancora vivo del suo ex, "una storia chiusa".
Le chiedo se di questa vicenda ha letto fino in fondo le modalità di svolgimento e le conseguenze emotive, che potrebbero aver compromesso anche la successiva frequentazione e rischiano di fare lo stesso con altre future.
Una profonda elaborazione di questa sua vicenda le direbbe qualcosa sulla domanda "se mai troverò una persona".
Quanto all'essere "troppo vecchia", dipende dagli obiettivi che si pone.
Dà da pensare il fatto che il suo innamoramento risalga a dieci anni fa, quando certamente non era troppo vecchia per creare un legame solido, una famiglia.
Devo ripetere, come sopra: ha valutato le ragioni per cui l'esito di quella vicenda non fu il matrimonio, né i figli?
Quanto alla domanda: "cosa sarà di me quando sarò anziana e sola" può essere considerata un'ansia secondaria: molte persone anziane si trovano sole, o peggio costrette in condizioni che non desiderano, pur avendo figli, mentre altre, senza figli, sono in grado di scegliersi da sé la badante e gli amici.
In ogni caso non penso che si possa ragionevolmente costruire una famiglia, magari attraverso un matrimonio senza amore, mutilante e infelice, al solo fine di garantirsi delle presenze forse amorevoli in un futuro alquanto aleatorio.
Tuttavia lei, paragonando la sua situazione e quelle standardizzate, si sente "inferiore". La sua razionalità le fa capire che il matrimonio non garantisce la felicità, altrimenti non si spiegherebbero i tanti matrimoni infelici e la sua stessa esperienza: "io stessa riconosco di essere molto più felice adesso che sono single che non quando ero impegnata ma la mia storia non andava più bene".
Qui di nuovo si torna al punto fondamentale: cosa non è andato bene nella sua esperienza?
C'è una grande differenza tra una storia d'amore che si è svolta in maniera infelice per una serie di elementi non determinati dalla sua volontà, e una storia conclusa perché lei ha capito che non è nella sua natura condividere la vita con un uomo.
La consapevolezza di quello che è stato le darebbe i migliori strumenti per gestire la sensazione di inadeguatezza da cui viene colpita ogni volta che qualcuno le chiede se ha figli e famiglia.
Fino alla metà del Novecento le donne che non si sposavano perché avevano perduto il loro grande amore erano ben diverse da quelle che non si sposavano perché considerate "leggere" o perché erano indifferenti agli uomini, prima di tutto ai loro stessi occhi, poi a quelli degli altri.
Nel suo caso, non sapendo nulla dei motivi che non hanno portato la sua storia a finire, non posso dire come dentro di sé può rispondere al sentimento doloroso che la investe di fronte alla conclusione matrimoniale di altre vicende a lei prossime; e cosa rispondere ad altri deriva in ultima analisi da questo.
Devo aggiungere un'osservazione non più legata a lei, ma al costume.
Viviamo in un'epoca di paurosa solitudine, dove la rete di relazioni che per secoli ha tenuto connessi i parenti, gli amici, gli abitanti del quartiere e così via, si è frantumata. Oggi la solitudine è letale come una malattia e si cerca disperatamente di opporvisi con strumenti alquanto rozzi: i legami di coppia, nati da attrazione effimera e talvolta nemmeno da quella.
Nel distacco emotivo creato da genitori, parenti, amici che hanno perso le loro capacità affettivo/protettive, sembra illusoriamente che un partner possa colmare il vuoto. In quest'ottica proliferano una serie di relazioni senza spessore e senza capacità reale di costruire un'intesa. Si passa dall'una all'altra per un bisogno spasmodico di appartenenza sempre deluso.
