Disagio per genitore in casa di riposo
Buongiorno.
Mia madre ha 84 anni e si trova attualmente in casa di riposo.
Il 1 gennaio 2024 è andata in coma per un attacco epilettico, ricoverata in neurologia per 23 giorni, io e mia sorella abbiamo dovuto chiedere le dimissioni protette perchè allettata e incontinente.
Non lo abbiamo fatto volentieri ma era impossibile riportarla a casa soffrendo anche di una encefalopatia vascolare cronica dopo due ischemie avute in passato.
Quindi è passata dall'ospedale alla casa di riposo.
Inoltre soffre di una grave depressione mai curata scatenata da problematiche familiari.
Lei con mio padre non è mai andata d'accordo, lui padre padrone, lei sottomessa, situazione orribile familiare, discussioni con grida giornaliere.
Mia madre alterna momenti di lucidità e momenti di catatonia.
Ieri dopo un mese ha capito di essere ricoverata in una casa di riposo perchè è stata fatta uscire dal letto e messa in carrozzina.
Quando sono andata a trovarla si è scagliata contro di me e mi ha maledetto per averla messa in questa struttura.
Le ho spiegato che non ho firmato io per farla entrare ma il neurologo (la verità è che ha chiesto l'accoglienza mio padre).
Ho sacrificato tutto l'anno scorso per lei per poterla tenere a casa con la badante nonostante fosse già da casa di riposo (io soffro di fibromialgia tra la altre cose).
L'ho seguita sempre io perchè abito al piano superiore della loro casa con la mia famiglia, invece mia sorella abita lontano e si è spesso disinteressata di loro.
Adesso la cattiva risulto essere io, non mio padre che l'ha fatta impazzire e non mia sorella che non ha mai badato a lei.
Da ieri sto malissimo, mi sento dentro un peso enorme da quando mi ha maledetta.
Al momento non mi sento di andarla a trovare a livello psicologico.
Secondo lei cosa potrei fare per stare meglio?
Non mi dica parlare con mia mamma perchè purtroppo non riesce a sostenere un discorso logico.
Ringrazio.
Mia madre ha 84 anni e si trova attualmente in casa di riposo.
Il 1 gennaio 2024 è andata in coma per un attacco epilettico, ricoverata in neurologia per 23 giorni, io e mia sorella abbiamo dovuto chiedere le dimissioni protette perchè allettata e incontinente.
Non lo abbiamo fatto volentieri ma era impossibile riportarla a casa soffrendo anche di una encefalopatia vascolare cronica dopo due ischemie avute in passato.
Quindi è passata dall'ospedale alla casa di riposo.
Inoltre soffre di una grave depressione mai curata scatenata da problematiche familiari.
Lei con mio padre non è mai andata d'accordo, lui padre padrone, lei sottomessa, situazione orribile familiare, discussioni con grida giornaliere.
Mia madre alterna momenti di lucidità e momenti di catatonia.
Ieri dopo un mese ha capito di essere ricoverata in una casa di riposo perchè è stata fatta uscire dal letto e messa in carrozzina.
Quando sono andata a trovarla si è scagliata contro di me e mi ha maledetto per averla messa in questa struttura.
Le ho spiegato che non ho firmato io per farla entrare ma il neurologo (la verità è che ha chiesto l'accoglienza mio padre).
Ho sacrificato tutto l'anno scorso per lei per poterla tenere a casa con la badante nonostante fosse già da casa di riposo (io soffro di fibromialgia tra la altre cose).
L'ho seguita sempre io perchè abito al piano superiore della loro casa con la mia famiglia, invece mia sorella abita lontano e si è spesso disinteressata di loro.
Adesso la cattiva risulto essere io, non mio padre che l'ha fatta impazzire e non mia sorella che non ha mai badato a lei.
Da ieri sto malissimo, mi sento dentro un peso enorme da quando mi ha maledetta.
Al momento non mi sento di andarla a trovare a livello psicologico.
Secondo lei cosa potrei fare per stare meglio?
Non mi dica parlare con mia mamma perchè purtroppo non riesce a sostenere un discorso logico.
Ringrazio.
[#1]
Gentile Utente,
Non è il dialogo (impossibile peraltro) con sua madre che Le occorre,
ma il dialogo con se stessa.
