Esiste specificosupporto psicologico da aggiungere alla terapia per condizioni di esordio psicotico?
Gentili dottori,
Vorrie chiedere se in psicologia/psichiatria esiste un orientamento che ritenga accettabile fornire supporto psicologico a ragazzi molto giovani che stanno vivendo una situazione di esordio psicotico.
In particolare, mio fratello ha iniziato ad avere alcuni sintomi allucinatori che lo hanno spinto a chiedere aiuto, e sembra iniziare a rispondere alla terapia.
Tuttavia la terapia farmacologica, come temo sia portroppo inevitabile nei primi mesi, lo sta facendo entrare in contatto con la retrostante altissima anedonia, apatia, abulia e insonnia tipiche di queste condizioni, e questo lo sta facendo soffrire enormemente, anche perché la sua autoconsapevolezza è piena, ed è perfettamente in grado di rendersi conto della gravità della sua situazione, soprattutto adesso che i sintomi positivi stanno andando via.
Il professionista che ci segue ritiene l'affiancamento psicoterapico inutile e anzi controindicato in questo momento, perché lui non è stabilizzato.
Capisco la sua posizione che ovviamente guarda al mero dato tecnico-medico, ma siccome vedo 24 ore su 24 la sofferenza permanente di mio fratello, che mi dice di essere allo stremo e di non riuscire più a resistere e di voler farla finita, non posso umanamente restare a guardare senza far niente, è una cosa atroce.
Ci vorrà moltissimo tempo di calibrazione e aggiustamento dei farmaci perché si giunga ad una stabilizzazione, pertanto vorrei chiedervi se nel frattempo almeno può esistere una figura professionale allenata a infondere un pochino di sollievo e comprensione in circostanze del genere senza interferire sul contesto prettamente clinico, e, se sì, come si chiama così da poter capire chi sono i professionisti che erogano questo genere di aiuto.
Io stesso sto fornendo tutto il supporto che sono capace di dare ad ogni ora del giorno e della notte, ma sono dovuto anche io entrare in terapia per poter resistere, e nonostante ciò sto rischiando di perdere il lavoro e la mia salute mentale, sento di non riuscire ad avere più la forza sufficiente per arrecargli sollievo.
Grazie mille per qualsiasi suggerimento
Vorrie chiedere se in psicologia/psichiatria esiste un orientamento che ritenga accettabile fornire supporto psicologico a ragazzi molto giovani che stanno vivendo una situazione di esordio psicotico.
In particolare, mio fratello ha iniziato ad avere alcuni sintomi allucinatori che lo hanno spinto a chiedere aiuto, e sembra iniziare a rispondere alla terapia.
Tuttavia la terapia farmacologica, come temo sia portroppo inevitabile nei primi mesi, lo sta facendo entrare in contatto con la retrostante altissima anedonia, apatia, abulia e insonnia tipiche di queste condizioni, e questo lo sta facendo soffrire enormemente, anche perché la sua autoconsapevolezza è piena, ed è perfettamente in grado di rendersi conto della gravità della sua situazione, soprattutto adesso che i sintomi positivi stanno andando via.
Il professionista che ci segue ritiene l'affiancamento psicoterapico inutile e anzi controindicato in questo momento, perché lui non è stabilizzato.
Capisco la sua posizione che ovviamente guarda al mero dato tecnico-medico, ma siccome vedo 24 ore su 24 la sofferenza permanente di mio fratello, che mi dice di essere allo stremo e di non riuscire più a resistere e di voler farla finita, non posso umanamente restare a guardare senza far niente, è una cosa atroce.
Ci vorrà moltissimo tempo di calibrazione e aggiustamento dei farmaci perché si giunga ad una stabilizzazione, pertanto vorrei chiedervi se nel frattempo almeno può esistere una figura professionale allenata a infondere un pochino di sollievo e comprensione in circostanze del genere senza interferire sul contesto prettamente clinico, e, se sì, come si chiama così da poter capire chi sono i professionisti che erogano questo genere di aiuto.
Io stesso sto fornendo tutto il supporto che sono capace di dare ad ogni ora del giorno e della notte, ma sono dovuto anche io entrare in terapia per poter resistere, e nonostante ciò sto rischiando di perdere il lavoro e la mia salute mentale, sento di non riuscire ad avere più la forza sufficiente per arrecargli sollievo.
