Esiste un modo di ridurre l'impatto di psicologico di potenziali eventi traumatici?

Buongiorno, sono un soccorritore dal 2010.
Ho lavorato a contratti a termine fino all'anno scorso e ora sono a tempo indeterminato. In questi anni ho lavorato su molti interventi, anche visivamente disturbanti, gravi e complessi tecnicamente, ma non ho mai avuto particolari fastidi invalidati o sensibilità legate a possibili fluidi corporei, ferite, emozioni altrui ecc. Niente che mi facesse dubitare fosse una strada per me, ecco.
Dieci giorni fa mi è capitato di intervenire su un incidente a cui non avevo mai assistito prima, una scena veramente che, per quanto avessi provato a "prefigurarmela in mente" prima di arrivare sul posto (per provare a "prepararmi" a cosa avrei visto), non era nemmeno lontanamente vicina alla realtà.

Sul momento sono rimasto lucido sulle cose da fare e ho operato, anche se non c'era niente da fare già in partenza.
Appena ho visto la vittima ho provato una reazione veloce, fatta di un "questa cosa mi fa impressione", come un morso allo stomaco accompagnato da una sottile paura, e una sorta di frase "Posso reggere. Posso reggere davvero? ".. Che poi spoiler: sì. ho retto, e anche bene: non ho avuto un calo di "performance" lavorativa.

Al termine del servizio, durato molto, ero un pò provato, stanco. Durante il giorno seguente ho iniziato ad avere delle immagini intrusive, accompagnate da ansia (fisica, diciamo) e dalla sensazione proprio di ricacciarle via. Sono andate aumentando e alla fine anche i dubbi.
Mi sentivo meno spinto a parlare del mio lavoro in senso positivo e provavo disagio se qualcuno mi chiedeva come andava (cose che non sono da me, fino ad ora il mio lavoro mi è sempre piaciuto, per quanto spigoloso eh... ) . Avevo paura di ferire gli altri, raccontando i dettagli di cosa avessi visto.

Mi chiedo se sia normale reagire così... se provare queste cose mi obblighi a considerare che non sono più tagliato per il mio lavoro, o se valgo di meno come soccorritore... o se devo capire come gestire queste chiamate, non so, ecco, da dove potrei partire?
Esiste bibliografia in merito? In tal caso, non ne sono a conoscenza...

Vedendo che la situazione non migliorava, dopo circa una settimana ho svolto una prima seduta di emdr e ho visto che la carica "disturbante" delle immagini è calata di intensità già in modo molto significativo. Mi è stato spiegato che è una reazione a uno stress acuto e ovviamente ho altre visite fissate.

Dal 2021 circa al 2023 ho sofferto di depressione. Di recente non ho più quei sintomi, li ho trattati con psicoterapia CC e supporto farmacologico con buoni risultati. A giorni alterni ho risentito un pò di "quel" tipo di appiattimento. Mi sono un pò preoccupato, perché per maggio dovrei iniziare a sospendere la terapia e spero di farlo senza intoppi.

Ci sono delle strategie o dei punti su cui potrei lavorare, per rafforzarmi rispetto a quello che posso incontrare nel mio mestiere, o sono davvero "finito" professionalmente?

