Come comportarmi con mia madre?
Buongiorno a tutti sono Giulia ed ho 29 anni,
Scrivo per chiedere il vostro aiuto perché non so più come comportarmi.
Premetto che ho sempre avuto un bellissimo rapporto con la mia famiglia: mia madre da qualche anno ha manifestato segni di depressione e violenza (verbale) soprattutto contro mio padre rendendogli la vita impossibile e spesso impedendogli di avere rapporti con le sue sorelle e i suoi fratelli, motivo per il quale quest'ultimo ha chiesto il divorzio due anni fa.
A detta di mio padre mia madre ha sempre sofferto di questa problematica con ricorso a psicologici e psichiatri senza però essere costante, cosa che mi è stata confermata anche dai suoi fratelli.
Dopo il divorzio (nonostante non andassero d'accordo, mia madre ne ha sofferto e continua a soffrirne) mia madre ha dovuto abbandonare la casa coniugale ed io e mio fratello abbiamo deciso di spostarci con lei in un'altra casa nello stesso paese proprio per evitare di lasciarla da sola visti i suoi problemi.
Questi due anni per noi figli sono stati terribili.
Mia madre continuamente depressa, violenta verbalmente nei nostri confronti (siamo noi le sue nuove vittime), continua ad accusarci di voler bene solo a nostro padre, di lasciarla da sola spesso (cosa non vera, poiché vediamo nostro padre una volta alla settimana a cena), inventa di sana pianta storie che non stanno né in cielo né in terra.
È come se pretendesse da noi di troncare con nostro padre. È un continuo urlare, un continuo minacciarci, non mangia più, non esce più, pensa solo e soltanto alla sua vita rovinata a causa di mio padre che nel frattempo sta ricostruendo una vita con serenità.
Sono stufa e parecchio stressata da questa situazione, ormai passo le mie giornate chiusa nella mia camera per non ascoltarla né vederla.
Non c'è modo di farla ragionare, nonostante abbiamo più volte affrontato il discorso sia con calma sia con toni più accesi.
Sono economicamente indipendente e potrei pensare a rendermi indipendente a 360 gradi ma ho seriamente paura che mia madre possa andare incontro a gesti estremi (a cui fa spesso riferimento) e che possa troncare definitivamente il rapporto.
Inutile sottolineare come più volte ho cercato di coinvolgere la sua famiglia senza grandi risultati, una volta l'ho convinta a recarsi da uno psichiatra il quale le ha diagnosticato una severa depressione maggiore che mia madre aveva iniziato a curare ma che adesso temo non stia proseguendo.
Come dovrei comportarmi?
Grazie.
Scrivo per chiedere il vostro aiuto perché non so più come comportarmi.
Premetto che ho sempre avuto un bellissimo rapporto con la mia famiglia: mia madre da qualche anno ha manifestato segni di depressione e violenza (verbale) soprattutto contro mio padre rendendogli la vita impossibile e spesso impedendogli di avere rapporti con le sue sorelle e i suoi fratelli, motivo per il quale quest'ultimo ha chiesto il divorzio due anni fa.
A detta di mio padre mia madre ha sempre sofferto di questa problematica con ricorso a psicologici e psichiatri senza però essere costante, cosa che mi è stata confermata anche dai suoi fratelli.
Dopo il divorzio (nonostante non andassero d'accordo, mia madre ne ha sofferto e continua a soffrirne) mia madre ha dovuto abbandonare la casa coniugale ed io e mio fratello abbiamo deciso di spostarci con lei in un'altra casa nello stesso paese proprio per evitare di lasciarla da sola visti i suoi problemi.
Questi due anni per noi figli sono stati terribili.
Mia madre continuamente depressa, violenta verbalmente nei nostri confronti (siamo noi le sue nuove vittime), continua ad accusarci di voler bene solo a nostro padre, di lasciarla da sola spesso (cosa non vera, poiché vediamo nostro padre una volta alla settimana a cena), inventa di sana pianta storie che non stanno né in cielo né in terra.
È come se pretendesse da noi di troncare con nostro padre. È un continuo urlare, un continuo minacciarci, non mangia più, non esce più, pensa solo e soltanto alla sua vita rovinata a causa di mio padre che nel frattempo sta ricostruendo una vita con serenità.
Sono stufa e parecchio stressata da questa situazione, ormai passo le mie giornate chiusa nella mia camera per non ascoltarla né vederla.
Non c'è modo di farla ragionare, nonostante abbiamo più volte affrontato il discorso sia con calma sia con toni più accesi.
