Ricominciare
Cari dottori di Medici Italia,
vi scrivo in un momento in cui sono moderatamente tranquillo per affrontare un problema che mi affligge da tempo. Dopo una vita dedicata alla carriera, mi trovo nel pieno di una crisi esistenziale che è professionale, affettiva e sociale. Per prima cosa l’attività che ora svolgo (che è pure poco retribuita) non mi appaga più: sono stanco di andare sempre nello stesso ufficio, vedere sempre gli stessi colleghi, sentire sempre le solite cose... conosco già tutto! Ormai svolgo le mie attività senza quella capacità di appassionarmi che mi ha sempre animato e che sento di avere ancora intatta dentro di me. Il settore di cui mi occupo però mi piace, ma sento il bisogno di nuovi stimoli, di lanciarmi in nuovi progetti, di dare una svolta netta ad una vita che ormai è diventata piattissima.... e non solo dal punto di vista professionale.
Ho ormai pochissimi amici, che non vedo spesso, e mi manca una relazione sentimentale vera. Ho bisogno di amare e di sentirmi amato. Per dedicarmi alla mia carriera ho trascurato l’aspetto sociale e soprattutto affettivo della mia vita con il risultato di trovarmi sempre più solo e rafforzare il mio carattere già di suo solitario.
Il vero problema però è che non so se ho le forze per realizzare questa svolta, per realizzare il mio desiderio di cambiare città, per conoscere nuova gente, per cimentarmi in un nuovo progetto professionale, in cui mi sembra di dover ricominciare da zero e ricostruire tutto, correndo ovviamente tutti i rischi del caso. Quali garanzie ho? E se poi fosse tutto un fallimento impossibile da sopportare? E se non superassi le mie paure e le mie ansie?
La mia tendenza alla cautela nella vita non mi è di certo d’aiuto in questo momento. Sono però certo che vivere così non mi dà più soddisfazioni e che continuare così significa solo farmi del male.
Ultimamente sto cercando di concretizzare la mia voglia di cambiamento, ma spesso mi imbatto in difficoltà che mi amareggiano e mi demotivano. Ogni cambiamento infatti non si realizza dall’oggi al domani e quindi il pensiero di dover continuare a vivere in questo modo e non so per quanto tempo ancora mi demoralizza ulteriormente e mi butta in uno stato di apatia che blocca ancora di più un’esistenza già bloccata.
La mia vita attuale è diventata come una zavorra che mi sta immobilizzando e come se non bastasse non so se ho le forze (e ce ne vogliono molte!) per realizzare un cambiamento che non capisco dove mi potrebbe portare.
Il pensiero che più di tutti mi divora è vedere il tempo passare, la mia giovinezza sfiorire e restare impantanato in questa palude che non è vita, con misere soddisfazioni lavorative, senza amici e senza un vero amore... insomma una frustrazione! Ho ancora però tante potenzialità da realizzare e chissà ancora quante cose belle da scoprire, ma restando qui tutto mi sembra spento e che si spegne lentamente.
vi scrivo in un momento in cui sono moderatamente tranquillo per affrontare un problema che mi affligge da tempo. Dopo una vita dedicata alla carriera, mi trovo nel pieno di una crisi esistenziale che è professionale, affettiva e sociale. Per prima cosa l’attività che ora svolgo (che è pure poco retribuita) non mi appaga più: sono stanco di andare sempre nello stesso ufficio, vedere sempre gli stessi colleghi, sentire sempre le solite cose... conosco già tutto! Ormai svolgo le mie attività senza quella capacità di appassionarmi che mi ha sempre animato e che sento di avere ancora intatta dentro di me. Il settore di cui mi occupo però mi piace, ma sento il bisogno di nuovi stimoli, di lanciarmi in nuovi progetti, di dare una svolta netta ad una vita che ormai è diventata piattissima.... e non solo dal punto di vista professionale.
Ho ormai pochissimi amici, che non vedo spesso, e mi manca una relazione sentimentale vera. Ho bisogno di amare e di sentirmi amato. Per dedicarmi alla mia carriera ho trascurato l’aspetto sociale e soprattutto affettivo della mia vita con il risultato di trovarmi sempre più solo e rafforzare il mio carattere già di suo solitario.
