Convivenza
Buongiorno.
Sono una ragazza di 22 anni che ha un contratto a tempo indeterminato in un settore che mi piace.
Sono fidanzata da 1 anno.
Io vivo con i miei, il mio ragazzo abita da solo in quanto ha trovato lavoro qui quindi si è dovuto trasferire.
Tra qualche mese gli scadrà il contratto dell’affitto in cui abita e io vorrei spostarmi con lui.
Lavoriamo nella stessa città e vorremmo una casa più vicina ai nostri uffici in quanto ora siamo entrambi lontani dal lavoro, e la situazione dei mezzi pubblici è diventata ingestibile.
Andiamo d’accordo, non ho dubbi sulla nostra relazione.
Il problema è che la mia famiglia è una famiglia disfunzionale.
Non ho parlato di questa cosa con mio padre e l’ho solo accennata alla mamma che già fa la vittima.
Mi dice sei ovviamente libera di fare quello che vuoi ma e inizia a dirmi che mio padre inizierà a trattarla ancora peggio ecc in mia assenza.
Sono io che tengo in equilibrio la mia famiglia.
La mia sola presenza non li fa entrare in conflitto e se io me ne vado non so cosa possa succedere.
Detto ciò non è questo a fermarmi in quanto ognuno fa le sue scelte di vita, e io non devo pagare quelle sbagliate di mia madre.
La cosa che mi ferma è che mancherebbero 4 mesi alla fine dell’affitto del mio ragazzo e io non so proprio come dirlo a mio padre.
Mio papà negli ultimi anni si è calmato ma da bambina mi trattava male e urlava contro per ogni cosa.
Io ho ancora quei traumi e non riesco ad aprirmi con lui.
Ho paura che mi veda come una sua priorità in quanto fortemente misogino e che mi inizi ad urlare contro.
Io adesso vado dal mio ragazzo 3 giorni alla settimana.
Me l’ha sempre fatto fare senza problemi anche se all’inizio non era d’accordo.
Ho detto al mio ragazzo che gli diremo di questa scelta insieme perché per mio padre qualcosa detta da un uomo vale sempre di più della volontà di una donna sola (triste ma vero).
Per fortuna il mio ragazzo gli piace.
Come posso comportarmi in caso mio padre non la prenda bene e mi inizi a dire che non posso andare a convivere?
È ovvio che ho i soldi e l’età, ma si sa che la manipolazione non conta di queste cose.
Io posso trovare compromessi e tornare qui a casa con i miei i weekend, ma vorrei evitare di litigare perché lui è un pessimo marito ma non sempre un cattivo padre (da quando sono cresciuta).
Come posso instaurare un muro sano tra noi due?
Tenete conto che è una persona che a volte ha reazioni spropositate per cui dopo si sente in colpa e inizia a leccare il culo ma all’inizio fa davvero spavento quando si arrabbia e vorrei evitare di rompere quel poco legame che abbiamo.
Appunto perché non gli parlo, non puó lontanamente immaginarsi che io me ne voglia andare.
Grazie e spero mi possiate dare conforto\aiuto
Sono una ragazza di 22 anni che ha un contratto a tempo indeterminato in un settore che mi piace.
Sono fidanzata da 1 anno.
Io vivo con i miei, il mio ragazzo abita da solo in quanto ha trovato lavoro qui quindi si è dovuto trasferire.
Tra qualche mese gli scadrà il contratto dell’affitto in cui abita e io vorrei spostarmi con lui.
Lavoriamo nella stessa città e vorremmo una casa più vicina ai nostri uffici in quanto ora siamo entrambi lontani dal lavoro, e la situazione dei mezzi pubblici è diventata ingestibile.
Andiamo d’accordo, non ho dubbi sulla nostra relazione.
Il problema è che la mia famiglia è una famiglia disfunzionale.
Non ho parlato di questa cosa con mio padre e l’ho solo accennata alla mamma che già fa la vittima.
Mi dice sei ovviamente libera di fare quello che vuoi ma e inizia a dirmi che mio padre inizierà a trattarla ancora peggio ecc in mia assenza.
Sono io che tengo in equilibrio la mia famiglia.
La mia sola presenza non li fa entrare in conflitto e se io me ne vado non so cosa possa succedere.
Detto ciò non è questo a fermarmi in quanto ognuno fa le sue scelte di vita, e io non devo pagare quelle sbagliate di mia madre.
La cosa che mi ferma è che mancherebbero 4 mesi alla fine dell’affitto del mio ragazzo e io non so proprio come dirlo a mio padre.
Mio papà negli ultimi anni si è calmato ma da bambina mi trattava male e urlava contro per ogni cosa.
Io ho ancora quei traumi e non riesco ad aprirmi con lui.
Ho paura che mi veda come una sua priorità in quanto fortemente misogino e che mi inizi ad urlare contro.
