Sbalzi d'umore in gravidanza e DOC da relazione del partner
Buongiorno,
io ed il mio compagno abbiamo una relazione stabile da circa 2 anni e mezzo e conviviamo da 8 mesi.
Aspettiamo anche una bambina e la nostra relazione è sempre andata bene.
Tre mesi fa ho scoperto che il mio compagno soffre di DOC da relazione e sono venuta a conoscenza anche nel dettaglio dei pensieri ossessivi che lui vive ogni giorno circa i suoi sentimenti verso di me e la nostra relazione.
Per quanto sia consapevole che si tratti di un disturbo e che lui lo stia trattando con successo (ha fatto dei progressi) con una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale esperta di DOC da relazione nonché molto competente, scoprire il suo disturbo per me è stato un duro colpo che ha cominciato a generare in me sentimenti di insicurezza e paura sulla nostra relazione (che prima non avevo).
Il tutto accresciuto dal fatto che, essendo in gravidanza, mi sento molto più emotiva ultimamente, sottopressione per l'arrivo della bimba e anche un po' preoccupata per come gestirò la maternità.
Aver scoperto il DOC da relazione del mio compagno ha iniziato a farmi temere seriamente che lui possa arrivare a lasciarmi o peggio ancora a tradirmi.
La sola idea mi distrugge, ma mi ossessiona la mente come se fosse già un atto compiuto.
Ho cominciato a sviluppare un comportamento controllante nei suoi confronti: lui ha molte amicizie femminili con cui è in contatto per lo più online.
Amicizie del tutto innocenti nella mia percezione fino a quando non ho scoperto del suo DOC da relazione e dei suoi dubbi sui suoi sentimenti verso di me.
Adesso queste amicizie femminili hanno cominciato a turbarmi parecchio e passo buona parte delle giornate a piangerci sopra, a cercare prove dirette ed indirette che lui si senta più attratto o abbia intenzione di tradirmi con una di queste sue amiche.
Di per sé lui non mostra affatto di non amarmi e non mi fa mancare le attenzioni, ma queste mie convinzioni malsane mi stanno rovinando le giornate.
Non so cosa fare: è molto difficile avere a che fare con un partner con DOC da relazione, ma io lo amo e non ci penso neanche ad allontanarmi da lui.
E sono sicura che lui non ha intenzione di allontanarsi da me.
Eppure le mie recenti paure mi opprimono ogni giorno e mi fanno mettere in atto comportamenti compulsivi di controllo che prima non avevo (controllare il suo cellulare, i suoi contatti social e messaggiare in prima persona con le sue amiche che ritengo "sospette").
Prima non facevo niente di tutto ciò e vivevo la relazione serenamente.
Mi fidavo di come si presentava.
Adesso è come se non ci riuscissi più e la cosa mi sta facendo stare troppo male.
Chi è realmente il problema?
Io o il mio compagno con tutte queste amicizie femminili?
Come posso fare per tornare a vivere la relazione serenamente?
Sto facendo anche molte ricerche su come ci si approccia a chi soffre di DOC da relazione: una delle mie nuove paure è che, se non sono perfetta nella relazione, allora rischio di aggravare il suo disturbo.
io ed il mio compagno abbiamo una relazione stabile da circa 2 anni e mezzo e conviviamo da 8 mesi.
Aspettiamo anche una bambina e la nostra relazione è sempre andata bene.
Tre mesi fa ho scoperto che il mio compagno soffre di DOC da relazione e sono venuta a conoscenza anche nel dettaglio dei pensieri ossessivi che lui vive ogni giorno circa i suoi sentimenti verso di me e la nostra relazione.
Per quanto sia consapevole che si tratti di un disturbo e che lui lo stia trattando con successo (ha fatto dei progressi) con una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale esperta di DOC da relazione nonché molto competente, scoprire il suo disturbo per me è stato un duro colpo che ha cominciato a generare in me sentimenti di insicurezza e paura sulla nostra relazione (che prima non avevo).
Il tutto accresciuto dal fatto che, essendo in gravidanza, mi sento molto più emotiva ultimamente, sottopressione per l'arrivo della bimba e anche un po' preoccupata per come gestirò la maternità.