Sono economicamente indipendente e potrei pensare a rendermi indipendente a 360 gradi ma ho seriamente paura che mia madre possa andare incontro a gesti estremi (a cui fa spesso riferimento) e che possa troncare definitivamente il rapporto.
Inutile sottolineare come più volte ho cercato di coinvolgere la sua famiglia senza grandi risultati, una volta l'ho convinta a recarsi da uno psichiatra il quale le ha diagnosticato una severa depressione maggiore che mia madre aveva iniziato a curare ma che adesso temo non stia proseguendo.
Come dovrei comportarmi?
Grazie.
[#1]
Gentile utente,
È ammirevole il Suo senso del dovere nei confronti di una madre che, in qualità di sofferente, sembra possedere il potere di condizionare e dirigere le vostre vite di figli.
> Si tratta di quello che si definisce "Il potere del più debole".
Cioè di quell'insieme di sentimenti -pena, pietà, partecipazione, empatia- suscitati dalla persona sofferente nei figli, volontariamente o meno; ma che sono in grado di far sì che figli e figlie 'passino sopra' (incredibilmente) ai propri bisogni e desideri di autorealizzazione e di autodeterminazione.
Come pensa Lei di *conciliare* i propri desideri di autorealizzazione
con gli impellenti *bisogni* di sua madre, che peraltro presumibilmente andranno ad aumentare nel corso del tempo?
Quali ipotesi ha fatto, sia nel presente sia proiettandosi nel futuro?
Se ritiene, ce ne dia un riscontro qui. Le risponderemo certamente.
Dott. Brunialti
È ammirevole il Suo senso del dovere nei confronti di una madre che, in qualità di sofferente, sembra possedere il potere di condizionare e dirigere le vostre vite di figli.
> Si tratta di quello che si definisce "Il potere del più debole".
Cioè di quell'insieme di sentimenti -pena, pietà, partecipazione, empatia- suscitati dalla persona sofferente nei figli, volontariamente o meno; ma che sono in grado di far sì che figli e figlie 'passino sopra' (incredibilmente) ai propri bisogni e desideri di autorealizzazione e di autodeterminazione.
Come pensa Lei di *conciliare* i propri desideri di autorealizzazione
con gli impellenti *bisogni* di sua madre, che peraltro presumibilmente andranno ad aumentare nel corso del tempo?
Quali ipotesi ha fatto, sia nel presente sia proiettandosi nel futuro?
Se ritiene, ce ne dia un riscontro qui. Le risponderemo certamente.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Buonasera dottoressa,
innanzitutto la ringrazio per avermi risposto.
In risposta alla sua domanda, presuppongo che prima o poi ci sarà un allontanamento fisico ( io ed il mio fidanzato stiamo costruendo casa che sarà pronta presumibilmente fine anno prossimo) e di conseguenza emotivo. Ma come "sopravvivere" fino a quel momento?
innanzitutto la ringrazio per avermi risposto.
In risposta alla sua domanda, presuppongo che prima o poi ci sarà un allontanamento fisico ( io ed il mio fidanzato stiamo costruendo casa che sarà pronta presumibilmente fine anno prossimo) e di conseguenza emotivo. Ma come "sopravvivere" fino a quel momento?
[#3]
".. Ma come "sopravvivere" fino a quel momento?.."
Decidendo lucidamente quale è il limite e il confine che Lei può fissare (e non trasgredire) per rispettare se stessa; e per rispettare la Vostra coppia, che non ha da essere risucchiata dalle problematiche della famiglia d'origine.
Farà fatica ma dovrà farlo.
Tenga conto anche che:
- non si può aiutare chi non vuole essere aiutat*: mi riferisco a Sua madre.
- E che in ogni caso è preferibile stabilire e rispettare 'confini stretti e non superabili', piuttosto che "troncare definitivamente"; con i sensi di colpa conseguenti che possono obbligare a ritornare sui propri passi.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Decidendo lucidamente quale è il limite e il confine che Lei può fissare (e non trasgredire) per rispettare se stessa; e per rispettare la Vostra coppia, che non ha da essere risucchiata dalle problematiche della famiglia d'origine.
Farà fatica ma dovrà farlo.
Tenga conto anche che:
- non si può aiutare chi non vuole essere aiutat*: mi riferisco a Sua madre.
- E che in ogni caso è preferibile stabilire e rispettare 'confini stretti e non superabili', piuttosto che "troncare definitivamente"; con i sensi di colpa conseguenti che possono obbligare a ritornare sui propri passi.
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.2k visite dal 18/02/2024.
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