Senso di solitudine
Gentili dottori,
Dopo tanti anni di terapia inutile, con un terapeuta impreparato che ha fatto solo danni, finalmente 2 anni fa ho trovato, presso un consultorio familiare, un sessuologo esperto che mi ha aiutato a elaborare e fare chiarezza sulla mia identità di genere.
Sono nat* con una patologia genetica che può essere ascritta sotto il termine-ombrello di intersessualità e, pur identificandomi con il genere femminile assegnatomi alla nascita, mi sono sempre sentit* sbagliat*, una donna mancata.
Grazie a questo percorso, invece, ho preso molta più consapevolezza del mio essere intersex, della mia identità, e ho fatto tanti progressi, anche a livello della sfera sessuale.
Solo che, da quando ho preso questa consapevolezza, attorno a me si è creato un vuoto spaventoso.
Una delle mie migliori amiche, ad esempio, è affetta dalla mia stessa patologia e la cosa ci univa.
Ma, da quando io sono cambiat*, anche le cose tra di noi sono cambiate.
Non abbiamo litigato ma, man mano che avanzavo nel mio percorso, mi confidavo sempre meno con lei perché mi sentivo sempre meno capit, come se parlassimo due lingue diverse.
Un po' come quando hai delle amiche di infanzia: poi si cresce e le strade si dividono.
Io ho aperto un po' i miei orizzonti, lei no.
Purtroppo per lei, non andrà mai oltre il "Dio mi ha dato questa croce, la devo accettare".
Sapevo che sarebbe successo prima o poi.
Siamo due persone diversissime, con visioni della vita completamente diverse (io ate da sempre, senza particolari tabù sessuali e dal linguaggio piuttosto "colorito", lei fervente testimone di Geova... potete immaginare!)
Prima ci univano la sofferenza e le esperienze di malattia comuni.
Ora che vedo tutto in modo diverso, invece, sento di non avere quasi più nulla in comune con lei.
E mi dispiace davvero, ma non credo si possa tornare indietro.
Un altro mio amico carissimo, invece, non capisce questo mio affermare di non essere una donna.
Dice che lui mi ha sempre vist* come tale.
Considerate pure che ci vediamo poco perché lui vive all'estero da anni, e che ha una mentalità profondamente cattolica (non a caso ha scelto di vivere in Polonia). . . potete capire che sta faccenda dell'Intersessualità non è che l'abbia presa molto bene.
Questi erano i miei migliori amici, di fatto gli unici che avevo.
Insomma... ho fatto tanta fatica per elaborare questa mia diversità, per non vederla come uno sbaglio.
E ancora ho tanto lavoro da fare ma sento, per la prima volta nella mia vita, di avere trovato finalmente una mia identità, sento che sto finalmente bene con me stess*.
Quando dico "sono una persona intersex", riesco finalmente a definirmi.
Prima, quando provavo a definirmi una donna, proprio non riuscivo a vedermi realmente come tale.
Era sempre come indossare un vestito che non era della mia taglia.
Ho fatto questo percorso per stare bene con me stess* e finalmente aprirmi alle relazioni con gli altri, che prima evitavo.
Ma, nonostante ciò, mi ritrovo sempre più sol.
È davvero triste, e ingiusto.
Dopo tanti anni di terapia inutile, con un terapeuta impreparato che ha fatto solo danni, finalmente 2 anni fa ho trovato, presso un consultorio familiare, un sessuologo esperto che mi ha aiutato a elaborare e fare chiarezza sulla mia identità di genere.
Sono nat* con una patologia genetica che può essere ascritta sotto il termine-ombrello di intersessualità e, pur identificandomi con il genere femminile assegnatomi alla nascita, mi sono sempre sentit* sbagliat*, una donna mancata.
Grazie a questo percorso, invece, ho preso molta più consapevolezza del mio essere intersex, della mia identità, e ho fatto tanti progressi, anche a livello della sfera sessuale.
Solo che, da quando ho preso questa consapevolezza, attorno a me si è creato un vuoto spaventoso.
Una delle mie migliori amiche, ad esempio, è affetta dalla mia stessa patologia e la cosa ci univa.
Ma, da quando io sono cambiat*, anche le cose tra di noi sono cambiate.
Non abbiamo litigato ma, man mano che avanzavo nel mio percorso, mi confidavo sempre meno con lei perché mi sentivo sempre meno capit, come se parlassimo due lingue diverse.
Un po' come quando hai delle amiche di infanzia: poi si cresce e le strade si dividono.
Io ho aperto un po' i miei orizzonti, lei no.
Purtroppo per lei, non andrà mai oltre il "Dio mi ha dato questa croce, la devo accettare".
Sapevo che sarebbe successo prima o poi.
