Non ho accettato di non avere una figlia femmina
Salve, ho bisogno di un consiglio per superare un problema che mi fa vivere male la mia maternità.
Cerco di contestualizzare: famiglia materna per la maggioranza femmine.
Famiglia paterna solo maschi.
Sono cresciuta a stretto contatto con la famiglia di mia madre (abitavo nello stesso palazzo insieme alle mie zie e a mia nonna) da piccola ero la classica bambina femmina (adoravo il rosa, giocavo con le bambole ecc).
Sono rimasta figlia unica fino a 7 anni.
Ero la cocca di papà.
Avevo un rapporto quasi morboso con lui.
Poi è arrivato mio fratello... l’ho sofferta molto.
Volevo una sorellina ma non ci facevo in realtà molto caso... quando è arrivato però per me è cambiato tutto.
I miei genitori che erano sempre stati solo miei davano tutte le attenzioni al nuovo arrivato e io dal canto mio ero ormai grande.
Il rapporto con mio fratello è sempre stato conflittuale, sopportavo soltanto la sua presenza e lo ignoravo o maltrattavo continuamente.
A oggi me ne dispiaccio perché probabilmente questo avrà causato danni anche a lui... a 17 anni i miei genitori prendono in affido una bambina.
Il mio mondo si era colorato.
Era un amore che non avevo mai provato prima.
Giocavamo per ore.
La truccavo oppure giocavamo alle barbie.
Da lì mi sono sempre immaginata con una bambina.
Figlia unica.
Tre anni fa rimango incinta e io ero convinta che stesse per arrivare la bimba che sognavo ma così non è stato.
Maschio.
Ho pianto per mesi.
Era come se mia figlia fosse morta.
Non riuscivo ad accettarlo.
Ora ha tre anni ed è un amore immenso, ma mi trovo a vivere ciò che avevo previsto già da incinta.
Facciamo parte di mondi diversi.
Mi impegno ma non riesco a sopportare di essere circondata da palle da calcio e macchinine.
Non riesco a giocare per ore con lui come facevo con mia sorella, i giochi che piacciono a lui mi annoiano da morire.
Penso di continuo a quando sarò la suocera o la nonna paterna.
Quando crescerà sceglierà sua moglie.
Io sarò solo la donna che l’ha cresciuto.
Non avrà con me il rapporto che invece avrebbe avuto se fosse stato una femmina.
Non mi confiderà i suoi segreti.
Non mi chiederà consulti sulla sua vita amorosa.
E poi c’è lei.
La sento nell’aria.
La mia bambina.
È come se ci fosse ma non potessi averla.
Ogni volta che la penso piango.
Non vorrei ma le lacrime scendono sole.
Mi tormenta l’idea di non averla mai tra le mie braccia (non posso fare altri figli).
Sarebbe stata la mia amica per sempre.
Ancora adesso quando penso a mio figlio mi capita di attribuirgli pronomi femminili.
Non penso sia una cosa normale e non mi piace affatto.
Mi sento in colpa per amare tutto di lui tranne il fatto che sia un maschio.
Come faccio a superare questa cosa?
Sento che mi priva di qualcosa nel rapporto con mio figlio e d’altro canto sono consapevole del fatto che tutto ciò che provo nasconde qualcosa di più grande di una semplice preferenza.
Cerco di contestualizzare: famiglia materna per la maggioranza femmine.
Famiglia paterna solo maschi.
Sono cresciuta a stretto contatto con la famiglia di mia madre (abitavo nello stesso palazzo insieme alle mie zie e a mia nonna) da piccola ero la classica bambina femmina (adoravo il rosa, giocavo con le bambole ecc).
Sono rimasta figlia unica fino a 7 anni.
Ero la cocca di papà.
Avevo un rapporto quasi morboso con lui.
Poi è arrivato mio fratello... l’ho sofferta molto.
Volevo una sorellina ma non ci facevo in realtà molto caso... quando è arrivato però per me è cambiato tutto.
I miei genitori che erano sempre stati solo miei davano tutte le attenzioni al nuovo arrivato e io dal canto mio ero ormai grande.
Il rapporto con mio fratello è sempre stato conflittuale, sopportavo soltanto la sua presenza e lo ignoravo o maltrattavo continuamente.