Grazie e buone feste
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
avrà certo sentito parlare del burnout a cui determinate professioni sono esposte in maniera considerevole. Proprio per questo tali professioni sono accompagnate da un repertorio di "strumenti" sia preventivi che curativi di aiuto. Tra questi c'è l'incontro che si attua nella riunione post intervento per permettere agli operatori di esternare le emozioni provate, anche le più estreme. Nel suo caso si è prodotto un PTSD, ossia un Disturbo da Stress Post Traumatico.
Lei è stato ingenuo nel pensare che il disturbo potesse attenuarsi in una settimana; è stato invece accorto nel rivolgersi all'EMDR, che infatti ha cominciato subito a produrre il suo effetto. Continui a fare EMDR e parli di tutto ciò che sente con il suo curante.
Se era in procinto di concludere un percorso terapeutico, per la parte farmacologica proceda come previsto, ma protragga i colloqui clinici, affidandosi al giudizio del curante.
Di seguito le riporto le linee-guida della Psicologia Positiva nella gestione dello stress, specificamente quello prodotto dalle professioni d'aiuto.
"I Cyber-interventi basati sullo Stress Inoculation Training (SIT), suggerito da Donald Meichenbaum, permettono di gestire stress ed emozioni in tre fasi: Educazione - Rappresentazione - Esposizione.
Educazione: permette di dare informazioni sulle reazioni emotive che si verificano normalmente in determinate situazioni di stress. Rappresentazione: è una fase intermedia che permette di lavorare sulle proprie strategie in un’ottica di coping, di capacità di fronteggiamento della situazione critica, andando a potenziare le proprie risorse. Esposizione: dopo aver imparato a riconoscere le emozioni tipiche di una situazione di stress e aver imparato le strategie che si possono mettere in atto per fronteggiarlo, ci si espone alla situazione critica mettendosi alla prova per cercare di capire se il percorso è andato a buon fine e si sono acquisite queste competenze. Questo protocollo di acquisizione di competenze per gestire lo stress può avvalersi della tecnologia. Per esempio, per aiutare gli infermieri oncologici, categoria professionale particolarmente esposta al rischio di burnout, a gestire eventi stressanti, si è sperimentata la possibilità di farle utilizzare dei dispositivi portatili. Delle tre fasi identificate, in quella educativa vengono spiegate le tipiche reazioni emotive che si provano, anche quelle negative; vengono poi pensate e sviluppate alcune strategie per indurre emozioni positive, e di fronte a situazioni particolarmente critiche viene data la possibilità di ritirarsi in spazi virtuali, attraverso dispositivi portatili, per immergersi in un contesto in cui fruire di tecniche di rilassamento. Infine la tecnologia fornisce l’esposizione a situazioni stressanti, come la crisi acuta e la morte del paziente o la comunicazione coi suoi familiari. Esposti attraverso i filmati a quelle situazioni specifiche, gli infermieri si mettono poi alla prova per verificare se le competenze emotive sono migliorate".
Le faccio molti auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Gentile Dott.ssa la ringrazio per questa spiegazione,
ho sentito parlare di burnout e ptsd, ma non pensavo di esserci finito dentro con tutte le scarpe. Mi rendo conto che non si può certo avere una sfera di cristallo in cui guardare, ma... generalmente se ne può guarire senza che poi in futuro crei qualche problematica? Ho paura che segni un "fallimento" nel mio lavoro, una sorta di sentenza, una battuta di arresto.

Nella mia esperienza e nelle sedi in cui ho prestato la mia attività di soccorritore, non ho mai sentito parlare di riunioni post intervento per esternare le emozioni provate in merito a scenari estremi. Provando a leggere online, trovo risultati correlati nel "supporto tra i pari" e nel "defusing". Ho letto che è un primo anello, diciamo, meno specializzato in cui i soccorritori intervenuti parlano di cosa hanno provato e visto senza risparmiarsi nei dettagli. Quindi senza evitamento, mi verrebbe da interpretare (anche qualora generi ansia o del malessere, appunto).
Diciamo che a volte è capitato che qualche soccorso, poco dopo la fine del servizio, fosse motivo di "discussione", anche di cosa ci aveva fatto provare.

Molto interessante questa cosa del SIT. Unitamente alla EMDR, proporrò alla mia terapeuta l'eventuale integrazione di questo approccio nel nostro percorso.
Mi ha colpito un articolo in cui veniva scritto che anche la "narrazione" che potrei aver dato di me durante l'evento, possa aver influito nella capacità di percepire gestibile o ingestibile quell'evento e quindi rappresentare una fonte di "innesco" per questo "infortunio" psichico, per così chiamarlo, e che questo tipo di approccio possa essere utile nel sostituire delle narrazioni magari "disfunzionali" con altre più "realistiche".