Siamo due persone diversissime, con visioni della vita completamente diverse (io ate da sempre, senza particolari tabù sessuali e dal linguaggio piuttosto "colorito", lei fervente testimone di Geova... potete immaginare!)
Prima ci univano la sofferenza e le esperienze di malattia comuni.
Ora che vedo tutto in modo diverso, invece, sento di non avere quasi più nulla in comune con lei.
E mi dispiace davvero, ma non credo si possa tornare indietro.
Un altro mio amico carissimo, invece, non capisce questo mio affermare di non essere una donna.
Dice che lui mi ha sempre vist* come tale.
Considerate pure che ci vediamo poco perché lui vive all'estero da anni, e che ha una mentalità profondamente cattolica (non a caso ha scelto di vivere in Polonia). . . potete capire che sta faccenda dell'Intersessualità non è che l'abbia presa molto bene.
Questi erano i miei migliori amici, di fatto gli unici che avevo.
Insomma... ho fatto tanta fatica per elaborare questa mia diversità, per non vederla come uno sbaglio.
E ancora ho tanto lavoro da fare ma sento, per la prima volta nella mia vita, di avere trovato finalmente una mia identità, sento che sto finalmente bene con me stess*.
Quando dico "sono una persona intersex", riesco finalmente a definirmi.
Prima, quando provavo a definirmi una donna, proprio non riuscivo a vedermi realmente come tale.
Era sempre come indossare un vestito che non era della mia taglia.
Ho fatto questo percorso per stare bene con me stess* e finalmente aprirmi alle relazioni con gli altri, che prima evitavo.
Ma, nonostante ciò, mi ritrovo sempre più sol.
È davvero triste, e ingiusto.
[#1]
Buongiorno,
capisco il senso di solitudine, dal momento che pare le sole persone vicino a Lei sembrano non capirLa davvero; però Lei, probabilmente per giungere a ritrovare se stessa, nel corso degli anni dev'essersi in qualche modo necessariamente "isolata". All'età di 39 anni sembra ci siano solo due persone nella Sua vita. E gli altri personaggi di questa storia chi sono? La Sua famiglia?
Attualmente sta continuando il percorso con la psicologa?
Cordiali saluti,
Angela Pileci
capisco il senso di solitudine, dal momento che pare le sole persone vicino a Lei sembrano non capirLa davvero; però Lei, probabilmente per giungere a ritrovare se stessa, nel corso degli anni dev'essersi in qualche modo necessariamente "isolata". All'età di 39 anni sembra ci siano solo due persone nella Sua vita. E gli altri personaggi di questa storia chi sono? La Sua famiglia?
Attualmente sta continuando il percorso con la psicologa?
Cordiali saluti,
Angela Pileci
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Gentile dottoressa,
effettivamente sì, mi sono isolat* molto in questi anni. Un altro paio di amici, meno stretti sono a conoscenza della cosa ma per lo più hanno reagito con "vabbè, ma.non devi prenderla così. La tua è una patologia, ma non ci pensare. "
Non riescono a capire che nascere intersex non è solo "una patologia".
Mio fratello idem. L'unica volta che gliene ho parlato mi ha detto "ma no cosa c'entra? Tu hai una malattia, mica c'entri nulla con i gay".
Ai miei genitori non ne ho nemmeno mai parlato. Sono ormai ultrasessantenni, non capirebbero, troppo distante dalla loro mentalità. Sembra che le persone proprio non riescano ad andare al di là del "o sei un uomo o sei una donna."
Non concepiscono qualcosa che vada al di fuori di questi due canoni.
Non gliene faccio una colpa, perché io per prim* ho avuto enormi difficoltà ad accettarmi per come sono.
Per il resto, mi sono iscritt* su Tinder, mi sono fatt* qualche s*****a, ed è stata una buona cosa perché ho trovato persone a cui non importava nulla di come sono, bastava andare a letto. Paradossalmente mi hanno accettata di più loro, a cui non fregava nulla di me, che mi miei amici.
Però è davvero triste, perché ora sono arrivat* al punto che gli incontri mordi e fuggi non mi bastano più.
Sì, sto continuando la terapia con il mio attuale psicologo (che per mia fortuna non è una donna), anche se ultimamente sento che ormai il percorso che dovevamo fare per lo più lo abbiamo fatto e forse sarebbe il caso di avviarci verso una conclusione.
Anni fa uno psicologo, che di me non aveva capito una ceppa, mi disse che, anche se fossi riuscit* ad accettarmi per come sono facendo un grande lavoro su di me, comunque il 95% delle persone mi avrebbe rifiutato a causa della mia patologia.