Il vero problema però è che non so se ho le forze per realizzare questa svolta, per realizzare il mio desiderio di cambiare città, per conoscere nuova gente, per cimentarmi in un nuovo progetto professionale, in cui mi sembra di dover ricominciare da zero e ricostruire tutto, correndo ovviamente tutti i rischi del caso. Quali garanzie ho? E se poi fosse tutto un fallimento impossibile da sopportare? E se non superassi le mie paure e le mie ansie?
La mia tendenza alla cautela nella vita non mi è di certo d’aiuto in questo momento. Sono però certo che vivere così non mi dà più soddisfazioni e che continuare così significa solo farmi del male.
Ultimamente sto cercando di concretizzare la mia voglia di cambiamento, ma spesso mi imbatto in difficoltà che mi amareggiano e mi demotivano. Ogni cambiamento infatti non si realizza dall’oggi al domani e quindi il pensiero di dover continuare a vivere in questo modo e non so per quanto tempo ancora mi demoralizza ulteriormente e mi butta in uno stato di apatia che blocca ancora di più un’esistenza già bloccata.
La mia vita attuale è diventata come una zavorra che mi sta immobilizzando e come se non bastasse non so se ho le forze (e ce ne vogliono molte!) per realizzare un cambiamento che non capisco dove mi potrebbe portare.
Il pensiero che più di tutti mi divora è vedere il tempo passare, la mia giovinezza sfiorire e restare impantanato in questa palude che non è vita, con misere soddisfazioni lavorative, senza amici e senza un vero amore... insomma una frustrazione! Ho ancora però tante potenzialità da realizzare e chissà ancora quante cose belle da scoprire, ma restando qui tutto mi sembra spento e che si spegne lentamente.
[#1]
Gentile Utente,
il primo problema è rappresentato dal tempo che lei sente passare con estrema velocità, e questo ovviamente le mette ansia.
Un secondo problema è legato invece al fatto che lei percepisce i cambiamenti che desidera in termini di tutto o nulla, mentre invece sarebbe auspicabile raggiungere quelle novità in modo graduale.
Ma la gradualità implica tempo, e lei sembra non voler perdere tempo, giusto?
Una domdanda: come mai ha deciso di scrivere qui in Psicologia? Ha mai ipotizzato di poter usufruire di un aiuto in questo senso per affrontare i cambiamenti che desidera?
INfine: un ulteriore problema credo sia rappresentato dalla sua paura di poter commettere errori, cosa che il "cambiamento" in generale può determinare
il primo problema è rappresentato dal tempo che lei sente passare con estrema velocità, e questo ovviamente le mette ansia.
Un secondo problema è legato invece al fatto che lei percepisce i cambiamenti che desidera in termini di tutto o nulla, mentre invece sarebbe auspicabile raggiungere quelle novità in modo graduale.
Ma la gradualità implica tempo, e lei sembra non voler perdere tempo, giusto?
Una domdanda: come mai ha deciso di scrivere qui in Psicologia? Ha mai ipotizzato di poter usufruire di un aiuto in questo senso per affrontare i cambiamenti che desidera?
INfine: un ulteriore problema credo sia rappresentato dalla sua paura di poter commettere errori, cosa che il "cambiamento" in generale può determinare
[#2]
Ex utente
Gentile dott. Bulla,
la ringrazio per la risposta e soprattutto per aver perfettamente centrato la questione! Sì, è vero, il problema principale è la mia percezione del tempo. Ho il terrore che il passare del tempo (e insieme al tempo ciò che esso comporta, ovvero giovinezza, energia, forza, dinamicità, flessibilità)... insomma che il passare del tempo renda sempre più difficile superare l’immobilismo in cui sento di trovarmi. Chi mi garantisce che domani io potrò fare cose che oggi sento di poter fare (cambiare città, affrontare progetti professionali nuovi e impegnativi, innamorarmi ed essere amato...)?
Sì è vero, le novità si raggiungono gradualmente, ma la gradualità richiede tempo e così ritorniamo al problema di prima, cioè il tempo che passa e io che temo di rimanere sempre uguale (perdendo, con il passare del tempo, le possibilità di cambiamento). è un po’ come essere seduto sulla panchina della stazione, vedere tanti treni che passano, desiderare prenderli, ma essere troppo distante dai binari per poterlo fare. E nel frattempo i treni passano ma io sono sempre troppo vicino a quella maledetta panchina. E quanto tempo dovrò aspettare perchè io, passo dopo passo, riesca a salire su quel treno? (con un biglietto sola andata ovviamente :-)
Intendiamoci, io ora sto apparentemente bene: ho una casa, un lavoro, qualche amico, qualche storiella poco impegnativa. Ma è questa vita che non mi soddisfa più, perchè non ho stimoli, perchè è già vissuta.