Fino alla fine della seconda guerra mondiale, in Occidente, la nuzialità non era elevata come oggi. In ogni famiglia c'erano uno o più fratelli e sorelle non sposati che continuavano a convivere con quelli sposati e la loro famiglia. I nuclei erano estesi; la solidarietà circolava più ampiamente, ma soprattutto il matrimonio -oggi la convivenza- non erano visti come rimedi alla solitudine e/o beni consumistici da ottenere a tutti i costi. Oggi, invece, sono tali perfino i figli. Chi non ne ha li compra, prima ancora di chiedersi se li desidera.
In quest'ottica appare molto ragionevole la sua riflessione sulla necessità o meno del matrimonio per essere felici. Rimane però un dubbio, non conoscendo il suo caso particolare.
Buone cose.
lei pone in apparenza due domande, ma si intuisce una ulteriore complessità al di sotto di esse.
Le due domande sono: "se mai troverò una persona, se non sono troppo vecchia e cosa sarà di me quando sarò anziana e sola" e "come gestire secondo la vostra esperienza quella sensazione di inadeguatezza che mi prende ogni volta che qualcuno mi chiede se ho figli e famiglia".
Già la prima domanda è complessa. Per la verità in parte risponde lei stessa, definendo "nota dolente" il fatto che è single dopo la sua unica vera storia d'amore, che considera, malgrado l'interesse ancora vivo del suo ex, "una storia chiusa".
Le chiedo se di questa vicenda ha letto fino in fondo le modalità di svolgimento e le conseguenze emotive, che potrebbero aver compromesso anche la successiva frequentazione e rischiano di fare lo stesso con altre future.
Una profonda elaborazione di questa sua vicenda le direbbe qualcosa sulla domanda "se mai troverò una persona".
Quanto all'essere "troppo vecchia", dipende dagli obiettivi che si pone.
Dà da pensare il fatto che il suo innamoramento risalga a dieci anni fa, quando certamente non era troppo vecchia per creare un legame solido, una famiglia.
Devo ripetere, come sopra: ha valutato le ragioni per cui l'esito di quella vicenda non fu il matrimonio, né i figli?
Quanto alla domanda: "cosa sarà di me quando sarò anziana e sola" può essere considerata un'ansia secondaria: molte persone anziane si trovano sole, o peggio costrette in condizioni che non desiderano, pur avendo figli, mentre altre, senza figli, sono in grado di scegliersi da sé la badante e gli amici.
In ogni caso non penso che si possa ragionevolmente costruire una famiglia, magari attraverso un matrimonio senza amore, mutilante e infelice, al solo fine di garantirsi delle presenze forse amorevoli in un futuro alquanto aleatorio.
Tuttavia lei, paragonando la sua situazione e quelle standardizzate, si sente "inferiore". La sua razionalità le fa capire che il matrimonio non garantisce la felicità, altrimenti non si spiegherebbero i tanti matrimoni infelici e la sua stessa esperienza: "io stessa riconosco di essere molto più felice adesso che sono single che non quando ero impegnata ma la mia storia non andava più bene".
Qui di nuovo si torna al punto fondamentale: cosa non è andato bene nella sua esperienza?
C'è una grande differenza tra una storia d'amore che si è svolta in maniera infelice per una serie di elementi non determinati dalla sua volontà, e una storia conclusa perché lei ha capito che non è nella sua natura condividere la vita con un uomo.
La consapevolezza di quello che è stato le darebbe i migliori strumenti per gestire la sensazione di inadeguatezza da cui viene colpita ogni volta che qualcuno le chiede se ha figli e famiglia.
Fino alla metà del Novecento le donne che non si sposavano perché avevano perduto il loro grande amore erano ben diverse da quelle che non si sposavano perché considerate "leggere" o perché erano indifferenti agli uomini, prima di tutto ai loro stessi occhi, poi a quelli degli altri.
Nel suo caso, non sapendo nulla dei motivi che non hanno portato la sua storia a finire, non posso dire come dentro di sé può rispondere al sentimento doloroso che la investe di fronte alla conclusione matrimoniale di altre vicende a lei prossime; e cosa rispondere ad altri deriva in ultima analisi da questo.