Mi disse "lei è come se si fosse chiusa in casa, sbarrando finestre e portoni. Però, tenga conto che, qualora un domani lei dovesse riuscire ad aprirla quella porta, e invitasse la gente che passa per strada a entrare in casa sua... poi comunque è molto probabile che quella gente, in ogni caso, in casa sua non ci vorrà entrare."
Mi sa che, anche se era un idiota, forse aveva ragione.
effettivamente sì, mi sono isolat* molto in questi anni. Un altro paio di amici, meno stretti sono a conoscenza della cosa ma per lo più hanno reagito con "vabbè, ma.non devi prenderla così. La tua è una patologia, ma non ci pensare. "
Non riescono a capire che nascere intersex non è solo "una patologia".
Mio fratello idem. L'unica volta che gliene ho parlato mi ha detto "ma no cosa c'entra? Tu hai una malattia, mica c'entri nulla con i gay".
Ai miei genitori non ne ho nemmeno mai parlato. Sono ormai ultrasessantenni, non capirebbero, troppo distante dalla loro mentalità. Sembra che le persone proprio non riescano ad andare al di là del "o sei un uomo o sei una donna."
Non concepiscono qualcosa che vada al di fuori di questi due canoni.
Non gliene faccio una colpa, perché io per prim* ho avuto enormi difficoltà ad accettarmi per come sono.
Per il resto, mi sono iscritt* su Tinder, mi sono fatt* qualche s*****a, ed è stata una buona cosa perché ho trovato persone a cui non importava nulla di come sono, bastava andare a letto. Paradossalmente mi hanno accettata di più loro, a cui non fregava nulla di me, che mi miei amici.
Però è davvero triste, perché ora sono arrivat* al punto che gli incontri mordi e fuggi non mi bastano più.
Sì, sto continuando la terapia con il mio attuale psicologo (che per mia fortuna non è una donna), anche se ultimamente sento che ormai il percorso che dovevamo fare per lo più lo abbiamo fatto e forse sarebbe il caso di avviarci verso una conclusione.
Anni fa uno psicologo, che di me non aveva capito una ceppa, mi disse che, anche se fossi riuscit* ad accettarmi per come sono facendo un grande lavoro su di me, comunque il 95% delle persone mi avrebbe rifiutato a causa della mia patologia.
Mi disse "lei è come se si fosse chiusa in casa, sbarrando finestre e portoni. Però, tenga conto che, qualora un domani lei dovesse riuscire ad aprirla quella porta, e invitasse la gente che passa per strada a entrare in casa sua... poi comunque è molto probabile che quella gente, in ogni caso, in casa sua non ci vorrà entrare."
Mi sa che, anche se era un idiota, forse aveva ragione.
[#3]
Buongiorno,
Lei scrive: "Per il resto, mi sono iscritt* su Tinder, mi sono fatt* qualche s*****a, ed è stata una buona cosa perché ho trovato persone a cui non importava nulla di come sono, bastava andare a letto. Paradossalmente mi hanno accettata di più loro, a cui non fregava nulla di me, che mi miei amici.
Però è davvero triste, perché ora sono arrivat* al punto che gli incontri mordi e fuggi non mi bastano più."
Ma questa non è comprensione, nè "accettare", per usare un termine da Lei utilizzato. Tant'è che presto tali incontri non bastano più.
Prima di avviarsi ad una conclusione con lo psicologo, porterei anche questo tema fondamentale in seduta. Altrimenti è un lavoro a metà, perché non ha senso vivere senza altre persone per noi significative. Di norma non ci aspettiamo che proprio tutti ci capiscano, ma alcune (seppur pochissime) persone per noi fondamentali sì.
Cordiali saluti,
Angela Pileci
Lei scrive: "Per il resto, mi sono iscritt* su Tinder, mi sono fatt* qualche s*****a, ed è stata una buona cosa perché ho trovato persone a cui non importava nulla di come sono, bastava andare a letto. Paradossalmente mi hanno accettata di più loro, a cui non fregava nulla di me, che mi miei amici.
Però è davvero triste, perché ora sono arrivat* al punto che gli incontri mordi e fuggi non mi bastano più."
Ma questa non è comprensione, nè "accettare", per usare un termine da Lei utilizzato. Tant'è che presto tali incontri non bastano più.
Prima di avviarsi ad una conclusione con lo psicologo, porterei anche questo tema fondamentale in seduta. Altrimenti è un lavoro a metà, perché non ha senso vivere senza altre persone per noi significative. Di norma non ci aspettiamo che proprio tutti ci capiscano, ma alcune (seppur pochissime) persone per noi fondamentali sì.
Cordiali saluti,
Angela Pileci
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#4]
Utente
Sì, ha ragione dott.ssa. non è comprensione, ma non è che pretendessi chissà cosa dalle conoscenze sulle app. di incontri.