Dal punto di vista delle immagini, oggi è il primo giorno in cui ne ho avute pochissime e poco fastidiose. Per la verità sono alcuni giorni che mi espongo il più possibile, quando capita qualche discorso che sentirei di voler troncare o quando ho dei flash... questa cosa mi rasserena un pò, anche se dall'altro lato inizio a fare un pò più di fatica a ricordare più nitidamente l'immagine rispetto ai giorni passati(d'altro canto, devo dire che il corpo ricorda senz'altro meglio di me...)...
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
vedo che lei è molto consapevole e in grado di documentarsi.
Come avrà letto il suo trauma si supera, lasciando "cicatrici sane", per così dire, a meno che non abbia scopetto il vaso di Pandora di antiche ferite.
Anche in questo caso si guarisce, se lo si vuole e se si incontra l'idoneo curante, anzi la crisi permette di "medicare", per restare nella metafora medica, piaghe rimaste a lungo sottopelle e divenute purulente che infettano tutto l'organismo.
Quello che mi lascia sbalordita però è che esistano in Italia certe gigantesche sacche di ignoranza: non avevo nominato il defusing se non indirettamente, nella convinzione che questa tecnica fosse regolarmente praticata in un gruppo di aiuto, visto che è nota da decenni all'estero, noi psicologi la studiamo regolarmente, e siamo un Paese che accoglie regolarmente dei reduci da guerre, violenze, stupri, massacri.
Questa diffidenza/ignoranza verso le tecniche psicologiche ha molte facce, come la mitologica Idra di Lerna, e in parte ne sono responsabili gli psicologi stessi, i quali difendono gelosamente ogni loro pratica, anche quelle che all'estero sono divulgate a tutti.
Ne conseguono professioni e ruoli dove nozioni e tecniche psicologiche dovrebbero per forza essere note e praticate, e dove al contrario sempre più gli addetti ai lavori alzano le mani affermando: "Non sono uno psicologo!".
Ed ecco insegnanti che non sanno occuparsi dei disturbi di apprendimento e a poco a poco non hanno più nemmeno tecniche pedagogiche e didattiche normali; che permettono il bullismo, l'abbandono scolastico, l'uso di droghe senza neanche vederli; genitori che non sanno trasmettere ai figli i valori della convivenza e si servono del parent training per bambini perfettamente normali, ma abbandonati a sé stessi; separazioni di coppia che devastano inutilmente i protagonisti e fanno scempio dei figli; malattie croniche o mortali che invalidano i pazienti prima del tempo e deprimono i loro familiari.
Faccio a lei tantissimi auguri ma la prego di rendere note ai suoi superiori le necessità che la vostra professione comporta. Altrimenti si è solo dei robot.
Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#4]
Utente
Utente
La ringrazio dottoressa. Sì, più passano i giorni più inizio a considerare che forse questo soccorso, di fatto impegnativo, ha premuto su una mia ferita ben più antica e radicata (direi quasi una struttura un pò più debole già in partenza per reggere quello specifico carico senza batter ciglio...forse dovrò proprio affrontarla nel mio percorso...)... Mi da un pò di speranza e positività questa cosa, ci posso lavorare.