Aver scoperto il DOC da relazione del mio compagno ha iniziato a farmi temere seriamente che lui possa arrivare a lasciarmi o peggio ancora a tradirmi.
La sola idea mi distrugge, ma mi ossessiona la mente come se fosse già un atto compiuto.
Ho cominciato a sviluppare un comportamento controllante nei suoi confronti: lui ha molte amicizie femminili con cui è in contatto per lo più online.
Amicizie del tutto innocenti nella mia percezione fino a quando non ho scoperto del suo DOC da relazione e dei suoi dubbi sui suoi sentimenti verso di me.
Adesso queste amicizie femminili hanno cominciato a turbarmi parecchio e passo buona parte delle giornate a piangerci sopra, a cercare prove dirette ed indirette che lui si senta più attratto o abbia intenzione di tradirmi con una di queste sue amiche.
Di per sé lui non mostra affatto di non amarmi e non mi fa mancare le attenzioni, ma queste mie convinzioni malsane mi stanno rovinando le giornate.
Non so cosa fare: è molto difficile avere a che fare con un partner con DOC da relazione, ma io lo amo e non ci penso neanche ad allontanarmi da lui.
E sono sicura che lui non ha intenzione di allontanarsi da me.
Eppure le mie recenti paure mi opprimono ogni giorno e mi fanno mettere in atto comportamenti compulsivi di controllo che prima non avevo (controllare il suo cellulare, i suoi contatti social e messaggiare in prima persona con le sue amiche che ritengo "sospette").
Prima non facevo niente di tutto ciò e vivevo la relazione serenamente.
Mi fidavo di come si presentava.
Adesso è come se non ci riuscissi più e la cosa mi sta facendo stare troppo male.
Chi è realmente il problema?
Io o il mio compagno con tutte queste amicizie femminili?
Come posso fare per tornare a vivere la relazione serenamente?
Sto facendo anche molte ricerche su come ci si approccia a chi soffre di DOC da relazione: una delle mie nuove paure è che, se non sono perfetta nella relazione, allora rischio di aggravare il suo disturbo.
[#1]
Gentile utente,
ci scrive:
".. è molto difficile avere a che fare con un partner con DOC da relazione, ma io lo amo e non ci penso neanche ad allontanarmi da lui..."
Comprendiamo la Sua difficoltà in tale specifica situazione; ogni giorno l'attività clinica ce lo testimonia. E fa piacere la contemporanea determinazione nel difendere l'amore che prova nei confronti del Suo compagno.
Ma è necessario lavorare sui propri pensieri e sui propri comportamenti.
I familiari, infatti, possono rinforzare le problematiche del DOC attraverso ideazioni disfunzionali e comportamenti problematici propri.
Intendo dire che lui, in virtù della patologia, soffre dei dubbi propri del DOC da relazione,
e con ciò si impedisce (involontariamente) di gioire della coppia.
Lei, attraverso le Sue (nuove) insicurezze potrebbe addirittura giungere a rinforzargli i sintomi, facendogli da specchio deformante della realtà.
Nel Suo caso potrebbero farne parte:
- ".. temere seriamente che lui possa arrivare a lasciarmi o peggio ancora a tradirmi.."
- ".. mi fidavo di come si presentava. Adesso è come se non ci riuscissi più.."
- ".. comportamenti compulsivi di controllo..".
Al contrario, invece, Lei potrebbe aiutarlo e incoraggiarlo
- dandogli riscontri costanti sui suoi miglioramenti,
- sostenendo e collaborando - se richiesta - con la psicoterapeuta,
- facendo il possibile per evitare il 'contagio', non modificando i Suoi stati d'animo e comportamenti abituali precedenti.
Considerato che la persona sofferente coinvolge (involontariamente) il/la partner nella sofferenza contagiandola con i propri dubbi e portandola di conseguenza a modificarsi in negativo e a diventare quella che non sente di essere,
non è raro che anche la persona-partner abbia bisogno - per sè - di un sostegno psicologico.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
ci scrive:
".. è molto difficile avere a che fare con un partner con DOC da relazione, ma io lo amo e non ci penso neanche ad allontanarmi da lui..."