Semplicemente informavo l'altra persona della mia condizione per una questione di correttezza e di rispetto nei loro confronti, non per altro.
Però vede... Sarà che mi aspettavo di essere rifiutat* da tutti i miei March di Tinder una volta che avessi messo le cose in chiaro, invece non è stato così...ma mi hanno sorpres* in positivo. Sono conoscenze superficiali, ma per lo più si sono dimostrati molto più rispettosi (considerando il contesto) di quelli che consideravo "amici". Che, invece, si sentono in diritto di dirmi come dovrei definirmi: "sei una donna comunque perché io ti ho sempre vist* come tale, non sei come dici tu". O anche "sì ma cosa c'entri tu con la comunità LGBT? La loro è una scelta, tu invece sei nata con una malattia, è diverso.
Ah beh... Certo, perché la I in "LGBTIQ" ce l'hanno messa così, perché volevano comprarsi una vocale.
Lasciamo perdere...
Per il resto, ha ragione dottoressa, ne parlerò con il mio psicologo.
La ringrazio molto, e le auguro buona giornata.
Semplicemente informavo l'altra persona della mia condizione per una questione di correttezza e di rispetto nei loro confronti, non per altro.
Però vede... Sarà che mi aspettavo di essere rifiutat* da tutti i miei March di Tinder una volta che avessi messo le cose in chiaro, invece non è stato così...ma mi hanno sorpres* in positivo. Sono conoscenze superficiali, ma per lo più si sono dimostrati molto più rispettosi (considerando il contesto) di quelli che consideravo "amici". Che, invece, si sentono in diritto di dirmi come dovrei definirmi: "sei una donna comunque perché io ti ho sempre vist* come tale, non sei come dici tu". O anche "sì ma cosa c'entri tu con la comunità LGBT? La loro è una scelta, tu invece sei nata con una malattia, è diverso.
Ah beh... Certo, perché la I in "LGBTIQ" ce l'hanno messa così, perché volevano comprarsi una vocale.
Lasciamo perdere...
Per il resto, ha ragione dottoressa, ne parlerò con il mio psicologo.
La ringrazio molto, e le auguro buona giornata.
[#5]
Gentile utente,
mi unisco al consulto della mia collega che già ha messo l'accento su punti fondamentali (in particolare il suo isolamento) solo per aggiungere due cose.
La prima è che le suggerisco di valutare la terapia che si chiama "Compassion focused Therapy", che aiuta tante persone a trovare serenamente sé stesse e anche tanti amici.
Guardi il sito Compassionate Mind Italia: Home e prenda in considerazione la partecipazione ai corsi in presenza, ma anche la partecipazione online agli incontri gratuiti del martedì.
La seconda è che lei, con la profondità e la consapevolezza con cui affronta il suo problema, potrebbe aiutare tanti a chiarire una gravissima disinformazione, che vissuta sulla pelle delle persone è drammatica: il far parte delle persone raccolte sotto la sigla LGBTIQ non è per niente una scelta, come le hanno detto i suoi amici, ma nemmeno è una "disgrazia genetica" o una malattia.
Il più delle volte è una deviazione dallo standard quanto una nascita con gli occhi azzurri, e molto meno di una nascita che comporti delle invalidità.
Dalla chiarezza su questi temi può nascere una vita più serena e ricca, non soltanto per le persone dichiaratamente al di fuori di certi standard di genere, ma per tutti quelli che a fatica si sforzano di rientrarci.
Auguri infiniti.
mi unisco al consulto della mia collega che già ha messo l'accento su punti fondamentali (in particolare il suo isolamento) solo per aggiungere due cose.
La prima è che le suggerisco di valutare la terapia che si chiama "Compassion focused Therapy", che aiuta tante persone a trovare serenamente sé stesse e anche tanti amici.
Guardi il sito Compassionate Mind Italia: Home e prenda in considerazione la partecipazione ai corsi in presenza, ma anche la partecipazione online agli incontri gratuiti del martedì.
La seconda è che lei, con la profondità e la consapevolezza con cui affronta il suo problema, potrebbe aiutare tanti a chiarire una gravissima disinformazione, che vissuta sulla pelle delle persone è drammatica: il far parte delle persone raccolte sotto la sigla LGBTIQ non è per niente una scelta, come le hanno detto i suoi amici, ma nemmeno è una "disgrazia genetica" o una malattia.
Il più delle volte è una deviazione dallo standard quanto una nascita con gli occhi azzurri, e molto meno di una nascita che comporti delle invalidità.
Dalla chiarezza su questi temi può nascere una vita più serena e ricca, non soltanto per le persone dichiaratamente al di fuori di certi standard di genere, ma per tutti quelli che a fatica si sforzano di rientrarci.
Auguri infiniti.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 1.8k visite dal 31/01/2024.
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