In effetti questa è una mancanza bella grossa nel mio settore e nella mia organizzazione... Ho letto ora qualcosa su debriefing e defusing e mi sembrano dei protocolli importanti e quasi imprescidibili, però credo che capire come mettere queste procedure in opera richieda una formazione più strutturata dell'online. Avrebbe un libro o del materiale da suggerire?Proverò a documentarmi e a sentire i superiori o eventualmente oo.ss. per capire se questo tipo di percorso è organizzabile e attivabile.
La lentezza con cui in Italia recepiamo le cose che dice è un pò triste e avvilente.. l'impatto dei vari "lavori" sui dipendenti di varie categorie (e sugli utenti delle rispettive) probabilmente sarebbe assai differente...
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
di questi argomenti si parla in Psicologia dell'Emergenza e naturalmente nelle specializzazioni che riguardano la gestione dei traumi collettivi (guerre, disastri naturali etc).
Potrebbe essere lei stesso a cominciare ad attivare queste procedure, a vantaggio di tutti.
Buona fortuna, ma soprattutto sia sereno sulla sua capacità di recupero.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Salve, sto provando a sentire come poter innescare un meccanismo virtuoso per creare queste procedure, ma non so quando e se ci riuscirò, me lo auguro. Nel frattempo tramite la terapia ho potuto capire che ognuno mette in atto strategie attraverso cui gestisce questi eventi in modi differenti, ma che non hanno a che vedere con la capacità di poter essere o meno buoni soccorritori. Questo dubbio ha aperto la breccia ad un mio senso di "inadeguatezza" o di non essere abbastanza, sensazione familiare nata da bambino nei tanti paragoni che facevo tra me e gli altri bambini. Mi ha colpito un sacco un pensiero, ricevuto come una freccia scoccata mentre ero assopito nell'osservare le mie reazioni (che poi mi sono spiegato come segue): <<Inizio a capire che è normale anche stare così, ha il suo senso biologico e sono adeguato e valido, anche se mi sento inadeguato per cosa posso aver passato. Quella sensazione è una sensazione, non una condizione reale. quella sensazione nata in passato non rispecchia chi sono oggi e forse nemmeno chi ero fino in fondo... quelle letture erano reazioni a continui colpi bassi sia in casa sia a scuola che mi hanno portato ad adattarmi all'ambiente. A cercare anche, attraverso la tristezza manifesta, di attirare l'attenzione e farmi coccolare di più. Forse anche perché per me sembrava impensabile, quasi insopportabile, considerare che il mondo esterno fosse totalmente imprevedibile. Era meno destabilizzante darmi una etichetta negativa, che cmq era una cosa che, per quanto pesante, finivo per affibbiarmi io.. se non riuscivo a sentirmi rispettato a casa o a scuola era perché alla fine non ero capace, degno di stima o adatto. Ma non era così, non lo è mai stato. Forse è stata solo la narrazione, una idea di me che ho dovuto rendere coerente con la realtà perché da bambino non ero in grado di dissociarmene e mandare tutti al diavolo >>

Nel frattempo lo psichiatra che mi ha in cura per una depressione avuta a cavallo del 2022 circa e che voleva dismettere la terapia proprio questo mese, dopo questo controllo ha ritenuto fosse il caso di mantenere stabile il dosaggio e attendere altri sei mesi... Mi ha suggerito nel frattempo di concentrarmi nel non pensare all'evento traumatico fuori dalla seduta di terapia, distrarmi e non stare troppo tempo a oziare, oltre a concentrarmi nel migliorare l'igiene del sonno, limitare alcool e caffé e aumentare un pò l'attività sportiva. Che amarezza, speravo fosse la volta buona in cui mi sarei liberato delle pillole...
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
mi sembra che lei sia arrivato ad un'autoterapia efficace, con la sua profonda intuizione dei meccanismi mentali che ha attraversato e che il recente trauma ha risvegliato.
Dispiace anche a me che il suo curante abbia deciso di mantenere le pillole; ma forse di qui a tre mesi potrà scalarne il dosaggio?
In ogni caso, perfino il dolore, perfino il trauma possono essere "curativi", e lei ne è l'esempio. La psicologia parla di "benefit finding", ossia il bene che si trova anche nel male e attraverso di esso.
Ho suggerito di leggere la sua storia ad un utente che sta attraversando a sua volta un trauma doloroso col conseguente senso di insufficienza paralizzante.
Se dovesse leggere anche queste sue nuove parole credo che ne trarrebbe un grande giovamento.
Infiniti auguri. Ci aggiorni sempre.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
L'utente di cui parlavo sopra lo può leggere a questo link: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1029193-ho-bisogno-di-aiuto-credo-che-la-mia-vita-mi-stia-sfuggendo-di-mano.html

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com