Comprendiamo la Sua difficoltà in tale specifica situazione; ogni giorno l'attività clinica ce lo testimonia. E fa piacere la contemporanea determinazione nel difendere l'amore che prova nei confronti del Suo compagno.
Ma è necessario lavorare sui propri pensieri e sui propri comportamenti.
I familiari, infatti, possono rinforzare le problematiche del DOC attraverso ideazioni disfunzionali e comportamenti problematici propri.
Intendo dire che lui, in virtù della patologia, soffre dei dubbi propri del DOC da relazione,
e con ciò si impedisce (involontariamente) di gioire della coppia.
Lei, attraverso le Sue (nuove) insicurezze potrebbe addirittura giungere a rinforzargli i sintomi, facendogli da specchio deformante della realtà.
Nel Suo caso potrebbero farne parte:
- ".. temere seriamente che lui possa arrivare a lasciarmi o peggio ancora a tradirmi.."
- ".. mi fidavo di come si presentava. Adesso è come se non ci riuscissi più.."
- ".. comportamenti compulsivi di controllo..".
Al contrario, invece, Lei potrebbe aiutarlo e incoraggiarlo
- dandogli riscontri costanti sui suoi miglioramenti,
- sostenendo e collaborando - se richiesta - con la psicoterapeuta,
- facendo il possibile per evitare il 'contagio', non modificando i Suoi stati d'animo e comportamenti abituali precedenti.
Considerato che la persona sofferente coinvolge (involontariamente) il/la partner nella sofferenza contagiandola con i propri dubbi e portandola di conseguenza a modificarsi in negativo e a diventare quella che non sente di essere,
non è raro che anche la persona-partner abbia bisogno - per sè - di un sostegno psicologico.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile dottoressa,
la ringrazio per la risposta. Prima di scoprire il disturbo del mio compagno stavo già seguendo anche io un percorso di terapia cognitivo-comportamentale per affrontare la fobia sociale che affligge le mie giornate.
Seguirò i suoi consigli e quelli che mi verranno dati dalla mia terapeuta al riguardo.
Su suggerimento del mio compagno sto anche leggendo un libro - scritto in realtà per chi soffre di DOC da relazione - per aiutarmi a comprendere appieno questo disturbo, perché - come lui stesso mi ha spiegato - è una cosa SUA e che non riguarda le mie imperfezioni e mancanze oggettivamente.
Il mio compagno mi dice che, se stesse con un'altra persona o cambiasse partner ad esempio, percepirebbe verso di questo gli stessi identici dubbi e che il percorso che sta seguendo con la sua terapeuta lo sta indirizzando positivamente a prendere coscienza delle sue compulsioni e delle strategie per evitare di rafforzare i suoi dubbi.
la ringrazio per la risposta. Prima di scoprire il disturbo del mio compagno stavo già seguendo anche io un percorso di terapia cognitivo-comportamentale per affrontare la fobia sociale che affligge le mie giornate.
Seguirò i suoi consigli e quelli che mi verranno dati dalla mia terapeuta al riguardo.
Su suggerimento del mio compagno sto anche leggendo un libro - scritto in realtà per chi soffre di DOC da relazione - per aiutarmi a comprendere appieno questo disturbo, perché - come lui stesso mi ha spiegato - è una cosa SUA e che non riguarda le mie imperfezioni e mancanze oggettivamente.
Il mio compagno mi dice che, se stesse con un'altra persona o cambiasse partner ad esempio, percepirebbe verso di questo gli stessi identici dubbi e che il percorso che sta seguendo con la sua terapeuta lo sta indirizzando positivamente a prendere coscienza delle sue compulsioni e delle strategie per evitare di rafforzare i suoi dubbi.
[#3]
Gentile utente,
In replica ci informa che:
[in "virgolettato" riporto parole Sue]
".. Prima di scoprire il disturbo del mio compagno
stavo *già* seguendo anche io un percorso di terapia cognitivo-comportamentale
per affrontare la fobia sociale che affligge le mie giornate...".
E dunque non più solo 'gioco di specchi' tra il Suo compagno e Lei, bensì anche il contrario.
Molti gli interrogativi che ci pone la narrazione che Lei presenta.
Eccone alcuni.