Devo aggiungere un'osservazione non più legata a lei, ma al costume.
Viviamo in un'epoca di paurosa solitudine, dove la rete di relazioni che per secoli ha tenuto connessi i parenti, gli amici, gli abitanti del quartiere e così via, si è frantumata. Oggi la solitudine è letale come una malattia e si cerca disperatamente di opporvisi con strumenti alquanto rozzi: i legami di coppia, nati da attrazione effimera e talvolta nemmeno da quella.
Nel distacco emotivo creato da genitori, parenti, amici che hanno perso le loro capacità affettivo/protettive, sembra illusoriamente che un partner possa colmare il vuoto. In quest'ottica proliferano una serie di relazioni senza spessore e senza capacità reale di costruire un'intesa. Si passa dall'una all'altra per un bisogno spasmodico di appartenenza sempre deluso.
Fino alla fine della seconda guerra mondiale, in Occidente, la nuzialità non era elevata come oggi. In ogni famiglia c'erano uno o più fratelli e sorelle non sposati che continuavano a convivere con quelli sposati e la loro famiglia. I nuclei erano estesi; la solidarietà circolava più ampiamente, ma soprattutto il matrimonio -oggi la convivenza- non erano visti come rimedi alla solitudine e/o beni consumistici da ottenere a tutti i costi. Oggi, invece, sono tali perfino i figli. Chi non ne ha li compra, prima ancora di chiedersi se li desidera.
In quest'ottica appare molto ragionevole la sua riflessione sulla necessità o meno del matrimonio per essere felici. Rimane però un dubbio, non conoscendo il suo caso particolare.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Buongiorno Dottoressa,
grazie tante per la sua risposta.
La mia storia precedente è terminata per una serie di motivi, che provo a spiegare.
Io sono una persona che ama viaggiare, lui con una fobia di allontanarsi di casa, trascorrevamo il nostro tempo principalmente a casa e io ho iniziato ad avvertire nel tempo un senso di insoddisfazione crescente. Abbiamo tentato un perido di convivenza che purtroppo non è andato bene: vivevamo in una casa molto piccola, lui estremamente ordinato e abitudinario, io invece più disordinata e libera nella gestione del tempo e della casa. Un altro aspetto che ha contribuito al mio allontanamento è il fatto che lui fosse estremamente ipocondriaco. Negli anni in cui siamo stati insieme ha svolto numerosi accertamenti medici, anche con più specialisti per uno stesso problema. A volte provavo a dirgli che secondo me poteva trattarsi di ipocondria, aspetto confermato anche da diversi medici a cui si rivolgeva, ma lui non ha mai dato credito a questo mio pensiero. Con il passare del tempo mi sono resa conto che ero più una sorta di supporto psicologico per lui che non una compagna. E infatti anche il desiderio sessuale nei suoi confronti era molto sceso da parte mia.
La nostra storia è degenerata con il Covid, periodo in cui non abbiamo vissuto insieme e io lì ho percepito con netta chiarezza che non sentivo la sua mancanza e che non avrei voluto trascorrere quel periodo di isolamento con lui.
Ciononostante, per cercare di recuperare il rapporto, gli ho proposto di fare terapia di coppia, senza incontrare il suo consenso.
Ho deciso di lasciarlo quando in extremis gli ho proposto di sposarci visto che stavamo insieme da tanto tempo. Al suo rifiuto l'ho lasciato.
Pensavo che sarei stata male, ma non è stato così. Avevo sofferto per la fine della nostra storia mentre stavamo ancora insieme.
Penso che il rifiuto della richiesta di matrimonio sia stata una salvezza per me. Col senno di poi, non so come mi sia venuto in mente. Davvero, ogni volta che penso a quell'evento mi viene da tirare un sospiro di sollievo.