A oggi me ne dispiaccio perché probabilmente questo avrà causato danni anche a lui... a 17 anni i miei genitori prendono in affido una bambina.
Il mio mondo si era colorato.
Era un amore che non avevo mai provato prima.
Giocavamo per ore.
La truccavo oppure giocavamo alle barbie.
Da lì mi sono sempre immaginata con una bambina.
Figlia unica.
Tre anni fa rimango incinta e io ero convinta che stesse per arrivare la bimba che sognavo ma così non è stato.
Maschio.
Ho pianto per mesi.
Era come se mia figlia fosse morta.
Non riuscivo ad accettarlo.
Ora ha tre anni ed è un amore immenso, ma mi trovo a vivere ciò che avevo previsto già da incinta.
Facciamo parte di mondi diversi.
Mi impegno ma non riesco a sopportare di essere circondata da palle da calcio e macchinine.
Non riesco a giocare per ore con lui come facevo con mia sorella, i giochi che piacciono a lui mi annoiano da morire.
Penso di continuo a quando sarò la suocera o la nonna paterna.
Quando crescerà sceglierà sua moglie.
Io sarò solo la donna che l’ha cresciuto.
Non avrà con me il rapporto che invece avrebbe avuto se fosse stato una femmina.
Non mi confiderà i suoi segreti.
Non mi chiederà consulti sulla sua vita amorosa.
E poi c’è lei.
La sento nell’aria.
La mia bambina.
È come se ci fosse ma non potessi averla.
Ogni volta che la penso piango.
Non vorrei ma le lacrime scendono sole.
Mi tormenta l’idea di non averla mai tra le mie braccia (non posso fare altri figli).
Sarebbe stata la mia amica per sempre.
Ancora adesso quando penso a mio figlio mi capita di attribuirgli pronomi femminili.
Non penso sia una cosa normale e non mi piace affatto.
Mi sento in colpa per amare tutto di lui tranne il fatto che sia un maschio.
Come faccio a superare questa cosa?
Sento che mi priva di qualcosa nel rapporto con mio figlio e d’altro canto sono consapevole del fatto che tutto ciò che provo nasconde qualcosa di più grande di una semplice preferenza.
[#1]
Gentile utente,
mi dispiace per ciò che sta vivendo e la comprendo profondamente.
Tra figlio immaginato e figlio reale c'è una discrepanza con cui i genitori devono fare i conti, e che costituisce un lutto, in quanto impone loro di dover rinunciare definitivamente a quel bambino tanto desiderato, che in fondo avrebbero voluto essere, o nel quale si rispecchiano e si riconoscono.
Nel suo caso questo lutto, che generalmente viene superato disinvestendo dal figlio desiderato e investendo su quello reale, sembra irrisolto, come una ferita aperta che non può guarire.
Infatti parla della bambina desiderata come se fosse presente e di suo figlio, realmente presente, come di un mondo sconosciuto, distante dal suo, di cui non potrà mai far parte.
Sembra dunque rimasta intrappolata nella delusione e nella tristezza, come se stesse sostando nel luogo della perdita di quella bambina mai nata.
Ha intuito che ciò che prova potrebbe nascondere qualcosa di più profondo rispetto ad una "preferenza".
Forse oltre all'estraneità che vive di fronte a suo figlio maschio, quest'ultimo le ricorda suo fratello che nella sua percezione, l'ha privata dell'amore dei suoi genitori; mentre la bambina che loro hanno preso in affido è giunta in un momento diverso della sua vita, e lei l'ha vissuta come un dono.
Dimostra di essere consapevole che non dovrebbe attribuire a suo figlio -pur solo nei pensieri- dei pronomi femminili, in quanto i pensieri dei genitori possono essere intuiti dai figli, diventare verità o parole non dette che fanno ancora più male, che possono farli sentire rifiutati, non amati e riconosciuti; spingerli a identificarsi o cercare di divenire qualcosa che non sono, e molto altro.
Le suggerirei di partire da tale consapevolezza per rivolgersi ad uno psicologo ed intraprendere un percorso di supporto psicologico o sostegno alla genitorialità.
Credo che dovrebbe trovare uno spazio per esprimere il suo dolore, la sua delusione, per raccontare della perdita di questa bambina che come una presenza assente la affligge e la allontana da suo figlio. A partire da ciò potrà essere aiutata a ritrovare suo figlio, incontrarlo nella sua diversità e somiglianza, sintonizzarsi con lui, includerlo nel suo mondo interno e sentirsi inclusa.