-Il disturbo di fobia sociale ha avuto inizio da Lei?
-Se *già* da tempo Lei è seguita dalla Psy, come mai scrive qui a noi?
-Che bisogno c'è di ".. leggere un libro - scritto in realtà per chi soffre di DOC da relazione - per aiutarmi a comprendere appieno questo disturbo.." (libro consigliatoLe dal Suo compagno) quando già si ha a disposizione la propria Psicoterapeuta pronta a fornirLe ogni chiarimento al riguardo?
-E poi: "..Il mio compagno mi dice che, se stesse con un'altra persona o cambiasse partner ad esempio, percepirebbe verso di questo gli stessi identici dubbi..". La Sua Psy non Le aveva già spiegato che la fobia sociale è personale, non della coppia?
Se vorrà potrà chiarirci tali incongruenze.
Dott. Brunialti
In replica ci informa che:
[in "virgolettato" riporto parole Sue]
".. Prima di scoprire il disturbo del mio compagno
stavo *già* seguendo anche io un percorso di terapia cognitivo-comportamentale
per affrontare la fobia sociale che affligge le mie giornate...".
E dunque non più solo 'gioco di specchi' tra il Suo compagno e Lei, bensì anche il contrario.
Molti gli interrogativi che ci pone la narrazione che Lei presenta.
Eccone alcuni.
-Il disturbo di fobia sociale ha avuto inizio da Lei?
-Se *già* da tempo Lei è seguita dalla Psy, come mai scrive qui a noi?
-Che bisogno c'è di ".. leggere un libro - scritto in realtà per chi soffre di DOC da relazione - per aiutarmi a comprendere appieno questo disturbo.." (libro consigliatoLe dal Suo compagno) quando già si ha a disposizione la propria Psicoterapeuta pronta a fornirLe ogni chiarimento al riguardo?
-E poi: "..Il mio compagno mi dice che, se stesse con un'altra persona o cambiasse partner ad esempio, percepirebbe verso di questo gli stessi identici dubbi..". La Sua Psy non Le aveva già spiegato che la fobia sociale è personale, non della coppia?
Se vorrà potrà chiarirci tali incongruenze.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#4]
Utente
Gentile dottoressa,
la fobia sociale che sto trattando in psicoterapia è una problematica mia preesistente a prescindere dalla relazione (infatti riguarda ambiti sociali molto importanti ma estranei alla relazione, per cui sì, lo so benissimo che è personale e che nulla ha a che vedere con la coppia).
Non ho ancora avuto modo di parlare con la mia terapeuta di questa nuova insicurezza generata dalla scoperta del DOC da relazione del mio compagno per un semplice motivo: i miei colloqui non sono ravvicinati tra loro (a cadenza settimanale ad esempio), bensì a cadenza anche mensile per svariati motivi.
Inoltre il mio percorso personale è incentrato sul trattamento della fobia sociale, non di questi recenti sintomi dovuti al DOC da relazione del mio partner, per cui faccio molta fatica a parlarne apertamente con la mia terapeuta, poiché lei di per sé indirizza i colloqui prevalentemente sul trattamento della fobia sociale.
Il mio compagno è consapevole che l'aver scoperto il suo disturbo è stato un duro colpo per me (siamo una coppia che comunica molto e tendiamo ad essere sinceri l'uno con l'altra e viceversa su vari aspetti).
Il consiglio di dare anche a me - il suo partner - la possibilità di leggere quel libro che racconta del DOC da relazione (scritto non solo per chi soffre di DOC da relazione, ma anche per i partner/familiari di chi soffre di DOC da relazione, per aiutare anche loro a capire come approcciarsi al meglio al disturbo della persona amata), in realtà non è venuto da lui di sua iniziativa, nel senso che:
è stato lui a suggerirmi sì di leggere il libro, ma questo perché è stata la sua terapeuta (informata da lui della situazione che si era venuta a creare per via della mia scoperta del suo disturbo) a consigliargli di suggerirmi di leggere questo libro (scritto appunto non solo per i protagonisti del disturbo, ma anche per i loro partner/familiari).
Spero di essere stata chiara e di aver risolto qualsiasi dubbio circa qualunque presunta incongruenza sulla mia richiesta di consulto.