Da quando ci siamo lasciati lui non si è mai allontanato veramente, nel senso che mi ha sempre ricercata dicendomi di essere pronto a ricominciare. Mi ha detto che nel frattempo ha inziato un percorso da uno psicoterapeuta. Ovviamente io non lo sono perché sento in cuor mio di aver fatto tutto quanto fosse nelle mie capacità per far andare bene la storia, al tempo in cui stavamo insieme. Ora è tardi.
Probabilmente lui insiste tanto anche perché è una persona che non è mai stata single in vita sua e quindi ha bisogno di qualcuno al suo fianco. Ecco, un aspetto che non mi fa pensare di poterci riprovare è che lo percepisco come estremamente bisognoso.
La frequentazione successiva che ho avuto è iniziata dopo poco che mi ero lasciata. L'uomo in questione, molto bello e affascinante, ha da subito chiarito che non era interessato ad una frequentazione seria.
Io ci sono rimasta male all'inizio ma alla fine mi sono detta meglio così, visto che la persona in questione si è dimostrata estremamente infantile e superficiale. Lavoriamo insieme e lo vedo ogni giorno. Anche da parte sua ci sono messaggi contrastanti, mi ha presentato la famiglia e gli amici, ogni volta che ci vediamo a lavoro vuole abbracciarmi e dimostra segni di affetto, ma a voce non vuole impegnarsi.
Poco male visto che mi sono resa conto di non voler nessuna storia con questa persona. Anche scrivendo queste parole mi interrogo su un'emozione che ho provato quelle volte in cui mi ha invitata a casa sua. Ero con lui ma non vedevo l'ora di tornare a casa mia.
grazie tante per la sua risposta.
La mia storia precedente è terminata per una serie di motivi, che provo a spiegare.
Io sono una persona che ama viaggiare, lui con una fobia di allontanarsi di casa, trascorrevamo il nostro tempo principalmente a casa e io ho iniziato ad avvertire nel tempo un senso di insoddisfazione crescente. Abbiamo tentato un perido di convivenza che purtroppo non è andato bene: vivevamo in una casa molto piccola, lui estremamente ordinato e abitudinario, io invece più disordinata e libera nella gestione del tempo e della casa. Un altro aspetto che ha contribuito al mio allontanamento è il fatto che lui fosse estremamente ipocondriaco. Negli anni in cui siamo stati insieme ha svolto numerosi accertamenti medici, anche con più specialisti per uno stesso problema. A volte provavo a dirgli che secondo me poteva trattarsi di ipocondria, aspetto confermato anche da diversi medici a cui si rivolgeva, ma lui non ha mai dato credito a questo mio pensiero. Con il passare del tempo mi sono resa conto che ero più una sorta di supporto psicologico per lui che non una compagna. E infatti anche il desiderio sessuale nei suoi confronti era molto sceso da parte mia.
La nostra storia è degenerata con il Covid, periodo in cui non abbiamo vissuto insieme e io lì ho percepito con netta chiarezza che non sentivo la sua mancanza e che non avrei voluto trascorrere quel periodo di isolamento con lui.
Ciononostante, per cercare di recuperare il rapporto, gli ho proposto di fare terapia di coppia, senza incontrare il suo consenso.
Ho deciso di lasciarlo quando in extremis gli ho proposto di sposarci visto che stavamo insieme da tanto tempo. Al suo rifiuto l'ho lasciato.
Pensavo che sarei stata male, ma non è stato così. Avevo sofferto per la fine della nostra storia mentre stavamo ancora insieme.
Penso che il rifiuto della richiesta di matrimonio sia stata una salvezza per me. Col senno di poi, non so come mi sia venuto in mente. Davvero, ogni volta che penso a quell'evento mi viene da tirare un sospiro di sollievo.