Ho deciso di scrivere qui in psicologia come primo tentativo per affrontare più serenamente il percorso di cambiamento che voglio intraprendere (e che sto già intraprendendo). Da alcuni mesi sto cercando di realizzare concretamente questo cambiamento, soprattutto in ambito professionale. Mi sto informando, sto cercando, eppure non sempre i riscontri sono positivi e soprattutto bisogna continuamente specializzarsi, acquisire titoli su titoli. Ci vuole quindi pazienza, una pazienza però che non riesco sempre ad avere e che ultimamente è scesa a livelli tali da rendere la mia attuale situazione poco sopportabile, alle volte anche con manifestazioni di nervosismo, ansia, a cui a spesso si aggiunge frustrazione per qualche cosa che non va secondo le aspettative.
E infine gli errori... proprio la paura di sbagliare mi rende molto più cauto. La situazione attuale però non è più sopportabile (sto sopportando già da mesi) e proprio questo mi spinge a volgermi verso nuove prospettive di vita (anche correndo qualche rischio di sbagliare)... Non si tratta di trovare un compromesso nella situazione attuale, ma di scegliere tra una vita piatta e monotona che ha poco o nulla da darmi e una vita nuova con nuove esperienze e nuovi problemi che al momento non posso preventivare. La cosa più difficile allora è trovare la forza di "sopportare" questa fase di transizione che purtroppo non so quando e se finirà. E questa incertezza, a volte, mi fa impazzire e mi fa venir voglia di far saltare in aria tutti i miei progetti, salvo poi però rinsavire e riprendere la direzione imboccata da dove avevo interrotto, perchè quella mi sembra che sia la strada più giusta.
la ringrazio per la risposta e soprattutto per aver perfettamente centrato la questione! Sì, è vero, il problema principale è la mia percezione del tempo. Ho il terrore che il passare del tempo (e insieme al tempo ciò che esso comporta, ovvero giovinezza, energia, forza, dinamicità, flessibilità)... insomma che il passare del tempo renda sempre più difficile superare l’immobilismo in cui sento di trovarmi. Chi mi garantisce che domani io potrò fare cose che oggi sento di poter fare (cambiare città, affrontare progetti professionali nuovi e impegnativi, innamorarmi ed essere amato...)?
Sì è vero, le novità si raggiungono gradualmente, ma la gradualità richiede tempo e così ritorniamo al problema di prima, cioè il tempo che passa e io che temo di rimanere sempre uguale (perdendo, con il passare del tempo, le possibilità di cambiamento). è un po’ come essere seduto sulla panchina della stazione, vedere tanti treni che passano, desiderare prenderli, ma essere troppo distante dai binari per poterlo fare. E nel frattempo i treni passano ma io sono sempre troppo vicino a quella maledetta panchina. E quanto tempo dovrò aspettare perchè io, passo dopo passo, riesca a salire su quel treno? (con un biglietto sola andata ovviamente :-)
Intendiamoci, io ora sto apparentemente bene: ho una casa, un lavoro, qualche amico, qualche storiella poco impegnativa. Ma è questa vita che non mi soddisfa più, perchè non ho stimoli, perchè è già vissuta.
Ho deciso di scrivere qui in psicologia come primo tentativo per affrontare più serenamente il percorso di cambiamento che voglio intraprendere (e che sto già intraprendendo). Da alcuni mesi sto cercando di realizzare concretamente questo cambiamento, soprattutto in ambito professionale. Mi sto informando, sto cercando, eppure non sempre i riscontri sono positivi e soprattutto bisogna continuamente specializzarsi, acquisire titoli su titoli. Ci vuole quindi pazienza, una pazienza però che non riesco sempre ad avere e che ultimamente è scesa a livelli tali da rendere la mia attuale situazione poco sopportabile, alle volte anche con manifestazioni di nervosismo, ansia, a cui a spesso si aggiunge frustrazione per qualche cosa che non va secondo le aspettative.
