Non riesco a comunicare con la mia psicologa
Buongiorno,
Sono seguita da una psicologa da qualche anno ma non so se continuare il percorso con lei.
Ammetto che ho sempre fatto fatica a capire quello che vuole dirmi durante le sedute, e che spesso mi son ritrovata a dover chiedere ad amici o parenti un aiuto per capire il significato delle sue parole.
Lei è una persona molto diretta a farmi notare difetti o problemi su cui devo lavorare, a volte si scalda anche, e secondo me spesso salta troppo in fretta a conclusioni personali su di me "perché sa che sono fatta così".
Io però non sempre condivido e mi capita spesso di leggere in maniera sbagliata i suoi ammonimenti.
Riconosco che con lei ho fatto un buon percorso di crescita, ma ultimamente sto facendo sempre più fatica a interpertare le sue parole e ho iniziato ad avere sempre più fastidio nel dover raccontare le mie sedute ad altri per poterci capire qualcosa io per prima.
In ogni caso, più vado avanti e più faccio fatica, anzi, in molte occasioni mi trovo in totale disaccordo perché mi descrive con dei difetti che non sento di avere, o con atteggiamenti che non mi corrispondono.
E anche se provo a spiegarmi finiamo sempre per litigare.
Io mi rendo conto di far fatica a gestire i litigi, non riesco a crearmi i miei spazi per il dialogo quando si alza la voce, non riesco mai a parlare, oppure, vado in ansia, non riesco a spiegarmi e a farmi capire.
E finisco col rendermi conto che dico cose al contrario di tutto, non capendoci più neppure io e mi sembra di darle solo la conferma che non ho argomentazioni per sostenere le mie verità (e che quindi non esistono).
In questo momento, faccio ancora fatica a comunicare quando ci vediamo e mi rendo conto di reagire passivamente, però così non mi sento né capita né ascoltata.
Ho già provato a chiederle di non alzare la voce o di farmi finire di parlare, ma non è cambiato nulla perché credo che lei sia principalmente preoccupata a farmi arrivare a concetti che vede che non capisco.
Non so che cosa fare: non so se sbaglio io a non riflettere di più su quello che mi dice, se devo mettermi ancora più in discussione, se faccio fatica ad ammettere dei difetti... oppure, non so se devo provare a cambiare percorso e mettermi alla ricerca di qualcun'altro con cui non ci siano tutte queste difficoltà.
Quali sono gli elementi che mi dovrebbero far capire se è ora di cambiare percorso o meno?
Sono seguita da una psicologa da qualche anno ma non so se continuare il percorso con lei.
Ammetto che ho sempre fatto fatica a capire quello che vuole dirmi durante le sedute, e che spesso mi son ritrovata a dover chiedere ad amici o parenti un aiuto per capire il significato delle sue parole.
Lei è una persona molto diretta a farmi notare difetti o problemi su cui devo lavorare, a volte si scalda anche, e secondo me spesso salta troppo in fretta a conclusioni personali su di me "perché sa che sono fatta così".
Io però non sempre condivido e mi capita spesso di leggere in maniera sbagliata i suoi ammonimenti.
Riconosco che con lei ho fatto un buon percorso di crescita, ma ultimamente sto facendo sempre più fatica a interpertare le sue parole e ho iniziato ad avere sempre più fastidio nel dover raccontare le mie sedute ad altri per poterci capire qualcosa io per prima.
In ogni caso, più vado avanti e più faccio fatica, anzi, in molte occasioni mi trovo in totale disaccordo perché mi descrive con dei difetti che non sento di avere, o con atteggiamenti che non mi corrispondono.
E anche se provo a spiegarmi finiamo sempre per litigare.
Io mi rendo conto di far fatica a gestire i litigi, non riesco a crearmi i miei spazi per il dialogo quando si alza la voce, non riesco mai a parlare, oppure, vado in ansia, non riesco a spiegarmi e a farmi capire.
E finisco col rendermi conto che dico cose al contrario di tutto, non capendoci più neppure io e mi sembra di darle solo la conferma che non ho argomentazioni per sostenere le mie verità (e che quindi non esistono).
In questo momento, faccio ancora fatica a comunicare quando ci vediamo e mi rendo conto di reagire passivamente, però così non mi sento né capita né ascoltata.
Ho già provato a chiederle di non alzare la voce o di farmi finire di parlare, ma non è cambiato nulla perché credo che lei sia principalmente preoccupata a farmi arrivare a concetti che vede che non capisco.
Non so che cosa fare: non so se sbaglio io a non riflettere di più su quello che mi dice, se devo mettermi ancora più in discussione, se faccio fatica ad ammettere dei difetti... oppure, non so se devo provare a cambiare percorso e mettermi alla ricerca di qualcun'altro con cui non ci siano tutte queste difficoltà.
Quali sono gli elementi che mi dovrebbero far capire se è ora di cambiare percorso o meno?
[#1]
Gentile utente,
Sembrate giunte ad un punto morto della comunicazione tra Voi, come una vecchia coppia che non si sopporta più e che vede unicamente i difetti dell'altra persona ormai.