Da quando ci siamo lasciati lui non si è mai allontanato veramente, nel senso che mi ha sempre ricercata dicendomi di essere pronto a ricominciare. Mi ha detto che nel frattempo ha inziato un percorso da uno psicoterapeuta. Ovviamente io non lo sono perché sento in cuor mio di aver fatto tutto quanto fosse nelle mie capacità per far andare bene la storia, al tempo in cui stavamo insieme. Ora è tardi.
Probabilmente lui insiste tanto anche perché è una persona che non è mai stata single in vita sua e quindi ha bisogno di qualcuno al suo fianco. Ecco, un aspetto che non mi fa pensare di poterci riprovare è che lo percepisco come estremamente bisognoso.
La frequentazione successiva che ho avuto è iniziata dopo poco che mi ero lasciata. L'uomo in questione, molto bello e affascinante, ha da subito chiarito che non era interessato ad una frequentazione seria.
Io ci sono rimasta male all'inizio ma alla fine mi sono detta meglio così, visto che la persona in questione si è dimostrata estremamente infantile e superficiale. Lavoriamo insieme e lo vedo ogni giorno. Anche da parte sua ci sono messaggi contrastanti, mi ha presentato la famiglia e gli amici, ogni volta che ci vediamo a lavoro vuole abbracciarmi e dimostra segni di affetto, ma a voce non vuole impegnarsi.
Poco male visto che mi sono resa conto di non voler nessuna storia con questa persona. Anche scrivendo queste parole mi interrogo su un'emozione che ho provato quelle volte in cui mi ha invitata a casa sua. Ero con lui ma non vedevo l'ora di tornare a casa mia.
[#3]
Gentile utente,
io le avevo scritto che solo una profonda elaborazione della sua storia d'amore avrebbe risposto alla domanda: "troverò una persona?".
La "profonda elaborazione", ossia l'analisi approfondita, a quello che leggo dalla descrizione delle disparità di abitudini e di obiettivi tra lei e il suo ex, descrizione del tutto priva dei necessari "perché", è mancata allora e manca ancora oggi.
Sembra che lei sia inconsapevole di quello che le manca a livello emotivo, come di quello che vuole davvero e del modo per cercarlo.
Vede bene che anche della sua seconda vicenda scrive: "mi interrogo su un'emozione che ho provato quelle volte in cui mi ha invitata a casa sua. Ero con lui ma non vedevo l'ora di tornare a casa mia".
Molto indicativo anche il fatto che il suo primo partner, al quale immagino avrà spiegato i motivi di incompatibilità e che si è rifiutato di sposarla dopo otto anni insieme, ritiene ancora di poter ricominciare la storia da dove l'avete interrotta, forse senza cambiare nulla.
C'è da dire che lui, pur avendo rifiutato la terapia di coppia, ha sentito il bisogno di una terapia individuale. Lei invece non ha provato alcun bisogno di avere un confronto esterno?
Tutto questo suggerisce delle ipotesi sulla sua capacità di vivere le emozioni e di riconoscerle.
Io direi che dovrebbe con sincerità e coraggio pensare ad un percorso psicologico. Il ritenere corrette le sue modalità per far funzionare le relazioni, ma soprattutto il non guardare a fondo dentro di sé, potrebbero rivelarsi dei boomerang.
Le auguro buone cose.
io le avevo scritto che solo una profonda elaborazione della sua storia d'amore avrebbe risposto alla domanda: "troverò una persona?".
La "profonda elaborazione", ossia l'analisi approfondita, a quello che leggo dalla descrizione delle disparità di abitudini e di obiettivi tra lei e il suo ex, descrizione del tutto priva dei necessari "perché", è mancata allora e manca ancora oggi.
Sembra che lei sia inconsapevole di quello che le manca a livello emotivo, come di quello che vuole davvero e del modo per cercarlo.
Vede bene che anche della sua seconda vicenda scrive: "mi interrogo su un'emozione che ho provato quelle volte in cui mi ha invitata a casa sua. Ero con lui ma non vedevo l'ora di tornare a casa mia".