Cordialmente
la fobia sociale che sto trattando in psicoterapia è una problematica mia preesistente a prescindere dalla relazione (infatti riguarda ambiti sociali molto importanti ma estranei alla relazione, per cui sì, lo so benissimo che è personale e che nulla ha a che vedere con la coppia).
Non ho ancora avuto modo di parlare con la mia terapeuta di questa nuova insicurezza generata dalla scoperta del DOC da relazione del mio compagno per un semplice motivo: i miei colloqui non sono ravvicinati tra loro (a cadenza settimanale ad esempio), bensì a cadenza anche mensile per svariati motivi.
Inoltre il mio percorso personale è incentrato sul trattamento della fobia sociale, non di questi recenti sintomi dovuti al DOC da relazione del mio partner, per cui faccio molta fatica a parlarne apertamente con la mia terapeuta, poiché lei di per sé indirizza i colloqui prevalentemente sul trattamento della fobia sociale.
Il mio compagno è consapevole che l'aver scoperto il suo disturbo è stato un duro colpo per me (siamo una coppia che comunica molto e tendiamo ad essere sinceri l'uno con l'altra e viceversa su vari aspetti).
Il consiglio di dare anche a me - il suo partner - la possibilità di leggere quel libro che racconta del DOC da relazione (scritto non solo per chi soffre di DOC da relazione, ma anche per i partner/familiari di chi soffre di DOC da relazione, per aiutare anche loro a capire come approcciarsi al meglio al disturbo della persona amata), in realtà non è venuto da lui di sua iniziativa, nel senso che:
è stato lui a suggerirmi sì di leggere il libro, ma questo perché è stata la sua terapeuta (informata da lui della situazione che si era venuta a creare per via della mia scoperta del suo disturbo) a consigliargli di suggerirmi di leggere questo libro (scritto appunto non solo per i protagonisti del disturbo, ma anche per i loro partner/familiari).
Spero di essere stata chiara e di aver risolto qualsiasi dubbio circa qualunque presunta incongruenza sulla mia richiesta di consulto.
Cordialmente
[#5]
Gentile utente,
ora risulta tutto più chiaro.
L'incongruenza risulta essere una sola, ma fondamentale
e consiste nell'essere in psicoterapia, cioè nell'avere una Psicoterapeuta a propria disposizione, e nel non affidarsi ad essa.
Tutto il resto va di conseguenza.
- Se, dopo aver scoperto che *anche* il proprio compagno - altre a se stessa - soffre di DOC da relazione, ne avesse parlato con la propria Psy nel corso dei tre colloqui mensili intercorsi dalla rivelazione,
essa Le avrebbe spiegato in presenza ciò che ha avuto bisogno di leggere .. sul libro, consigliato dalla Psicoterapeuta .. dell'altro anziché dalla propria.
- Se il Suo ".. percorso personale è incentrato sul trattamento della fobia sociale..", parlando immediatamente in seduta del Suo nuovo sintomo Lei avrebbe appreso in viva voce che anche il 'DOC da relazione (intima)' fa parte della famiglia delle fobie sociali. E che dunque il trattamento in corso risultava essere "ad hoc" per il nuovo sintomo.
Potrebbero chiedersi i lettori, le lettrici, del consulto:
perchè non ne ha parlato con la Sua Psy?
Perchè ha interpellato online, avendo disponibilità di colloqui in presenza?
".. faccio molta fatica a parlarne apertamente con la mia terapeuta, poiché lei di per sé indirizza i colloqui ..", dice la scrivente.
Dispiace che Lei percepisca in maniera così distorta il ruolo della Psicoterapeuta (d'altra parte pure con lo Psichiatra aveva avuto problemi di fiducia, stando al consulto di tempo fa).
Anche per chi ci legge, sottolineiamo che il/la Psicoterapeuta non è nè un dittatore, nè un tecnico che "indirizza" in modo inflessibile.
Eventualmente propone uno 'stimolo' di inizio seduta quando il/la paziente si presenta senza nulla da dire. Ma se quest'ultim* porta una tematica nuova, più scottante, urgente, ogni Psicoterapeuta è ben pront* ad aderirvi e ad approfondire. Tanto più sapendo per esperienza professionale che le "novità" riguardano molto spesso aspetti ulteriori della problematica in corso di trattamento; come anche questo consulto testimonia.
