Attaccamento evitante
Buonasera,
Chiedo a voi consiglio perché sono sopraffatta.
Dopo 25 anni di matrimonio con ante complicità ed amicizia cinque anni fa mio marito mi ha tradita.
Una sola volta ma ovviamente ha segnato lui e me.
Mi ha detto che non mi amava ma si rendeva conto che non era la realtà.
Allora ho lavorato su di me, sul perdono, e gli sono stata vicina recuperando pienamente il rapporto.
Qualche mese fa ho iniziato a vederlo stanno distaccato e a forza di confronti mi ha detto che era nuovamente nella stessa situazione, non mi amava... Stavolta non c'è nessunaltro... Ma non lo riconosco più... Ha 50 ma sembra un adolescente e a me destabilizza.
È distaccato da tutto.
Ha accettato un aiuto dato che non ha avuto un'infanzia semplice.
La dottoressa ha detto che lui ha sviluppato un attaccamento evitante e la sua storia può spiegarlo.
Il problema che all'ennesimo rifiuto ed indifferenza al mio dolore io stavolta sono crollata.
Non vedo futuro... Lui mi dice di avere pazienza perché sa quanto mi ama ma io sono crollata... Ho un vuoto dentro assurdo... Una voragine che mi sta travolgendo e non so essere di aiuto ne a lui ne a me... Non so proprio cosa fare per sopravvivere e poter sperare perché così io non ci riesco più... Se avete un consiglio per poter aspettare gli effetti del suo percorso senza fare danni e morirci sotto vi sarei grata di potermelo dire perché in questo momento non ho soluzioni... Grazie
Chiedo a voi consiglio perché sono sopraffatta.
Dopo 25 anni di matrimonio con ante complicità ed amicizia cinque anni fa mio marito mi ha tradita.
Una sola volta ma ovviamente ha segnato lui e me.
Mi ha detto che non mi amava ma si rendeva conto che non era la realtà.
Allora ho lavorato su di me, sul perdono, e gli sono stata vicina recuperando pienamente il rapporto.
Qualche mese fa ho iniziato a vederlo stanno distaccato e a forza di confronti mi ha detto che era nuovamente nella stessa situazione, non mi amava... Stavolta non c'è nessunaltro... Ma non lo riconosco più... Ha 50 ma sembra un adolescente e a me destabilizza.
È distaccato da tutto.
Ha accettato un aiuto dato che non ha avuto un'infanzia semplice.
La dottoressa ha detto che lui ha sviluppato un attaccamento evitante e la sua storia può spiegarlo.
Il problema che all'ennesimo rifiuto ed indifferenza al mio dolore io stavolta sono crollata.
Non vedo futuro... Lui mi dice di avere pazienza perché sa quanto mi ama ma io sono crollata... Ho un vuoto dentro assurdo... Una voragine che mi sta travolgendo e non so essere di aiuto ne a lui ne a me... Non so proprio cosa fare per sopravvivere e poter sperare perché così io non ci riesco più... Se avete un consiglio per poter aspettare gli effetti del suo percorso senza fare danni e morirci sotto vi sarei grata di potermelo dire perché in questo momento non ho soluzioni... Grazie
[#1]
Gentile utente,
lei ci ha scritto molte volte negli anni, ma senza certe informazioni essenziali: professione, figli, amici, famiglia d'origine... Neanche del suo matrimonio nei precedenti consulti ha mai parlato, lamentando però vari disturbi, anche dichiaratamente psicosomatici.
Agli occhi dello specialista questo delinea una situazione di disagio che non si vuole affrontare nemmeno con sé stessi.
Era il comportamento di suo marito che lei cercava di mandar giù senza riuscirci? Parlo di "mandar giù" perché ci ha scritto di un disturbo alla gola che un tempo si chiamava "bolo isterico".
Oppure è stato il tipo di relazione tra voi a danneggiare tutti e due, finendo col mettere in crisi il matrimonio?
La psicologa di suo marito parla di "attaccamento evitante" da parte di lui.