Molto indicativo anche il fatto che il suo primo partner, al quale immagino avrà spiegato i motivi di incompatibilità e che si è rifiutato di sposarla dopo otto anni insieme, ritiene ancora di poter ricominciare la storia da dove l'avete interrotta, forse senza cambiare nulla.
C'è da dire che lui, pur avendo rifiutato la terapia di coppia, ha sentito il bisogno di una terapia individuale. Lei invece non ha provato alcun bisogno di avere un confronto esterno?
Tutto questo suggerisce delle ipotesi sulla sua capacità di vivere le emozioni e di riconoscerle.
Io direi che dovrebbe con sincerità e coraggio pensare ad un percorso psicologico. Il ritenere corrette le sue modalità per far funzionare le relazioni, ma soprattutto il non guardare a fondo dentro di sé, potrebbero rivelarsi dei boomerang.
Le auguro buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Gentile dottoressa
L'analisi approfondita c'è stata grazie al supporto di una psicologa psicoterapeuta alla quale mi sono rivolta al tempo. È evidente che il mezzo telematico non è quello piu adatto per affrontare questi argomenti. Il rischio è quello di non spiegarsi in completezza e di giungere a conclusioni parziali. Tuttavia la ringrazio ancora tanto per avermi risposto e Prendo quanto di buono questo consulto mi ha lasciato: la decisione di tornare dalla mia psicologa che fu cosi preziosa al tempo.
Un caro saluto.
L'analisi approfondita c'è stata grazie al supporto di una psicologa psicoterapeuta alla quale mi sono rivolta al tempo. È evidente che il mezzo telematico non è quello piu adatto per affrontare questi argomenti. Il rischio è quello di non spiegarsi in completezza e di giungere a conclusioni parziali. Tuttavia la ringrazio ancora tanto per avermi risposto e Prendo quanto di buono questo consulto mi ha lasciato: la decisione di tornare dalla mia psicologa che fu cosi preziosa al tempo.
Un caro saluto.
[#7]
Esiste una vastissima batteria di test, alcuni più legati all'orientamento metodologico del professionista, altri di uso generale.
Io inizierei con uno sulle emozioni, ma ciascun professionista formula una ipotesi diagnostica e stabilisce una procedura, parlandone con l'utente.
La sua curante in quale terapia si è specializzata?
Io inizierei con uno sulle emozioni, ma ciascun professionista formula una ipotesi diagnostica e stabilisce una procedura, parlandone con l'utente.
La sua curante in quale terapia si è specializzata?
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#8]
Utente
Buongiorno Dottoressa,
Quando iniziai la terapia feci in prima battuta una serie di test e questionari dai quali emerse una tendenza all'ansia. Fra i vari questionari ricordo che ce n'era uno specifico sull'alessitimia dal quale emerse che non sono un soggetto alessitimico. La terapeuta che mi ha seguito era una psicologa psicoterapeuta specializzata in analisi transazionale.
Quando iniziai la terapia feci in prima battuta una serie di test e questionari dai quali emerse una tendenza all'ansia. Fra i vari questionari ricordo che ce n'era uno specifico sull'alessitimia dal quale emerse che non sono un soggetto alessitimico. La terapeuta che mi ha seguito era una psicologa psicoterapeuta specializzata in analisi transazionale.
[#11]
Gentile utente,
mi farà piacere avere sue notizie.
L'animo non sereno testimonia un momento di crisi, ma questo è risolutivo per attuare un cambiamento: lo consideri perciò il trampolino per lanciarsi verso nuove conquiste che potrà raggiungere.
Auguri infiniti.
mi farà piacere avere sue notizie.
L'animo non sereno testimonia un momento di crisi, ma questo è risolutivo per attuare un cambiamento: lo consideri perciò il trampolino per lanciarsi verso nuove conquiste che potrà raggiungere.
Auguri infiniti.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 1.4k visite dal 28/04/2024.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.