E infine gli errori... proprio la paura di sbagliare mi rende molto più cauto. La situazione attuale però non è più sopportabile (sto sopportando già da mesi) e proprio questo mi spinge a volgermi verso nuove prospettive di vita (anche correndo qualche rischio di sbagliare)... Non si tratta di trovare un compromesso nella situazione attuale, ma di scegliere tra una vita piatta e monotona che ha poco o nulla da darmi e una vita nuova con nuove esperienze e nuovi problemi che al momento non posso preventivare. La cosa più difficile allora è trovare la forza di "sopportare" questa fase di transizione che purtroppo non so quando e se finirà. E questa incertezza, a volte, mi fa impazzire e mi fa venir voglia di far saltare in aria tutti i miei progetti, salvo poi però rinsavire e riprendere la direzione imboccata da dove avevo interrotto, perchè quella mi sembra che sia la strada più giusta.
[#3]
Gentile Utente
il suo post mi ha trasmesso tutta l'ansia con cui vive questa situazione, e probabilmente questa è la stessa ansia che lei trasmette a sè stesso quando si racconta la sua sofferenza. Questo la chiude inevitabilmente dentro un circolo izioso che si autoalimenta e che ad ogni nuovo gira intensifica la sua sensazione di immobilità e di conseguenza la sua angoscia.
Infatti lei dice
>>la gradualità richiede tempo e così ritorniamo al problema di prima, cioè il tempo che passa e io che temo di rimanere sempre uguale
Se ci pensa il tempo passa per tutti noi e la vita che ognuno sceglie di vivere rimene uguale a sè stessa per definizione, perchè se cambiasse radicalmente allora non sarebbe più la stessa vita. Se portato all'estremo questo diventa un ragionamemento filosofico dalla difficile soluzione.
E' per questo che la sua sofferenza sembra senza uscita, perchè la soluzione che cerca si colloca su un piano troppo mentalizzato e poco pratico.
Infatti io credo che il problema sia un'altro:
lei ha in mente dei progetti per la sua vita che mi sembrano leggittimi ma si trova incastrato in una dimensione che le sta stretta e non le appartiene, questo è normalissimo che la renda insoddisfatto.
Succede però che dopo aver valutato la discrepanza fra le sue ambizioni e la realtà qualcosa la congela nell'impossibilità di cercare una soluzione fruibile.
A mio parere la soluzione del suo problema si colloca qui, e potrebbe essere relativa alla difficoltà di pianificare delle strategie coerenti con i suoi obiettivi, difficoltà di metterle in atto, paura di rischiare, bassa considerazone delle sue abilità, ecc.
Inoltre tenga conto che alcuni aspetti del problema che ci pone potrebbero essere connessi con la riduzione del tono dell'umore.
Proprio per questo credo che una consulenza psicologica potrebbe aiutarla a comprendere meglio tutte queste variabili in gioco.
Cordiali saluti
il suo post mi ha trasmesso tutta l'ansia con cui vive questa situazione, e probabilmente questa è la stessa ansia che lei trasmette a sè stesso quando si racconta la sua sofferenza. Questo la chiude inevitabilmente dentro un circolo izioso che si autoalimenta e che ad ogni nuovo gira intensifica la sua sensazione di immobilità e di conseguenza la sua angoscia.
Infatti lei dice
>>la gradualità richiede tempo e così ritorniamo al problema di prima, cioè il tempo che passa e io che temo di rimanere sempre uguale
Se ci pensa il tempo passa per tutti noi e la vita che ognuno sceglie di vivere rimene uguale a sè stessa per definizione, perchè se cambiasse radicalmente allora non sarebbe più la stessa vita. Se portato all'estremo questo diventa un ragionamemento filosofico dalla difficile soluzione.
E' per questo che la sua sofferenza sembra senza uscita, perchè la soluzione che cerca si colloca su un piano troppo mentalizzato e poco pratico.
Infatti io credo che il problema sia un'altro:
lei ha in mente dei progetti per la sua vita che mi sembrano leggittimi ma si trova incastrato in una dimensione che le sta stretta e non le appartiene, questo è normalissimo che la renda insoddisfatto.
Succede però che dopo aver valutato la discrepanza fra le sue ambizioni e la realtà qualcosa la congela nell'impossibilità di cercare una soluzione fruibile.
A mio parere la soluzione del suo problema si colloca qui, e potrebbe essere relativa alla difficoltà di pianificare delle strategie coerenti con i suoi obiettivi, difficoltà di metterle in atto, paura di rischiare, bassa considerazone delle sue abilità, ecc.
Inoltre tenga conto che alcuni aspetti del problema che ci pone potrebbero essere connessi con la riduzione del tono dell'umore.