E da parte sua, cosa c'era? La coppia è fatta di due persone interagenti. Lei andava avanti facendo finta che tutto andasse bene, salvo ammalarsi, e così attuava una sostanziale cecità ai segnali più o meno consci di suo marito?
Devo dirle per prima cosa che le crisi, rendendo fluida una situazione che era incancrenita, possono portare a miglioramenti inaspettati.
Questo potrebbe essere il vostro caso, perché suo marito non è andato via di casa, ma al contrario va in terapia, e la prega di aspettare che ritrovi sé stesso.
Non trova strano che di fronte a questa disponibilità di lui, lei scriva: "Ho un vuoto dentro assurdo... Una voragine che mi sta travolgendo e non so essere di aiuto ne a lui ne a me... Non so proprio cosa fare per sopravvivere e poter sperare perché così io non ci riesco più..."?
Era abituata a sentire di avere in pugno la situazione, col metodo di dimenticare sé stessa per gli altri; forse suo marito per primo.
Questa è un'attitudine pericolosa, un meccanismo psicologico per non vedere che qualcosa va male e che noi NON SAPPIAMO cosa e NON POSSIAMO intervenire.
Uno stato di impotenza che per alcuni, che hanno un bisogno disperato di avere tutto sotto controllo, è inaccettabile.
Ha letto il bel libro "Donne che amano troppo", della psicologa Robin Norwood?
O il bel libro di Massimo Recalcati "Non è più come prima", dove assieme alla natura del perdono nella relazione di coppia si parla di un legame con l'altro che non è egoistico dominio, ma accettazione piena?
Io le suggerirei di cercare soprattutto una sua consulenza psicologica e di leggere o rileggere i due libri che le ho segnalato.
Buone cose.
lei ci ha scritto molte volte negli anni, ma senza certe informazioni essenziali: professione, figli, amici, famiglia d'origine... Neanche del suo matrimonio nei precedenti consulti ha mai parlato, lamentando però vari disturbi, anche dichiaratamente psicosomatici.
Agli occhi dello specialista questo delinea una situazione di disagio che non si vuole affrontare nemmeno con sé stessi.
Era il comportamento di suo marito che lei cercava di mandar giù senza riuscirci? Parlo di "mandar giù" perché ci ha scritto di un disturbo alla gola che un tempo si chiamava "bolo isterico".
Oppure è stato il tipo di relazione tra voi a danneggiare tutti e due, finendo col mettere in crisi il matrimonio?
La psicologa di suo marito parla di "attaccamento evitante" da parte di lui.
E da parte sua, cosa c'era? La coppia è fatta di due persone interagenti. Lei andava avanti facendo finta che tutto andasse bene, salvo ammalarsi, e così attuava una sostanziale cecità ai segnali più o meno consci di suo marito?
Devo dirle per prima cosa che le crisi, rendendo fluida una situazione che era incancrenita, possono portare a miglioramenti inaspettati.
Questo potrebbe essere il vostro caso, perché suo marito non è andato via di casa, ma al contrario va in terapia, e la prega di aspettare che ritrovi sé stesso.
Non trova strano che di fronte a questa disponibilità di lui, lei scriva: "Ho un vuoto dentro assurdo... Una voragine che mi sta travolgendo e non so essere di aiuto ne a lui ne a me... Non so proprio cosa fare per sopravvivere e poter sperare perché così io non ci riesco più..."?
Era abituata a sentire di avere in pugno la situazione, col metodo di dimenticare sé stessa per gli altri; forse suo marito per primo.
Questa è un'attitudine pericolosa, un meccanismo psicologico per non vedere che qualcosa va male e che noi NON SAPPIAMO cosa e NON POSSIAMO intervenire.
Uno stato di impotenza che per alcuni, che hanno un bisogno disperato di avere tutto sotto controllo, è inaccettabile.
Ha letto il bel libro "Donne che amano troppo", della psicologa Robin Norwood?
O il bel libro di Massimo Recalcati "Non è più come prima", dove assieme alla natura del perdono nella relazione di coppia si parla di un legame con l'altro che non è egoistico dominio, ma accettazione piena?