Io adesso vado dal mio ragazzo 3 giorni alla settimana.
Me l’ha sempre fatto fare senza problemi anche se all’inizio non era d’accordo.
Ho detto al mio ragazzo che gli diremo di questa scelta insieme perché per mio padre qualcosa detta da un uomo vale sempre di più della volontà di una donna sola (triste ma vero).
Per fortuna il mio ragazzo gli piace.
Come posso comportarmi in caso mio padre non la prenda bene e mi inizi a dire che non posso andare a convivere?
È ovvio che ho i soldi e l’età, ma si sa che la manipolazione non conta di queste cose.
Io posso trovare compromessi e tornare qui a casa con i miei i weekend, ma vorrei evitare di litigare perché lui è un pessimo marito ma non sempre un cattivo padre (da quando sono cresciuta).
Come posso instaurare un muro sano tra noi due?
Tenete conto che è una persona che a volte ha reazioni spropositate per cui dopo si sente in colpa e inizia a leccare il culo ma all’inizio fa davvero spavento quando si arrabbia e vorrei evitare di rompere quel poco legame che abbiamo.
Appunto perché non gli parlo, non puó lontanamente immaginarsi che io me ne voglia andare.
Grazie e spero mi possiate dare conforto\aiuto
[#1]
Gentile utente,
lei appare lucida, consapevole, ma anche spaventata.
La sua paura non appare immotivata, anche se non è chiaro se tema da parte di suo padre una violenza solo verbale o anche fisica.
E' giusto che lei si tuteli, sia dal rischio di rimanere invischiata in situazioni definite da lei stessa disfunzionali, sia dalle "reazioni spropositate" di suo padre.
Per evitare del tutto l'attacco alla sua decisione di lasciare la casa paterna potrebbe anche fare le valigie e andarsene senza dirgli niente, ma questo troncherebbe ogni rapporto, e poi a casa rimarrebbe sua madre.
Seppure ha scelto un ruolo di vittima che lei non condivide: "ognuno fa le sue scelte di vita, e io non devo pagare quelle sbagliate di mia madre", lei certo non vorrebbe che sua madre divenisse il bersaglio dei dissennati attacchi paterni.
Inoltre dice che suo padre è stato "un pessimo marito ma non sempre un cattivo padre (da quando sono cresciuta)" e per questo non vuol troncare i rapporti con lui.
La situazione appare complessa, soprattutto per la violenza che un certo tipo di persona adopera come strumento di coercizione, più che di manipolazione. Che questo atteggiamento sia frutto di malattia o sia un vizio, in ogni caso andava da tempo contrastato, con l'aiuto di amici e parenti; un tempo il medico di famiglia, il sacerdote o un'altra figura autorevole si assumevano il compito di illustrare all'intemperante tutti i danni provocati dal suo erroneo procedere e le inevitabili conseguenze.
Ora lei pensa di far fare al suo ragazzo il ruolo di intermediario. Che il ragazzo gli dica che andrete a vivere insieme mi sembra corretto, ma un giovane non può avere il ruolo di rimproverare il futuro suocero e di segnalargli i suoi errori, in caso di intemperanza; inoltre non mi sembra opportuno dare alla convivenza il valore di un matrimonio, perché di fatto non lo è.
Lei potrebbe invece cominciare a parlare dell'opportunità di trasferirsi più vicina al luogo di lavoro, accennando a tutti gli elementi che rendono opportuna questa scelta: la sua conquista dell'autonomia, il desiderio di vivere col suo ragazzo e condividere come molti giovani l'esperienza della vita insieme in vista del ben più serio impegno rappresentato dal matrimonio.
Dicendo che lei sarebbe disposta a tornare in famiglia nei week end, cede invece alla presunta non-proprietà di sé stessa.
Lei tornerà a trovare i suoi, in qualche week end o in altri momenti, se questo fatto sarà per tutti un piacere, se troverà nei suoi genitori affetto e accoglienza.
In casi come il suo non vedrei male il farsi supportare, momento per momento, da un* psicolog* espert* nelle relazioni.
Auguri per tutto.
lei appare lucida, consapevole, ma anche spaventata.
La sua paura non appare immotivata, anche se non è chiaro se tema da parte di suo padre una violenza solo verbale o anche fisica.
E' giusto che lei si tuteli, sia dal rischio di rimanere invischiata in situazioni definite da lei stessa disfunzionali, sia dalle "reazioni spropositate" di suo padre.
Per evitare del tutto l'attacco alla sua decisione di lasciare la casa paterna potrebbe anche fare le valigie e andarsene senza dirgli niente, ma questo troncherebbe ogni rapporto, e poi a casa rimarrebbe sua madre.