Proprio per questo credo che una consulenza psicologica potrebbe aiutarla a comprendere meglio tutte queste variabili in gioco.
Cordiali saluti
Dr.ssa Ilenia Sussarellu, i.sussarellu@libero.it
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, Psicologo Cilinico-Forense
[#4]
Gentile utente,
in totale accordo con i colleghi, le posso suggerire anche io una valutazione specialistica per escludere che tutti gli aspetti da lei indicati come problematici non siano il risultato di una interferenza da patologia depressiva.
Cordialmente
in totale accordo con i colleghi, le posso suggerire anche io una valutazione specialistica per escludere che tutti gli aspetti da lei indicati come problematici non siano il risultato di una interferenza da patologia depressiva.
Cordialmente
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
[#5]
Ex utente
Gentile dott.ssa Sussarellu,
ho letto e riletto con attenzione le righe che mi ha scritto. Ho cercato di riflettere e devo ammettere che lei ha ragione quando dice che il mio disagio è incrementato dalla mia mente. L’attenzione va spostata sul concreto provando a spezzare questo circolo vizioso mentale. Mi parla di fattori quali “pianificare delle strategie coerenti con i suoi obiettivi, difficoltà di metterle in atto, paura di rischiare, bassa considerazone delle sue abilità, ecc”. Effettivamente ciascuna cosa ha il suo ruolo e probabilmente mi fa percepire ancora più in salita una strada impegnativa che ho scelto di imboccare, qualche volta fermandomi, qualche volta riprendendo il cammino.
Ha ragione quando dice che la vita è una nello scorrere del tempo ed effettivamente sto cercando di ripristinare un rapporto tra la mia mente e le attività che quotidianamente mi trovo a svolgere, a volte gratificanti a volte un po’ meno. Se però rinunciassi a seguire il percorso che ho intrapreso (cioè il progetto a cui sto lavorando) so che mi sentirei già adesso infelice e che invece se, qualche volta a testa bassa e a denti stretti, mi muovessi verso i miei obiettivi, allora ogni piccolo passo che mi allontana da una situazione statica sarebbe per me già un motivo di gratificazione.
Il tempo può diventare così un alleato, perchè mi può permettere di fare scelte con ponderazione e soprattutto di abituarmi ad un cambiamento che presenterà nuovi problemi di fronte a cui non mi voglio trovare impreparato. So che le ansie e i timori che spesso mi accompagnano sono un problema da affrontare, anche perchè non credo che basti cambiare città o amici o ambiente di lavoro per superare stati d’animo che ci si porta dentro e che spesso situazioni nuove possono amplificare.
Mi parla poi di “riduzione dell’umore” ed effettivamente devo ammettere che ci sono momenti in cui mi sento davvero triste, demotivato... allora perdo fiducia in me stesso e nelle cose che faccio e cado in uno stato di apatia. Però di solito queste “crisi” hanno al massimo la durata di 3-4 giorni e capita all’incirca una volta ogni 2-3 mesi. Cosa significa? Può essere la spia di un disagio da “curare” (depressione) o è semplicemente un aspetto del mio carattere con cui devo fare i conti?
Gentile dott. Garbolino,
nel leggere la sua risposta (la ringrazio!) mi chiedo come posso distinguere la mia tendenza caratteriale a demotivarmi e a perdere fiducia in me da una eventuale depressione (che spesso presenta gli stessi aspetti)? Se non ci fosse distinzione allora la terapia ci renderebbe tutti soddisfatti e felici! Ma invece ognuno ha il suo carattere e forse con questo bisogna (da soli) fare i conti.
ho letto e riletto con attenzione le righe che mi ha scritto. Ho cercato di riflettere e devo ammettere che lei ha ragione quando dice che il mio disagio è incrementato dalla mia mente. L’attenzione va spostata sul concreto provando a spezzare questo circolo vizioso mentale. Mi parla di fattori quali “pianificare delle strategie coerenti con i suoi obiettivi, difficoltà di metterle in atto, paura di rischiare, bassa considerazone delle sue abilità, ecc”. Effettivamente ciascuna cosa ha il suo ruolo e probabilmente mi fa percepire ancora più in salita una strada impegnativa che ho scelto di imboccare, qualche volta fermandomi, qualche volta riprendendo il cammino.