Io le suggerirei di cercare soprattutto una sua consulenza psicologica e di leggere o rileggere i due libri che le ho segnalato.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Mi rendo conto che le poche informazioni possano fare pensare a varie varianti. Sicuramente sono una persona che pensa agli altri a discapito suo e so che è sbagliato ma non ho la tendenza a tenere tutto sotto controllo in casa o a non affrontare le cose per una parvenza di serenità. Ma le problematiche poi grosse sono sopraggiunte in questi ultimi anni in modo esponenziale ma ho iniziato con lui a un anno e mezzo dal matrimonio ad avere problematiche . Mi manca il respiro perché mi manca il mio migliore amico. Speravo che dopo questi ultimi anni dopo aver lavorato sul perdono e sopportato il dolore nuovamente subito, potessi pensare un po' anche a me ma non è possibile. Vorrei poter sperare in un positivo reale sennò non riesco a lottare ma sono senza forze ora e sto cercando in giusti ragionamenti per fare la mia parte a prescindere . Non riesco forse a spiegarmi ma prendo atto delle sue parole e cercherò di leggere cio che mi ha consigliato.
Grazie
Grazie
[#3]
Gentile utente,
lei continua a non comprendere che:
1) suo marito non se ne è andato, anzi sta facendo di tutto per ritrovare sé stesso e la prega di aspettarlo, di supportarlo, ma nel modo giusto;
2) le parole "sto cercando in giusti ragionamenti per fare la mia parte a prescindere" rimandano di nuovo alla sua convinzione di dover fare una sua parte, nella convinzione che se lei farà questa ipotetica parte le sarà restituito "il suo migliore amico", ossia un marito più idealizzato che accolto nella sua reale natura;
3) lei conferma le mie parole sul boccone duro da mandar giù, scrivendo: "ho iniziato con lui a un anno e mezzo dal matrimonio ad avere problematiche".
La situazione non è per niente nera come la sta vedendo: divenuto "adulto", suo marito si sente stretto nei confini di un matrimonio più costruito da lei, signora, che vissuto con la libertà di due persone che non hanno paura di lanciarsi in mare aperto.
Sono concetti difficili da spiegare qui, per questo la esorto a cercare una sua consulenza.
Un aiuto potrebbe venirle da un dialogo sereno con suo marito, rispettoso dei termini che lui vorrà porre; e anche da un incontro con la terapeuta di suo marito, se disponibile e se c'è il consenso di lui.
Auguri; abbia fiducia.
lei continua a non comprendere che:
1) suo marito non se ne è andato, anzi sta facendo di tutto per ritrovare sé stesso e la prega di aspettarlo, di supportarlo, ma nel modo giusto;
2) le parole "sto cercando in giusti ragionamenti per fare la mia parte a prescindere" rimandano di nuovo alla sua convinzione di dover fare una sua parte, nella convinzione che se lei farà questa ipotetica parte le sarà restituito "il suo migliore amico", ossia un marito più idealizzato che accolto nella sua reale natura;
3) lei conferma le mie parole sul boccone duro da mandar giù, scrivendo: "ho iniziato con lui a un anno e mezzo dal matrimonio ad avere problematiche".
La situazione non è per niente nera come la sta vedendo: divenuto "adulto", suo marito si sente stretto nei confini di un matrimonio più costruito da lei, signora, che vissuto con la libertà di due persone che non hanno paura di lanciarsi in mare aperto.
Sono concetti difficili da spiegare qui, per questo la esorto a cercare una sua consulenza.
Un aiuto potrebbe venirle da un dialogo sereno con suo marito, rispettoso dei termini che lui vorrà porre; e anche da un incontro con la terapeuta di suo marito, se disponibile e se c'è il consenso di lui.
Auguri; abbia fiducia.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#4]
Utente
Intanto la ringrazio per avermi risposto nuovamente. Ci tengo a precisare che in questi anni mi sono già avvalsa del supporto di una terapia per me ed ho già avuto dei confronti anche con la terapista di mio marito ma in nessun caso mi è stata data questa visuale di me. Sicuramente con i suoi commenti avrò spunti su cui riflettere....grazie del supporto
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.8k visite dal 04/01/2024.
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