Grazie mille per qualsiasi suggerimento
[#1]
Gentile utente,
dal punto di vista psicologico riteniamo non solo utile, ma essenziale, un supporto in questa fase della patologia. Come lei acutamente osserva, occorre un sostegno clinico adeguato, allo scopo di offrire uno spazio di parola e di ascolto profondo alla sofferenza soggettiva della persona; alle domande che si fa riguardanti le cause, il futuro, la possibilità di una relazione affettiva, e molto altro.
Questo riguarda non solo le patologie fisiche, ma anche le patologie psichiche e psichiatriche.
Soprattutto se croniche, esse Interferiscono e/o interrompono la progettualità della vita, e non solamente della persona che ne soffre, ma frequentemente dell’intera famiglia. E ciò ha bisogna seriamente di un sostegno psicologo.
Occorre individuare però un* Psicoterapeuta particolarmente esperto in questo genere di patologia; ma non è impossibile.
Un unico dubbio riguarda il fatto che il servizio sanitario nazionale copra questo bisogno.
dal punto di vista psicologico riteniamo non solo utile, ma essenziale, un supporto in questa fase della patologia. Come lei acutamente osserva, occorre un sostegno clinico adeguato, allo scopo di offrire uno spazio di parola e di ascolto profondo alla sofferenza soggettiva della persona; alle domande che si fa riguardanti le cause, il futuro, la possibilità di una relazione affettiva, e molto altro.
Questo riguarda non solo le patologie fisiche, ma anche le patologie psichiche e psichiatriche.
Soprattutto se croniche, esse Interferiscono e/o interrompono la progettualità della vita, e non solamente della persona che ne soffre, ma frequentemente dell’intera famiglia. E ciò ha bisogna seriamente di un sostegno psicologo.
Occorre individuare però un* Psicoterapeuta particolarmente esperto in questo genere di patologia; ma non è impossibile.
Un unico dubbio riguarda il fatto che il servizio sanitario nazionale copra questo bisogno.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile Dottoressa Brunialti,
La ringrazio davvero per il suo intervento, le sue parole sono di enorme sollievo in questa situazione così confusa e angosciante.
Mi sono permesso di pormi questo dubbio perché mi sono reso conto che il professionista ha deciso per l'etichettatura rapida e gelida della situazione anche nel lungo periodo, e non ha lasciato nemmeno uno spiraglio ad un minimo di elaborazione della cosa: l'interazione stessa sul tema ha fatto regredire mio fratello a livelli di paura pre-farmaci (e mi ha provocato un paio di attacchi di panico, di cui non avevo mai sofferto). Ciò da un lato è assolutamente indispensabile per iniziare la terapia (senza la quale il paziente sarebbe spacciato), lo capisco, ma dall'altro lato la modalità seguita annienta la persona, lasciandola per di più senza interlocutori.
Nella mia provincia non sembrano esistere professionisti psicologi in questo campo. Che io sappia nel settore pubblico, sebbene ciò sia esplicitamente previsto, la situazione è al collasso e il cps locale fa quel che può per andare avanti con tempi molto lunghi di accesso anche solo alla prima visita, ma so che dovrà essere contattato prima o poi. Nel frattempo cercherò in altre province.
La ringrazio davvero per il suo intervento, le sue parole sono di enorme sollievo in questa situazione così confusa e angosciante.
Mi sono permesso di pormi questo dubbio perché mi sono reso conto che il professionista ha deciso per l'etichettatura rapida e gelida della situazione anche nel lungo periodo, e non ha lasciato nemmeno uno spiraglio ad un minimo di elaborazione della cosa: l'interazione stessa sul tema ha fatto regredire mio fratello a livelli di paura pre-farmaci (e mi ha provocato un paio di attacchi di panico, di cui non avevo mai sofferto). Ciò da un lato è assolutamente indispensabile per iniziare la terapia (senza la quale il paziente sarebbe spacciato), lo capisco, ma dall'altro lato la modalità seguita annienta la persona, lasciandola per di più senza interlocutori.
Nella mia provincia non sembrano esistere professionisti psicologi in questo campo. Che io sappia nel settore pubblico, sebbene ciò sia esplicitamente previsto, la situazione è al collasso e il cps locale fa quel che può per andare avanti con tempi molto lunghi di accesso anche solo alla prima visita, ma so che dovrà essere contattato prima o poi. Nel frattempo cercherò in altre province.
[#3]
Provi a sentire 'se' qualche Psicolog* ospedialier* in servizio nel reparto di psichiatria del capoluogo opera anche privatamente; oppure in regime di libera professione all'interno della struttura pubblica (cioè a pagamento).