Seppure ha scelto un ruolo di vittima che lei non condivide: "ognuno fa le sue scelte di vita, e io non devo pagare quelle sbagliate di mia madre", lei certo non vorrebbe che sua madre divenisse il bersaglio dei dissennati attacchi paterni.
Inoltre dice che suo padre è stato "un pessimo marito ma non sempre un cattivo padre (da quando sono cresciuta)" e per questo non vuol troncare i rapporti con lui.
La situazione appare complessa, soprattutto per la violenza che un certo tipo di persona adopera come strumento di coercizione, più che di manipolazione. Che questo atteggiamento sia frutto di malattia o sia un vizio, in ogni caso andava da tempo contrastato, con l'aiuto di amici e parenti; un tempo il medico di famiglia, il sacerdote o un'altra figura autorevole si assumevano il compito di illustrare all'intemperante tutti i danni provocati dal suo erroneo procedere e le inevitabili conseguenze.
Ora lei pensa di far fare al suo ragazzo il ruolo di intermediario. Che il ragazzo gli dica che andrete a vivere insieme mi sembra corretto, ma un giovane non può avere il ruolo di rimproverare il futuro suocero e di segnalargli i suoi errori, in caso di intemperanza; inoltre non mi sembra opportuno dare alla convivenza il valore di un matrimonio, perché di fatto non lo è.
Lei potrebbe invece cominciare a parlare dell'opportunità di trasferirsi più vicina al luogo di lavoro, accennando a tutti gli elementi che rendono opportuna questa scelta: la sua conquista dell'autonomia, il desiderio di vivere col suo ragazzo e condividere come molti giovani l'esperienza della vita insieme in vista del ben più serio impegno rappresentato dal matrimonio.
Dicendo che lei sarebbe disposta a tornare in famiglia nei week end, cede invece alla presunta non-proprietà di sé stessa.
Lei tornerà a trovare i suoi, in qualche week end o in altri momenti, se questo fatto sarà per tutti un piacere, se troverà nei suoi genitori affetto e accoglienza.
In casi come il suo non vedrei male il farsi supportare, momento per momento, da un* psicolog* espert* nelle relazioni.
Auguri per tutto.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
5Buongiorno Dr.essa,
Intanto la ringrazio per la tempestiva risposta.
Ho paura di una reazione verbale in quanto mio padre fisicamente non si è mai dimostrato violento. Ho paura anche di una possibile violenza economica, violenza che attua su mia madre da sempre. Con me anche vuole sapere quanto spendo a fine mese... Parliamo anche del fatto che ai 18 anni ha aperto un conto a mio nome con dei soldi che io non gli ho mai richiesto e dice che quei soldi che ha versato sono suoi (allora cosa li ha versati a mio nome a fare? sembra appunto una falsità dettami per una specie di ricatto o manipolazione emotiva). Questo conto è il mio attuale dove mi faccio versare i miei stipendi. Lui è convinto di esserci ancora dentro e non sa che io, per paura di ricatti, ho cambiato la password del conto da tempo...
Non ho menzionato che io sono una persona dal passato difficile. Da bambina non riuscivo a parlare o camminare a causa di disturbi dell'apprendimento diagnosticati e chissà che altro che non sono riusciti a diagnosticare ancora. Con la terapia, verso i 16 anni, sono riuscita ad alleviare sintomi o comunque, dopo la scuola non ho avuto problemi. Mio padre ha versato i soldi per questi percorsi ma è stata mia madre a credere sempre in me quindi certo che mi dispiace lasciarla sola con mio padre. Mi sento anche in colpa per lasciarla dopo tutto quello che ha fatto per me. ma non sarebbe sano per la mia vita. Penso che mia madre probabilmente in cuor suo mi ha sempre visto come una bambina problematica e per lei è troppo strano pensare che ora a 22 anni sia una persona senza problemi o che comunque è realizzata.
Vorrei che dessimo la notizia io e il mio ragazzo insieme ma assolutamente non voglio che rimproveri mio padre, come dicevo è perché semplicemente se una cosa viene detta da un uomo per lui ha più senso, e io mi sentirei più sicura e meno spaventata con lui affianco.
Mio padre non è mai stato rimproverato da nessuno anche perché nessuno fuori da me e mia madre potrebbe lontanamente immaginare come sia lui realmente. Agli occhi degli altri è un ottimo marito e padre, insomma, tranne me e mamma nessuno sa niente e non ci crederebbe nessuno.
Ovviamente tornerei nei weekend dove non esco e non ho altri impegni, ma comunque tornerei a casa anche perché c'è il nostro cane che amo tantissimo e come già detto non voglio assolutamente troncare i rapporti, penso proprio non ce ne sia bisogno.
Ho pensato anch'io di iniziare un percorso da uno psicologo come lei dice, sicuramente non mi farebbe male.
Grazie ancora
Intanto la ringrazio per la tempestiva risposta.