Auguri per tutto.
mi dispiace per ciò che sta vivendo e la comprendo profondamente.
Tra figlio immaginato e figlio reale c'è una discrepanza con cui i genitori devono fare i conti, e che costituisce un lutto, in quanto impone loro di dover rinunciare definitivamente a quel bambino tanto desiderato, che in fondo avrebbero voluto essere, o nel quale si rispecchiano e si riconoscono.
Nel suo caso questo lutto, che generalmente viene superato disinvestendo dal figlio desiderato e investendo su quello reale, sembra irrisolto, come una ferita aperta che non può guarire.
Infatti parla della bambina desiderata come se fosse presente e di suo figlio, realmente presente, come di un mondo sconosciuto, distante dal suo, di cui non potrà mai far parte.
Sembra dunque rimasta intrappolata nella delusione e nella tristezza, come se stesse sostando nel luogo della perdita di quella bambina mai nata.
Ha intuito che ciò che prova potrebbe nascondere qualcosa di più profondo rispetto ad una "preferenza".
Forse oltre all'estraneità che vive di fronte a suo figlio maschio, quest'ultimo le ricorda suo fratello che nella sua percezione, l'ha privata dell'amore dei suoi genitori; mentre la bambina che loro hanno preso in affido è giunta in un momento diverso della sua vita, e lei l'ha vissuta come un dono.
Dimostra di essere consapevole che non dovrebbe attribuire a suo figlio -pur solo nei pensieri- dei pronomi femminili, in quanto i pensieri dei genitori possono essere intuiti dai figli, diventare verità o parole non dette che fanno ancora più male, che possono farli sentire rifiutati, non amati e riconosciuti; spingerli a identificarsi o cercare di divenire qualcosa che non sono, e molto altro.
Le suggerirei di partire da tale consapevolezza per rivolgersi ad uno psicologo ed intraprendere un percorso di supporto psicologico o sostegno alla genitorialità.
Credo che dovrebbe trovare uno spazio per esprimere il suo dolore, la sua delusione, per raccontare della perdita di questa bambina che come una presenza assente la affligge e la allontana da suo figlio. A partire da ciò potrà essere aiutata a ritrovare suo figlio, incontrarlo nella sua diversità e somiglianza, sintonizzarsi con lui, includerlo nel suo mondo interno e sentirsi inclusa.
Auguri per tutto.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
[#2]
Utente
Grazie per la sua comprensione profonda e priva di giudizio nei miei confronti. Partendo da questa riflessione vorrei cercare di sviscerare la causa di ciò che provo, quindi mi abbandonerò ad un flusso di coscienza che a tratti potrà sembrare un delirio.
È vero, non riesco ad investire in mio figlio. Perché? Forse per paura di abbandonare per sempre l’idea di questa bambina, che d’altro canto può vivere solo nei miei pensieri. E non ci riesco principalmente per due motivi: il primo è perché non mi fido di mio figlio. Sono convinta che una volta adulto la favola del rapporto simbiotico che sto vivendo svanirà. Lasciando posto ad una grande sofferenza. Se dovesse sposare una donna che per qualche motivo mi odia, lui sceglierà probabilmente di troncare i rapporti con me per lei.. ma capisco che queste sono paure irrazionali e prive di congetture. Il secondo motivo è perché in un certo senso questa bambina c’era prima di mio figlio.. la desideravo e immaginavo da tanti anni.. poi è nato mio figlio.. sento come se la tradissi perché prima c’era lei.. e sarebbe la stessa cosa che ho vissuto io con mio fratello.. i miei mi hanno tradita per un bambino che è arrivato dopo.. forse è questa la vera ragione
È vero, non riesco ad investire in mio figlio. Perché? Forse per paura di abbandonare per sempre l’idea di questa bambina, che d’altro canto può vivere solo nei miei pensieri. E non ci riesco principalmente per due motivi: il primo è perché non mi fido di mio figlio. Sono convinta che una volta adulto la favola del rapporto simbiotico che sto vivendo svanirà. Lasciando posto ad una grande sofferenza. Se dovesse sposare una donna che per qualche motivo mi odia, lui sceglierà probabilmente di troncare i rapporti con me per lei.. ma capisco che queste sono paure irrazionali e prive di congetture. Il secondo motivo è perché in un certo senso questa bambina c’era prima di mio figlio.. la desideravo e immaginavo da tanti anni.. poi è nato mio figlio.. sento come se la tradissi perché prima c’era lei.. e sarebbe la stessa cosa che ho vissuto io con mio fratello.. i miei mi hanno tradita per un bambino che è arrivato dopo.. forse è questa la vera ragione
[#3]
Gentile utente,
la ringrazio per la recensione e la risposta.