Il momento in cui un genitore entra necessariamente in una casa di riposo -RSA- é certo durissimo; non solo per lui/ lei, ma anche per chi deve prendere la decisione. Decisione che nella maggior parte dei casi non viene condivisa dalla persona interessata,
.sia per il comprensibile rifiuto viscerale verso tale soluzione per lo più definitiva,
.sia perché l'interessat* può essere incapace di comprendere che la propria situazione clinica é ormai gravemente compromessa e quindi incompatibile con una vita a casa.
E dunque, soprattutto nel periodo iniziale della istituzionalizzazione, nelle fasi di lucidità si registrano sentimenti molto forti, quali rabbia, rancore, odio, aggressività. E i comportamenti verbali e non verbali corrispondenti.
Tutto ciò è ampiamente prevedibile, e anche giustificabile dal punto di vista della persona che viene ricoverata.
Per chi invece osserva dall'esterno, la questione è una sola: non c'erano altre soluzioni percorribili.
Una figlia, un figlio, in certi momenti si sente in empatia con la madre e soffre con lei;
in altri momenti -quando assume lo sguardo esterno- vede l'ineluttabilità della cosa e sente come ingiusta l'accusa nei propri confronti.
Dibattut* tra questi due sentimenti, si sente lacerat*.
Come tenere insieme l'empatia affettiva e la necessaria razionalità?
Ci sono molti studi su tali situazioni, prova che questa fase della vita è complessa e dolorosa per tutti gli interpreti.
Se le piace leggere a se approfondire le tematiche inerenti alle RSA La aiuta, le propongo la lettura di questo contributo:
"Un tempo vuoto per umanizzare l’assistenza:
https://www.salutearte.it/2018/03/30/lo-spazio-vuoto-e-il-tempo-per-so-starvi/
Se ritiene aggiunga qualche altra considerazione, Le risponderemo.
Dott. Brunialti
Non è il dialogo (impossibile peraltro) con sua madre che Le occorre,
ma il dialogo con se stessa.
Il momento in cui un genitore entra necessariamente in una casa di riposo -RSA- é certo durissimo; non solo per lui/ lei, ma anche per chi deve prendere la decisione. Decisione che nella maggior parte dei casi non viene condivisa dalla persona interessata,
.sia per il comprensibile rifiuto viscerale verso tale soluzione per lo più definitiva,
.sia perché l'interessat* può essere incapace di comprendere che la propria situazione clinica é ormai gravemente compromessa e quindi incompatibile con una vita a casa.
E dunque, soprattutto nel periodo iniziale della istituzionalizzazione, nelle fasi di lucidità si registrano sentimenti molto forti, quali rabbia, rancore, odio, aggressività. E i comportamenti verbali e non verbali corrispondenti.
Tutto ciò è ampiamente prevedibile, e anche giustificabile dal punto di vista della persona che viene ricoverata.
Per chi invece osserva dall'esterno, la questione è una sola: non c'erano altre soluzioni percorribili.
Una figlia, un figlio, in certi momenti si sente in empatia con la madre e soffre con lei;
in altri momenti -quando assume lo sguardo esterno- vede l'ineluttabilità della cosa e sente come ingiusta l'accusa nei propri confronti.
Dibattut* tra questi due sentimenti, si sente lacerat*.
Come tenere insieme l'empatia affettiva e la necessaria razionalità?
Ci sono molti studi su tali situazioni, prova che questa fase della vita è complessa e dolorosa per tutti gli interpreti.
Se le piace leggere a se approfondire le tematiche inerenti alle RSA La aiuta, le propongo la lettura di questo contributo:
"Un tempo vuoto per umanizzare l’assistenza:
https://www.salutearte.it/2018/03/30/lo-spazio-vuoto-e-il-tempo-per-so-starvi/
Se ritiene aggiunga qualche altra considerazione, Le risponderemo.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#3]
Gentile utente,
Lei invierò volentieri il mio libro
"Solchi nel tempo, ricerca sui percorsi e processi dall'autonomia alla residenzialità"
che si occupa in specifico della problematica (gratuitamente).
Se lo desidera mi contatti attraverso il form di Medicitalia facendo riferito al presente consulto.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
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Se lo desidera mi contatti attraverso il form di Medicitalia facendo riferito al presente consulto.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.2k visite dal 29/02/2024.
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