Ho paura di una reazione verbale in quanto mio padre fisicamente non si è mai dimostrato violento. Ho paura anche di una possibile violenza economica, violenza che attua su mia madre da sempre. Con me anche vuole sapere quanto spendo a fine mese... Parliamo anche del fatto che ai 18 anni ha aperto un conto a mio nome con dei soldi che io non gli ho mai richiesto e dice che quei soldi che ha versato sono suoi (allora cosa li ha versati a mio nome a fare? sembra appunto una falsità dettami per una specie di ricatto o manipolazione emotiva). Questo conto è il mio attuale dove mi faccio versare i miei stipendi. Lui è convinto di esserci ancora dentro e non sa che io, per paura di ricatti, ho cambiato la password del conto da tempo...
Non ho menzionato che io sono una persona dal passato difficile. Da bambina non riuscivo a parlare o camminare a causa di disturbi dell'apprendimento diagnosticati e chissà che altro che non sono riusciti a diagnosticare ancora. Con la terapia, verso i 16 anni, sono riuscita ad alleviare sintomi o comunque, dopo la scuola non ho avuto problemi. Mio padre ha versato i soldi per questi percorsi ma è stata mia madre a credere sempre in me quindi certo che mi dispiace lasciarla sola con mio padre. Mi sento anche in colpa per lasciarla dopo tutto quello che ha fatto per me. ma non sarebbe sano per la mia vita. Penso che mia madre probabilmente in cuor suo mi ha sempre visto come una bambina problematica e per lei è troppo strano pensare che ora a 22 anni sia una persona senza problemi o che comunque è realizzata.
Vorrei che dessimo la notizia io e il mio ragazzo insieme ma assolutamente non voglio che rimproveri mio padre, come dicevo è perché semplicemente se una cosa viene detta da un uomo per lui ha più senso, e io mi sentirei più sicura e meno spaventata con lui affianco.
Mio padre non è mai stato rimproverato da nessuno anche perché nessuno fuori da me e mia madre potrebbe lontanamente immaginare come sia lui realmente. Agli occhi degli altri è un ottimo marito e padre, insomma, tranne me e mamma nessuno sa niente e non ci crederebbe nessuno.
Ovviamente tornerei nei weekend dove non esco e non ho altri impegni, ma comunque tornerei a casa anche perché c'è il nostro cane che amo tantissimo e come già detto non voglio assolutamente troncare i rapporti, penso proprio non ce ne sia bisogno.
Ho pensato anch'io di iniziare un percorso da uno psicologo come lei dice, sicuramente non mi farebbe male.
Grazie ancora
[#3]
Gentile utente,
penso che l* psicolog* a cui vorrà affidarsi l'aiuterà a condurre nel migliore dei modi il colloquio con suo padre.
Venendo agli argomenti della sua email, ha fatto bene a cambiare la password del conto corrente, tuttavia ricordi che se questo conto è anche a nome di suo padre, lui ha il diritto di accedervi. Forse è il momento di aprire un conto soltanto a suo nome?
Il disturbo che ha avuto fino all'adolescenza ha certamente ricevuto, se non una diagnosi, un'ipotesi diagnostica. E' tempo che i suoi genitori le forniscano i referti delle visite da lei effettuate, anche nella prospettiva di avere dei figli.
Lei scrive: "Mio padre non è mai stato rimproverato da nessuno anche perché nessuno fuori da me e mia madre potrebbe lontanamente immaginare come sia lui realmente. Agli occhi degli altri è un ottimo marito e padre, insomma, tranne me e mamma nessuno sa niente e non ci crederebbe nessuno".
Non ci crederebbe nessuno, se voi non avete mai parlato. Cominciate a farlo.
Auguri per tutto.
penso che l* psicolog* a cui vorrà affidarsi l'aiuterà a condurre nel migliore dei modi il colloquio con suo padre.
Venendo agli argomenti della sua email, ha fatto bene a cambiare la password del conto corrente, tuttavia ricordi che se questo conto è anche a nome di suo padre, lui ha il diritto di accedervi. Forse è il momento di aprire un conto soltanto a suo nome?
Il disturbo che ha avuto fino all'adolescenza ha certamente ricevuto, se non una diagnosi, un'ipotesi diagnostica. E' tempo che i suoi genitori le forniscano i referti delle visite da lei effettuate, anche nella prospettiva di avere dei figli.
Lei scrive: "Mio padre non è mai stato rimproverato da nessuno anche perché nessuno fuori da me e mia madre potrebbe lontanamente immaginare come sia lui realmente. Agli occhi degli altri è un ottimo marito e padre, insomma, tranne me e mamma nessuno sa niente e non ci crederebbe nessuno".
Non ci crederebbe nessuno, se voi non avete mai parlato. Cominciate a farlo.
Auguri per tutto.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 976 visite dal 03/01/2024.
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