Ha ragione quando dice che la vita è una nello scorrere del tempo ed effettivamente sto cercando di ripristinare un rapporto tra la mia mente e le attività che quotidianamente mi trovo a svolgere, a volte gratificanti a volte un po’ meno. Se però rinunciassi a seguire il percorso che ho intrapreso (cioè il progetto a cui sto lavorando) so che mi sentirei già adesso infelice e che invece se, qualche volta a testa bassa e a denti stretti, mi muovessi verso i miei obiettivi, allora ogni piccolo passo che mi allontana da una situazione statica sarebbe per me già un motivo di gratificazione.
Il tempo può diventare così un alleato, perchè mi può permettere di fare scelte con ponderazione e soprattutto di abituarmi ad un cambiamento che presenterà nuovi problemi di fronte a cui non mi voglio trovare impreparato. So che le ansie e i timori che spesso mi accompagnano sono un problema da affrontare, anche perchè non credo che basti cambiare città o amici o ambiente di lavoro per superare stati d’animo che ci si porta dentro e che spesso situazioni nuove possono amplificare.
Mi parla poi di “riduzione dell’umore” ed effettivamente devo ammettere che ci sono momenti in cui mi sento davvero triste, demotivato... allora perdo fiducia in me stesso e nelle cose che faccio e cado in uno stato di apatia. Però di solito queste “crisi” hanno al massimo la durata di 3-4 giorni e capita all’incirca una volta ogni 2-3 mesi. Cosa significa? Può essere la spia di un disagio da “curare” (depressione) o è semplicemente un aspetto del mio carattere con cui devo fare i conti?
Gentile dott. Garbolino,
nel leggere la sua risposta (la ringrazio!) mi chiedo come posso distinguere la mia tendenza caratteriale a demotivarmi e a perdere fiducia in me da una eventuale depressione (che spesso presenta gli stessi aspetti)? Se non ci fosse distinzione allora la terapia ci renderebbe tutti soddisfatti e felici! Ma invece ognuno ha il suo carattere e forse con questo bisogna (da soli) fare i conti.
[#6]
Gentile utente,
è proprio perchè sono totalmente in accordo con lei ("mi chiedo come posso distinguere la mia tendenza caratteriale a demotivarmi e a perdere fiducia in me da una eventuale depressione")
che non posso esimermi al consigliarle una valutazione psichiatrica per dirimere il dubbio.
Cordialmente
è proprio perchè sono totalmente in accordo con lei ("mi chiedo come posso distinguere la mia tendenza caratteriale a demotivarmi e a perdere fiducia in me da una eventuale depressione")
che non posso esimermi al consigliarle una valutazione psichiatrica per dirimere il dubbio.
Cordialmente
[#7]
Ex utente
Ho avuto un colloquio con il mio medico generico, che mi ha ascoltato molto pazientemente. La cosa mi ha aiutato parecchio perchè mi hanno rassicurato le sue parole e soprattutto il fatto che mi abbia confidato anche le sue difficoltà professionali da giovane. Avere però di fronte a me un esperto e non un amico ha reso "professionale" la chiacchierata.
Ho capito che la mia ansia e la mia sfiducia sono dettate da fattori diversi, tra cui anche il rientro dalle vacanze e la ripresa della routine (non sempre facile da accettare) che hanno accentuato la mia paura di essere "divorato" dal tempo.
Personalmente ho preferito evitare di riflettere troppo e mi sono concentrato sulle mansioni professionali quotidiane che, nel bene e nel male, hanno rivitalizzato le mie giornate. Anzichè rimandare la mia serenità ad un tempo che non c'è ancora, ho scelto di godere dell'appagamento che può venire dallo svolgere con impegno e, per quanto possibile, dedizione le proprie attività quotidiane.
Il medico mi ha prescritto poi un farmaco di nome Lexotan. Devo prendere 10 gocce quando sento la mia ansia incontrollabile. Durante questi momenti, che accadono all'incirca una volta ogni 15-7 giorni, sento un cerchio alle testa e un peso al cuore che passano poco dopo aver ingerito il medicinale.
Il medico mi ha detto di non ritenere necessaria al momento una visita psicologica, perchè i miei stati d'animo sono abbastanza "normali". Poi c'è chi li reprime illudendosi per una serenità inesistente e c'è chi come me li esterna e li affronta. Già questo, mi ha detto il medico, è segno di grande coraggio.
Cosa ne pensate?
Grazie per tutti i consigli
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 3.6k visite dal 09/09/2009.
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