Con questi chiarimenti concludiamo il consulto indirizzando l'autrice del consulto alla sua Psicoterapeuta che la conosce da tempo.
Raccomandiamo caldamente di 'utilizzare' appieno la psicoterapia. Essa rappresenta non solo una cura, bensì un percorso esistenziale che porta a riparare (rammendare) lembi personali strappati, ma anche a illuminare angoli ancora oscuri ma ricchi di potenzialità e di significati.
La trasparenza, la sincerità nei confronti dell* Psy, permettono di costruire via via una crescente fiducia reciproca e il coraggio del/la pz. di mostrarsi in tutti i propri aspetti; anche quelli di cui si vergogna; nella consapevolezza che un* Psicoterapeuta possiede gli strumenti e la competenza per trasformarli in prezioso materiale di lavoro.
"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori", ci ricorda F. De Andrè.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
ora risulta tutto più chiaro.
L'incongruenza risulta essere una sola, ma fondamentale
e consiste nell'essere in psicoterapia, cioè nell'avere una Psicoterapeuta a propria disposizione, e nel non affidarsi ad essa.
Tutto il resto va di conseguenza.
- Se, dopo aver scoperto che *anche* il proprio compagno - altre a se stessa - soffre di DOC da relazione, ne avesse parlato con la propria Psy nel corso dei tre colloqui mensili intercorsi dalla rivelazione,
essa Le avrebbe spiegato in presenza ciò che ha avuto bisogno di leggere .. sul libro, consigliato dalla Psicoterapeuta .. dell'altro anziché dalla propria.
- Se il Suo ".. percorso personale è incentrato sul trattamento della fobia sociale..", parlando immediatamente in seduta del Suo nuovo sintomo Lei avrebbe appreso in viva voce che anche il 'DOC da relazione (intima)' fa parte della famiglia delle fobie sociali. E che dunque il trattamento in corso risultava essere "ad hoc" per il nuovo sintomo.
Potrebbero chiedersi i lettori, le lettrici, del consulto:
perchè non ne ha parlato con la Sua Psy?
Perchè ha interpellato online, avendo disponibilità di colloqui in presenza?
".. faccio molta fatica a parlarne apertamente con la mia terapeuta, poiché lei di per sé indirizza i colloqui ..", dice la scrivente.
Dispiace che Lei percepisca in maniera così distorta il ruolo della Psicoterapeuta (d'altra parte pure con lo Psichiatra aveva avuto problemi di fiducia, stando al consulto di tempo fa).
Anche per chi ci legge, sottolineiamo che il/la Psicoterapeuta non è nè un dittatore, nè un tecnico che "indirizza" in modo inflessibile.
Eventualmente propone uno 'stimolo' di inizio seduta quando il/la paziente si presenta senza nulla da dire. Ma se quest'ultim* porta una tematica nuova, più scottante, urgente, ogni Psicoterapeuta è ben pront* ad aderirvi e ad approfondire. Tanto più sapendo per esperienza professionale che le "novità" riguardano molto spesso aspetti ulteriori della problematica in corso di trattamento; come anche questo consulto testimonia.
Con questi chiarimenti concludiamo il consulto indirizzando l'autrice del consulto alla sua Psicoterapeuta che la conosce da tempo.
Raccomandiamo caldamente di 'utilizzare' appieno la psicoterapia. Essa rappresenta non solo una cura, bensì un percorso esistenziale che porta a riparare (rammendare) lembi personali strappati, ma anche a illuminare angoli ancora oscuri ma ricchi di potenzialità e di significati.
La trasparenza, la sincerità nei confronti dell* Psy, permettono di costruire via via una crescente fiducia reciproca e il coraggio del/la pz. di mostrarsi in tutti i propri aspetti; anche quelli di cui si vergogna; nella consapevolezza che un* Psicoterapeuta possiede gli strumenti e la competenza per trasformarli in prezioso materiale di lavoro.
"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori", ci ricorda F. De Andrè.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.3k visite dal 18/02/2024.
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