Ho provato proprio ora ad effettuare una ricerca online inserendo "Psicologi specializzati in schizofrenia e psicosi a XY" (XY è la Sua provincia, che non nomino per rispetto della privacy) e realmente sono usciti alcuni nominativi di psicolog* psicoterapeut* che si occupano di ciò.
L'eventuale percorso di appoggio e sostegno va fatto in presenza, lo raccomando.
La percepisco molto amareggiato verso lo psichiatra che segue suo fratello.
Tenga conto che tra psichiatri e psicologi le differenze di approccio e di metodo sono parecchie, anche quando entramb* sono psicoterapeut*.
Proprio per questo motivo le due figure vanno -in molti casi- abbinate. In questo modo si accresce anche la 'compliance' nei confronti della terapia farmacologica; ed è quello che consiglio per suo fratello e per la famiglia, come risposto in #1.
Riguardo alla malattia cronica e ai risvolti impegnativi che essa comporta, e che si avvalgono positivamente del supporto dell* psicolog* psicoterapeuta, Le segnalo l'articolo che ho scritto per aiutare chi assiste: https://www.psicologi-italia.it/disturbi-e-terapie/varie/articoli/la-malattia-cronica-nella-vita-della-persona.html .
Si senta libero di farmi sapere, qui. Le risponderò.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Ho provato proprio ora ad effettuare una ricerca online inserendo "Psicologi specializzati in schizofrenia e psicosi a XY" (XY è la Sua provincia, che non nomino per rispetto della privacy) e realmente sono usciti alcuni nominativi di psicolog* psicoterapeut* che si occupano di ciò.
L'eventuale percorso di appoggio e sostegno va fatto in presenza, lo raccomando.
La percepisco molto amareggiato verso lo psichiatra che segue suo fratello.
Tenga conto che tra psichiatri e psicologi le differenze di approccio e di metodo sono parecchie, anche quando entramb* sono psicoterapeut*.
Proprio per questo motivo le due figure vanno -in molti casi- abbinate. In questo modo si accresce anche la 'compliance' nei confronti della terapia farmacologica; ed è quello che consiglio per suo fratello e per la famiglia, come risposto in #1.
Riguardo alla malattia cronica e ai risvolti impegnativi che essa comporta, e che si avvalgono positivamente del supporto dell* psicolog* psicoterapeuta, Le segnalo l'articolo che ho scritto per aiutare chi assiste: https://www.psicologi-italia.it/disturbi-e-terapie/varie/articoli/la-malattia-cronica-nella-vita-della-persona.html .
Si senta libero di farmi sapere, qui. Le risponderò.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#4]
Utente
Grazie Dottoressa, proverò di nuovo.
Sì sono amareggiato e spaventato perché il dottore si è dimostrato inaspettatamente insensibile. Mio fratello non si sentiva compreso ed era preoccupato, e ha chiesto che io fossi presente ad un colloquio. In tale circostanza il dottore ha detto a viso aperto a mio fratello - che gli chiedeva se i sintomi negativi e in particolare l'anedonia e l'apatia sarebbero passati - che non passeranno mai più e che non ripristinerà mai più il funzionamento della vita precedente, e che si può ambire a migliorare lo stadio attuale al massimo al 50%. Questo lo ha gettato nel terrore più nero, ed è tornato a casa in lacrime e paralizzato dal terrore, e ha iniziato ad avere ideazoni suicidiarie. Poi a me privatamente ha detto che non resta che instradarlo al cps dove chiedere l'invalidità. Tutto questo è sia insensibile sia falso, sia perché mio fratello non ha alcun ritardo mentale e conserva consapevolezza piena della situazione, sia perché lo ha visto solo tre volte, sia perché i sintomi sono ancora quelli prodromici (la situazione è tecnicamente definita come UHR - stato mentale a rischio) e sta rispondendo alla terapia, sia perché le percentuali e l'entità di remissione sono buone se la patologia viene presa in tempo prima che sia strutturata, e sia perché per esempio il mio altro fratello con diagnosi ha ripreso una vita quasi del tutto normale, una lucidità e presenza perfetta, buon umore, hobby e passatempi, autonomia su quasi tutti i fronti. Il dottore mi è sembrato nervoso e sbrigativo, colloqui rapidi, strani consigli generici del tipo "esca con gli amici", domande fatte senza attendere che mio fratello rispondesse. C'è qualcosa che non va. Forse è rimasto a sua volta amareggiato dalla situazione dei cps nella nostra regione, in cui lavorava prima, e non nutre più nessuna speranza. O magari ha ragione, ma a quel punto dovrebbe essere certo al 100% che siano in gioco solamente fattori genetici. Non posso permettere che questa sentenza si ripercuota su mio fratello più di quanto ciò non sia utile prendere provvedimenti per migliorarne la salute. L'ironia della sorte ha voluto che incontrassi uno professionista molto poco empatico dopo aver lottato furiosamente per ottenerne le cure, contro mio padre che non voleva che mio fratello iniziasse una terapia farmacologica. Sono grato al mio psicologo che mi ha permesso di non collassare dinnanzi a tutto questo, e sono grato a lei, dottoressa Brunialti, perché ha scelto di rispondermi in maniera così cortese, accogliente e pragmatica. Sono consapevole che per un medico un sintomo psicotico non è altro che un malfunzionamento nel metabolismo della dopamina, ma mi fa arrabbiare che venga trattato con freddo tecnicismo come si farebbe, non so, davanti al malfunzionamento del metabolismo dell'insulina per un diabetico. Certo, tutti devono poter reggere al peso psicologico del proprio lavoro. Non si può chiedere ad un chirurgo di essere empatico e accogliente, sarebbe forse perfino controproducente per la prestazione. Ma ad uno psichiatra?