Peccato, perchè insieme avevano "..fatto un buon percorso di crescita".
Sì, forse è giunto il momento di cambiare terapeuta, ne parli apertamente con la Psy.
Dott. Brunialti
Sembrate giunte ad un punto morto della comunicazione tra Voi, come una vecchia coppia che non si sopporta più e che vede unicamente i difetti dell'altra persona ormai.
Peccato, perchè insieme avevano "..fatto un buon percorso di crescita".
Sì, forse è giunto il momento di cambiare terapeuta, ne parli apertamente con la Psy.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Gentile Utente,
io credo che sin dall'inizio la relazione sia stata impostata male.
Un paziente è generalmente a proprio agio con il proprio curante ed è libero di esprimersi, di dichiarare di non aver compreso, di porre domande, senza temere alcun giudizio.
Soprattutto, non è funzionale chiedere ad altri che cosa pensa un' altra persona o che cosa avrà mai voluto dire. I pazienti spesso raccontano a casa delle sedute e dei propri vissuti/problemi, ecc... ma chiedere di "interpretare" ciò che viene detto da una terza persona può solo essere come lanciare i dadi: a volte capita la combinazione esatta, molto spesso no! Quindi possiamo fare solo ipotesi su cosa avrà voluto dire un'altra persona...
Inoltre, il dialogo terapeutico non è un mostrare i muscoli; lo psicologo fa delle ipotesi attraverso le domande e pone alcune domande per portare il paziente ad avere una maggiore consapevolezza, ma le ipotesi devono essere verificate insieme e se il paziente non è d'accordo non solo ha tutto il diritto di dirlo, ma soprattutto è qui che lo psicologo ASCOLTA.
Per cui, qualora volesse cambiare, Le suggerisco fin da subito di ascoltare di più che cosa Le dice la Sua pancia, perchè lo psicologo non ha la sfera di cristallo per dirLe "so che sei fatta così".
Inoltre, la relazione terapeutica è una relazione nella quale c'è la cooperazione prevalentemente, quindi potrebbe starci un pochino di accudimento se proprio il paziente arriva in seduta a pezzi, ma non deve essere la norma, ma non può mai esserci competizione, non ci si scalda su chi ha ragione, perchè -come purtroppo sta sperimentando- se il terapeuta alza la voce e vince, ci perde sicuramente l'alleanza con il paziente. Oltre ad essere a mio avviso poco o per niente educato non permettere neppure di terminare una frase.
Con i limiti del consulto a distanza, più che mettersi in discussione, a me Lei sembra sofferente, quindi ribadisco di ascoltare molto di più ciò che sente Lei.
Infine, per quale ragione ha intrapreso una psicoterapia? Ci sono stati dei miglioramenti?
Cordiali saluti,
Angela Pileci
io credo che sin dall'inizio la relazione sia stata impostata male.
Un paziente è generalmente a proprio agio con il proprio curante ed è libero di esprimersi, di dichiarare di non aver compreso, di porre domande, senza temere alcun giudizio.
Soprattutto, non è funzionale chiedere ad altri che cosa pensa un' altra persona o che cosa avrà mai voluto dire. I pazienti spesso raccontano a casa delle sedute e dei propri vissuti/problemi, ecc... ma chiedere di "interpretare" ciò che viene detto da una terza persona può solo essere come lanciare i dadi: a volte capita la combinazione esatta, molto spesso no! Quindi possiamo fare solo ipotesi su cosa avrà voluto dire un'altra persona...
Inoltre, il dialogo terapeutico non è un mostrare i muscoli; lo psicologo fa delle ipotesi attraverso le domande e pone alcune domande per portare il paziente ad avere una maggiore consapevolezza, ma le ipotesi devono essere verificate insieme e se il paziente non è d'accordo non solo ha tutto il diritto di dirlo, ma soprattutto è qui che lo psicologo ASCOLTA.
Per cui, qualora volesse cambiare, Le suggerisco fin da subito di ascoltare di più che cosa Le dice la Sua pancia, perchè lo psicologo non ha la sfera di cristallo per dirLe "so che sei fatta così".
Inoltre, la relazione terapeutica è una relazione nella quale c'è la cooperazione prevalentemente, quindi potrebbe starci un pochino di accudimento se proprio il paziente arriva in seduta a pezzi, ma non deve essere la norma, ma non può mai esserci competizione, non ci si scalda su chi ha ragione, perchè -come purtroppo sta sperimentando- se il terapeuta alza la voce e vince, ci perde sicuramente l'alleanza con il paziente. Oltre ad essere a mio avviso poco o per niente educato non permettere neppure di terminare una frase.
Con i limiti del consulto a distanza, più che mettersi in discussione, a me Lei sembra sofferente, quindi ribadisco di ascoltare molto di più ciò che sente Lei.
Infine, per quale ragione ha intrapreso una psicoterapia? Ci sono stati dei miglioramenti?
Cordiali saluti,
Angela Pileci
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.4k visite dal 31/01/2024.
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