Litigi con figlio

Buonasera scrivo perché come oggi non dico spesso! Ma frequentemente, capitano delle discussioni con mio figlio 21 anni ma stasera ci sono rimasto malissimo stò davvero male e mi sento offeso.
Lui mi accusa che io lo sempre limitato a fare le sue scelte.
Su e diplomato.
E dopo un anni di stop.
Perché ha iniziato a soffrire di ansia dove tempestivamente ha iniziato un percorso cognitivo comportamentale insomma seguito da professionisti.
Stasera mi ha accusato dicendomi che io ho mai assecondato le sue scelte! Magari qualche volta sono stato più diretto nell’ esprimere delle opinioni.
Ma di sicuro non ho mai messo limiti alle sue scelte.
Sostenendolo anche economicamente! E quando gli faccio presente che lo sempre sostenuto con sacrifici le sue scelte ho una mia attività e lavoro notte e giorno ho altri 2 figli e un mutuo.
Gli ho comprato una macchina! Perché per responsabilizzarlo e si guadagna da solo i soldi per mantenersela.
Comunque mi rinfaccia quando non riesce a raggiungere le sue scelte dice che colpa mia e io gli ribadisco ma scusa io piu di accompagnarti e sostenerti economicamente cosa posso fare?
In ultimo ha scelto l università online per studiare psicologia e ovviamente io lo sto sostenendo pagando totalmente le spese dei gli studi... ma sentirmi dire che io gli rinfaccio le cose solo perché pretendo che se io spendo dei soldi e faccio dei sacrifici vorrei essere ricompensato con il suo impegno! E con la sua collaborazione quando veramente ne ho bisogno collaborazione che si può tradurre in predere le sorelle a scuola fare qualche commissione di un ora per la nostra attività ma ovviamente cose sporadiche che in un mese possono capitare massimo 2 volte!! Insomma avvolte in qualche discussione glielo tradotto in riconoscenza! E lui ha detto che questa parola per lui non esiste.
Insomma sono confuso e arrabbiato non so se mi sono espresso bene ma lui continua a dire che io gli rinfaccio che spendo soldi!! Che sa benissimo quanti sacrifici faccio per non fargli mancare nulla.
Uno che lavora da quando avevo 13 anni e credetemi sono stanco nn ce la faccio piu... scusate lo sfogo aiuto!!
[#1]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
so quanto siano dolorose le incomprensioni con i figli.
Lei ha avvertito nelle parole di suo figlio una critica dura, che le ha fatto male. Tuttavia lo scopo dei genitori è cercare di creare concordia e comunicazione in famiglia. Se queste cose mancano, è bene cercare di ricostruirle, per il bene di tutta la famiglia, e per questo a volte è necessario fare un passo indietro, deporre il risentimento, chiederci se può esserci qualcosa di vero nelle accuse che ci sono state rivolte.
Suo figlio le rimprovera di averlo sempre limitato nelle sue scelte.
Tenga conto che la comunicazione è un percorso a due vie: non basta sapere quello che lei, padre, ha fatto e detto, ma anche come suo figlio, nelle varie età, ha percepito le sue azioni e le sue parole. Ci sono momenti in cui anche solo un rimprovero può fare molto male; anche solo un silenzio e uno sguardo cupo.
Questo non vuol dire che il padre non deve orientare le scelte del figlio da bambino e da adolescente, o non deve chiedergli di impegnarsi seriamente in quello che fa; ma orientare non vuol dire imporre, specie quando non si conoscono neanche bene le caratteristiche e gli sbocchi delle varie scuole superiori, per esempio.
Al di là di parole che possono essere state troppo perentorie, ci sono poi i modi che fanno sentire il figlio supportato o abbandonato, capace o incapace; i gesti di affetto che possono essere presenti o mancare.
Ora, lei dice di sé stesso che lavora da quando aveva tredici anni.
E' stato sfortunato; le è stata preclusa la spensieratezza di quell'età, come testimoniano anche le numerosissime lettere in cui ci ha chiesto aiuto per la sua ansia, per la sua ipocondria.
D'altro canto ha avuto la fortuna di costruirsi una sua attività e di creare una bella famiglia, con una moglie e tre figli.
Niente di strano che in questo percorso, vincente ma faticoso, le sia capitato di trascurare forse la sensibilità di un figlio. Scrive: "Magari qualche volta sono stato più diretto nell’ esprimere delle opinioni. Ma di sicuro non ho mai messo limiti alle sue scelte".
Per un figlio che stima e rispetta il padre può bastare questa espressione diretta delle opinioni per sentirsi uno stupido o un fallito, non crede?