La situazione che racconta è sicuramente molto complessa e delicata e credo che meriterebbe uno spazio che in questa sede non è possibile fornirle.
Per collegarmi alle parole della sua recensione, come non si aspettava di essere compresa così profondamente qui, così magari non si aspetta di essere accolta, compresa e aiutata nello spazio all'interno di un percorso psicologico. Ma potrebbe succedere. La realtà a volte delude, sconforta; altre sorprende e va ben oltre le aspettative. E ciò potrebbe valere anche per il rapporto con suo figlio, quello intimo e profondo che lei si sta precludendo per motivi che bisognerebbe conoscere e comprendere a fondo.
Rispetto alla paura di abbandonare per sempre l'idea di quella bambina posso comprenderla. La vita ci impone di dover lasciar andare alcuni desideri, sogni, ma al posto di essi ce ne saranno altri.
Il rapporto simbiotico non è una favola ma una gabbia, che seppur dorata, priva della libertà e dell'individualità, nutre la paura di essere soli e il bisogno viscerale dell'altro, soffoca la vita poco a poco. Nel rapporto simbiotico suo figlio forse non potrà esistere al di là di lei, ma questo vale anche per lei, che non potrà esistere come persona, come donna oltre al ruolo di madre.
E' giusto che trovi o ritrovi anche sé stessa, la persona, la donna che è in lei, qualcosa che le piace, qualcosa che si collochi oltre la sua genitorialità. Ciò probabilmente consentirà sia a lei che a suo figlio di avere meno paura ed essere un po' più felici.
Per quanto riguarda la sensazione di tradire quella bambina, forse con la nascita di suo figlio si sono riattivati dei fantasmi del passato che ora la inchiodano a dolori e traumi antichi e irrisolti di cui dovrebbe prendersi cura, un po' come se fossero dei figli, per poi lasciar andare.
Auguri per tutto.
la ringrazio per la recensione e la risposta.
La situazione che racconta è sicuramente molto complessa e delicata e credo che meriterebbe uno spazio che in questa sede non è possibile fornirle.
Per collegarmi alle parole della sua recensione, come non si aspettava di essere compresa così profondamente qui, così magari non si aspetta di essere accolta, compresa e aiutata nello spazio all'interno di un percorso psicologico. Ma potrebbe succedere. La realtà a volte delude, sconforta; altre sorprende e va ben oltre le aspettative. E ciò potrebbe valere anche per il rapporto con suo figlio, quello intimo e profondo che lei si sta precludendo per motivi che bisognerebbe conoscere e comprendere a fondo.
Rispetto alla paura di abbandonare per sempre l'idea di quella bambina posso comprenderla. La vita ci impone di dover lasciar andare alcuni desideri, sogni, ma al posto di essi ce ne saranno altri.
Il rapporto simbiotico non è una favola ma una gabbia, che seppur dorata, priva della libertà e dell'individualità, nutre la paura di essere soli e il bisogno viscerale dell'altro, soffoca la vita poco a poco. Nel rapporto simbiotico suo figlio forse non potrà esistere al di là di lei, ma questo vale anche per lei, che non potrà esistere come persona, come donna oltre al ruolo di madre.
E' giusto che trovi o ritrovi anche sé stessa, la persona, la donna che è in lei, qualcosa che le piace, qualcosa che si collochi oltre la sua genitorialità. Ciò probabilmente consentirà sia a lei che a suo figlio di avere meno paura ed essere un po' più felici.
Per quanto riguarda la sensazione di tradire quella bambina, forse con la nascita di suo figlio si sono riattivati dei fantasmi del passato che ora la inchiodano a dolori e traumi antichi e irrisolti di cui dovrebbe prendersi cura, un po' come se fossero dei figli, per poi lasciar andare.
Auguri per tutto.
Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 5.7k visite dal 28/02/2024.
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