Ho paura di morire
salve, cerco aiuto perché ho paura della morte e non so come affrontare il problema, purtroppo non sono ancora andato da uno psicologo sia per motivi economici e sia perché non mi sento ancora pronto (per paura di non riuscire a trovare una soluzione ed essere condannato per sempre a questi attacchi di ansia), come posso fare?
io preferirei utilizzare degli psicofarmaci, lentamente mi sento di star cadendo in depressione (attualmente ho 18 anni ed il problema persiste oramai dai 5 anni presentandosi a fasi alternate della mia vita).
io preferirei utilizzare degli psicofarmaci, lentamente mi sento di star cadendo in depressione (attualmente ho 18 anni ed il problema persiste oramai dai 5 anni presentandosi a fasi alternate della mia vita).
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Gentile utente,
quella che riporta è una problematica indubbiamente invalidante, dalla quale riferisce di essere perseguitato ormai da molti anni, a fasi alternate. Autonomamente ha già sviluppato due possibili risposte: vedere uno psicologo o uno psichiatra.
Un'eventuale percorso psicologico, anche in base al modello di riferimento del collega da cui potrebbe decidere di farsi seguire, in linea di massima potrebbe mirare direttamente alla riduzione della sintomatologia, oppure favorire un aumento del suo insight (consapevolezza di sè) e costruire una relazione terapeutica che incide a sua volta in maniera indiretta sulla riduzione della sintomatologia e sul miglioramento della qualità della vita.
E' importante chiarire che la paura della morte, di per sé, non è un sintomo; si tratta di una paura comune, essendo legata alla finitezza della condizione umana. Il fatto però che lei decida di chiedere un consulto in merito, e che lo riporti come una condizione dolorosa e invadente, potrebbe indicare che si tratti di un qualcosa che merita di essere ascoltato, compreso e, col suo permesso, affrontato.
Esiste, come da lei indicato, anche la possibilità di assumere degli psicofarmaci, ma sempre a seguito di una specifica diagnosi clinica, che indichi il tipo di patologia della quale, eventualmente, potrebbe soffrire. Anche in questo caso, però, la letteratura scientifica dimostra che hanno una maggiore efficacia nella remissione sintomatica e nella riduzione delle recidive, se assunti in concomitanza di un percorso psicologico.
Un ultimo appunto: lei dice che non si sente pronto ad intraprendere un percorso psicologico poiché potrebbe fallire. Non intraprenderlo affatto, e condannarsi a soffrire cronicamente di quanto da lei riportato, non potrebbe essere a sua volta un fallimento? Chi tenta, può perdere; chi non tenta, ha già perso.
Saluti
quella che riporta è una problematica indubbiamente invalidante, dalla quale riferisce di essere perseguitato ormai da molti anni, a fasi alternate. Autonomamente ha già sviluppato due possibili risposte: vedere uno psicologo o uno psichiatra.
Un'eventuale percorso psicologico, anche in base al modello di riferimento del collega da cui potrebbe decidere di farsi seguire, in linea di massima potrebbe mirare direttamente alla riduzione della sintomatologia, oppure favorire un aumento del suo insight (consapevolezza di sè) e costruire una relazione terapeutica che incide a sua volta in maniera indiretta sulla riduzione della sintomatologia e sul miglioramento della qualità della vita.
E' importante chiarire che la paura della morte, di per sé, non è un sintomo; si tratta di una paura comune, essendo legata alla finitezza della condizione umana. Il fatto però che lei decida di chiedere un consulto in merito, e che lo riporti come una condizione dolorosa e invadente, potrebbe indicare che si tratti di un qualcosa che merita di essere ascoltato, compreso e, col suo permesso, affrontato.
Esiste, come da lei indicato, anche la possibilità di assumere degli psicofarmaci, ma sempre a seguito di una specifica diagnosi clinica, che indichi il tipo di patologia della quale, eventualmente, potrebbe soffrire. Anche in questo caso, però, la letteratura scientifica dimostra che hanno una maggiore efficacia nella remissione sintomatica e nella riduzione delle recidive, se assunti in concomitanza di un percorso psicologico.
Un ultimo appunto: lei dice che non si sente pronto ad intraprendere un percorso psicologico poiché potrebbe fallire. Non intraprenderlo affatto, e condannarsi a soffrire cronicamente di quanto da lei riportato, non potrebbe essere a sua volta un fallimento? Chi tenta, può perdere; chi non tenta, ha già perso.
Saluti
Dott. Stefano Bandini
Psicologo, Perfezionato in Psicologia Perinatale
dottorbandini@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 870 visite dal 12/01/2024.
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