Sì sono amareggiato e spaventato perché il dottore si è dimostrato inaspettatamente insensibile. Mio fratello non si sentiva compreso ed era preoccupato, e ha chiesto che io fossi presente ad un colloquio. In tale circostanza il dottore ha detto a viso aperto a mio fratello - che gli chiedeva se i sintomi negativi e in particolare l'anedonia e l'apatia sarebbero passati - che non passeranno mai più e che non ripristinerà mai più il funzionamento della vita precedente, e che si può ambire a migliorare lo stadio attuale al massimo al 50%. Questo lo ha gettato nel terrore più nero, ed è tornato a casa in lacrime e paralizzato dal terrore, e ha iniziato ad avere ideazoni suicidiarie. Poi a me privatamente ha detto che non resta che instradarlo al cps dove chiedere l'invalidità. Tutto questo è sia insensibile sia falso, sia perché mio fratello non ha alcun ritardo mentale e conserva consapevolezza piena della situazione, sia perché lo ha visto solo tre volte, sia perché i sintomi sono ancora quelli prodromici (la situazione è tecnicamente definita come UHR - stato mentale a rischio) e sta rispondendo alla terapia, sia perché le percentuali e l'entità di remissione sono buone se la patologia viene presa in tempo prima che sia strutturata, e sia perché per esempio il mio altro fratello con diagnosi ha ripreso una vita quasi del tutto normale, una lucidità e presenza perfetta, buon umore, hobby e passatempi, autonomia su quasi tutti i fronti. Il dottore mi è sembrato nervoso e sbrigativo, colloqui rapidi, strani consigli generici del tipo "esca con gli amici", domande fatte senza attendere che mio fratello rispondesse. C'è qualcosa che non va. Forse è rimasto a sua volta amareggiato dalla situazione dei cps nella nostra regione, in cui lavorava prima, e non nutre più nessuna speranza. O magari ha ragione, ma a quel punto dovrebbe essere certo al 100% che siano in gioco solamente fattori genetici. Non posso permettere che questa sentenza si ripercuota su mio fratello più di quanto ciò non sia utile prendere provvedimenti per migliorarne la salute. L'ironia della sorte ha voluto che incontrassi uno professionista molto poco empatico dopo aver lottato furiosamente per ottenerne le cure, contro mio padre che non voleva che mio fratello iniziasse una terapia farmacologica. Sono grato al mio psicologo che mi ha permesso di non collassare dinnanzi a tutto questo, e sono grato a lei, dottoressa Brunialti, perché ha scelto di rispondermi in maniera così cortese, accogliente e pragmatica. Sono consapevole che per un medico un sintomo psicotico non è altro che un malfunzionamento nel metabolismo della dopamina, ma mi fa arrabbiare che venga trattato con freddo tecnicismo come si farebbe, non so, davanti al malfunzionamento del metabolismo dell'insulina per un diabetico. Certo, tutti devono poter reggere al peso psicologico del proprio lavoro. Non si può chiedere ad un chirurgo di essere empatico e accogliente, sarebbe forse perfino controproducente per la prestazione. Ma ad uno psichiatra?
[#5]
Bello sarebbe che ogni specialista uomo o donna (psicologo o medico) fosse gentile ed empatico, accogliente e al tempo stesso massimamente competente.
Talvolta accade, talaltra no. Peccato.
Un caro saluto.
Dott. Brunialti
Talvolta accade, talaltra no. Peccato.
Un caro saluto.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 511 visite dal 12/04/2024.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.