Inoltre la frase: "ma scusa io piu di accompagnarti e sostenerti economicamente cosa posso fare?" è triste: davvero un padre non può fare altro che erogare soldi e passaggi in macchina? E non invece ascoltare il figlio? Osservarlo per capire se sta bene, se è felice?
Il fatto che suo figlio abbia sofferto di ansia in maniera così grave da perdere un anno di scuola non le dice niente? Proprio lei, che conosce bene la sua stessa ansia, quella che ci ha segnalato almeno una trentina di volte negli ultimi anni?
Infine la invito a riflettere su queste sue parole: "pretendo che se io spendo dei soldi e faccio dei sacrifici vorrei essere ricompensato con il suo impegno! E con la sua collaborazione quando veramente ne ho bisogno collaborazione che si può tradurre in predere le sorelle a scuola fare qualche commissione di un ora per la nostra attività ma ovviamente cose sporadiche che in un mese possono capitare massimo 2 volte!!"
Gentile utente, sono più che d'accordo che in una famiglia ci sia collaborazione, fornendo ciascuno l'aiuto proporzionale all'età e agli impegni extra-familiari.
Lei farebbe anzi un atto pedagogico dettagliando a suo figlio quali sono le cose che voi genitori vi aspettate da lui. Questo però non vuol dire chiedergli all'improvviso, quando forse ha dei suoi programmi, di fare invece altro.
Perché non stabilite all'inizio del mese dei precisi incarichi con suo figlio, che in questo modo si sentirebbe un adulto impegnato e responsabile anziché un servo, come il verbo "pretendo" da lei usato rischia di far pensare?
Colga l'occasione di questa crisi per migliorare, non per peggiorare la vostra relazione. Se ha ancora un* su* psicolog*, concordi con lui/lei il discorso che potrà riaprire una nuova alleanza tra lei e suo figlio.
Io le faccio molti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
Utente
Utente
La ringrazio per la sua chiarissima risposta! Premetto che la parola pretendo lo espressa qui e mai con lui il quale gli ho sempre detto che io faccio una vita bruttissima senza un minuto di tempo per me! Per l aiuto sporadico intendevo e fra latro chiarito in partenza quando lui mi
Chiese di andare all università disse so che e un costo abbastanza esoso ma io voglio farlo e io dissi figurati. Per te qualsiasi cosa e poi le dissi . Però ti chiedo solo una cosa tu sai quanto io e tua mamma ci sacrifichiamo e sai che. Non chiediamo mai il tuo aiuto! Ma se capita ricordati che lo fai per noi e te stesso e che se ti chiedo qualcosa r perché proprio io non ce la faccio! Concordare prima come
Vede è impossibile perché di quell aiuto che io
Parlo capita se io proprio non posso rinunciare a fare quello che sto facendo!!
Comunque proverò a chiarire e migliorare questi aspetti
Grazie ancora
[#3]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente.
spero che riuscirà a costruire un buon rapporto con suo figlio, ascoltando le cose che lo preoccupano e tenendo presente che un adulto non può essere sempre disponibile, come un bambino, a fare dei piaceri a papà e mamma.
Come sempre, però, la modifica parte da noi stessi: se ci imponiamo una vita di sacrifici, rinunce e fatica anche quando non è necessario, le conseguenze saranno su noi le malattie della sfera fisica e psichica e sugli altri l'incomprensione dei loro bisogni, l'assenza di rassicurazione e di divertimento, anche quello più legittimo.
Lei scrive: "io faccio una vita bruttissima senza un minuto di tempo per me".
Si meraviglia di soffrire d'ansia? Come mai non misura correttamente il dovere, il riposo e il piacere?
Dire ad un figlio "se ti chiedo qualcosa r perché proprio io non ce la faccio" è dichiarare che non si sa gestire la propria vita, e questo per un figlio è destabilizzante.
Peggio ancora, lei estende questa incapacità anche a sua moglie: "tu sai quanto io e tua mamma ci sacrifichiamo".
Perché, allora, avete messo al mondo tre figli?
Non viviamo più in un'epoca di paura e di fame dove bisogna rassegnarsi a tutti gli eventi .
Lei in particolare ha un'attività gestita in proprio. Cosa può indurla a farne un carico eccessivo, se non quella forma di dipendenza che noi psicologi chiamiamo work-addiction, addirittura workaholism, paragonandola alla dipendenza alcolica?
Receda prima di tutto da questa dipendenza, scopra altro della vita -i suoi figli per prima cosa- e vedrà che tutto andrà meglio.
Auguri ancora.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com